Il dollaro USA è salito di quasi il 4% dall’elezione di Donald Trump all’inizio di novembre. Lunedì 16 dicembre, il dollaro era scambiato a 0,9513 euro, con un aumento del 5,9% rispetto agli 0,8983 euro di tre mesi prima.
Due sono i fattori principali che contribuiscono all’aumento del dollaro e al deprezzamento dell’euro.
- Due grandi potenze del continente europeo, sia la Francia – dove il presidente presidente Emmanuel Macron ha nominato il suo quarto primo ministro dall’inizio dell’anno – che la Germania sono entrante in una fase di incertezza politica.
- Ieri, lunedì 16 dicembre, il cancelliere Olaf Scholz ha perso il voto di fiducia del Bundestag, spianando la strada per delle elezioni generali anticipate convocate per il 23 febbraio del prossimo anno.
- Allo stesso tempo, gli investitori nutrono una fiducia ampia nel fatto che Trump sia in grado di sostenere la crescita degli Stati Uniti. La maggioranza delle principali banche intervistate dal Financial Times – Goldman Sachs, Morgan Stanley, UBS, ecc. – si aspetta un aumento del dollaro che dovrebbe proseguire nel 2025 1.
Il dollaro non è stato più alla parità con l’euro in modo durevole dal lancio della moneta nel 1999 fino alla sua messa in circolazione nel 2002. All’epoca, gli Stati Uniti erano considerati meno attraenti dagli investitori, dato che il saldo delle partite correnti del Paese aveva raggiunto il 4% del PIL. Allo stesso tempo, le eccedenze di bilancio registrate nel periodo 1998-2001 – per la prima volta dalla fine degli anni ’60 – si sono trasformate in deficit a partire dal 2002.
La “parità” di una valuta con un’altra è, di per sé, una pietra miliare ampiamente simbolica. Nell’autunno del 2022, la “caduta” dell’euro rispetto al dollaro non rifletteva tanto il deprezzamento della moneta unica quanto l’aumento del dollaro statunitense 2.
- Durante la campagna elettorale, Donald Trump si è impegnato a lavorare per una svalutazione del dollaro una volta alla Casa Bianca. Un dollaro più debole sosterrebbe le industrie americane, mentre una valuta più forte renderebbe le esportazioni meno competitive.
- Tuttavia, molti esperti dubitano della capacità di Trump di svalutare il dollaro: al contrario, la maggior parte delle politiche che intende attuare, dai dazi ai tagli fiscali, porterebbero probabilmente a un rafforzamento della valuta statunitense.
- Queste misure dovrebbero contribuire a sostenere l’inflazione statunitense, costringendo la Federal Reserve a mantenere alti i tassi di interesse, che a loro volta attireranno i capitali stranieri verso gli asset denominati in dollari, rafforzando così la valuta statunitense.
La Federal Reserve statunitense sta tenendo l’ultima riunione di politica monetaria dell’anno e la decisione è attesa per oggi, mercoledì 18 dicembre. La maggior parte degli esperti prevede un ulteriore taglio dei tassi di 25 punti base, seguito da una pausa a gennaio.
Note
- Harriet Clarfelt, Colby Smith e Rafe Uddin, “Wall Street bets Trump will fuel further dollar gains“, Financial Times, 17 dicembre 2024.
- Maria Demertzis, Euro-dollar parity: beyond symbolism, Bruegel, 19 luglio 2022.