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L’oscillare dell’attenzione strategica degli Stati Uniti tra diversi teatri regionali, dall’Europa all’Asia, passando per il Medio Oriente, non è un gioco a somma zero. Le conseguenze delle scelte di non intervento degli Stati Uniti si faranno sentire in maniera sempre più estesa nei nostri anni Venti, mettendo il Paese davanti a un dilemma che culminerà nelle elezioni presidenziali del 2024.

L’embargo imposto dai Paesi arabi esportatori di petrolio dopo la crisi del 1973 ha trasformato tutti gli equilibri e le dottrine geopolitiche, una tendenza che si è rafforzata nel 1979. Se la graduale normalizzazione del ruolo di Israele nella regione poteva far sperare in una semplificazione della mappa energetica, la guerra con Hamas e la minaccia di una conflagrazione regionale hanno rimescolato tutte le carte. È quello che spiega Helen Thompson in questa informata prospettiva storica.

Yair Golan è un generale riservista ed ex deputato del partito di sinistra Meretz. Si è opposto alla legge di riforma della giustizia di Benyamin Netanyahu ed è stato fortemente criticato dai membri del governo, con alcuni parlamentari che hanno persino chiesto il suo arresto. La mattina del 7 ottobre, quando Hamas ha lanciato il suo attacco contro Israele, è salito sulla sua auto e si è diretto verso il Nova festival, dove sono stati uccisi più di 260 giovani. È riuscito a salvare molti di loro, che si erano nascosti nei campi e nella boscaglia. Lo abbiamo incontrato per conoscere le ripercussioni della guerra di Sukkot in Israele.

Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, il conflitto israelo-palestinese potrebbe tornare a diventare un conflitto arabo-israeliano, suggellando così il fallimento della politica di Benyamin Nethanyau. Abbiamo intervistato Henry Laurens, titolare della cattedra di storia contemporanea del mondo arabo al Collège de France per tentare di definire la nuova fase apertasi con la guerra del Sukkot in questa lunga storia.

Il numero delle vittime israeliane e palestinesi della guerra del Sukkot continua a salire, quattro giorni dopo che Hamas ha lanciato il suo attacco contro Israele. La risposta militare israeliana nella Striscia di Gaza si sta intensificando, mentre rimane la possibilità dell’apertura di un secondo fronte al confine con il Libano.

Almeno 150 persone sono state rapite dopo l’attacco scatenato da Hamas il 7 ottobre. Perché un numero così impressionante? Bisogna capire che l’organizzazione sfrutta la la dottrina dello Stato ebraico sugli ostaggi e i dispersi, facendone un’arma. In dieci punti sintetici Étienne Dignat, autore di La Rançon de la guerre (PUF, 2023), ci fornisce il contesto di questa guerra degli ostaggi: ci spiega cosa significa questo rapimento di massa e perché pone a Israele un dilemma politico e militare cruciale