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Key Points
- Se il governo Draghi riuscirà a imporre una direzione riformista basandosi sul piano di ripresa, confermerà il suo rango internazionale e potrebbe persino influenzare un programma riformista sia in seno all’Unione che in un contesto transatlantico.
- Si tratta di una via stretta ma che appare praticabile, ciò che rappresenta già un’evoluzione notevole rispetto al periodo precedente.
La nomina di Mario Draghi a capo dell’esecutivo italiano rappresenta un chiaro cambiamento rispetto al precedente ciclo politico, quello risultante dalle elezioni legislative del 2018. La costituzione di una maggioranza parlamentare di unità nazionale che riunisce, ad eccezione del partito di destra Fratelli d’Italia, tutte le formazioni politiche italiane scrive una nuova pagina. La coalizione populista tra Lega e Movimento 5 Stelle aveva già subito uno stop nell’agosto 2019, quando dal governo Conte 1 si passò al governo Conte 2 che contava su una nuova alleanza tra M5S e Partito Democratico. Poi, la crisi politica del gennaio 2021 ha ribaltato il gioco politico italiano, con la nomina da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella di Mario Draghi, una personalità prestigiosa e trasversale che ha riunito attorno al proprio nome l’intero arco parlamentare italiano.
Al di là delle conseguenze interne di questo cambiamento nello scenario politico italiano, vale la pena guardare i vari aspetti internazionali che derivano dal riposizionamento dell’Italia.
Prima di tutto, è importante notare che la crisi di governo del gennaio 2021 è stata innescata in nome dell’Europa: Matteo Renzi ha sottolineato le debolezze del piano delineato dal Conte 2 per giustificare la necessità di una nuova maggioranza in grado di far avanzare la qualità e la velocità di esecuzione di questo ambizioso programma di spesa nel quadro del piano europeo di ripresa, tema tanto più cruciale in quanto deve permettere di affrontare la crisi causata dalla pandemia di Covid-19. Così è stato proponendo un requisito europeo che la formazione di Renzi, Italia Viva, si è ritirata dalla maggioranza che sosteneva l’esecutivo Conte 2. Ed è stato anche in vista dell’orizzonte europeo che Sergio Mattarella ha chiamato Mario Draghi. Al di là delle molte considerazioni politiche che fanno parte del contesto di questa decisione, il riferimento all’Europa appare qui come la classica manifestazione di un meccanismo della politica italiana, il ricorso a un deus ex machina fuori dal gioco politico interno che permette di giustificare una decisione che altrimenti sarebbe stata bloccata.
L’addio da parte del partito di Matteo Renzi dalla coalizione di governo può essere sembrato a molti osservatori una mossa particolarmente rischiosa. Tuttavia, ha innescato una catena di eventi che sta cambiando il gioco politico italiano e la posizione internazionale dell’Italia.
La personalità stessa di Mario Draghi ha portato a una serie di nuove coordinate per il governo italiano. È uno dei pochi capi di governo che gode di un profilo internazionale antecedente alle sue funzioni politiche. Due elementi sembrano essere particolarmente significativi a questo proposito. In primo luogo, Mario Draghi ha ottenuto un dottorato in economia al Massachusetts Institute of Technology (MIT) nel 1976 sotto la direzione di Franco Modigliani e Robert Solow. Questo periodo in una delle più prestigiose istituzioni accademiche americane ha rappresentato sia un notevole risultato accademico sia un’appartenenza al mondo culturale e alle reti economiche anglosassoni. Questo fu espresso più tardi quando divenne governatore della Banca d’Italia e fu in grado di sviluppare contatti con i funzionari della Federal Reserve degli Stati Uniti.
In seguito, la presidenza della Banca Centrale Europea dal 2011 al 2019 ha posizionato questo ex governatore della Banca d’Italia in un ruolo chiave nell’architettura economica e politica europea. Ha raggiunto il cuore del processo decisionale dell’Unione Europea ed è stato notato e rispettato per l’autorità con cui ha domato la speculazione durante la crisi del 2011: nel 2012 ad una conferenza di investitori a Londra ha chiarito la posizione della BCE per assicurare che l’Euro e l’Eurozona sarebbero rimasti uniti “a qualunque costo” 1. Questo episodio rappresenta l’epifenomeno di una difesa dell’euro che gli viene spesso attribuita, che contribuisce al suo prestigio internazionale e gli conferisce i gradi di un grande europeista.
Dalla sua lunga permanenza alla BCE a Francoforte deriva anche un’attenzione particolare alla Germania, soprattutto perché la sua politica ha generato reazioni contrastanti al di là del Reno 2. Infatti, la banca centrale tedesca si è opposta spesso alla sua visione, mentre è riuscito a sviluppare convergenze con alcuni leader politici, in particolare Angela Merkel.
Questi episodi significativi indicano già le coordinate di un leader politico ancorato nelle istituzioni europee con un’abitudine al dialogo con le autorità americane e un’attenzione particolare verso la Germania.
Durante il suo discorso programmatico al Senato, ha riaffermato con forza le radici europee e atlantiste dell’Italia 3. Dopo aver ricordato l’interesse dell’Italia per le zone limitrofe (Balcani e Mediterraneo) ha anche sottolineato la necessità di rafforzare le relazioni bilaterali con Germania e Francia all’interno dell’Unione. Infine, fatto degno di nota, ha menzionato la preoccupazione per i problemi dei diritti umani in Russia, ma anche le tensioni in Asia intorno alla Cina.
Questi elementi determinano un potenziale nuovo corso per la proiezione internazionale dell’Italia.
Prima di tutto, bisogna sottolineare un aspetto funzionale fondamentale. Mario Draghi beneficia di un’immagine di serietà e competenza acquisita durante le sue precedenti funzioni all’interno della BCE. È diventato così un punto di riferimento quasi automatico nei vari vertici internazionali, come già osservato nei primi Consigli europei 4. A questa capacità personale si aggiunge una situazione politica europea che pone Mario Draghi in primo piano: mentre l’uscita di Angela Merkel è prevista per l’autunno, e in un momento in cui il presidente Emmanuel Macron entra nell’anno che precede le elezioni presidenziali, il capo del governo italiano appare relativamente solido e con un programma che dovrebbe permettergli di continuare nelle sue funzioni per i prossimi due anni. Infine, l’Italia detiene attualmente la presidenza del G20, che fornisce ancora una volta una capacità di iniziativa su questioni multilaterali.
L’esperienza personale e la situazione politica europea danno a Mario Draghi una credibilità politica internazionale che raramente abbiamo visto per i precedenti capi di governo italiani. Stiamo assistendo a un vero e proprio effetto leva per il profilo internazionale dell’Italia, che viene automaticamente rafforzato dalla nomina del nuovo capo del governo. Questo profilo pronunciato marginalizzerà di fatto il ruolo del ministro degli Esteri, che continua ad essere ricoperto da una delle figure di spicco del M5S, Luigi di Maio.
Si pone naturalmente la questione della corrispondenza tra il “fattore Draghi” nel contesto internazionale e l’azione politica interna, ma va comunque osservato quanto Draghi si ponga all’incrocio tra un riformismo europeo e un’agenda di riforme nazionali, che appare una chiara evoluzione, se non una rottura, rispetto ai governi Conte 1 e 2 che lo hanno preceduto.
Se riprendiamo i termini del discorso per la fiducia al Senato, la riaffermazione dell’identità europea e atlantista dell’Italia dà il tono in termini di posizionamento internazionale e anche qui segna una rottura con gli esecutivi precedenti. Il periodo populista ha aperto la porta a varie forme di espressione critica nei confronti dell’Unione Europea. Questo periodo sembra ora completamente finito, con Mario Draghi che professa l’ortodossia europea.
Inoltre, la presidenza Trump aveva, in Italia come altrove, confuso le acque. Se da un lato alcuni populisti hanno voluto allinearsi alla linea trumpiana, dall’altro ha provocato numerose critiche che hanno contribuito a un allontanamento dagli Stati Uniti. La presidenza Biden ha rimesso all’ordine del giorno la riattivazione del legame transatlantico, moltiplicando le aperture verso gli alleati europei.
L’arrivo di Mario Draghi, poche settimane dopo l’insediamento di Joe Biden negli Stati Uniti, ha portato a un riallineamento dell’Italia verso una classica posizione atlantista.
Così osserviamo come, nel giro di poche settimane, l’Italia torna a recitare il repertorio fondamentale della sua politica estera del dopoguerra, cioè l’europeismo e l’atlantismo. È anche importante sottolineare quanto questa inflessione politica soddisfi i sostenitori di una linea tradizionale che si trovano sia negli amministratori dello Stato che nei militari, particolarmente attaccati alla dimensione transatlantica.
L’assunzione del potere da parte di Mario Draghi può essere analizzata come la piú classica “oscillazione del pendolo” nella geopolitica italiana. Ma non dobbiamo sottovalutare gli effetti collaterali che questo ritorno al timone può generare.
Prima di tutto, come abbiamo già sottolineato, due riferimenti geopolitici che erano associati al populismo, il rapporto con la Russia e quello con la Cina, stanno svanendo sullo sfondo e addirittura regredendo nella categoria delle minacce piuttosto che delle opportunità. Se il governo Conte 1 si era particolarmente distinto per una geopolitica “orientale” che esprimeva anche grandi aspirazioni autonomistiche, con ad esempio la firma del protocollo della Nuova Via della Seta nel marzo 2019, la politica di dialogo e attenzione verso Mosca e Pechino non era scomparsa durante il governo Conte 2. L’esecutivo Draghi segna così un chiaro richiamo all’ordine che, di fatto, allinea l’Italia alle posizioni europee critiche nei confronti della Russia, ma fa anche un notevole passo nella direzione degli Stati Uniti, molto impegnati nel confronto con la Cina. Anche qui, bisogna misurare il conservatorismo di certe amministrazioni italiane, per esempio quella del Ministero degli Esteri, che hanno spesso coltivato un tale desiderio di dialogo da tutte le parti che questo sembrava talvolta compromettere la scelta delle parti. Inoltre, non bisogna sottovalutare la penetrazione filorussa o filocinese all’interno di certe reti italiane, sia negli ambienti imprenditoriali che militano per una visione commerciale e politica, sia tra coloro che vogliono che l’Italia si affermi come potenza mondiale.
A livello del capo del governo, il cambio di rotta è chiaro, con un ritorno a un’Italia che si esprime essenzialmente attraverso il gioco delle alleanze e delle integrazioni, oltre che del multilateralismo.
Questo cambiamento di tendenza può essere visto anche nella visualizzazione della convergenza con la Germania. Durante una recente visita a Berlino, il ministro della Difesa italiano, Lorenzo Guerini, ha espresso insieme al suo omologo tedesco Annegret Kramp-Karrenbauer l’appartenenza all’Unione Europea, così come l’attaccamento all’Alleanza Atlantica 5. Questi concetti sono stati ripresi e ripetuti anche in un successivo incontro tra il ministro e l’Alto rappresentante dell’UE Josep Borrell. In un’omissione notevole, il tema dell'”autonomia strategica europea” non è apparso durante queste riunioni. Un distinguo non insignificante.
Infatti, abbiamo visto come Mario Draghi ha difeso una posizione di sovranità europea riguardo ai vaccini 6. Draghi ha fatto proprio il lato industriale e commerciale della visione dell’autonomia europea, un’interpretazione che è in linea con quella che va per la maggiore a Berlino, puntando sulla battaglia essenziale della disponibilità dei vaccini. Ma vale anche la pena notare come Mario Draghi ha invocato nel suo discorso programmatico la necessità di una sovranità europea condivisa laddove la sovranità statale è inefficace. Ha così espresso un meccanismo di “sovranità sussidiaria” che appare estremamente rivelatore della sua visione europeista. 7
La visione francese di una “autonomia strategica europea”, in voga dal 2020, include la politica di difesa e di sicurezza e vuole essere sinonimo di un aumento della potenza dell’Europa su tutti i fronti.
Tuttavia, la questione dell'”autonomia strategica europea” nel campo della difesa sta diventando più articolata in Italia con la ripresa del dialogo con la nuova amministrazione Biden. Sia l’intervento di Mario Draghi durante il vertice europeo di fine febbraio 8 che le recenti dichiarazioni del ministro Guerini aggiungono delle sfumature a questo concetto di autonomia strategica, che non viene messo in discussione in modo frontale, ma piuttosto declinato insistendo sul carattere virtuoso della “bussola strategica” in un esercizio che deve, per definizione, tendere alla complementarietà con la NATO 9. Questa evoluzione semantica provoca una grande differenziazione che mira a non offendere gli americani.
È un elemento importante che determina i termini della futura convergenza tra Italia e Francia in materia di sovranità industriale, tecnologica o commerciale, ma permette anche un segnale di attenzione verso la formulazione di una politica di autonomia europea per la difesa, che attraverso la “bussola strategica” rappresenta una continuità in termini di politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) e di relazioni con la NATO.
Questo parametro deve essere regolato finemente, perché una mancanza di convergenza su questi temi non dovrebbe impedire il dispiegamento di un’agenda europea più sostanziale, che farebbe piacere ai concorrenti esterni dell’Unione europea.
È dunque in questo contesto di riallineamento della geopolitica italiana che va analizzata l’evoluzione del rapporto con la Francia.
Dal 2019 Francia e Italia hanno ricostruito le loro relazioni bilaterali, in modo da voltare la pagina della crisi bilaterale che aveva raggiunto il suo apice tra il 2017 e il 2019 10. Anche se le relazioni sono ora ad alto livello, i funzionari di entrambi i lati delle Alpi conservano il ricordo delle tensioni precedenti: l relazione è ora considerata delicata e quindi oggetto di attenzione.
I primi passi dell’esecutivo Draghi hanno segnato l’affermazione da parte del governo italiano della sua sovranità sulla produzione e sul commercio di vaccini, ma anche e soprattutto la priorità data al piano di ripresa. Questi due elementi rappresentano importanti punti di convergenza tra Francia e Italia. Innanzitutto, il piano europeo di ripresa deve molto alla volontà di Emmanuel Macron che, alleandosi con Angela Merkel, è riuscito a convincere l’Unione della necessità e dell’opportunità di liberare questo tipo di strumenti che possono potenzialmente portare benefici all’Italia. Questa azione politica ha permesso agli italiani di dimenticare molte delle critiche espresse contro il presidente francese per apprezzare la solidarietà dimostrata nel contesto della crisi. Il piano europeo di ripresa è quindi il principale fattore che contribuisce a una percezione positiva dell’Europa nel recente ciclo politico.
Ma la crisi del Covid e gli sviluppi nella gestione europea dei vaccini hanno anche mostrato le convergenze tra Italia e Francia in materia industriale, con la posizione determinata di Mario Draghi sull’autorizzazione delle esportazioni di vaccini.
Abbiamo quindi due elementi relativamente nuovi che determinano una potenziale convergenza tra Roma e Parigi, soprattutto perché la crescita delle agende europee sia a Parigi che a Roma crea un parallelismo e permette di escludere l’idea di una relazione bilaterale fine a se stessa: è nel contesto europeo che avviene questo rafforzamento, che deve avvenire in aggiunta e non in opposizione alla relazione con la Germania.
Si tratta di una vera e propria svolta nelle relazioni italo-francesi, un’apertura che i ministri francesi Clément Beaune e Bruno Le Maire si sono affrettati ad esprimere durante le recenti visite a Roma. Queste sinergie si intersecano con la visione di triangolazione di Mario Draghi, che ha dichiarato il suo desiderio di far avanzare le relazioni con Francia e Germania.
L’agenda europea è centrale nella visione riformista di Draghi, che delinea i contorni di un’azione incisiva verso la Commissione europea, un piano che ha certamente bisogno di coltivare il sostegno di Francia e Germania 11.
In questo contesto, sembra opportuno istituzionalizzare ulteriormente le relazioni tra Francia e Italia, con la firma di un trattato bilaterale in corso di elaborazione, il “Trattato del Quirinale”, che si ispira al modello franco-tedesco per rafforzare le relazioni tra i due governi. Va notato a questo proposito che sia il cambiamento di percezione del presidente francese, che l’espansione della coalizione di governo, sembrano definire una finestra di opportunità per la firma di un trattato che è anche fortemente sostenuto dalla presidenza della Repubblica italiana.
In particolare, l’accelerazione dei cambiamenti nel gioco politico italiano, come conseguenza della recente crisi di governo, ha creato le condizioni per il ritorno alla ribalta di Enrico Letta, che è diventato segretario del Partito Democratico. Per sei anni, Enrico Letta è stato il preside della Scuola di Affari Internazionali di Sciences Po. In questo ruolo ha accumulato esperienza e reti a Parigi, che gli danno una comprensione dettagliata delle dinamiche francesi e un accesso diretto a tutti i circoli decisionali. Questo è un background notevole e abbastanza originale negli ambienti politici italiani. Così, il leader del principale partito di sinistra italiano è capace di una grande sintonia con gli ambienti francesi. Mentre Enrico Letta ha iniziato la sua azione riformista all’interno del Partito Democratico, appare nel parlamento italiano e potenzialmente nei futuri governi come uno dei perni essenziali della relazione tra Parigi e Roma. A questo proposito, va anche notato che Enrico Letta presiede l’Associazione Italia-Asean e in questo contesto sta lavorando per una politica verso un’Asia “non cinese”, una tendenza che si osserva anche negli ambienti parigini.
Il governo Draghi rappresenta una nuova stagione per l’Italia, e rimette il paese al centro delle questioni internazionali europee e transatlantiche. L’Italia può quindi sperare in un vero salto di qualità, se riuscirà a combinare questo vantaggio comparato internazionale con l’efficacia delle riforme interne, a cominciare dall’efficacia del piano di rilancio. Con una demografia che invecchia molto e un accumulo di debito, l’Italia rimane un paese con debolezze intrinseche. Il piano europeo di ripresa rappresenta una vera opportunità per l’Italia. È anche una posizione potenzialmente vincente per il governo Draghi in Europa, che ha già un’ottima reputazione. Se il governo Draghi riuscirà a imporre un corso riformista basato su Next Generation EU, allora confermerà la sua posizione internazionale e potrebbe anche influenzare un’agenda riformista sia all’interno dell’Unione che in un contesto transatlantico. Si tratta di un percorso stretto ma apparentemente fattibile – già un miglioramento notevole rispetto al periodo precedente.
Note
- «Whatever it takes», Il Post, 4 febbraio 2021
- Si veda Marco Cecchini, « La Draghi connection », Il Foglio, 22 febbraio 2021
- “Questo governo nasce nel solco dell’appartenenza del nostro Paese, come socio fondatore, all’Unione europea, e come protagonista dell’Alleanza Atlantica, nel solco delle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori”… cf. “Draghi, il discorso integrale al Senato del Presidente del Consiglio”. Il Sole 24 Ore, 17 febbraio 2021, https://www.ilsole24ore.com/art/draghi-discorso-integrale-senato-presidente-consiglio-ADb2MUKB
- Cf. Alessandro Sala, “Il vertice tra i leader ; Draghi al vertice Ue : sui vaccini bisogna accelerare. I leader cercano una strategia comune”, Corriere della Sera Online, 25 febbraio 2021
- Cf. “Difesa, Guerini a Berlino : relazione transatlantica fondamentale per futuro”, Askanews, 16 marzo 2021
- Andrea Bonanni, “Dove l’Europa non arriva”, La Repubblica, 6 marzo 2021
- cf. “Draghi, il discorso integrale al Senato del Presidente del Consiglio”, op. cit.
- Alberto D’Argenio, “Dalla difesa ai rapporti con Biden”, La Repubblica, 27 febbraio 2021
- Mario Gentili, “Draghi tra legame atlantico e autonomia strategica europea”, Formiche, 27 febbraio 2021, https://formiche.net/2021/02/draghi-atlantismo-europa/
- Cf. Jean-Pierre Darnis, « Une vision stratégique des relations franco-italiennes : vers un traité bilatéral ? », Notes de la FRS, n° 56/2020 (29 luglio 2020), https://www.frstrategie.org/publications/notes/une-vision-strategique-relations-franco-italiennes-vers-un-traite-bilateral-2020
- Claudo Tito, “Draghi cerca Merkel e Macron Patto per incalzare la Commissione”, La Repubblica, 22 marzo 2021