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«Da questa vetta guardo a Est». Il discorso di Tomasz Różycki, vincitore del Premio Grand Continent 2023

Davanti al Monte Bianco, a 3466 metri d’altitudine, la giuria ha scelto di attribuire il Premio Grand Continent allo scrittore polacco Tomasz Różycki. Mentre la Polonia torna in Europa attraverso le urne e l’Unione vuole allargarsi, chiede di guardare più in là per capire che «il nostro grande continente è ancora più grande di quanto pensassimo»

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© Groupe d'études géopolitiques

Preso dall’emozione e dalla sorpresa per questo annuncio, e per il viaggio che ho fatto ieri fino a Courmayeur per raggiungervi, vorrei ringraziare la giuria del Premio Grand Continent la rivista che organizza questo premio letterario, e salutare gli altri finalisti di questa edizione che, come me, sono scrittori europei.

Il mio libro inizia con questa frase: «Ascoltate, signore e signori, come saltò mia madre». È un libro che racconta, attraverso gli occhi di un ragazzo, la storia di un’infanzia in un paese comunista, in un enorme edificio popolare abitato da persone diverse, di diverse origini, provenienze, diverse idee politiche. Tutti vivono lì perché devono farlo, perché non hanno scelta. Vivono lì sotto un regime fondato sulla menzogna. Vivono lì e lottano contro una crisi permanente e una continua carenza di acqua, elettricità, riscaldamento, zucchero e burro. Queste persone sono braccate dalla polizia segreta e devono superare una narrazione costruita sulla menzogna. Ma nonostante tutto, mantengono la loro dignità perché resistono. E hanno qualcosa in più: la solidarietà, che permette loro di tirare avanti, di organizzarsi con e nonostante la crisi. È così che è nato il movimento Solidarność, che ha ribaltato il sistema, invertito un tragico destino e abbattuto il blocco sovietico.

Vi parlo di fronte alla cima del Monte Bianco, un luogo magico della letteratura polacca. Nel capolavoro dello scrittore ottocentesco Juliusz Słowacki, Kordian, che ancora oggi viene insegnato a tutti gli studenti polacchi delle scuole superiori, l’eroe, una figura romantica e megalomane, sale in cima al Monte Bianco. In cima, viene colpito da una crisi mistica. Si rende conto che se tutto ciò che ha davanti dovesse andare in frantumi, se il cielo dovesse colpire il ghiacciaio, lui sarebbe il primo a morire. Questa immagine anticipa forse una sorta di preoccupazione ecologica che oggi assume il suo pieno significato, visto che osserviamo il ghiacciaio ritirarsi anno dopo anno.

Ma Kordian guarda anche più lontano e subisce una metamorfosi. Guarda alla Polonia, schiacciata dal dispotismo russo. Decide di rivolgere le sue energie verso tutti i popoli e di tornare in Polonia per combattere lo zar. Nel farlo, ricorda un episodio leggendario della storia, quello del cavaliere Arnold von Winkelried. Per vincere una battaglia decisiva, Winkelried si sacrificò, attirando su di sé tutte le lance nemiche, in modo che gli svizzeri potessero vincere e salvarsi. Kordian paragona il suo futuro ruolo e quello della Polonia al destino di Winkelried: una nazione che deve sacrificarsi per liberare l’intera Europa dal dispotismo.

A mia volta, da questa vetta, guardo a est e vedo che il nostro grande continente è ancora più grande di quanto pensassimo. Oggi ho ricevuto diverse domande da parte di lettori che mi chiedevano se questo edificio si trovasse in un determinato luogo, perché pensavano di riconoscervi le proprie finestre, le proprie vite. Quello che racconto non è solo il destino dei polacchi, ma quello di tutta l’Europa post-sovietica, il destino di milioni di persone.

Quando guardo a est, vedo ancora una volta un popolo che lotta per la dignità umana, per la libertà, contro il dispotismo russo – ancora oggi – e che, nel farlo, è il popolo più europeo che ci sia. È un popolo che sta morendo per i nostri valori. Sto ovviamente pensando all’Ucraina, dove Słowacki è nato.

Anche se si salta dal Monte Bianco, non si cade.

Restiamo uniti e vinceremo contro il male.

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