Fratelli d’Italia, nonostante i suoi tentativi di istituzionalizzazione conservatrice — in Italia e in Europa — e il saldo atlantismo di Giorgia Meloni in politica estera, è un partito contaminato dall’estremismo di destra, dalla nostalgia fascista e dall’antisemitismo oppure si tratta solo di qualche mela marcia? Una video-inchiesta di Fanpage in due puntate 1 ha raccontato da dentro — con una insider della testata diretta da Francesco Cancellato che si è finta una militante — i ragazzi di Gioventù Nazionale, la formazione giovanile di Fratelli d’Italia, tra insulti agli ebrei, ai neri e cori nazisti. Il caso è diventato particolarmente eclatante dopo la seconda puntata, nella quale viene insultata anche Ester Mieli, senatrice di Fratelli d’Italia, ebrea.
Il governo ha prima risposto ufficialmente in Parlamento — dopo un’interrogazione del Partito Democratico — attraverso il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, per il quale si tratta solo di «strumentalizzazione» e «intossicazione del confronto democratico». Per Ciriani, il servizio è stato realizzato sulla base di immagini «frammentate decontestualizzate e riprese in un ambito privato». Nel frattempo, alcune delle giovani dirigenti del movimento meloniano hanno lasciato i loro incarichi istituzionali. Flaminia Pace, presidente di GN Pinciano, si è dimessa dal Consiglio nazionale dei giovani («La cosa più bella è stata ieri a prendersi per il culo per le svastiche e poi io che avevo fatto il comunicato stampa di solidarietà a Ester Mieli») ed Elisa Segnini («Non ho mai smesso di essere razzista e fascista») si è dimessa da capo segreteria di Ylenja Lucaselli, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione bilancio alla Camera. Un’altra dirigente dell’organizzazione, Ilaria Partipilo, collaboratrice dell’onorevole Giovanni Donzelli, responsabile nazionale dell’organizzazione di Fratelli d’Italia, e vicina al sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, è stata accusata di essere l’autrice di alcuni messaggi razzisti e antisemiti scritti via Whatsapp riportati dalla video-inchiesta.
Di seguito, abbiamo selezionato e contestualizzato dieci frasi che descrivono il rapporto del partito di Meloni, che dopo 8 giorni di silenzio è poi intervenuta con una lettera, con i propri fardelli storici. Per capire come il maggior partito italiano oggi si raffronta con nostalgie e scorie estremiste presenti al proprio interno. Bisogna però mettere in chiaro, da subito, alcune premesse, come fa lo storico Claudio Vercelli nel suo Neofascismo in grigio. La destra radicale tra l’Italia e l’Europa (Einaudi): «Non ha alcun fondamento politico, e ancor meno storico, preconizzare e richiamarsi al ‘ritorno del fascismo’. Ciò almeno per due ordini di motivi: un fenomeno storico non si ripete mai nel medesimo modo; del pari, non si può parlare del ritorno di qualcosa che non se ne è mai andato via del tutto dalle società continentali, neanche con la frattura epocale del 1945.» 2
1 — «Non ho mai smesso di essere razzista né fascista, quindi non ti preoccupare, mi stanno sempre sui coglioni i negri e i comunisti» (Elisa Segnini Bocchia)
Classe 1995, di nobili origini. Bergamasca, un master in Affari e relazioni internazionali alla Luiss, Segnini non ha evidentemente letto le tesi politiche per il XII Congresso Nazionale del MSI-DN, intitolate «Pensiamo l’Italia. Il domani c’è già. Valori, idee e progetti per l’Alleanza Nazionale». Sono le tesi che portarono alla svolta di Fiuggi e allo scioglimento del Movimento Sociale Italiano, avvenuta nel 1995. «L’odio razziale è una forma di totalitarismo: la più crudele, è il mancato riconoscimento della dignità del ‘diverso’, dell’estraneo, dello straniero», c’è scritto a pagina 9 del capitolo secondo, «Valori e principii»: «La nostra condanna del razzismo è nella condanna del totalitarismo, della forza come mezzo di prevaricazione» 3. La nascita di Alleanza Nazionale rappresentò un momento di rottura con la tradizione post-missima e l’avvio di un percorso che ha portato all’istituzionalizzazione della destra politica, che oggi è riuscita ad arrivare a Palazzo Chigi grazie a Giorgia Meloni.
2 — «Quei ragazzi hanno sbagliato partito ed è giusto che vengano messi alla porta. Antisemitismo e razzismo sono incompatibili con la nostra natura, prima ancora che con il nostro progetto» (Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera, in un’intervista al Corriere della Sera 4)
Fabio Rampelli, romano, deputato dal 2005, è uno dei maestri di Giorgia Meloni, ancorché adesso escluso dal cerchio ristretto della presidente del Consiglio. Viene dal Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del MSI, e dalla sezione romana di Colle Oppio. Una sezione politicamente eterodossa, al punto tale che all’epoca veniva considerata persino «di sinistra» per via di una forte attenzione ai temi ambientali e sociali. Rampelli più volte ha detto di essere infastidito dai richiami al passato nero di Fratelli d’Italia. Una volta ha detto di voler replicare a queste accuse «con la mia amicizia con don Luigi Di Liegro» 5, fondatore della Caritas diocesana di Roma, di cui è stato direttore, scomparso nel 1997: «Ero segretario del Fronte della gioventù quando un comitato dei Parioli capeggiato da due parlamentari missini cercò di assaltare il suo centro per malati di Aids a Villa Glori. Io portai tutti i ragazzi del giovanile del Msi dentro il centro, per difenderlo. Il Fdg contro il Msi…, una pagina memorabile di una gioventù che era stufa della destra becera», ha ricordato Rampelli, che negli anni Ottanta fondò insieme allo scomparso Paolo Colli l’associazione ambientalista «Fare Verde».
3 — «Comunque non siamo noi che siamo razzisti sono loro che sono negri» (dice ancora Segnini)
Il fiorentino Achille Totaro, ex parlamentare di lungo corso di Fratelli d’Italia, ha spiegato una volta che la sezione di Colle Oppio era considerata quella più di sinistra nel mondo della destra politica, perché su certe battaglie – come l’ecologia, la difesa ambiente – era all’avanguardia: «Ma penso anche all’immigrazione. Era una sezione che rifiutava razzismo e discriminazione. Anzi, da quelle parti si pensava che gli immigrati che arrivavano qui fossero sfruttati da un certo tipo di colonialismo e capitalismo; erano vittime, non persone da trattare male. Mi ricordo che in quella sezione Rampelli e gli altri facevano raccolta di aiuti umanitari per quei poveracci, rifiutando quindi un certo stereotipo della destra, che pure esisteva» 6.
Meloni ha insomma «vissuto in quegli ambienti in cui era molto sentita la difesa sociale dei più deboli», ha spiegato ancora Totaro: «Non erano posizioni facili da tenere, a quei tempi, perché minoritarie nella destra. Ma la domanda che si facevano era: perché mai essere trucidi nei confronti degli immigrati?».
4 — «Quello che ho, che avevo da dire sul fascismo l’ho detto cento volte e non ritengo di doverlo ulteriormente ripetere» (Giorgia Meloni, il 18 aprile di quest’anno, rispondendo alla domanda di un cronista: ‘Si dichiara antifascista?’)
Il motto di Giorgio Almirante, storico segretario dell’Msi prima di Gianfranco Fini, era «Non rinnegare e non restaurare». Uno slogan che ciclicamente sembra tornare nel discorso pubblico degli eredi della tradizione post-missina, ancorché in forme diverse, nell’analisi politico-storica della destra italiana. Anche tra le tesi politiche per il XII Congresso Nazionale del MSI-DN: «Se è giusto chiedere alla Destra italiana di affermare senza reticenza che l’antifascismo fu il movimento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato, altrettanto giusto e speculare è chiedere a tutti di riconoscere che l’antifascismo non è un valore a sé stante e fondante e che la promozione dell’antifascismo da momento storico contingente a ideologia fu operata dai paesi comunisti e dal Pci per legittimarsi durante tutto il dopoguerra. Nel dopoguerra non tutto l’antifascismo è stato infatti antotalitarismo».
5 — «Non c’è spazio, in Fratelli d’Italia, per posizioni razziste o antisemite, come non c’è spazio per i nostalgici dei totalitarismi del ‘900, o per qualsiasi manifestazione di stupido folklore. I partiti di destra dai quali molti di noi provengono hanno fatto i conti con il passato e con il ventennio fascista già diversi decenni fa e a maggior ragione questo vale per un movimento politico giovane come il nostro, che fin dalla sua fondazione ha peraltro fatto la scelta di aprirsi a culture politiche compatibili con la nostra, accogliendo persone che arrivavano anche da percorsi politici diversi da quello della destra storica». (Giorgia Meloni in una lettera inviata ai dirigenti di Fratelli d’Italia il 2 luglio)
Non è la prima volta che Meloni cerca di catechizzare i suoi dirigenti di partito. «Sarò implacabile, caccerò i nostalgici: quando andremo al governo dovremo essere impeccabili», ha detto nel febbraio del 2022, riunendo la direzione di Fratelli d’Italia. Un concetto ribadito nell’ottobre del 2022 dopo aver vinto le elezioni, davanti ai suoi parlamentari eletti: «Fuori chi sgarra». Ancora una volta, la presidente del Consiglio è costretta a prendere le distanze dagli spiacevoli comportamenti di alcuni suoi dirigenti di partito.
6 — «Sono felice che dopo un’esitazione iniziale si siano prese contromisure. E in alcuni casi le espulsioni sono doverose. Ma bisogna arrivare a un’azione di tipo pedagogico. Far capire che la destra è incompatibile con questi atteggiamenti che non vanno derubricati a goliardate». E ancora: «Ciò che mi ha più disgustato è stato lo scherno a Ester Mieli dopo averla applaudita. Né si può dire che in questi anni è mancata l’informazione su cosa sia stato l’antisemitismo nazifascista. Vado orgoglioso di aver fatto parlare nell’aula della Camera, il nobel Elie Wiesel». (Gianfranco Fini al Corriere 7)
Per la verità non c’è soltanto un problema con i giovani, come emerge dall’inchiesta di Fanpage. Nel 2016 fu resa pubblica una foto di Galeazzo Bignami, attuale viceministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, che lo ritraeva, in anni precedenti, vestito da nazista. Ai tempi, quando scoppiò la polemica, Bignami spiegò che si trattava di «una festa di addio al celibato, una goliardata tra amici». Non è stato tuttavia un episodio isolato per il viceministro; nel 2019 fece discutere un video in cui Bignami passava in rassegna i citofoni delle case popolari di Bologna, mettendo all’indice gli inquilini stranieri. Non tutti, comunque, sembrano condividere la stessa sensibilità di Fini che pure, ha osservato Marco Tarchi sul Foglio, «non ha prodotto alcuna autentica innovazione nel suo ambiente politico.
Si è limitato ad adeguarsi alle circostanze. Ha avuto senso tattico ma nessuna visione strategica, dall’inizio alla fine della sua avventura». Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ex prefetto di Roma, scelto in quota Lega, ha cercato di sminuire il caso. «Quando la questione viene sottoposta al ministro dell’Interno, ecco, fermiamoci sull’antisemitismo che è uno dei sentimenti più preoccupanti che stanno emergendo anche all’indomani del 7 ottobre», ha detto Piantedosi in un’intervista a SkyTg24 8.
«Se vediamo dei dati si debbono poi tradurre, ferma restando l’inaccettabilità di quel che si è visto in quelle immagini, anche in azioni che possono mettere a repentaglio i requisiti di sicurezza e ordine pubblico oltre che di convivenza civile. Va registrato che dal punto di vista dei comportamenti pericolosi, dal punto di vista del rinascere dell’antisemitismo, non si sono evidenziati da quel gruppo giovanile ma da ben altri che nelle nostre piazze, qualche volta anche nelle università». Dal punto di vista delle immagini e dal punto di vista delle affermazioni, ha aggiunto il ministro dell’Interno, «non c’è dubbio, va censurato senza nessuna indulgenza. Però se parliamo di antisemitismo che può preoccupare il ministro dell’Interno, mi preoccupa quello che talvolta è emerso nelle piazze, gli incendi alle bandiere di Israele, l’assalto alla Brigata ebraica il 25 aprile, tutte cose dal punto di vista operativo, concreto, molto più pericolose che non sono state poste in essere da quel gruppo giovanile ferma restando la censura a cui vanno assoggettate le persone che si sono viste compiere gesti e fare dei riferimenti condannati dalla storia». Insomma, prima di guardare in casa dei Fratelli d’Italia, bisognerebbe guardare che cosa succede a sinistra, dice il titolare dell’Interno.
Si può tuttavia guardare un po’ dappertutto e constatare con amarezza con le parole della sociologa Betti Guetta e dei ricercatori dell’Osservatorio antisemitismo della Fondazione Cdec di Milano che «qualcosa non ha funzionato nel lavoro per contrastare l’antisemitismo in Italia». Il giudizio emerge sulla base della Relazione annuale su atti e discorsi antisemiti in Italia presentata a febbraio di quest’anno. «I dati raccolti nell’indagine del 2023 sono preoccupanti: c’è stato un netto aumento degli atti di antisemitismo rispetto al passato. A seguito di 923 segnalazioni, sono 454 gli episodi individuati lo scorso anno: 259 in rete, 195 offline, tra cui una aggressione e 40 casi di minacce. Nel complesso, quasi il doppio rispetto ai 241 del 2022», c’è scritto nella ricerca. L’antisemitismo oggi è molto più aggressivo e allo stesso tempo meno nascosto: «Offendere gli ebrei non è più un tabù. In particolare dopo il 7 ottobre, che ha dato la stura a questa ondata d’odio. C’è stato quasi un senso di liberazione: il conflitto a Gaza è stato usato come scudo per offendere senza doversi giustificare», ha detto Guetta, responsabile dell’Osservatorio. «Sondaggi alla mano, la ricerca evidenzia come il 10% degli italiani esprima esplicitamente il proprio antisemitismo, a cui si aggiunge un’ampia area grigia di pregiudizi antiebraici. Si va dai complotti sugli ebrei ricchi che tirano le fila dell’economia e dell’informazione, all’immagine dell’ebreo vendicativo. La matrice ideologica in Italia dell’antisemitismo è soprattutto di estrema destra, a cui si affiancano l’estrema sinistra, il radicalismo islamico, l’antigiudaismo cattolico».
7 — «Lei ha valutato nel 2% in FdI la «fascisteria». Sicuro di questa percentuale?—Direi anche meno. Ci sono voti che si contano: nostalgici, antisistema, populisti. E voti che pesano: il mondo internazionale che ci guarda, quello produttivo, ciò che compone il corpo elettorale di FdI. Si può tranquillamente rinunciare a quel 2%, con la sua inconsistenza antistorica e col tradimento che infligge a un partito liberalconservatore di massa quale è ora FdI, per passare dalla logica dei governati a quella dei governanti», (Alessandro Giuli, presidente del MAXXI, al Corriere 9).
Giuli, ex condirettore del Foglio e attuale presidente della Fondazione MAXXI, è uno degli intellettuali più vicini alla destra di governo, insieme a Pietrangelo Buttafuoco, presidente della Fondazione La Biennale di Venezia. Impossibile verificare se la percentuale individuata dall’autore di Gramsci è vivo. Sillabario per un’egemonia contemporanea (Rizzoli) corrisponda alla realtà. Certamente c’è un problema di selezione della classe dirigente. Ilaria Partipilo, presidente di Gioventù Nazionale a Bari, collaboratrice di Giovanni Donzelli, parlamentare e responsabile narzionale organizzazione di Fratelli d’Italia, e vicina al sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, secondo Fanpage nelle sue chat con i militanti avrebbe postato foto di Mussolini e Hitler e avrebbe scritto che «i down sono menomati». Inoltre, sempre nelle chat, avrebbe parlato di un «negro» e di un «ebreo infame». Sarà anche una percentuale irrisoria, ma senz’altro si fa molto notare.
8 — «Siamo la testimonianza concreta che la destra conservatrice può ben governare in Patria e al contempo rafforzare il quadro di alleanze internazionali e attrarre i grandi investitori. Siamo la dimostrazione che la narrazione fatta dai grandi media e dagli osservatori di parte era falsa, che esiste una alternativa credibile alla palude socialdemocratica europea e occidentale. È esattamente per questo che facciamo tanta paura, non solo in Italia, a chi vuole difendere lo status quo. È questa la grandiosa sfida che stiamo combattendo. È questa la rivoluzione per la quale molti di noi stanno sacrificando intere porzioni della loro vita, senza lamentarsi. Ed è questo, soprattutto, il motivo per il quale riceviamo attacchi di ogni genere, senza regole, senza limiti, senza esclusione di colpi. Non possiamo fermare questi attacchi ma possiamo fare tutto il possibile per essere adeguati al ruolo che gli italiani ci hanno affidato».
Ai politici capita di sentirsi accerchiati. E più si ricopre una posizione istituzionalmente rilevante e più l’accerchiamento, o quantomeno la sensazione dell’accerchiamento, aumenta. Giorgia Meloni vede avversari dappertutto e probabilmente più di uno ce l’ha. La presidente del Consiglio e i suoi Fratelli d’Italia indulgono tuttavia con facilità nella sindrome del «personaggio scomodo», tipicamente auto attribuita. C’è il giornalista scomodo, c’è lo scrittore scomodo, c’è il cantautore scomodo, e c’è il politico scomodo. Non di rado tuttavia l’accerchiamento diventa auto accerchiamento. «Ce l’hanno con noi» è la frase-manifesto della paranoia del potere. Attenzione, la paranoia serve alla politica. Può essere uno strumento prezioso perché permette di vivere in uno stato di vigilanza utile. Entro certi limiti, naturalmente, superati i quali diventa sindrome e retorica del complotto.
9 — «Sì, ma quella fiamma?—È lo storico simbolo che accompagna la storia della destra repubblicana, prima Msi poi An e siccome andiamo in continuità con quella storia, l’abbiamo stilizzata e ripresa» (Meloni in un’intervista a Skuola.net 10)
La senatrice a vita Liliana Segre aveva invitato Meloni a «togliere la fiamma dal logo del suo partito» 11 dopo che la non ancora presidente del Consiglio, nel 2022, si era espressa in termini molto netti sul fascismo: «La destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni, condannando senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi anti-ebraiche». Epperò, come ha notato una volta Andrea Romano, storico, ex deputato del Pd, quella fiamma, come Giorgia Meloni sa perfettamente, «è da sempre un riferimento esplicito alla fiammella che arde sulla tomba di Benito Mussoli e per questo è il principale simbolo del neofascismo italiano».
10 — «Il 30 maggio 1924, Giacomo Matteotti ha pronunciato nell’Aula della Camera il suo ultimo discorso, che gli sarebbe poi costato la vita. In quel discorso, Matteotti difese la libertà politica, incarnata nella rappresentanza parlamentare e in libere elezioni. Oggi siamo qui a commemorare un uomo libero e coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee. Onorare il suo ricordo è fondamentale per ricordarci ogni giorno a distanza di 100 anni da quel discorso il valore della libertà di parola e di pensiero contro chi vorrebbe arrogarsi il diritto di stabilire cosa è consentito dire e pensare e cosa no. La lezione di Matteotti, oggi più che mai, ci ricorda che la nostra democrazia è tale se si fonda sul rispetto dell’altro, sul confronto, sulla libertà, non sulla violenza, la sopraffazione, l’intolleranza e l’odio per l’avversario politico». (Giorgia Meloni il 30 maggio 2024 12)
Si è molto speculato su questa nota della presidenza del Consiglio in occasione delle commemorazioni per i cento anni dalla morte di Giacomo Matteotti. Una lettura interessante l’ha fornita Fabio Martini sulla Stampa: «Per lei Matteotti fu ‘ucciso da squadristi fascisti’. Dunque, eliminato non per ordine del Duce, ma da un gruppo di ‘teste calde’: è la teoria sulla quale si è attestata dal 1946 in poi la storiografia di cultura missina. Potrebbe apparire una disquisizione da filologi incalliti ma dentro c’è un passaggio chiave. Dal 1946 in poi la narrazione della destra italiana è sempre stata attraversata da un’idea: il fascismo seppe ricostruire lo Stato nazionale e la sua caduta fu determinata da una serie di gravi errori concentrati nella fase finale del regime: le leggi razziali e l’ingresso in guerra a fianco di Hitler. Ovviamente la Presidente del Consiglio non aveva alcun obbligo ‘formale’ di esprimere un giudizio compiuto sul ventennio ma l’espressione da lei usata lascia aperta una questione cruciale: la resistenza della destra italiana a convergere su quanto ripetono storici di ogni tendenza, che non ci fu nel fascismo un prima ‘buono’ e un dopo ‘cattivo’ e proprio l’assassinio di Giacomo Matteotti fu il Rubicone, il vero punto di non ritorno» 13.
Note
- L’inchiesta si può vedere a questo link.
- Claudio Vercelli, Neofascismo in grigio. La destra radicale tra l’Italia e l’Europa, Einaudi, 2021.
- Archives: MSI, 66 XVII Congresso nazionale, Fiuggi, 1995, online.
- ‘Fabio Rampelli sui giovani di Fratelli d’Italia coinvolti nell’inchiesta di Fanpage: «Hanno sbagliato partito, è giusto metterli alla porta»’, Open, 30 giugno 2024, online.
- ‘Fdi, Rampelli: ombre nere su Meloni? Ma di che si parla… Don Di Liegro venne nella sezione Colle Oppio a parlare di antirazzismo insieme a noi del dg’, Conquiste del lavoro, 12 agosto 2022, online.
- David Allegranti, ‘Il problema principale di Meloni saranno i suoi alleati, Public Policy, 24 ottobre 2022, online.
- Virginia Piccolillo, ‘Fini sull’inchiesta di Fanpage: «Oscenità impensabili, Giorgia Meloni deve fare di tutto per estirpare quel virus»’, Corriere, 29 giugno 2024, online.
- ‘Piantedosi fa la classifica dell’antisemitismo: peggio gli studenti che Gioventù nazionale’, Huffpost, 1mo luglio 2024, online.
- Paolo Conti, ‘Giuli: «Bisogna prosciugare le pozzanghere di fascismo. Il partito sostenga Meloni»’, Corriere, 24 giugno 2024, online.
- ‘Meloni: “La fiamma nel simbolo di Fdi segna la continuità con Msi e An»’, La Stampa, 31 maggio 2024, online.
- ‘Liliana Segre: «Meloni inizi a togliere la fiamma dal logo»’, ANSA, 12 agosto 2022, online.
- Presidenza del Consiglio, ‘Cerimonia celebrativa del centenario della morte di Giacomo Matteotti presso la Camera dei deputati, dichiarazione del Presidente Meloni’, 30 maggio 2024, online.
- Fabio Martini, ‘Matteotti, la svolta di Meloni: «Fu squadrismo fascista»’, La Stampa, 31 maggio 2024, online.