Mai come oggi, le attenzioni degli analisti europei sono concentrate sul ruolo che l’Italia potrebbe assumere in qualità di garante della sicurezza energetica europea. L’asse Est-Ovest, basato sull’interdipendenza energetica tra gli Stati Membri dell’Unione Europea e la Federazione Russa si è infatti disgregato, lasciando uno spazio immenso all’eventuale sviluppo di un nuovo asse Sud-Nord. In questo scenario, i governi italiani guidati da Mario Draghi e poi Giorgia Meloni hanno similarmente avanzato l’idea di trasformare la Penisola italiana in una cintura energetica, proponendo in Europa un nuovo ruolo strategico di rilievo per l’Italia. In particolare, entrambi gli esecutivi hanno guardato alla centralità che il gas naturale riveste in questa crisi e al potenziale del continente africano e del Mediterraneo allargato come alternative strategiche alla partnership energetica con Mosca. 

Hub energetico, il termine utilizzato dal Governo a più riprese per caratterizzare un complesso di elementi infrastrutturali, economici e politici che profilino il ruolo dell’Italia, ha sinora riscontrato un largo utilizzo nel dibattito politico/mediatico. Eppure, esso appare manchevole di una definizione che chiarisca come un hub energetico differisca da un cosiddetto paese di transito o un corridoio energetico, o come ad esempio il processo della transizione energetica influisca su questo status nella geopolitica energetica contemporanea1. Secondo un recente studio recente, la definizione che meglio incarna quella di hub energetico si riferisce ad un paese che riesporta verso altri paesi approvvigionamenti energetici, si impegna finanziariamente per la realizzazione di grandi progetti infrastrutturali, sigla accordi di lunga durata e mantiene un controllo politico ed economico sui flussi energetici, traendone benefici di varia natura, inclusa la creazione di posti di lavoro nell’industria energetica e un’influenza in scenari geopolitici di primaria importanza2.

L’asse Est-Ovest, basato sull’interdipendenza energetica tra gli Stati Membri dell’Unione Europea e la Federazione Russa, si è infatti disgregato, lasciando uno spazio immenso all’eventuale sviluppo di un nuovo asse verticale Sud-Nord.

Francesco Sassi

La realizzazione di un hub energetico in Italia, posizionato strategicamente al centro del Mar Mediterraneo, deve oggi però fare i conti con realtà politiche e dei mercati che pongono diverse criticità. Sfide che l’Italia deve e dovrà affrontare in uno scenario internazionale sempre più instabile e dove le tensioni tra sicurezza e transizione energetica emergono con sempre maggiore e dirompente forza.

L’Italia al centro del nuovo asse della sicurezza energetica europea: le implicazioni della crisi

Sin dalle prime settimane successive all’invasione russa sono emersi aspetti cruciali del mutato quadro geopolitico, utili a comprendere gli sviluppo del sistema energetico italiano. Il taglio delle forniture russe di gas, iniziato in forma lieve e graduale sin dalla seconda metà del 2021, è immediatamente divenuto uno dei punti di contenzioso maggiore tra le cancellerie del Vecchio Continente e il Cremlino. Il gas ricopre infatti un ruolo primario per i sistemi energetici europei e l’interdipendenza russo-europea ha rappresentato per decenni uno dei pilastri della sicurezza energetica continentale, inclusa quella italiana (Grafico 1). 

Parallelamente all’evolversi delle operazioni militari sul territorio ucraino e una serie di misure sanzionatorie senza precedenti contro il settore energetico russo, la politicizzazione del commercio di gas naturale ha portato il blocco completo all’utilizzo di alcune infrastrutture come i gasdotti Nord Stream e Yamal-Europe, riducendo l’export di gas russo verso i paesi dell’Europa Occidentale ai minimi storici dai tempi dell’Unione Sovietica. Nell’ottobre 2023, gli unici canali rimasti di approvvigionamento del gas russo in Europa, in volumi nettamente minori rispetto al recente passato, sono i gasdotti transitanti per la Turchia e, paradossalmente, l’Ucraina. Guardando più specificatamente alla geopolitica dell’energia, la dissoluzione dei tradizionali flussi energetici sull’asse Est-Ovest ha portato ad un rapido scompaginamento dell’ordine energetico, rinnovando l’attenzione verso l’utilizzo del commercio di risorse energetiche come strumento di politica internazionale3. L’accrescere delle tensioni nel rapporto tra Unione Europea e Federazione Russa è tracimato in pressoché tutti i mercati energetici. Su tutti, quello del gas naturale è divenuto l’epicentro di una crisi energetica dai risvolti globali, portando a prezzi record per gas ed elettricità4. Una particolarità significativa del mix elettrico italiano rimane quella della fortissima presenza del gas naturale tra le fonti (Grafico 2) e fattore che rende il Paese doppiamente esposto alle fluttuazioni di prezzo.

La politicizzazione del commercio di gas naturale ha portato il blocco completo all’utilizzo di alcune infrastrutture

Francesco Sassi

La tensione tra sicurezza e transizione energetica nel contesto italiano

L’analisi dei dati relativi al 2022 è eloquente sotto diversi punti di vista. Nonostante un calo dei consumi di gas che non ha precedenti nella storia europea, dovuto in larga parte a prezzi divenuti insostenibili per cittadini e interi settori industriali, i combustibili fossili hanno addirittura aumentato la loro presenza nel mix dei consumi primari, rimanendo dunque fondamentali per garantirne la sicurezza e stabilità dei sistemi energetici europei. I prezzi del gas naturale rimangono tuttora più alti della media storica e fortemente instabili. Malgrado gli innumerevoli investimenti nel settore, le rinnovabili (solare+eolico) continuano a rispondere a meno del 10% dell’intero consumo energetico europeo5. Il processo di decarbonizzazione, avanzato nel pacchetto Fit-for-55 e ribadito da REPowerEU, l’iniziativa con cui Bruxelles intende accelerare la transizione e tagliare definitivamente la dipendenza europea dalle fonti fossili russe è oggi giunto ad un punto di svolta6. Davanti a sé, l’UE deve trovare un bilanciamento tra gli obiettivi di sicurezza e transizione, visto anche il previsto crollo della domanda di gas previsto dalla International Energy Agency (IEA) lungo il processo che conduce alla neutralità carbonica al 20507. Percorso lungo il quale l’annullamento di nuova produzione di gas verrà compensato da una vastissima espansione delle rinnovabili e una generale elettrificazione dei consumi energetici. 

l’UE deve trovare un bilanciamento tra gli obiettivi di sicurezza e transizione.

Francesco Sassi

In questo contesto, l’Italia permane oggi massivamente dipendente dalle importazioni estere di idrocarburi. Le rinnovabili, compreso l’idroelettrico, corrispondono invece al 16,5% circa dei consumi primari. Si aggiunga il fatto che nel 2022 la quota di importazioni energetiche nette rispetto alla disponibilità lorda è arrivata al 79,7%, segnando un preoccupante +6% su scala annuale. Ciò è avvenuto a fronte anche di una riduzione complessiva dei consumi energetici finali e dei consumi elettrici. Un risultato prodotto da un calo consistente della produzione di energia da fonti rinnovabili e un ridotto apporto del gas nel sistema energetico italiano8. In tale situazione, Roma è stata costretta a importare costosissimi volumi alternativi di combustibili fossili solidi (+41,6% sull’anno), petrolio e prodotti petroliferi (+10,5% sull’anno) utili a compensare il minore apporto del gas. Rimanendo sul tema, nel 2022 solo il 4% della domanda di gas è stata coperta dalla produzione nazionale (Grafico 3). Il restante quantitativo corrisponde ad importazioni, suddivise in 80% circa attraverso gasdotti e circa il 20% del totale rappresentato da GNL.

L’Italia, così come gli altri Stati Membri UE, è divenuta maggiormente dipendente dalle importazioni di GNL, cresciute di poco meno del 50% su scala annuale. Volumi superiori agli anni precedenti sono riscontrabili da esportatori come Qatar e Stati Uniti. Nell’ottobre del 2023, Eni ha concluso proprio con QatarEnergy un contratto che dal 2026 prevede la fornitura di un volume massimo pari a 1,5 miliardi di metri cubi (mmc) all’anno e che verrà consegnato al terminal di GNL galleggiante posizionato nella città di Piombino. Il contratto, similarmente a quanto concluso sempre tra QatarEnergy e le companie europee Shell e TotalEnergies, prevede una durata di 27 anni e dunque consegne di GNL ben oltre il fatidico anno 2050, fissato dalla Commissione Europea per il raggiungimento dell’obiettivo di neutralità carbonica. Una La diversificazione delle importazioni di gas in Europa è giustificata dal piano REPowerEU e che ha portato diversi Stati Membri ad investire nella costruzione di nuove infrastrutture per l’import di gas9. Un’esigenza, quella della diversificazione verso il GNL, confermata sia dalla dichiarazione finale del G7 di Hiroshima, sottoscritta dal Governo italiano10, ma anche dalla Commissione Europea diverse volte nel corso degli ultimi 20 mesi.


Travolti dalla crisi, il governi Draghi e Meloni hanno entrambi dovuto fare i conti con una sempre più evidente povertà energetica degli italiani, supportando i consumatori in questa fase11. Entrambi gli esecutivi non sono però riusciti ad utilizzare i fondi dedicati in maniera efficiente e indirizzando gli aiuti alle classi sociali più bisognose. L’esborso di risorse è stato dunque eccessivo, finendo per gravare in maniera asimmetrica sulle già appesantite finanze pubbliche12. Il tutto aggrava la posizione dell’Italia sui mercati finanziari, a pochi mesi dal ritorno del Patto di Stabilità e Crescita nell’UE: un argomento di accesissima discussione all’interno del dibattito politico italiano e un punto di contenzioso altamente problematico nel rapporto tra Roma e Bruxelles.

L’Italia, così come gli altri Stati Membri UE, è divenuta maggiormente dipendente dalle importazioni di GNL, cresciute di poco meno del 50% su scala annuale

Francesco Sassi

Il sovvertimento dei tradizionali flussi di gas e lo sconvolgimento dei mercati energetici ha quindi riportato gli esecutivi europei ad essere protagonisti delle politiche e strategie nazionali, invertendo una tendenza che dagli anni ’90 ha visto una irrefrenabile liberalizzazione dei mercati. L’obiettivo di assicurare sufficienti approvvigionamenti per l’inverno 2022/23 ha riportato le compagnie con una larga partecipazione statale ad assumere un ruolo di attori primari nella difesa degli interessi statali, aprendo loro la possibilità di sviluppare ulteriormente la propria influenza sulle politiche e strategie energetiche nazionali13. In questa nuova fase, il Governo italiano ha dovuto parallelamente affrontare i cronici ritardi nei processi burocratici riguardanti la messa a terra di nuovi progetti di energia rinnovabile, dopo che diverse storture legislative ne hanno minato per anni l’evoluzione. Un difficile rapporto centro-periferia (Stato-Regioni), la moltiplicazione di organi intermedi e autorità regolatorie hanno ostacolato l’installazione di fonti rinnovabili. Il Governo Meloni ha proposto l’obiettivo del 65% dei consumi di elettricità da fonti green al 2030 e nel primo semestre del 2023 l’installazione di rinnovabili è più che raddoppiata rispetto lo scorso anno14. Se i vantaggi dal punto di vista economico e sociale appaiono evidenti, soprattutto per il possibile impatto positivo sulle zone rurali del Paese, l’intero settore necessita di ulteriore supporto finanziario e di continui investimenti in ricerca e sviluppo per mantenere questa tendenza nel lungo periodo15.

La dimensione internazionale dell’hub energetico italiano

Roma ha elaborato una propria ricetta alla risoluzione della crisi energetica e l’annullamento della dipendenza dal gas russo entro il 2025 attraverso una strategia dal forte carattere nazionalistico e con un peculiare bilanciamento fra transizione e sicurezza. Da una parte, il Governo Draghi ha immediatamente riportato in auge quest’ultimo tema che, trascurato dai governi precedenti, aveva comportato una «sottovalutazione di politica estera, di politica internazionale» della dipendenza dalla Russia16. Una realtà che ha imposto una rapida diversificazione delle importazioni e un’accelerazione della messa a terra di nuove fonti rinnovabili per garantire l’indipendenza energetica. Al da tempo discusso rilancio del Sud del Paese si è affiancata la rappresentazione dello stesso come un “ponte” tra l’Europa, l’Africa e l’Asia e un da cui è possibile proporre partenariati strategici17. La nuova coalizione di destra guidata da Giorgia Meloni ha rincarato ulteriormente i connotati nazionalistici della strategia energetica italiana, basata sulla trasformazione del Paese in un “centro strategico ed economico nel Mediterraneo.” Un’ambizione supportata dall’obiettivo finale dell’indipendenza energetica che, secondo Meloni, porterebbe alla “rinascita della nostra Nazione.” Secondo la Presidente del Consiglio Meloni, grazie al proprio «posizionamento geostrategico» l’Italia può offrirsi come «piattaforma nel Mediterraneo» e «diventare l’hub di approvvigionamento energetico d’Europa», proiettandosi nel dialogo con l’Africa. Un continente rappresentato da Roma come in grado di risolvere il problema dell’insicurezza energetica europea.

Al da tempo discusso rilancio del Sud del Paese si è affiancata la rappresentazione dello stesso come un «ponte» tra l’Europa, l’Africa e l’Asia  

Francesco Sassi

I concetti di «hub energetico europeo» e «corridoio di approvvigionamento delle rinnovabili nell’area mediterranea» permeano anche il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) presentato nel luglio del 2023 dal Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica (MASE) e inviato a Bruxelles e che vuole allineare la transizione europea agli obiettivi del Fit-for-5518. Un Piano che passa necessariamente dal rafforzamento di alcune strutture di trasmissione interne e in particolare della stessa Linea Adriatica. Un progetto dal valore di 2,4 miliardi di euro e con cui SNAM mira ad espandere di 10 mmc/annui la capacità della rete lungo la direttrice Sud-Nord, ritenuta imprescindibile per veicolare volumi di gas superiori da progetti come TAP, EastMed e i gasdotti collegati al Nord19. Secondo i promotori, la stessa infrastruttura potrebbe un giorno trasportare idrogeno verde generato da fonti rinnovabili. D’altronde, l’orizzonte temporale di questa nuova opera è proiettato nel futuro. L’ultimazione della Linea Adriatica è prevista per il 2027 e il progetto si incardina all’interno del percorso di decarbonizzazione dei sistemi energetici europei, suggerendo un possibile repurposing completo all’idrogeno entro il 2040-2050.

Un piano che punta ad un’accelerazione della messa a terra delle rinnovabili ma che vede la diversificazione attraverso i sei punti di ingresso per metanodotti attualmente esistenti, i tre terminal operativi per l’import di GNL e le due FSRU di Piombino, già in funzione, e quella di Ravenna, che entrerà in funzione dal tardo 2024, come l’architettura fondante per la costituzione di un «hub nel Mediterraneo» (Mappa 1). A questi snodi si potrebbero aggiungere tre grandi terminal onshore per l’importazione di GNL, più volte paventati dalle forze di governo, ma che nel PNIEC vengono indicati come in fase di valutazione. Partner europei come Malta, Slovenia, Slovacchia e Austria sono citati direttamente nel PNIEC come possibili importatori dall’Italia. Roma però guarda al contempo verso possibili connessioni con mercati dell’Europa Centrale, e su tutti quello tedesco. Nel 2022 infatti le esportazioni di gas dall’Italia sono cresciute di circa il 200% rispetto l’anno precedente ma esse rappresentano soltanto il 6,3% dei volumi totali di gas importato.

L’Algeria è oggi la principale alternativa per l’Italia alle importazioni di gas russo ed è divenuta nel 2022 il principale paese esportatore di gas verso l’Italia

Francesco Sassi


L’Algeria è oggi la principale alternativa per l’Italia alle importazioni di gas russo ed è divenuta nel 2022 il principale paese esportatore di gas verso l’Italia. Sia Draghi che Meloni hanno incontrato più volte i vertici istituzionali algerini, siglando partnership energetiche tra Eni e Sonatrach con l’intento di aumentare i volumi transitanti via il gasdotto Transmed, utilizzato nel 2022 per meno dei due terzi della capacità, e via GNL, grazie anche alle nuove FSRU. Lo stesso PNIEC ha indicato Transmed come l’infrastruttura che costituirà il South H2 corridor, sviluppato da SNAM, insieme a partner austriaci e tedeschi come parte della European Hydrogen Backbone. Il Piano strategico suggerisce che una riconversione dell’infrastruttura al trasporto di idrogeno prodotto nel Nord Africa sarà possibile nel prossimo futuro. Non è un caso dunque che l’attuale Presidente del Consiglio italiano abbia scelto l’Algeria per battezzare il suo Piano Mattei, ispirato dal nome del fondatore di Eni e la cui fama nella regione MENA garantirebbe, secondo Roma, una via diplomatica preferenziale per proiettare gli interessi nazionali nel Mediterraneo allargato, smarcandosi dal modello di relazioni impostate da altri paesi europei, come Francia e Regno Unito, con le proprie ex colonie20. Le autorità UE hanno approvato più volte nel corso degli ultimi due anni un approfondimento della “codipendenza” nel gas con l’Algeria, suggerendo una proficua collaborazione nelle risorse rinnovabili, idrogeno verde, riduzione delle emissioni di metano e della pratica del flaring21. Algeri ha risposto sottolineando come gli investimenti europei nel settore degli idrocarburi, e in particolare del gas naturale, siano oggi insufficienti a incrementare produzione ed export. Il Ministro Arkab ha quindi invitato i partner europei a valorizzare la nuova ‘Legge sugli idrocarburi’ approvata nel 2019 e appositamente disegnata per incrementare la presenza di compagnie straniere nell’upstream algerino22.

L’invito europeo ad una riduzione della pratica del flaring è ben vista da Algeri, impegnata ad azzerare le emissioni entro il 2030 e possibilmente incrementare l’export verso i paesi. È però altrettanto sintomatico come l’export di idrogeno verde sia una prospettiva totalmente secondaria nella strategia energetica algerina rispetto all’incremento nella produzione di gas naturale23. La recentissima e inaspettata nomina di Rachid Hachichi a CEO di Sonatrach al posto di Toufik Hakkar rivela un’insoddisfazione di base delle istituzioni algerine. Incapace di sfruttare gli altissimi prezzi per ottimizzare i guadagni derivati dall’export, calato nel corso del 2022 rispetto l’anno precedente, l’Algeria non è riuscita a rispettare neppure l’impegno di convogliare verso l’Italia i 4 mmc promessi nel 2022 durante la visita di Mario Draghi ad Algeri e difficilmente vedrà incrementare ulteriormente di altri 4 mmc l’export nel corso del 2023, così come ribadito a Giorgia Meloni. D’altro canto, l’Algeria rimane intenzionata ad ancorare nel lungo periodo l’economia del paese all’export di idrocarburi e principale fonte del bilancio nazionale. In questa prospettiva, il rafforzamento della partnership energetica con l’Italia e una crescita degli approvvigionamenti sono obiettivi complementari, ai quali Roma non può rinunciare se intende divenire realmente un hub energetico nel Mediterraneo.

Il PNIEC prevede la possibilità di un raddoppio del gasdotto TAP, un’infrastruttura che ha reso l’Azerbaijan un fornitore di gas sempre più importante per l’Italia (Mappa 1). Eppure, nonostante il Memorandum d’intesa siglato tra la Presidente von der Leyen e il Presidente azero Ilham Alyiev la strada appare in salita. Una ormai manifesta incapacità di raggiungere un accordo finale per l’espansione dei tre gasdotti che compongono il network che collega il Mar Caspio alle coste italiane, transitando per la Penisola Anatolica e i Balcani meridionali, sta rallentando gli investimenti in nuova capacità produttiva di gas da parte di Baku24. La recente annessione azera manu militari del Nagorno-Karabach e la fuga della popolazione civile armena dalla regione stanno inoltre facendo aumentare le tensioni tra Baku e le capitali europee, in particolare Parigi, dove cresce il timore di possibili interventi armati azeri che puntino al controllo del Corridoio di Zangzeur, con il benestare di Mosca e Ankara25.

Il rafforzamento della partnership energetica algerina con l’Italia e una crescita degli approvvigionamenti sono obiettivi complementari, ai quali Roma non può rinunciare se intende divenire realmente un hub energetico nel Mediterraneo

Francesco Sassi

Spostando lo sguardo sui giacimenti nel Mediterraneo orientale, le zone economiche esclusive (ZEE) di Israele, Cipro ed Egitto sono identificate come aree adatte alla diversificazione degli approvvigionamenti verso l’Italia. Anche in questo caso, un Memorandum tra la Commissione Europea e i governi dei tre paesi siglato nel 2022 anticipa il possibile sviluppo condiviso di giacimenti e infrastrutture per l’export di gas e GNL verso l’UE. Qui, la geopolitica del gas rimane però fortemente polarizzata tra competizione e cooperazione. Oltre all’influenza esercitata dalla Turchia come potenza regionale, negli ultimi anni Israele è riuscito nell’intento di stabilire una fruttuosa cooperazione con Egitto, Cipro e Libano, paesi in cui tra l’altro Eni è divenuta una delle compagnie energetiche maggiormente attive nel corso degli ultimi 15 anni 26. La recentissima escalation militare tra Hamas e Israele, la crisi produttiva dei giacimenti egiziani e la recente controproposta cipriota di sviluppare una partnership bilaterale con Israele, escludendo così l’Egitto e in opposizione al volere del Dipartimento di Stato americano, minano la realizzazione di imponenti e costosissime infrastrutture regionali dedicate all’export verso l’UE27. In particolare, pur non incidendo direttamente sui rapporti tra Italia e paesi africani, le tensioni crescenti in Medio Oriente hanno indotto il governo italiano a posporre sino all’inizio del 2024 l’importante vertice con i paesi africani annunciato per l’inizio di novembre. Secondo la stessa Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il Summit avrebbe rappresentato l’occasione per esporre e far avanzare il Piano Mattei per la cooperazione energetica con le nazioni africane. Un quadro diplomatico profondamente complesso e frammentato che, anche alla luce dei recenti sviluppi in Medio Oriente, ostacola ulteriormente la costituzione di un hub energetico italiano.

Note
  1. Burak Guler, Emre Çelebin, Jatin Nathwani, «A ‘Regional Energy Hub’ for achieving a low-carbon energy transition», Energy Policy, volume 113, p.376-385. Justyna Misiągiewicz, «Turkey as an Energy Hub in the Mediterranean Region», Journal of Global Studies, vol.4, no.1, p. 107-126.
  2. Mahamoud A. Hammad, Sara Elgazzar, Matevž Obrecht, Marjan Sternad, «Compatibility about the concept of energy hub: a strict and visual review», International Journal of Energy Sector Management, vol. 16, no.1, 2022
  3. Francesco Sassi, «The Geopolitics of the EU-Russia Gas Trade: Reviewing Power in International Gas Markets», in Farhad Taghizadeh-Hesary and Dayong Zhang (ed.), The Handbook of Energy Policy, Springer, 2023, p.33-67.
  4. Energy Institute, Statistical Review of World Energy, 2023
  5. International Energy Agency, «Natural gas supply-demand balance of the European Union in 2023: How to prepare for winter 2023/2024», IEA, février 2023.
  6. Caroline Kuzemko, Mathieu Blondeel, Claire Dupont, Marie Claire Bisbois, «Russia’s war on Ukraine, European energy policy response & implications for sustainable transformations», Energy Research & Social Science, n°93, 2022.
  7.  International Energy Agency, «Net Zero Roadmap: A Global Pathway to Keep the 1.5 °C Goal in Reach», IEA, septembre 2023.
  8. Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, «La situazione energetica nazionale nel 2022», luglio 2023.
  9. Commissione europea, Plan REPowerEU, maggio 2022.
  10. Consiglio europeo, comunicato del G7 a Hiroshima, 20 maggio 2023.
  11. García-Muros Xaquín, Claudia Dias Soares, Jesus Urios, Eva Alonso-Epelde, «Who took the burden of the energy crisis? A distributional analysis of energy prices shocks», Policy Report, Institute for European Environmental Policy, aprile 2023.
  12. «Italy Debt Fears Send Yield Premium to 200 Basis Points», Bloomberg, 28 settembre 2023.
  13. Andrea Prontera, Renata Lizzi, «The necessary reorientation of Italian energy policy», Contemporary Italian Politics, 15:2, 2023, p.252-268.
  14. «Raggiunti a giugno 39,5 GW di capacità installata eolica e fotovoltaica», Terna, 19 juillet 2023.
  15. Luca Esposito, Giulia Romagnoli, Heliyon, volume 9, no. 7, juillet 2023.
  16. Mario Draghi, «Crisi energetica e transizione ecologica. Il piano di Draghi», Formiche, 9 mars 2022.
  17. Mario Draghi, «Verso sud: la strategia europea per una nuova stagione geopolitica, economica e socio-culturale del Mediterraneo», discorso parte di Riparte l’Italia, 16 maggio 2022.
  18. Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, giugno 2023.
  19. SNAM, Progetto Linea Adriatica, Relazione Integrativa, novembre 2022.
  20. «Cinque accordi con Algeri, Meloni battezza il Piano Mattei», ANSA, 24 janvier 2023 ; sur la figure de Enrico Mattei: Enrico Buccianti, Enrico Mattei. Assalto al potere petrolifero mondiale, Giuffrè, 2005.
  21. Commissione europea, Joint press statement: EU – Algeria high-level energy dialogue, 5 ottobre 2023.
  22. Commissione europea, Press statements by Kadri Simson, European Commission and Mohamed Arkab, Algerian Minister for Energy and Mines, following the EU-Algeria High-Level Energy Dialogue, 5 ottobre 2023.
  23. Aydin Calik, «Algeria’s Sonatrach Targets ‘Rapid New Output’: Exclusive Mees Interview With CEO Toufik Hakkar», 6 janvier 2023.
  24. David O’Byrne, «Plans for doubling Azerbaijan’s gas flows to Europe on hold», Eurasianet, 27 settembre 2023. «Azeri Plan to Double Gas Exports to EU at Risk as Talks Stall», Bloomberg, 6 ottobre 2023.
  25. Hamidreza Azizi, Daria Isachenko, «Turkey-Iran Rivalry in the Changing Geopolitics of the South Caucasus», SWP Comment, no. 49, settembre 2023.
  26. Taehwan Kim, Sang Yoon Shin, «Competition or cooperation? The geopolitics of gas discoveries in the Eastern Mediterranean Sea», Energy Research & Social Science, vol. 74, 2021.
  27. Tom Pepper, «Cyprus Aims to Finally Solve East Med Gas Riddle», Energy Intelligence, 14 settembre 2023.