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Il Sahara e il Sahel sono aree geografiche problematiche sotto vari aspetti. Gli Stati delle regioni sono tra i più fragili a livello globale nella lista di The Fund for Peace e tra i più corrotti secondo Transparency International; i governi nazionali si affidano in gran parte al contributo delle forze di pace internazionali (sotto la guida di Unione Europea, Francia e Nazioni Unite) per mitigare i conflitti interni in corso tra gruppi ribelli (tra cui milizie e terroristi islamici) e altri attori non statali. Questi ultimi assumono un ruolo particolarmente importante, spesso esercitando illecitamente poteri politici su specifici territori, come ad esempio nelle miniere.
In effetti, il Sahara e Sahel sono ricchi di miniere d’oro e, anche se in modo diverso, hanno vissuto un recente boom dell’estrazione artigianale dell’oro, estremamente redditizia. Data l’instabilità politica, la forte presenza internazionale e il ruolo non indifferente delle forze armate non statali da un lato, la ricchezza del suolo e la corruzione dall’altra, è fondamentale capire come questo boom abbia inciso sulle dinamiche politiche interne e internazionali.
Per esplorare adeguatamente l’importanza di questo business, è utile concentrarsi sul Mali, per varie ragioni. Innanzitutto, geograficamente, la Regione maliana di Sikasso, Koulikoro e Kayes si trova nel Sahel, mentre la zona di Kidal è nel Sahara. Inoltre, il sistema politico del Mali è estremamente volatile: il primo colpo di stato nel 2012, iniziato dalla minoranza Tuareg (che occupa ancora la parte settentrionale del paese), è stato seguito da un altro nel 2019. L’equilibrio politico è precario: tra governo, milizie statali e non, ricchi imprenditori e jihadisti, è difficile immaginare un modello di governance nazionale adatto a tenere sotto controllo questa zona problematica.
È importante dunque studiare le dinamiche che interessano attori statali e non statali nella gestione delle miniere artigianali d’oro. Per farlo, si puó partire da un recente rapporto dell’OCSE, analizzando la situazione sul campo sia nella parte sahariana sia in quella saheliana del Mali.
L’ipotesi è che, nonostante le differenze tra le due regioni all’interno del territorio nazionale del Mali, in entrambe l’estrazione artigianale dell’oro porta alla cooperazione tra attori statali e non statali: le reti di potere, tessute negli anni dagli uomini politici in carica, assicurano i posti di lavoro agli attori non statali sia nel Sahara che nel Sahel. In cambio, gli attori non statali coinvolti in questa attività danno legittimità al governo, sostenendo la formazione dello stato ibrido maliano. Pertanto, dal punto di vista del Governo, l’estrazione artigianale dell’oro può essere considerata nel complesso una benedizione.
L’importanza del settore minerario
L’estrazione dell’oro è un’attività fondamentale per il prodotto interno lordo (PIL) dei paesi saheliano-sahariani. Tuttavia, quest’attività non segue alcuna regola formale, presentando profili problematici sotto l’aspetto della legalità e della trasparenza. Che l’estrazione e l’industria dell’oro siano importanti è fuori dubbio. Esattamente quanto contribuiscano all’economia del Mali, peró, è difficile da stimare.
Nell’Africa occidentale e nei paesi sub-sahariani, a partire dagli anni ’90 i governi hanno messo in atto quadri politici, leggi e istituzioni con l’obiettivo di formalizzare l’estrazione artigianale dell’oro. Tuttavia, portare le attività minerarie informali nel dominio legale rimane una sfida considerevole: una ragione è che, nonostante sia ai margini della legalità, il settore dell’estrazione artigianale dell’oro oggi funziona come una rete di sicurezza sociale vitale per i poveri, e raramente è parte dei piani di sviluppo nazionali. Ci sono molteplici spiegazioni: in particolare, l’estrazione informale dell’oro permette un grado molto più alto di assorbimento del lavoro.
Perché è importante anche per l’Unione Europea? In generale, l’Europa ha un forte interesse nel mantenere un governo stabile in Mali, come dimostra la presenza di contingenti militari. Inoltre, da un punto di vista economico e commerciale, gli Stati europei sono storicamente tra i migliori partner economici degli Stati africani: attraverso gli Emirati Arabi Uniti, dove le tasse per l’importazione ed esportazione di oro (e diamanti in generale) sono vertiginosamente basse, una parte dell’oro maliano arriva agli Stati dell’UE1. Infine, l’Europa ha interesse nel buon funzionamento del governo maliano per ragioni politiche e sociali, come i flussi migratori. È importante ricordare che le relazioni diplomatiche si sono recentemente alterate in seguito ai due colpi di stato, basti pensare alla recente rimozione del Mali dall’Organizzazione Mondiale della Francofonia.
Reti non governative: tra criminalità e corruzione…
Janet MacGaffey2, focalizzandosi sulla relazione tra imprenditori informali e sistemi politici formali nel continente africano, sostiene che i civili contribuiscono sostanzialmente a un’integrazione del mercato al di fuori dei canali ufficiali. Il sistema che ne deriva è un’economia di rete incorporata nei legami familiari. Di conseguenza, il successo dell’impresa economica dipende effettivamente dalla densità e dalla qualità delle reti di relazioni interpersonali a cui si aderisce. Questi sistemi di produzione economica, tuttavia, implicano anche il bisogno di una sistematica protezione esterna. Applicato al più ampio quadro africano, il rapporto tra Stato e non-Stato è molto ambiguo: se da un lato le autorità statali guardano con antagonismo le forze non statali, dall’altro dipendono da esse per i mezzi di redistribuzione.
Questi meccanismi hanno ovviamente degli effetti collaterali: il risultato complessivo del governo del Mali nella lotta alla corruzione è stato finora scarso. Di conseguenza, la criminalità organizzata si insinua incontrollata nello “spazio” tra la governance, lo stimolo economico e lo sviluppo. Questa completa anarchia ha ripercussioni disastrose anche per i cittadini: la corruzione e l’impunità ad ogni livello dello Stato hanno minato le istituzioni governative.
A livello internazionale, questa cattiva gestione dei fondi statali ha giá finito per ostacolare la posizione del Mali nei confronti dei donatori: nel 2014, i programmi del Fondo Monetario Internazionale (FMI) sono stati sospesi, a seguito dell’acquisto di un jet presidenziale registrato al di fuori del bilancio regolare (acquistato coi prestiti del Fondo)3.
… nelle miniere d’oro in Mali
Le consorterie criminali clandestine tengono le redini del settore: le piccole reti di estrazione artigianale dell’oro tendono ad essere transazionali, controllate da un numero limitato di individui nei punti chiave delle catene di approvvigionamento. Anche in questo, il governo del Mali ha una certa responsabilitá: all’interno del paese l’estrazione artigianale dell’oro è limitata solo in alcune aree geografiche, chiamate “corridoi di estrazione artigianale dell’oro”. Il problema è che questi corridoi sono pochi, e quelli che esistono sono già sovra-sfruttati e poco attraenti per i minatori artigianali. Di conseguenza, la maggior parte dei siti di estrazione artigianale oggi si trova fuori dai corridoi legali.
Lo Stato, dopo aver riconosciuto questo problema, potrebbe espandere i corridoi legali oppure reprimere l’estrazione artigianale al di fuori di essi; ma questo è molto improbabile che accada. In pratica, quello che avviene piú spesso è che non è lo Stato ad intervenire, bensí i funzionari locali. Il modo in cui questi funzionari operano è abbastanza comune nel Sahel e nel Sahara: per aumentare le proprie entrate, in primo luogo richiedono “tasse” ai minatori artigianali. In secondo luogo, tagliano l’oro prodotto, e possono anche organizzare squadre di minatori che lavorano per loro. Inutile dire che gli amministratori statali e gli alti funzionari sono ben consapevoli di tutto ciò, ma tollerano o sono complici nel permettere l’estrazione artigianale al di fuori delle aree legali.
Il settore dell’estrazione artigianale dell’oro ha visto un aumento dopo la crisi del 2012: molte figure pubbliche e civili hanno voluto approfittare del momento di pluralizzazione del paese. La sua popolarità deriva dagli alti profitti, che non sono registrati nel PIL ufficiale del Mali. Piuttosto, rimangono all’interno delle “logiche patrimoniali e di ricerca della rendita”.
Questa cattiva gestione delle risorse naturali nel settore industriale maliano è stata riconosciuta da diversi studiosi. In particolare, Wild e Miller hanno indagato il “percorso tortuoso” e i movimenti illeciti di denaro che hanno concesso ad Airbus una partecipazione nel deposito d’oro di Kodieran, vicino alla capitale Bamako. Hanno esplorato eventuali legami tra la sorprendente posizione di Airbus nel progetto del 2012 (che apparteneva a un uomo d’affari maliano, in stretti rapporti con le élite politiche), e le vendite di armi da parte della società privata al governo maliano. L’indagine ha rilevato che l’investimento di Airbus ha portato alla volatilità del mercato e al fallimento del progetto, perché il denaro non è stato investito nella miniera.
Anche nel Mali saheliano, dove si produce la maggior parte dell’oro, gli attori privati hanno ampiamente beneficiato dell’attribuzione dei permessi minerari e dei compiti di protezione legati alle attività di estrazione. Questi attori, formalmente non statali, sono spesso molto vicini alla leadership politica dei rispettivi paesi e membri di reti patrocinate dai presidenti in carica. Per capire come funzionano queste reti, è utile rifarsi al concetto di clientelismo, definito come la pratica di nominare direttamente le persone sulla base di considerazioni personali o di partito.
L’OCSE ha diviso la gestione dell’estrazione artigianale dell’oro in Mali in due grandi categorie: sostegno ai gruppi armati non statali e sostegno alle forze di sicurezza pubbliche o private. È importante sottolineare, tuttavia, che i legami tra risorse naturali, corruzione e attività illecite sono spesso difficili da stabilire a causa del fatto che queste ultime due attività sono opache per loro stessa natura.
Sostegno ad attori non statali e a gruppi armati
All’interno del “sostegno diretto”, l’OCSE ha incluso tre attività: il controllo diretto da parte di gruppi armati non statali attraverso una presenza fisica nelle operazioni minerarie, il finanziamento delle operazioni di estrazione dell’oro e il finanziamento delle loro attività attraverso canali di commercio dell’oro. Per “sostegno indiretto”, possiamo riferirci in senso lato alla pratica dei gruppi armati non statali che chiedono denaro ai dipendenti nei siti minerari: questi ultimi, pagando la propria protezione, possono operare solo in aree stabilite. In altre parole, gli operatori nelle miniere artigianali d’oro possono essere il bersaglio di estorsioni, racket, attacchi e saccheggi, a volte motivati da regolamenti di conti tra comunità rivali.
All’interno del Mali, questi tipi di sostegno sono piuttosto comuni nella sotto-regione del Sahara – con epicentro a Kidal, scarsamente abitata -, che corrisponde anche “all’epicentro delle attività di traffico4”. Pertanto, la logica di governo si è sempre basata sugli interessi dei cosiddetti “grandi uomini”, ovvero terroristi, separatisti, imprenditori criminali o qualsiasi combinazione di essi. In quest’area geografica, l’etnia prevalente è quella dei ribelli Tuareg, che fanno anche parte della Coalition des Mouvements de l’Azawad (CMA): la supervisione dei siti e la gestione dell’estrazione artigianale dell’oro è nelle loro mani. Dopo tutto, le reti ben funzionanti sviluppate per un tipo di attività illecita possono spesso essere facilmente adattate a nuove attività.
La relazione tra queste milizie non statali e gli attori statali non è sempre stata facile: le autorità statali centrali, in passato, hanno cercato di far cessare le attività di estrazione artigianale dell’oro, abbandonando l’impresa poco dopo. Ci sono molte ragioni che potrebbero spiegare queste dinamiche: in primo luogo, gli attori statali erano consapevoli che la chiusura di una tale attività in un’area politicamente sensibile avrebbe probabilmente portato a un‘escalation di tensione con le comunità Tuareg, con le quali il dialogo non è mai stato facile. Di conseguenza, questa attività ha assorbito con successo i giovani ribelli locali, evitando i conflitti e allontanando la loro attenzione da tentazioni pericolose. Inoltre, come menzionato sopra, la maggior parte dei compratori e commercianti d’oro sono maliani. Infine, gli studiosi concordano sul fatto che i gruppi criminali, insurrezionali e terroristici utilizzano diverse forme di corruzione per accedere e commerciare le risorse naturali: la collaborazione sembra la soluzione più praticabile. Così, a lungo termine, questi profitti hanno fatto sì che il regime maliano cambiasse il suo atteggiamento nei confronti del business dell’estrazione artigianale dell’oro, tollerando e sostenendo implicitamente il sistema di sicurezza stabilito dalle comunità Tuareg.
Ció che emerge è che in Mali, date le forme spontanee di organizzazione piuttosto che l’autorizzazione statale nelle zone periferiche dove sono situate le miniere, gli attori statali hanno solo una capacità limitata di proiettare la loro influenza: quindi, delegano poteri ad altre forme di autorità governative. Pertanto, nonostante sia un sistema fragile per natura, l’estrazione artigianale dell’oro nella regione sahariana può essere considerata come uno strumento di cooperazione tra attori non statali e statali in Mali. Non sorprende che la corruzione giochi un ruolo di facilitatore nell’accesso e nel commercio delle risorse naturali e che permetta ai gruppi criminali di riciclare i proventi del commercio illecito.
Sostegno ad enti pubblici o privati
Analogamente al sostegno agli attori armati non statali, il sostegno diretto alle forze di sicurezza pubbliche o private comporta il loro coinvolgimento illecito nei siti minerari, mentre il sostegno indiretto si riflette ampiamente nell’estorsione agli operatori delle miniere d’oro. In Mali, la polizia tradizionale è temuta e rispettata, incaricata dalle comunità locali di gestire e mantenere la sicurezza nelle aree minerarie; è anche comune che richieda spesso un pagamento (racket) dai minatori per permettere loro di lavorare. In Mali, è una sfida distinguere tra informalità e criminalità. Tuttavia, rispetto al Sahara (dove i ribelli Tuareg sono gli attori predominanti), il Sahel registra una rete più eterogenea di attori pubblici o privati che controllano o esercitano un certo potere nell’estrazione artigianale dell’oro. Infatti, il business nel Sahel ruota intorno alla forma più pura di clientelismo: Amadou Toumani Touré (ATT), il cui regime è stato rovesciato con il colpo di stato del 2012, è riuscito a mantenere la stabilità per lungo tempo grazie al suo sistema di alleanze ad ampio raggio, basato principalmente sulle tradizioni locali di dialogo e politica consensuale.
Per quanto assurdo possa sembrare, è impossibile riferirsi a queste dinamiche in termini assoluti, pensando in termini di “buono contro cattivo”. Piuttosto, è importante capire i ruoli poliedrici giocati dagli attori informali lungo le catene di approvvigionamento e dalle autorità tradizionali, a causa dell’importanza dell’estrazione artigianale dell’oro come opzione necessaria al sostentamento, dell’informalità pervasiva e della presenza di sistemi tradizionali di governance ben consolidati. In altre parole, le reti di estrazione dell’oro artigianale sono plasmate da relazioni patrono-cliente e legami culturali, familiari e di parentela. Contrariamente al Sahara, nel Sahel queste attività sono svolte da forze non ufficiali di polizia mineraria, dei veri e propri imprenditori della vigilanza e della sicurezza. Queste forze di sicurezza sono comunemente reclutate tra i Dozo, cacciatori tradizionali che trovano la loro dimensione operativa nelle cosiddette bush areas.
Si potrebbe riflettere sul funzionamento delle reti anche in relazione alla distanza dai siti di estrazione alle capitali5: ciò che legherebbe le élite politiche nelle capitali regionali e gli attori non statali che operano nei siti di estrazione artigianale dell’oro del Sahel, è la vicinanza geografica. Quindi, nel cluster sahariano, che è notevolmente più lontano da Bamako rispetto a quello saheliano, lo Stato è in grado di esercitare meno potere, e quindi di delegare la gestione delle miniere d’oro artigianali a gruppi ribelli. A Sikasso, Koulikoro e Kaynes, il governo è in grado di affidare ad attori privati il controllo delle miniere d’oro, indirettamente e direttamente. Questi meccanismi, che portano un guadagno comune ad entrambe le parti coinvolte, suggeriscono che l’estrazione dell’oro artigianale contribuisca alla costruzione di un ordine politico ibrido e, come tale, è uno strumento di consolidamento del regime.
Dunque, gli attori statali vanno ben oltre i loro poteri e capacità, dando ad attori non statali compiti pubblici che non sono formalmente autorizzati a svolgere. Anche partendo da una situazione di quasi totale anarchia – come nel Sahara – gli attori statali sono riusciti a trovare i migliori compromessi per mantenere il loro dominio e (ri)affermare la loro sovranità. Si sono adattati ai diversi ordini di governo nelle diverse aree del paesaggio maliano. Un sistema che è tenuto insieme dal clientelismo.
Conclusioni
Nelle regioni del Sahara e del Sahel, la gestione dell’estrazione artigianale dell’oro porta alla cooperazione tra attori non statali (gruppi armati non statali, forze di polizia e imprenditori) e statali. Attraverso dinamiche complesse e consolidate, gli attori maliani rafforzano il fragile equilibrio di una governance ibrida, incorporando l’estrazione artigianale dell’oro nel sistema del clientelismo.
Pur confermando l’alto livello di corruzione nel paese, il clientelismo in questo caso non esaspera i conflitti, riconfigurandosi in termini diversi nelle due aree geografiche. Più precisamente, le comunità Tuareg sono libere di operare nella regione settentrionale del Mali (Sahara), grazie ad accordi informali con le reti politiche; nel Sahel invece, i funzionari pubblici e gli imprenditori hanno un potere simbolico nel controllo delle miniere. In questi due contesti, il ruolo dello Stato varia sostanzialmente, mentre gli attori statali possono giocare una varietà di ruoli in tali reti, spesso a seconda dei loro interessi in un’area geografica o all’interno di un particolare commercio.
Il caso del Mali non è isolato: il sostegno del Governo tramite il clientelismo è una prassi comune nei paesi africani. È ovviamente dannoso per la graduale erosione dei sistemi democratici, e le conseguenze a lungo termine saranno devastanti. Inoltre, non bisogna sottovalutare il rischio di “shocks” esterni, considerando che i Paesi africani si trovano in un equilibrio fragile. Tuttavia, le conclusioni a cui quest’articolo é giunto sfidano l’unica idea di governance maggioritaria in Occidente: in realtá, gli attori statali si adattano alle diverse circostanze per rafforzare i loro poteri, sempre attraverso mezzi violenti.
Dunque, è davvero possibile che le risorse minerarie possano stimolare il dialogo tra i diversi attori (sia pubblici che privati) e sostenere i governi nazionali? Oggi un tale progetto sembra abbastanza ambizioso senza il coinvolgimento della corruzione, ma allo stesso tempo si pone come una soluzione praticabile per i conflitti di lunga durata che stanno devastando sia la regione saheliana che quella sahariana. Il confronto costruttivo tra i civili (polizia, politici, parti interessate) potrebbe portare a una situazione win-win, dove ogni parte pensa al guadagno comune piuttosto che al guadagno assoluto – che è una governance giusta, equa e accessibile. La presenza internazionale, in questo ambito, dovrebbe puntare ad un dialogo trasparente con tutte le parti interessate in questo business.
Note
- Martin, A., & Taylor, B. (2014). All that Glitters is not Gold: Dubai, Congo and the Illicit Trade of Conflict Minerals. Ottawa, Canada: Partnership Africa Canada.
- MacGaffey, J. (Eds.). (1991). The Real Economy of Zaire. The Contribution of Smuggling and other Unofficial Activities to National Wealth. London: University of Pennsylvania Press.
- Shipley, T. (2017). Mali: Overview of corruption and anti-corruption. U4, Anti-Corruption Resource Centre.
- Martin, A., & Taylor, B. (2014). All that Glitters is not Gold: Dubai, Congo and the Illicit Trade of Conflict Minerals. Ottawa, Canada: Partnership Africa Canada.
- Raineri, L. (2020). Gold Mining in the Sahara-Sahel: The Political Geography of State-making and Unmaking. The International Spectator, 55(4), 100-117. https://doi.org/10.1080/03932729.2020.1833475