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Il Global Terrorism Database mostra che, a partire dal 1970, gruppi terroristici hanno impiegato (o tentato di impiegare) materiale biologico, chimico, radiologico e nucleare (CBRN) come armi di distruzione di massa. Il database riporta a livello mondiale 401 incidenti che coinvolgono l’uso di materiale chimico, inclusi 62 decessi; 37 episodi di terrorismo biologico, che hanno provocato 9 vittime, e 13 casi di terrorismo radiologico non fatale.    

Un’arma CBRN è suddivisa in più componenti, incluso l’agente CBRN, ovvero la sostanza che causa incapacità, lesioni o morte per coloro che vi sono esposti. La specificità di un tale agente è la sua duplice natura: può essere sfruttato per scopi pacifici e civili oppure per obiettivi militari. Questo pone sfide significative al riconoscimento tempestivo di possibili minacce al regime di non proliferazione delle armi di distruzione di massa imposto dalla risoluzione 1540 (2004) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Se lo scopo dei terroristi è provocare il maggior numero di vittime, è evidente l’attrazione esercitata dai potenziali effetti distruttivi delle armi CBRN. In un’era in cui la violenza convenzionale è diventata la norma, le armi di distruzione di massa aggiungono un effetto spettacolare. Al giorno d’oggi i progressi tecnologici consentono un processo di democratizzazione della capacità di produzione di armi di distruzione di massa. Gli strumenti del terrore convenzionali (armi da taglio, armi da fuoco, furgoni guidati sulla folla e ordigni esplosivi improvvisati) continuano ad essere i mezzi più utilizzati ed economici, poiché sono in grado di causare alti numeri di vittime senza particolari difficoltà tecniche. Tuttavia le armi CBRN, anche dispiegate su piccola scala, possono provocare livelli di orrore inimmaginabili per il terrorismo convenzionale. 

Le armi chimiche sono sempre state le armi di distruzione di massa più diffuse poiché alcune sostanze chimiche tossiche possono essere prodotte con apparecchiature rudimentali. A partire dal 2014, quando l’Isis ha dichiarato ufficialmente la creazione del Califfato, il dispiegamento globale di armi chimiche è aumentato esponenzialmente. Nel 2014 la vasta area territoriale controllata dallo Stato Islamico ha dato accesso a precursori chimici e attrezzature tecniche per lo sviluppo di armi chimiche. Il gruppo si è servito di agenti soffocanti come il cloro, che causa infiltrazione di sangue e fluido nei polmoni in caso di inalazione, come arma offensiva e difensiva in Siria e Iraq; nel 2015 ha fatto ricorso anche ad agenti vescicanti come la mostarda solforata, che causa ustioni agli occhi, alla pelle e al tratto respiratorio. Nel 2017 Khaled e Mahmoud Khayat sono stati arrestati in Australia con l’accusa di star pianificando un attacco chimico in spazi chiusi affollati con idrogeno solforato, su consiglio di combattenti dello Stato Islamico contattati online. L’idrogeno solforato è un gas tossico che compromette la capacità delle cellule di utilizzare ossigeno; è incolore e può causare morte immediata.

Per quanto riguarda le armi biologiche, una tossina estremamente popolare è la ricina, estratta dalla pellicola interna del rivestimento del seme del ricino. Nel 2018 Sief Allah H. è stato arrestato a Colonia perché era entrato in contatto su Telegram con due membri dell’Isis, che avevano fornito informazioni su come produrre ricina dai semi di ricino e un semplice macinacaffè elettrico acquistato su internet. Tra gli agenti batterici l’antrace è un’arma particolarmente efficace poiché le sue spore, che possono essere disseminate per via aerea e procurare gravi casi di antrace da inalazione, sono invisibili ed inodori. Nel 2018 la polizia italiana ha arrestato un libanese affiliato all’Isis di nome Amin Alhaj Ahmad per aver pianificato di avvelenare le riserve idriche della Sardegna con ricina o antrace ottenuti online.

Lo Stato Islamico ha inoltre mostrato interesse per le armi radiologiche e nucleari. Quelle nucleari sono le più efficaci e distruttive, ma allo stesso tempo estremamente difficili da sviluppare: richiedono lo sfruttamento di materiale fissile come plutonio o uranio e necessitano di processi di arricchimento altamente tecnici e costosi. Per questa ragione, è più facile acquisire materiale radioattivo per la costruzione di dispositivi di dispersione radiologica (bombe sporche) che non causano gli effetti distruttivi di massa di un’arma nucleare, ma diffondono contaminazione radioattiva. Nel 2015 il computer di un sospetto collegato agli attacchi di Parigi del 13 novembre ha rivelato un filmato di sorveglianza di 10 ore di un alto funzionario nucleare belga. Il timore era che lo Stato Islamico stesse progettando di rapire il funzionario per ottenere l’accesso all’impianto nucleare di Mol e appropriarsi di materiale radioattivo. In un’altra occasione, nel 2017 il gruppo legato allo Stato Islamico Jamaah Ansharut Daulah (JAD) ha pianificato di far esplodere in Indonesia una bomba sporca radiologica trasformando il torio radioattivo di basso grado 232 in mortale uranio-233. Lo scopo era combinare l’uranio con l’esplosivo perossido di acetone per creare un bomba nucleare, secondo le istruzioni di un manuale scritto dal loro leader Bahrun Naim.

A differenza degli attacchi tradizionali, lo Stato Islamico generalmente non rivendica la responsabilità di atti terroristici con armi CBRN: sembra che l’Isis, durante il periodo in cui controllava un vasto territorio, non volesse perdere consensi, considerando l’indignazione che le immagini degli attacchi chimici durante la guerra civile in Siria avevano provocato nell’opinione pubblica. Tuttavia, nell’era del post-Califfato i vincoli derivanti dalla necessità di unità sono venuti meno. Il passaggio dal Califfato fisico a quello virtuale ha consentito la frammentazione di identità che si rafforzano in comunità locali1: la decentralizzazione della propaganda ha creato nuove possibilità di partecipazione per singoli individui. Sembra che i lupi solitari radicalizzati online non conoscano i vincoli dell’opinione pubblica. Il web ed i social media offrono infinite possibilità di radicalizzazione, solitamente sotto forma di terrorismo fai-da-te, che può includere l’impiego di armi CBRN. Gli attacchi vengono pianificati e controllati a distanza su piattaforme online, mentre l’atto estremo è materialmente compiuto da simpatizzanti addestrati virtualmente in tutto il mondo. Non è un caso che i tentativi precedentemente segnalati di utilizzare armi biologiche in Europa nel 2018 siano stati preceduti da una fase di radicalizzazione online. Guide su come costruire armi CBRN si trovano facilmente su internet: con una semplice ricerca su Youtube chiunque può imbattersi in un tutorial per produrre cloro gassoso mortale. Inoltre, i simpatizzanti dello Stato Islamico sembrano particolarmente capaci nella diffusione di istruzioni dettagliate tramite blog e manuali. 

Un esempio interessante è il caso di Bahrun Naim, leader del JAD che ha scritto nel 2017 una serie di manuali come “Nuclear for Dummy” e “How to Make Explosives in Your Kitchen”, successivamente caricati sul blog interattivo www.bahrunnaim.co. Nello stesso anno Europol riferiva che il numero di tutorial jihadisti online dedicati ad attacchi CBRN era in rapido aumento. In particolare, la serie “Knights of Lone Jihad”, pubblicata dal canale Furat Wilayah, inneggiava ad attaccare attraverso la contaminazione di cibo ed acqua.

Secondo l’ultimo report di Europol, i forum online ed i social media continuano a essere lo strumento per eccellenza per condividere conoscenze su come condurre un attacco CBRN. Questo nuovo “modello IKEA di terrorismo” fa sì che la pianificazione virtuale degli attacchi terroristici si concretizzi grazie a una catena di montaggio: individui non addestrati hanno semplicemente bisogno di istruzioni personalizzate e di un primo kit per la produzione di armi CBRN, quindi assemblano il prodotto finale con un metodo fai-da-te. 

Droni, Dark Web, Malware, Biologia sintetica e stampa 3D: panoramica delle nuove minacce

Le più recenti evoluzioni tecnologiche stanno aumentando il rischio che attori terroristici riescano ad avere accesso ad armi CBRN.2  

I droni sono stati già frequentemente impiegati dallo Stato Islamico a partire dal 2014 per scattare fotografie aeree e videoregistrare attacchi per scopi propagandistici. Aeromobili a pilotaggio remoto hanno anche permesso di sganciare armi chimiche e biologiche in Iraq e Siria. L’armamento dei droni non è dunque una novità per il gruppo sul campo di battaglia. Tuttavia gli UAV (velivoli senza pilota) sono sempre più considerati una minaccia poiché stanno diventando più leggeri, più sofisticati ed economici, fino a poter essere usati per sganciare un’arma nucleare di distruzione di massa. Al di là degli sviluppi tecnologici, numerosi episodi di droni avvistati nei paraggi di centrali nucleari in Europa e negli Stati Uniti non devono essere sottovalutati. Droni che trasportano dispositivi da guerra elettronica possono disabilitare le comunicazioni wireless in aree soggette a restrizioni, il che significa che potrebbero sorvolare impianti nucleari e potenzialmente sganciare esplosivi nonostante la presenza di no-fly zones. 

Il dark web non si limita a fornire strumenti per il terrorismo fai-da-te, ma soprattutto ha eliminato la necessità di un intermediario esperto. Tradizionalmente i terroristi interessati allo sviluppo di armi CBRN dovevano reclutare scienziati e ingegneri competenti all’interno delle loro truppe: un rapporto del Parlamento Europeo del 2015 affermava che l’ISIS aveva reclutato un numero non trascurabile di esperti in chimica, fisica, biologia e informatica che avevano permesso al gruppo di trasportare illegalmente armi chimiche e biologiche in tutta Europa.

Il dark web, attraverso vendite anonime crittografate con criptovalute, consente a scienziati, chimici e biologi dilettanti in cerca di facili guadagni di mettere a disposizione le loro capacità senza lavorare ufficialmente per un’organizzazione terroristica. Nel 2014 l’adolescente Jesse William Korff è stato arrestato in Florida per aver venduto sulla piattaforma Black Market Reloaded la tossina abrina a clienti di tutto il mondo, tramite il commercio di bitcoin. Nel 2015 l’FBI e la polizia moldava hanno smantellato una massiccia rete di contrabbando nucleare nata nel 2010: criminali moldavi avevano cercato di vendere sul mercato nero uranio altamente arricchito, presumibilmente di origine russa, per decine di milioni di dollari, a gruppi legati allo Stato Islamico. 

Per quanto riguarda i malware, questi vengono sempre più utilizzati per lanciare attacchi informatici su strutture che producono materiali CBRN. Nel 2014 il Department of Homeland Security statunitense ha rivelato 245 violazioni nei sistemi di sicurezza informatica di diverse strutture negli Stati Uniti. Il 10 per cento era rivolto contro industrie chimiche o nucleari. La capacità dei terroristi di servirsi di malware sofisticati sembra al momento limitata, ma se diventasse realtà avrebbe conseguenze dirompenti. Inoltre, il fatto che un terzo dei paesi con impianti nucleari non disponga di normative sulla sicurezza informatica e due terzi non abbiano piani di emergenza per rispondere a un attacco informatico dà un’idea della minaccia. Qui viene data una panoramica degli incidenti informatici intenzionali o accidentali in centrali nucleari. 

Un’altra minaccia: le stampanti 3D possono ormai stampare tessuti biologici. Materiali fissili ed agenti patogeni non possono ancora essere sviluppati, tuttavia è già possibile stampare micro-reattori in grado di sintetizzare sostanze chimiche. Oltre alla stampa fisica dei materiali, i terroristi possono creare software open source che consentono ad utenti online di collaborare su file di progettazione digitale utilizzabili da chiunque per stampare in 3D l’oggetto finale. Ciò significa che, oltre a diffondere manuali attraverso i social media e il dark web, i jihadisti possono ora condividere file di progettazione digitale per la stampa di armi. Nell’ambito delle armi leggere esistono diverse organizzazioni open source online che sviluppano modelli digitali di armi in file CAD che possono essere scaricati e stampati in 3D. L’organizzazione Defense Distributed offre ai suoi membri il servizio DEFCAD per condividere modelli e disegni di armi di piccolo calibro, mentre il gruppo online Deterrence Dispensed e il blog personale del suo co-creatore “Ivan il Troll” consentono il download gratuito di file zip contenenti informazioni sui vari componenti e l’assemblaggio finale di diversi modelli di armi da fuoco. Quello delle armi 3D rappresenta un mercato non regolamentato in forte crescita che può facilmente trasformarsi in nuova linfa vitale per gruppi terroristici. Il documentario “Plastic defence” della piattaforma giornalistica Popular Front fa luce sulla progettazione della rete online Deterrence Dispensed. Nel sito non è possibile trovare modelli per la stampa  di micro-reattori, tuttavia si può prevedere una rapida evoluzione in questo senso: JStark, il fondatore, nel documentario sottolinea insistentemente il concetto che la tecnologia non ha limiti. Anche se afferma di rifiutare ogni forma di estremismo, l’ideologia dei membri di Deterrence Dispensed non è considerata rilevante: quando gli viene chiesto come reagirebbe di fronte ad infiltrazioni di militanti dello Stato Islamico nella comunità risponde che la tecnologia, comprese la bomba atomica e le armi chimiche, non conosce politica. Non si tratta di semplici speculazioni: sin dal 2016 sono emerse prove del ricorso alla stampa 3D da parte dell’Isis. Come riportato da un account Twitter, una serie di bombe trovate in Siria presentano numeri dipinti a mano e componenti in una struttura a nido d’ape, il che potrebbe significare che sono stati stampati in 3D. 

Infine, la biologia sintetica è particolarmente utile per sviluppare armi biologiche partendo da agenti patogeni preesistenti. Tecniche di ingegneria genetica come l’editing genomico stanno facendo passi da gigante e la sintesi di virus non richiede una conoscenza eccezionale in biochimica. In particolare, la tecnica CRISPR (Clustered, Regularly Interspaced, Short Palindromic Repeat), che taglia geneticamente un codice di DNA e lo sostituisce con nuovi geni, è estremamente economica. Kit fai-da-te di editing genomico come quello che rende l’Escherichia Coli resistente agli antibiotici si possono acquistare facilmente sul Web (se ne trovano per esempio sul sito GenScript). È tuttavia necessario sottolineare che dopo la fase relativamente facile di “copia e incolla” della sequenza di DNA, l’effettivo armamento e diffusione dell’agente biologico richiede livelli di competenza non tipici di un’organizzazione terroristica – ragione per cui la tecnologia CRISPR non è ancora stata impiegata per attacchi biologici. Ma l’eventuale uso di una tecnica così estrema potrebbe portare il bioterrorismo a un livello superiore: non solo sarebbe un attacco mondiale, ma potrebbe avere effetti sulle generazioni successive. 

La lezione del Covid-19 

La maggioranza degli attacchi con armi biologiche coinvolge agenti non contagiosi; però, sporadicamente sono stati compiuti sforzi per sfruttare virus contagiosi. Nel 2014, il computer di un militante tunisino di Daesh laureato in fisica e chimica conteneva un documento di 19 pagine dedicato allo sviluppo della peste bubbonica a partire da animali infetti e la sua trasformazione in arma biologica. 

Poiché il SARS-CoV-2 è estremamente contagioso e i suoi campioni sono facilmente accessibili, potrebbe rivelarsi come un’arma biologica ideale utilizzata in futuro per scopi terroristici. In uno scenario possibile, gruppi terroristici potrebbero intenzionalmente prolungare o peggiorare la pandemia. In tutto il mondo, giornali riportano casi di persone positive al Coronavirus che intenzionalmente tossiscono o sputano addosso ad altri individui, leccano superfici nei luoghi pubblici e non indossano mascherine: negli Stati Uniti alcuni sono stati trattati come casi di terrorismo (si veda ad esempio il caso di George Falcone in New Jersey). Tuttavia la tendenza più pericolosa sembra essere l’impiego del Covid-19 come arma verso segmenti specifici della società.

I suprematisti bianchi negli Stati Uniti stanno facendo uso di Telegram e Twitter per convincere i propri seguaci a contrarre il coronavirus per poi diffonderlo ad ebrei ed americani non bianchi, nonché ad agenti dell’FBI. Gli ebrei sono considerati l’obiettivo principale: come riporta il Terrorism Research & Analysis Consortium, il meme antisemita “If you have the bug, give a hug. Spread the flu to every Jew. Holocough” è stato stampato su magliette vendute su Internet da una varietà di marchi popolari tra gli adolescenti. Per quanto riguarda i jihadisti, gruppi affiliati allo Stato Islamico hanno tentato di diffondere intenzionalmente il virus tra le forze di sicurezza. In Indonesia, reti dell’Isis hanno spinto simpatizzanti infetti a diffondere il Covid-19 tra le forze dell’ordine. Allo stesso modo, ad aprile le autorità tunisine hanno arrestato due jihadisti locali coinvolti in un complotto terroristico: l’uomo che mostrava i sintomi del virus è stato istruito dall’altro a tossire, starnutire e sputare presso una stazione di polizia. 

La possibile minaccia rappresentata dalla diffusione esponenziale intenzionale del Covid-19 si è ridotta con il vaccino. Tuttavia, la pandemia potrebbe comunque aumentare l’interesse dei terroristi per l’uso di agenti biologici in futuro. È importante non sottovalutare l’avvertimento di António Guterres: “i punti deboli smascherati da questa pandemia aprono una finestra su come potrebbe svolgersi un attacco bioterroristico – e possono aumentarne i rischi. I gruppi non statali potrebbero avere accesso a ceppi virulenti che potrebbero causare devastazioni simili alle società di tutto il mondo”. Il Covid-19 ha dimostrato la necessità di aumentare la collaborazione tra i settori della sanità pubblica e le agenzie di sicurezza nazionale, ovvero la necessità di costruire un’intelligence di sicurezza sanitaria efficace per fronteggiare un possibile bio-attacco pandemico.

Prospettive future

Al momento, la capacità di lanciare attacchi di portata limitata con materiali CBRN è consolidata, ma il raggiungimento dell’obiettivo di infliggere violenza indiscriminata causando il maggior numero di vittime sembra ancora lontano. Attacchi con l’impiego di armi CBRN implementate su vasta scala richiedono ancora competenze tecniche elevate e risorse significative. Conoscenze altamente specifiche e varie abilità sono necessarie per armare un agente CBRN di quantità e qualità sufficienti, per conservarlo, trasportarlo e diffonderlo. Un programma globale di proliferazione ben strutturato richiede finanziamenti e laboratori per la produzione e lo stoccaggio che vanno ben oltre le capacità di un’organizzazione terroristica come lo Stato Islamico. È difficile valutare se i nuovi progressi tecnologici abbiano liberato i terroristi da tutti questi vincoli: tuttavia, è evidente che il livello di competenza necessario per sviluppare armi di distruzione di massa è drasticamente ridotto. Le tecnologie emergenti applicate alle armi CBRN hanno un duplice uso, il che significa che la rapida diffusione e l’uso pernicioso dei progressi tecnologici sono difficili da controllare.

Il nuovo modello globale e decentralizzato adottato dallo Stato Islamico, insieme al potenziale illimitato scaturito dagli ultimi sviluppi tecnologici, facilita la condivisione transfrontaliera del know-how riguardante armi CBRN, mentre i jihadisti dimostrano costantemente la loro determinazione a sfidare i limiti conosciuti della guerra terroristica ordinaria. Anche se le risorse finanziarie dell’Isis sembrano ancora insufficienti per lo sviluppo di un programma globale, sono in costante aumento, grazie a delle campagne di raccolta fondi online tramite Bitcoin estremamente efficaci. 

L’acquisizione di materiale grezzo CBRN non può più essere considerato un ostacolo: il dark web e la stampa 3D stanno facilitando l’accessibilità alle risorse, droni e malware offrono la possibilità di dispiegare un attacco nucleare senza l’effettivo possesso di materiale fissile e la pandemia in corso dimostra che la trasmissione deliberata di un virus altamente contagioso potrebbe verificarsi in un futuro attacco pandemico. Limiti tecnici al dispiegamento di un’arma CBRN in un attacco su vasta scala sono innegabili, ma non sembrano più insormontabili: casi di terrorismo CBRN potrebbero diventare realtà in un futuro non poi così lontano.

Note
  1. Per il passaggio dal califfato fisico a quello virtuale vedere: Michael Krona, “Revisiting the ecosystem of Islamic State’s ‘virtual Caliphate’,” The Global Network on Extremism and Technology, October 2020, https://gnet-research.org/2020/10/21/revisiting-the-ecosystem-of-islamic-states-virtual-caliphate/.
  2. Gregory D. Koblentz, “Emerging Technologies and the Future of CBRN Terrorism 2020,” The Washington Quarterly 43, no. 2 (2020): 178, https://doi.org/10.1080/0163660X.2020.1770969.