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Questa nota è disponibile in inglese sul sito del Groupe d’études géopolitiques.

Per stabilire la strategia macroeconomica, dobbiamo pensare sia alla domanda che all’offerta. Gli effetti della pandemia sull’offerta non saranno uniformemente negativi. Anche se dobbiamo tenere conto della persistenza delle difficoltà in alcuni settori, dei fallimenti delle imprese e dell’impatto dei minori investimenti nel 2020-2021, non dobbiamo trascurare la possibilità che lo shock lasci un segno positivo. La penetrazione accelerata della tecnologia digitale e la sperimentazione di nuovi modi di organizzare il lavoro dovrebbero portare nei prossimi anni ad un aumento della produttività e quindi del potenziale.  

Dal lato della domanda, la situazione francese non richiede attualmente un piano di stimolo su larga scala come i 13 punti di PIL (4 per il secondo piano Trump e 9 per il piano Biden, escluso il piano di investimenti) attuati negli Stati Uniti, che consideriamo eccessivi. Le misure di sostegno al reddito delle famiglie e alle imprese attuate dall’inizio della crisi sanitaria sono potenti, i risparmi sono abbondanti e la revoca delle restrizioni sanitarie dovrebbe portare a una ripresa della domanda.

Tuttavia, ci sono due ragioni per essere preoccupati nel preparare una risposta per la fase di normalizzazione successiva alla revoca delle restrizioni sanitarie: entro la fine dell’anno, non è certo che il rimbalzo spontaneo dei consumi sarà sufficiente a generare una dinamica sufficientemente forte per sradicare i postumi dello shock del Covid; nel lungo termine (2-3 anni), la scelta di determinare la strategia di finanza pubblica sulla base di un’ipotesi di perdita permanente del potenziale economico rischia di convalidare un’analisi troppo pessimistica degli effetti della pandemia sul lato dell’offerta. 

Data la natura di questa crisi, l’obiettivo esplicito dovrebbe essere quello di cancellare completamente le sue conseguenze attraverso una combinazione di misure dal lato della domanda e di quello dell’offerta. Un primo passo sarebbe recuperare entro la fine del 2021 il livello di attività raggiunto alla fine del 2019. Un secondo passo sarebbe quello di recuperare tutto il terreno perso entro la fine del 2023, e quindi recuperare completamente il potenziale che era stato pronosticato prima della crisi.  

In linea con questo obiettivo, la strategia macroeconomica dovrebbe combinare misure incondizionate (ad esempio, investimenti, formazione dei dipendenti o sostegno alle imprese efficienti) e misure condizionate dalla situazione economica (sostegno al reddito e alla domanda delle famiglie, sostegno agli investimenti delle imprese). L’intensità di questo sforzo contingente deve essere adattata in modo flessibile in rapporto alla distanza dell’obiettivo.  

Sul piano economico, la risposta della Francia e degli altri paesi europei alla crisi del Covid può essere ampiamente considerata un successo. Sebbene il volume del sostegno all’attività sia stato inferiore a quello degli Stati Uniti, è stato più mirato. I prestiti alle imprese hanno impedito un aumento dei fallimenti. L’attività parziale ha permesso di preservare meglio la fiducia delle famiglie mantenendo i rapporti di lavoro della maggior parte dei dipendenti. Di conseguenza, l’eccesso di risparmio delle famiglie francesi (165 miliardi alla fine del secondo trimestre, cioè sei punti del PIL) rimane molto più basso che negli Stati Uniti. Macroeconomicamente, la Francia ha fatto un uso migliore dei suoi fondi pubblici.

La domanda che si pone ora, mentre ci avviciniamo all’estate, è un’altra: supponendo una graduale eliminazione della maggior parte delle restrizioni sanitarie e quindi delle misure di sostegno associate per le famiglie e le imprese, quale sostegno economico dovrebbe essere previsto? Più specificamente, a quale livello di attività bisognerebbe puntare e quale supporto dovrebbe essere fornito per raggiungerlo?1

Offerta: un rallentamento resistibile

Alla fine dell’anno, rimarranno alcuni ostacoli all’attività. Alcuni settori (eventi, viaggi a lunga distanza, aeronautica) rimarranno fortemente rallentati. Nel settembre-ottobre 2020, prima del secondo lockdown, le imprese la cui attività era inferiore al 50% del normale rappresentavano ancora il 5-6% dell’occupazione sul mercato. Anche se è probabile che alla fine del 2021 l’intensità dei vincoli che rallentano l’attività sarà minore, questi effetti settoriali contribuiranno a limitare il potenziale.

Guardando più avanti (2023-2024), la questione centrale è il persistere degli effetti dello shock sanitario sull’offerta. Storicamente, alcune recessioni sono state associate a perdite permanenti, altre no. In Europa, la crisi finanziaria ha portato a un calo significativo e duraturo del livello del PIL. Per quanto riguarda la crisi del Covid, il Programma di stabilità francese presuppone anche una perdita di potenziale, calcolata al 2,25%. Ma questo è tutt’altro che certo.

Alcuni impatti negativi sono ovviamente innegabili (investimenti ritardati, fallimenti di imprese, difficoltà persistenti in certi settori). Ma non saranno necessariamente permanenti: l’arretrato di investimenti delle imprese accumulato nel 2020-2021 potrebbe essere parzialmente recuperato nel 2022-2023; la grande maggioranza delle difficoltá settoriali dovrebbe diminuire e persino scomparire una volta che la pandemia sará messa sotto controllo; la perdita di posti di lavoro rimane inferiore a quella registrata durante la crisi finanziaria e l’aumento della disoccupazione è rimasto limitato. In questa fase, almeno, non sembra esserci alcuna isteresi sul mercato del lavoro che possa ridurre significativamente il potenziale.

Soprattutto, la specificità di questa crisi fa sì che si debbano prendere in considerazione anche alcuni fattori positivi. Lo shock è stato un’opportunità per sperimentare nuovi metodi (telelavoro, teleconsulenze), per rivelare fonti di produttività non sfruttate (riduzione dei tempi di trasporto, semplificazione delle procedure, progressi nella ricerca medica) e per fare investimenti sostenuti nella digitalizzazione (e-commerce, servizi digitali). Il ritorno alla normalità darà alle aziende l’opportunità di ripristinare i metodi operativi precedenti, allo stesso tempo peró mantenendo le innovazioni che hanno dimostrato di essere fonti di guadagni di efficienza. Ci sarà quindi inevitabilmente un miglioramento della produttività, che un recente studio sul caso statunitense pone intorno al 4% nel periodo 2020-20222. Anche se dobbiamo stare attenti alle cifre, ci sono pochi dubbi sulla realtà degli effetti coinvolti.

Se possiamo contare su un potenziale alla fine del 2021 all’incirca uguale a quello della fine del 2019, in rallentamento quindi rispetto alla tendenza, l’ipotesi di una perdita permanente di potenziale superiore al 2%, definitivamente acquisita alla fine del 2021, come sostenuto nel Programma di stabilità, è eccessivamente pessimistica. Prendere posizione a priori per una perdita che può essere evitata rischia di orientare la politica economica in una direzione troppo restrittiva e di realizzare alla fine ciò che non era affatto inevitabile.

Domanda: alta incertezza

Dal lato della domanda, il potere d’acquisto non manca, ma la sua evoluzione è incerta. Il ritardo negli investimenti e l’accumulo di risparmi durante la crisi, combinato con un maggiore ottimismo sul futuro, dovrebbe portare sia le aziende che le famiglie a recuperare il ritardo e spendere di più nei prossimi mesi. Non si può escludere, tuttavia, che la paura residua e l’incertezza sul ripetersi di episodi di contagio smorzino gli investimenti delle imprese e i consumi delle famiglie.

Per il momento, gli investimenti sono ben orientati e il commercio mondiale è tornato ai suoi livelli pre-crisi. Ma la quota di famiglie che considerano opportuno risparmiare ha raggiunto un nuovo massimo storico (dal 1972). È difficile prevedere quale sarà il loro comportamento quando il pericolo posto da Covid si ridurrà. Il Programma di stabilità si basa sull’ipotesi di un tasso di risparmio delle famiglie del 19,4% nel 2021 e del 16% nel 2022, rispetto al 15% del 2019. Si può immaginare uno scenario in cui il tasso di risparmio risulti essere molto più basso nella seconda metà del 2021, implicando una domanda significativamente più forte del previsto, ma si può anche immaginare il contrario, un raffreddamento duraturo.

Questa incertezza ha una conseguenza importante per la politica fiscale. È troppo presto per sapere quale sostegno sarà necessario. Ma è meglio correre il rischio di esagerare (un po’) che vedere instaurarsi un circolo vizioso di preoccupazioni riguardo al proprio posto di lavoro e di consumi fiacchi. È importante che una volta finita la probabile euforica ondata estiva, l’economia si imbarchi in una ripresa sostenuta.

Una strategia contingente

La nostra analisi delle prospettive della domanda e dell’offerta ha due implicazioni per la politica fiscale: un obiettivo di crescita più ambizioso e un mix di strumenti per massimizzare le possibilità di ripresa.

Proponiamo due obiettivi:

  1. Recuperare nel Q4 2021 il livello del Q4 2019. Questo implica un tasso di crescita nel 2021 che è di circa 0,8 punti percentuali superiore al tasso di crescita del Programma di stabilità. Se la ripresa avverrà solo nella seconda metà dell’anno, ciò necessiterà un’espansione molto vigorosa (10% annualizzato) nella seconda metà dell’anno;
  2. Raggiungere il percorso pre-crisi alla fine del 2023 chiudendo completamente il divario che rimarrà all’inizio del 2022. Nell’ipotesi che l’economia sia tornata al suo livello di fine 2019 entro la fine del 2021, ciò implica un’ulteriore crescita media annua di 0,7 punti nel 2022 e di 0,3 punti nel 2023.

Questi obiettivi non sono eccessivamente ambiziosi. Nell’estate del 2020, il rimbalzo dell’attività è stato vigoroso e il PIL del terzo trimestre era solo il 3,5% al di sotto del suo livello pre-crisi. Nel primo trimestre del 2021 il calo è stato solo del 4,4%, nonostante il lockdown. Supponendo che le condizioni sanitarie si normalizzino, crediamo che questa lacuna possa essere colmata completamente. Per quanto riguarda il recupero della tendenza alla fine del 2023, corrisponde a uno scenario in cui i guadagni di produttività compenserebbero le perdite di potenziale.

Due tipi di misure

Misure aggiuntive per raggiungere l’obiettivo di fine 2021 

Il nostro obiettivo per la fine del 2021 è più ambizioso delle previsioni attuali, comprese quelle del governo. A tal fine, prevediamo una serie di misure aggiuntive.

Alcune di queste misure sembrano essere necessarie e avranno un effetto sia sull’offerta che sulla domanda. Con i prestiti garantiti, il Fondo di solidarietà e le misure settoriali, la politica economica ha già fatto molto per sostenere l’offerta. La nuova fase prevede misure di accompagnamento alla ripresa delle imprese sane, unite a un sostegno mirato. Le rinunce ai crediti fiscali e sociali, su base settoriale, e  la conversione dei crediti in equity o quasi-equity dovranno essere implementati senza eccessivi ritardi o cautele, ma assicurando che quando il governo rinuncia ai crediti, i creditori privati facciano uno sforzo parallelo.3 È anche importante concentrare le misure di sostegno alle imprese sulla ripresa aziendale. Le misure di emergenza hanno avuto lo scopo di aiutare le imprese ad assorbire lo shock della pandemia, non di permettere loro di operare nonostante gli ostacoli temporanei al normale funzionamento. Se alcuni settori continueranno a subire perdite di produttività a causa delle condizioni sanitarie, sarà necessario aggiungere al pacchetto dei sussidi salariali temporanei. È difficile stimare il costo di queste misure, ma si può stimare che sia nell’ordine dei 10 miliardi di dollari.

Per aiutare ad affrontare le carenze educative che si sono sviluppate durante la crisi sanitaria, sarebbe anche utile implementare un programma di tutoraggio su larga scala per gli studenti delle scuole elementari e medie. Questo tutoraggio di 10 ore a settimana da parte di studenti e neolaureati (eventualmente anche studenti delle scuole superiori) potrebbe essere esteso a tutte le scuole e svolgersi tra settembre e dicembre. Se si riuscissero a mobilitare le risorse umane necessarie, si potrebbero anche accelerare gli sforzi di formazione professionale per facilitare la riqualificazione di coloro che hanno perso il lavoro in modo permanente a causa della crisi. Da un punto di vista macroeconomico, tali misure non sono costose. La proposta di tutoraggio, per esempio, non dovrebbe costare piú di un miliardo di euro.

Dal punto di vista dello stimolo della domanda, queste misure potrebbero non essere sufficienti. Se le ipotesi di risparmio del Programma di stabilità si rivelano corrette, e assumendo un moltiplicatore vicino a 1, si può stimare che circa 20 miliardi di euro dovrebbero essere iniettati nell’economia. Tuttavia, come abbiamo spiegato, queste ipotesi di risparmio sono soggette a notevoli incertezze. Non è impossibile che il risparmio sia più basso, il consumo più alto, e quindi lo sforzo fiscale necessario più limitato.

Proponiamo quindi il seguente approccio.

Il modo più efficace per stimolare la domanda in un contesto di risparmio abbondante è sostenere il reddito delle categorie a basso risparmio e alta propensione al consumo (classe operaia, lavoratori di seconda linea, giovani attivi, studenti). Un sostegno mirato potrebbe quindi essere messo in atto prima dell’estate per sostenere il consumo. 5 miliardi in trasferimenti alle famiglie nella metà inferiore della distribuzione del reddito (meno di 22.000 euro per unità di consumo), che secondo le prime indagini hanno spesso subito una perdita di potere d’acquisto4. Ciò rappresenterebbe una media di 350 euro per famiglia, o l’1,8% del reddito medio di questa categoria.

A seconda della forza della ripresa durante l’estate, può essere preparata una nuova serie di trasferimenti mirati per l’inizio dell’anno scolastico (ad esempio un assegno per il ritorno a scuola), per un importo da determinare, ma che potrebbe andare da 5 a 10 miliardi di euro. Se questi trasferimenti fossero mirati come i primi, aumenterebbero il potere d’acquisto del 50% più povero dall’1,8% al 3,6%. Per contrastare un possibile rallentamento della domanda, la possibilità di una riduzione temporanea dell’aliquota IVA seguita da un aumento graduale può essere tenuta in serbo per l’inizio dell’anno scolastico 2021  – anche se la probabilità di dover ricorrere a una tale misura sembra bassa, allo stato attuale dell’economia.

Misure per raggiungere l’obiettivo di fine 2023 

40 dei 100 miliardi previsti nel piano di ripresa saranno investiti entro la fine del 2021. A questo ritmo, quasi tutti i fondi saranno stati erogati entro la fine del 2022. Concepito in un momento in cui il governo si aspettava una rapida uscita dalla crisi sanitaria, questo piano potrebbe rivelarsi insufficiente se la situazione economica si prolungherà fino al 2023. Ciò ci porta a sostenere la necessità di completarlo a partire dal 2022 con una componente aggiuntiva, preferibilmente in coordinamento con i nostri principali partner europei. Si potrebbe prevedere una componente fino a 40 miliardi negli anni 2022-2023. Se assumiamo che il tasso di risparmio tornerà alla fine al suo livello pre-crisi, e che la domanda privata rimarrà debole (come era in Francia prima della crisi del Covid), questo livello di spesa aggiuntiva non dovrebbe portare a un surriscaldamento e all’inflazione eccessiva.

Cosa dovrebbe includere questo pacchetto? Potrebbe naturalmente estendere alcune delle misure prese nel 2021, al fine di continuare a investire nella mobilità e nella formazione dei dipendenti, che è stata largamente carente durante il blocco e continua a essere insufficiente (a marzo, solo il 15% delle aziende hanno fatto ricorso alla formazione per i propri dipendenti a tempo ridotto. Meglio che nella maggioranza dei paesi avanzati, ma non ci si può impedire di notare come sia un’occasione mancata per rafforzare le loro competenze)5. Lo stesso vale per il sostegno alla riqualificazione dei lavoratori nei settori in difficoltà e la loro transizione verso nuovi impieghi, che potrebbe assumere la forma di un programma biennale di investimenti in formazione e mobilità professionale. Un tale piano prenderebbe il posto del Piano d’Investimento nelle Competenze. 

È chiaro inoltre che si può fare molto per rafforzare il sistema sanitario, aumentare gli investimenti educativi, promuovere l’innovazione al fine di evitare lo stallo dell’Europa rispetto agli Stati Uniti e alla Cina, e intensificare la lotta contro il riscaldamento globale. I progetti non mancano.

L’ordine di grandezza dello sforzo

Proponiamo quindi un aumento della spesa rispetto ai piani attuali di circa 50 miliardi di dollari, più 10 miliardi di dollari contingenti (e, se necessario, una riduzione dell’ IVA), nel periodo 2021-2023.  Si tratta di un importo significativo, anche se non è dello stesso ordine di grandezza dei tre piani Biden, che sono in parte dedicati a rimediare a carenze specificamente americane nella protezione sociale, nell’accesso all’istruzione e nelle infrastrutture, e non ci sembrano necessari per la Francia.  

Naturalmente, nessuna politica è senza rischi. Una spesa aggiuntiva, e quindi un deficit maggiore (perché riteniamo che non sia giunto il momento di aumentare le tasse in modo sostanziale) implica ex ante una traiettoria del debito meno favorevole, ma nella misura in cui tale spesa è giustificata, e nella misura in cui rilancia l’economia sia attraverso la domanda che l’offerta, i suoi effetti sia sul rapporto debito/PIL che sulla percezione degli investitori dovrebbero essere limitati, soprattutto se è temporanea e molto chiaramente volta a migliorare il tasso di occupazione e la produttività. La natura contingente delle misure di stimolo dovrebbe limitare il rischio di surriscaldamento, un rischio che è in ogni caso molto meno presente che negli Stati Uniti.  

Se gli altri membri dell’Unione Europea sosterranno le loro economie allo stesso modo, gli effetti sulla bilancia commerciale dovrebbero essere limitati. Tuttavia, è importante migliorare la competitività e l’equilibrio esterno nel lungo periodo. Questo deve essere un altro obiettivo delle misure riguardanti la politica dell’offerta.   

Note
  1. In questo testo assumiamo che l’infezione sarà sotto controllo entro la metà del 2021. Ci sono, tuttavia, scenari più pessimistici, che anche se meno probabili, non possono essere esclusi. Li abbiamo discussi nella nostra nota Persistent COVID19: Exploring potential economic implications, del marzo 2021.  Ignoriamo tali scenari in questo documento. Chiaramente, se dovessero verificarsi, richiederebbero un adattamento della strategia, sia dal lato dell’offerta che da quello della domanda.
  2. Si veda Spencer Hill, Productivity in the post-pandemic economy, Goldman Sachs, aprile 2021. Il telelavoro da solo potrebbe aumentare la produttività aggregata del 5% (di cui un quinto sarebbe registrato nelle statistiche e quattro quinti si rifletterebbero in un aumento del tempo libero). Vedi José Maria Barrero, Nicholas Bloom e Steven Davis, Why working from home will stick, Becker Friedman Institute, University of Chicago, aprile 2021.
  3. Si veda su questi due punti il nostro articolo scritto con Thomas Philippon A new policy toolkit is needed as countries exit Covid-19 lockdowns, PIIE, juin 2020.
  4. L’indagine EPICOV Inserm-DREES indica che il 35% delle famiglie del primo decile e il 30% delle famiglie del secondo e terzo decile dichiarano che la loro situazione finanziaria è peggiorata durante il primo confinamento, rispetto al 15% delle famiglie dei tre decili inferiori. Si veda Insee, France Portrait Social 2020.
  5. Sondaggio Acemo-Covid, aprile 2021.