La rivoluzione digitale non è una novità. La sua storia è iniziata poco più di settantacinque anni fa, ma il suo ritmo è cambiato, accelerando. La portata delle innovazioni tecnologiche, così come l’ampiezza delle loro ripercussioni, hanno finito per trasformare la struttura dell’ordine internazionale, smantellandone il pilastro portante: lo Stato-nazione.
Non basta constatare questo crollo. Si stanno delineando i primi segni di un nuovo ordine. Per comprendere questo cambiamento, due elementi sono determinanti. Si tratta innanzitutto di identificare gli indicatori già visibili, quindi di analizzare le dinamiche di questi mutamenti alla luce di transizioni analoghe avvenute in passato, al fine di comprenderne quelli che non sono ancora evidenti.
Come sintetizzava Mark Twain, «la storia non si ripete, ma spesso fa rima». Anche in periodi di sconvolgimenti radicali, le forze profonde all’opera presentano spesso una sorprendente continuità da una rivoluzione all’altra.
La portata delle innovazioni tecnologiche, così come l’ampiezza delle loro ripercussioni, hanno finito per trasformare la struttura dell’ordine internazionale, smantellandone il fondamento: lo Stato-nazione.
Paul Saffo
Tra guerra e pace
Questo momento presenta infatti una sorprendente somiglianza con gli eventi che seguirono un’altra rivoluzione tecnica e mediatica, corrispondente all’ascesa della stampa tra il XVI e il XVII secolo.
Per comprendere come queste innovazioni mediatiche abbiano sconvolto l’ordine internazionale, una figura è imprescindibile: Ugo Grozio.
Nato a Delft nel 1582 e morto a Rostock nel 1645, Hugo de Groot — detto Grozio — ha attraversato un periodo storico di trasformazioni vertiginose che non è dissimile da quello in cui ci troviamo oggi.
Nel corso della sua lunga vita, questo umanista e giurista olandese ha vissuto la rivoluzione della stampa, la rivoluzione copernicana, la guerra dei Trent’anni e, soprattutto, la pace di Westfalia, il trattato che ha fondato l’ordine internazionale basato sullo Stato-nazione moderno.
Possiamo considerare che oggi stiamo attraversando un nuovo momento Grozio, trainato dall’emergere dei media digitali, proprio come la stampa aveva sconvolto l’Europa nel XVI secolo.
Paul Saffo
Grozio è giustamente considerato il padre del diritto internazionale pubblico. Constando l’erosione dell’ordine monarchico, alimentata dalla stampa e dal commercio, elaborò una teoria dello Stato e pose le basi di un sistema destinato a organizzare le relazioni tra gli Stati.
Il professore americano di diritto internazionale Richard Falk ha parlato di “momento groziano” 1 per descrivere un periodo di sconvolgimenti paradigmatici, durante il quale nuove regole e dottrine del diritto internazionale consuetudinario emergono con insolita rapidità.
Possiamo considerare che oggi stiamo attraversando un nuovo momento Grozio, trainato dall’emergere dei media digitali, proprio come la stampa aveva sconvolto l’Europa nel XVI secolo. I parallelismi tra queste due rivoluzioni sono sorprendenti. Tuttavia, ciò che caratterizza questo nuovo momento è un fattore decisivo che, da solo, spiega l’erosione dell’ordine internazionale odierno.
Su Internet, la distanza tra due punti è ridotta a zero. Si può essere dall’altra parte del mondo rispetto a una persona, ma, numericamente siete separati solo da un clic. Due interlocutori possono condividere lo stesso spazio virtuale, indipendentemente dalla loro distanza fisica. La fine del concetto di distanza è cruciale. Sconvolge in mille modi diretti e indiretti concetti un tempo stabili: sovranità, sicurezza, cittadinanza, identità nazionale, nonché il confine tra sfera interna e internazionale.
Le telecomunicazioni hanno smesso di essere solo un mezzo per collegare luoghi fisici per diventare una destinazione a sé stante. Questo spazio è ormai quello in cui trascorriamo una parte crescente della nostra esistenza, per lavorare, giocare o sognare. È uno spazio sociale in continua espansione, senza confini né distanze, dove i tentativi dei governi di controllare le interazioni appaiono meno come limiti reali che come ostacoli destinati ad essere aggirati.
Il risultato è che, proprio come l’Europa del XVI secolo ha riorganizzato l’ordine internazionale attorno alla diffusione della stampa e del commercio, oggi stiamo riorganizzando il mondo attorno all’espansione di questo spazio digitale.
E possiamo ipotizzare che, nelle fratture dei nostri anni Venti, ci stiamo rapidamente avvicinando a un momento di profonda trasformazione, in cui l’attuale consenso sulle relazioni internazionali tra Stati-nazione sarà sconvolto, proprio come quello che, all’epoca di Ugo Grozio, ha visto nascere le teorie fondanti del diritto internazionale ancora in vigore oggi.

Un mondo popolato da nuovi attori sintetici
Gli esseri umani non sono più soli nello spazio digitale: lo condividiamo con entità dal potere spesso sconosciuto e la cui identità reale ci sfugge, corrispondenti grosso modo a ciò che i Greci avrebbero chiamato un daimon: frammenti di software autoeseguibili che vanno da semplici programmi che svolgono compiti domestici a intelligenze artificiali sempre più sofisticate, in grado di interagire direttamente con gli utenti di Internet.
Nella mitologia greca, il daimon indica uno spirito intermedio, a volte utile, spesso capriccioso e ambiguo, capace sia di servire gli scopi degli esseri umani che di giocare loro degli scherzi. È questo termine, anglicizzato in daemon, che gli ingegneri Unix riprendono negli anni ’60 per definire una categoria di programmi in background incaricati di garantire le funzioni essenziali del sistema.
Gli esseri umani non sono più gli unici a trovarsi in questo spazio digitale: lo condividiamo costantemente con i daimones.
Paul Saffo
Al di là di ogni metafora, conviviamo già nello spazio digitale con questi daimones, che oggi hanno assunto una nuova dimensione. I rapidi progressi dell’intelligenza artificiale hanno trasformato questi vecchi programmi in una proliferazione di entità sempre più brillanti e autonome: veri e propri abitanti nativi del cyberspazio, sempre più numerosi.
La questione se un giorno supereranno l’intelligenza umana rimane aperta, ma al ritmo attuale, la loro onnipresenza in tutti i nostri sistemi sembra scontata ben prima della metà del secolo. Questi agenti autonomi operano per lo più nell’ombra, fino al momento in cui, eccedendo la loro autorità, provocano un errore che attira l’attenzione degli operatori umani.
L’esplosione demografica degli agenti autonomi costituisce un rischio maggiore. La storia dei conflitti dimostra che le guerre possono nascere da un errore di interpretazione o di protocollo. Nulla esclude che la prossima possa essere scatenata da un errore commesso da un agente di IA, provocando una cascata di catastrofi alla velocità digitale.
Lo specchio del contemporaneo
Grozio visse in un’epoca caratterizzata dalla rivoluzione della stampa, dall’emergere di sistemi finanziari complessi e dai progressi spettacolari delle tecnologie marittime, che permisero lo sviluppo delle reti oceaniche. Facendo eco alla previsione di Seneca in Medea, gli oceani allentarono i legami del mondo, passando da semplici barriere a vaste autostrade commerciali e culturali. Le idee fiorirono, il commercio esplose, emersero nuove istituzioni e quelle vecchie vacillarono. Non sorprende che Grozio abbia dedicato gran parte della sua opera al diritto del mare, stabilendo il principio fondamentale del Mare Liberum, la libertà dei mari.
Tutto questo ricorda stranamente la nostra epoca. Il cyberspazio è la nuova autostrada oceanica e la finanza digitale offre strumenti commerciali senza precedenti, nel bene e nel male.
Dove loro avevano la costruzione navale, noi abbiamo la robotica, l’intelligenza artificiale e l’esplorazione spaziale. Dove loro tessevano nuove reti, noi costruiamo le nostre. Laddove la diffusione della stampa scatenò disordini sociali, oggi i media digitali catalizzano profondi e rapidi sconvolgimenti.
All’epoca, la stampa, sotto forma di prime indulgenze papali e poi di volantini di Lutero, portò alla Riforma protestante. Roma perse il suo monopolio quando il cristianesimo si diversificò in innumerevoli nuove forme religiose. Oggi i media digitali, e ora anche l’IA, sono diventati un potente strumento di proselitismo religioso, ma questo è solo l’inizio.
Grozio fu testimone del declino delle monarchie e dei mutamenti della sovranità.
Oggi, paradossalmente, assistiamo al declino dello Stato-nazione nella sua forma westfaliana, ma il dibattito su ciò che verrà dopo è solo all’inizio.
Un nuovo Grozio per la nostra epoca deve ancora emergere, ma proprio come un tempo le monarchie hanno perso il monopolio del potere statale, oggi gli Stati-nazione stanno paradossalmente vivendo un simile declino dell’esclusività del loro potere.
In realtà, il declino dello Stato-nazione è iniziato otto decenni fa.
Può esistere realmente un’entità sovrana nazionale nello spazio digitale?
Paul Saffo
Lo Stato-nazione classico è definito principalmente da due qualità: l’esclusività e l’integrità territoriale.
Prima della seconda guerra mondiale, l’esclusività di cui godevano gli Stati-nazione in quanto “persone” agli occhi del diritto internazionale era evidente. Tuttavia, tale esclusività è terminata nel 1948 con la Dichiarazione universale dei diritti umani, che ha aperto la strada al riconoscimento di entità non statali nel diritto internazionale. Da allora, il loro ruolo non ha fatto che crescere.
La vera integrità territoriale è finita meno di un decennio dopo con l’avvento dei primi missili balistici intercontinentali e delle armi termonucleari. La capacità di un missile balistico con testata nucleare di raggiungere qualsiasi punto del pianeta in pochi minuti rendeva impossibile per gli Stati rivendicare la sovranità territoriale totale, e ancor meno la sicurezza assoluta.
Questa erosione dell’ordine mondiale classico è stata accentuata dall’onnipresenza senza confini dei media digitali.
Ma c’è di più: l’emergere del cyberspazio come destinazione virtuale a sé stante crea una nuova e strana dinamica territoriale. Può un’entità sovrana nazionale esistere realmente nello spazio digitale?
La questione si pone con ancora maggiore urgenza, poiché il cyberspazio sta per diventare il punto di partenza per la formazione delle nuove entità sovrane del futuro.
Questa è l’essenza del nuovo momento groziano: il vecchio ordine si sta dissolvendo mentre il suo successore emerge dal calderone ribollente delle tecnologie esponenziali e della diffusione continua dei media digitali nel cuore della società globale. Si tratta di un momento proteiforme, la cui forma finale rimane indeterminata, che sarà plasmato nel corso del prossimo decennio, proprio come l’ordine elaborato da Grozio e dai suoi contemporanei nel XVII secolo.

Riconoscere i luoghi del potere
La strada che conduce dall’epoca di Grozio ai giorni nostri è costellata da una serie di cambiamenti di potere. E ciascuno di questi cambiamenti è abbastanza evidente: basta guardare qual è l’edificio più grande nel centro della città.
Nel XIII secolo, la cattedrale sostituisce il castello. Il cambiamento continua nel XV secolo. Alla fine del secolo, la cattedrale condivide ormai il centro con gli edifici del potere civile e del commercio. Così, a Venezia, il Palazzo Ducale occupa Piazza San Marco accanto alla basilica. Il prete, il principe e il mercante coesistono in una simbiosi produttiva, ma comunque fragile.
All’inizio del XVI secolo, poco prima della nascita di Grozio, questa nuova struttura amministrativa continua ad evolversi, integrando sempre più strettamente commercio e governo. Un buon esempio è lo Stadhuis di Middelburg, nei Paesi Bassi, che assume tutta la sua importanza dopo il 1520. A sottolineare il legame tra governo e commercio, originariamente comprendeva un mercato della carne all’interno delle sue mura.
Alla fine del XVI secolo, un nuovo edificio occupava la piazza centrale: il parlamento. Nei Paesi Bassi, fu il Binnenhofche, nel 1584, divenne la sede del potere della Repubblica olandese.
Facciamo un salto al XX secolo: il potere cambia ancora. Le capitali nazionali si adornano di vasti edifici come simboli di potere, ma un nuovo attore contesta questa supremazia: la sede sociale delle aziende.
Simbolo di questa svolta: l’Union Carbide Building, il primo vero grattacielo progettato come sede di una multinazionale, costruito a Manhattan nel 1960. Era nata la multinazionale e con essa una nuova simbiosi, fragile ma duratura, tra potere nazionale e potere privato. Charles Wilson, amministratore delegato della General Motors, ne diede già la formula davanti al Congresso nel 1953, poco prima dell’inizio dei lavori: “Ciò che è buono per la General Motors è buono per il Paese”.
La scala urbana e il modello della città-Stato
Abbiamo assistito a un progresso secolare, dal castello alla corporazione, poi al Campidoglio, passando attraverso fasi religiose, civiche, politiche ed economiche. La domanda ora è: quale sarà la prossima forma dominante?
Un’ipotesi ovvia è quella dell’ascesa delle città-Stato, una forma di “devoluzione” quasi naturale dell’ordine westfaliano degli Stati-nazione. L’idea non è nuova: Kenichi Ohmae ne proponeva già una articolazione negli anni ’90 e, di fatto, le città-Stato, come modello di governance, hanno preceduto l’avvento degli Stati-nazione 2.
Il potere delle città-Stato non risiede solo nella loro forza economica: dipende soprattutto dalle loro dimensioni.
Paul Saffo
Le città-Stato esistenti oggi si dividono in due categorie: le città-Stato sovrane de jure, come Singapore, che ha un seggio all’ONU; e le città-Stato de facto, entità che esistono all’interno di uno Stato-nazione senza uno status internazionale indipendente, ma che esercitano comunque un notevole potere economico, culturale e politico. Se la regione della baia di San Francisco fosse un paese indipendente, sarebbe la diciottesima economia mondiale 3.
Ma il potere delle città-Stato non risiede solo nella loro forza economica: dipende soprattutto dalle loro dimensioni. Sono efficaci perché sono abbastanza potenti da esercitare un’influenza economica e culturale a livello mondiale, pur rimanendo sufficientemente compatte da consentire alla loro popolazione di conservare un’identità sociale coerente. Non sorprende quindi che le città-Stato de facto siano oggi i principali motori economici delle nazioni.
Le aree urbane – le famose “megaregioni” – sono ormai i principali contributori al potere e all’identità nazionale. Ma sono anche fonte di tensioni, perché la loro crescente influenza mina la stabilità dell’ordine statale man mano che cercano di aumentare il loro peso politico ed economico all’interno dello Stato stesso.
Negli Stati Uniti, gran parte delle attuali divisioni oppongono le popolazioni urbane, liberali e concentrate in mega-regioni altamente produttive, alle popolazioni rurali più disperse, ma dotate di un grande potere politico grazie alle specificità del sistema bicamerale e del collegio elettorale.
Le mega-regioni degli Stati Uniti hanno cercato a lungo di aumentare la loro indipendenza da Washington.
Il recente protocollo d’intesa firmato tra lo Stato dell’Illinois e il Regno Unito, su iniziativa del governatore Pritzker, ne è un ottimo esempio 4. Si potrebbero anche considerare le iniziative intraprese dal governatore della California, Gavin Newsom, volte a concludere accordi con altre nazioni straniere 5. Non si tratta né di una novità né di un atto di ribellione politica. Più di quindici anni fa, il governatore repubblicano della California Arnold Schwarzenegger aveva già concluso accordi con il Giappone 6 e altri paesi, in diretta opposizione al presidente Bush.
La California è rivelatrice anche sotto un altro aspetto: sono stati fatti più di duecento tentativi per dividere questo Stato in due o addirittura in più entità distinte. Tutti sono falliti rapidamente, ad eccezione di uno nel 1915, che era quasi riuscito prima di essere ostacolato dal completamento della Ridge Route, che collega il nord e il sud dello Stato. Tuttavia, questi tentativi di divisione non sono scomparsi. Nell’attuale clima politico, alcuni gruppi scontenti, in California come in altri Stati, arrivano addirittura a considerare la secessione dagli Stati Uniti.
Nessuna di queste iniziative ha possibilità di successo nel breve termine, ma la tecnologia digitale rafforza la credibilità dell’idea. Che diventino o meno il modello di un nuovo ordine internazionale, le città-Stato contribuiscono innegabilmente all’erosione della coesione degli Stati-nazione.
Il paradigma dello Network State nel nuovo ordine mondiale
Lavoro sul futuro e ho imparato a prestare particolare attenzione alle curiosità apparentemente insignificanti, alle anomalie che, proprio perché sembrano fuori luogo, possono indicare profondi cambiamenti all’orizzonte.
Ad esempio, nessuno legge mai le clausole scritte in caratteri minuscoli sui contratti stampati sulle confezioni dei software o quelle che si accettano quando si acquista un nuovo telefono cellulare.
Tuttavia, anche se non si utilizza il servizio Starlink di Elon Musk, leggere le clausole scritte in piccolo è illuminante.
Ecco l’articolo 11 di un contratto tipo di Starlink, valido in Francia 7:
LEGGE APPLICABILE E CONTROVERSIE
Per i Servizi forniti a, su o in orbita attorno al pianeta Terra o alla Luna, il presente Contratto e qualsiasi controversia relativa al presente Contratto (le “Controversie”) saranno regolati e interpretati in conformità con le leggi francesi e sottoposti alla giurisdizione esclusiva dei tribunali francesi. Per i Servizi forniti su Marte o in transito verso Marte tramite Starship o altro veicolo spaziale, le parti riconoscono Marte come un pianeta libero e concordano che nessun governo terrestre ha autorità o sovranità sulle attività marziane. Di conseguenza, le controversie saranno risolte attraverso principi autonomi, stabiliti in buona fede, al momento della fondazione della colonia marziana.
Questo è ovviamente un chiaro segno che Musk prende sul serio il suo progetto di colonizzazione di Marte. Ma questa è solo una facciata della storia e, per il futuro dell’ordine internazionale, probabilmente la meno determinante. Elon Musk nutre infatti anche immense ambizioni in materia di governance terrestre, e non è l’unico.
Un Network State potrebbe riunire i sostenitori della vita eterna, un altro gli appassionati di criptovalute, un altro ancora gli amanti dei film Disney o qualsiasi altro centro di interesse immaginabile.
Paul Saffo
Il concetto di “Network State”, un ibrido tra cyberspazio e territorio fisico, circola da quasi vent’anni.
I suoi sostenitori lo definiscono come segue: “Un Network State è un’entità geograficamente decentralizzata, collegata tramite Internet, concepita come un arcipelago mondiale di territori fisici. La sua crescita si basa su un plebiscito permanente, che attira migranti uniti da una comunità di idee e valori”. 8
In altre parole, un Network State esiste simultaneamente come entità unitaria nello spazio digitale e come presenza fisica sulla superficie del pianeta sotto forma di molteplici territori fisici non contigui.
Va sottolineato che non si tratta di una visione unica: potrebbero esserci decine o addirittura centinaia di Network States, ciascuno incentrato su un tema o un obiettivo comune.
Così, un Network State potrebbe riunire i sostenitori della vita eterna, un altro gli appassionati di criptovalute, un altro ancora gli amanti dei film Disney o qualsiasi altro centro di interesse immaginabile.
Poiché il cyberspazio è potenzialmente infinito e alcuni promotori dei Network States stanno già pensando di popolare stazioni spaziali, esplorare la Luna o colonizzare Marte, in teoria ci sarebbe spazio sufficiente per realizzare i sogni di tutti.
Questa idea è sembrata a lungo così stravagante da suscitare poca o nessuna attenzione al di fuori di una piccola comunità di seguaci. Tuttavia, da tempo gode del sostegno di personalità ricche e influenti della Silicon Valley, tra cui Elon Musk e Peter Thiel. Quest’ultimo ha dedicato ingenti risorse allo sviluppo del concetto di Network State e alla sua promozione come proposta seria.
In origine, l’ambizione dichiarata da Musk e Thiel era molto più radicale: “creare una moneta Internet per sostituire il dollaro”
Paul Saffo
In particolare, Thiel ha sostenuto Curtis Yarvin, un filosofo autodidatta dallo sguardo oscuro, le cui idee radicali attraggono sorprendentemente i libertari tecnofili che investono massicciamente nella Silicon Valley. Tra le sue convinzioni, Yarvin ritiene che la democrazia sia condannata a causa della sua inefficacia e che dovrebbe essere sostituita da una “monarchia illuminata” profondamente antidemocratica.
Elon Musk e Peter Thiel hanno una lunga storia comune, segnata dalla co-fondazione di PayPal all’inizio degli anni 2000. Oggi il servizio appare come uno strumento innocuo, che permette in particolare di acquistare facilmente oggetti di seconda mano su eBay. Ma in origine l’ambizione dichiarata da Musk e Thiel era molto più radicale: “creare una moneta Internet per sostituire il dollaro” 9.
Se si esaminano le loro attività recenti, si nota che progetti apparentemente disparati e senza alcun legame tra loro fanno in realtà parte di un puzzle radicale, orientato alla creazione di un Network State.
Musk, ad esempio, ha lavorato per far sì che gli Stati Uniti si ritirassero da tutti i trattati spaziali a cui hanno aderito, compreso il Trattato sullo spazio extra-atmosferico e i trattati relativi ai missili balistici. Egli vorrebbe anche che gli Stati Uniti si ritirassero dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare 10.
L’idea è quella di sostituire l’ordine internazionale istituzionale con un ordine libertario radicale, incentrato sugli individui e sulle entità private. Si tratta di un cambiamento profondo, che mira nientemeno che alla completa scomparsa dell’ordine internazionale postbellico così come era stato concepito a Bretton Woods.
Peter Thiel nutre visioni altrettanto radicali, che ha già cercato di concretizzare con risultati alterni. Due decenni fa ha finanziato il Seasteading Institute, che proponeva di creare un paradiso libertario per programmatori su una nave da crociera situata al largo della California, fuori da qualsiasi giurisdizione nazionale. Gli sperimentatori hanno rapidamente scoperto che anche i libertari soffrono il mal di mare. Ciononostante, il Seasteading Institute è ancora attivo e ora si concentra sulla ricerca di partnership legali con piccoli Stati del Pacifico. Se questo approccio avrà successo, queste enclavi fisiche potrebbero diventare componenti di un Network State.
Inoltre, non bisogna dimenticare il più grande successo di Thiel, la società di sorveglianza e sfruttamento dei dati Palantir. Con l’ambizione dichiarata di diventare «il sistema operativo dell’America» e i suoi stretti legami con l’amministrazione Trump, non è difficile immaginare dove potrebbe inserirsi in un tentativo di costruire un nuovo ordine mondiale basato sul Network State.
L’idea è quella di sostituire l’ordine internazionale istituzionale con un ordine libertario radicale, incentrato sugli individui e sulle entità private.
Paul Saffo
La lunga durata del Network State
Non è la prima volta che piccoli gruppi tentano di fondare micronazioni indipendenti dagli Stati-nazione dominanti.
Si possono citare alcuni dei tentativi più famosi:
— La Repubblica di Minerva
Proclamata nel 1971 come nazione indipendente in una zona remota del Pacifico, i suoi fondatori avevano tentato di stabilirsi sulle scogliere di Minerva, nel sud-ovest del Pacifico, ma furono rapidamente fermati dalle Tonga, il cui esercito aveva cacciato i potenziali coloni. Da allora le scogliere di Minerva sono quasi completamente scomparse, vittime dell’innalzamento del livello del mare.
— Il Principato di Sealand
Micronazione non riconosciuta situata su un ex forte marittimo della Seconda Guerra Mondiale al largo dell’Inghilterra, è sopravvissuta più a lungo della Repubblica di Minerva, in particolare come stazione radio pirata con un pubblico fedele. Esiste ancora come micronazione autoproclamata, ma è più una curiosità che una vera e propria entità pubblica.
— La monarchia costituzionale di Abalon
È stato uno dei due tentativi di fondare una micronazione indipendente sul Cortes Bank, un banco di sabbia sommerso a 2,5 metri sotto il livello del mare al largo della California, 150 chilometri a ovest di San Diego. Le condizioni meteorologiche estreme e le forti onde nella zona hanno distrutto tutti i tentativi di costruire una struttura permanente — una chiatta di cemento oggi affondata — sul banco 11.
Alla luce di questi tentativi falliti, e di tanti altri, di creare micronazioni, l’idea di costruire un Network State dotato di un territorio fisico potrebbe sembrare utopistica.
Ma questa volta la situazione sembra diversa: l’accelerazione digitale potrebbe cambiare le carte in tavola. Le reti digitali offrono infatti le basi potenziali per un Network State, e Starlink – infrastruttura chiave per le comunicazioni globali, costruita e controllata da Elon Musk – potrebbe diventarne un elemento centrale. Più in generale, la tecnologia digitale apre la possibilità di un amplificatore di potere senza precedenti per piccoli gruppi determinati a separarsi dal resto.

Le “Freedom Cities”: il cavallo di battaglia di Trump per il Network State?
I cittadini di un Network State possono lasciare il loro cuore nel cyberspazio, ma devono comunque dormire da qualche parte, almeno fino a quando Musk non colonizzerà Marte o costruirà una stazione spaziale. Ciò implica possedere beni immobili da qualche parte sulla superficie della Terra.
È qui che entrano in gioco le “Freedom Cities”, un’idea sostenuta dal presidente Trump durante la sua campagna elettorale dello scorso anno 12.
L’idea è quella di creare zone semi-autonome esenti da regolamenti statali e federali che, secondo i loro promotori, diventerebbero centri di creatività e innovazione.
In realtà, diversi tentativi di creare queste zone autonome erano già in corso diversi anni prima che Trump manifestasse il suo interesse per il concetto.
In California, appena a nord di San Francisco, un gruppo enigmatico che si fa chiamare “California Forever”, sostenuto da miliardari della Silicon Valley, ha acquistato 80.000 acri nella contea rurale di Solano 13. Il progetto consiste nella costruzione di una vasta nuova comunità che, leggendo tra le righe dei loro documenti promozionali, assomiglia molto a una Freedom City.
Se esaminato attraverso la lente del Network State/Freedom City, gran parte di quelle che sembrano azioni casuali dell’amministrazione Trump rientrano in uno schema inquietante.
Paul Saffo
Altrove, l’amministrazione Trump ha proposto di ritirare il Presidio di San Francisco dal sistema dei parchi nazionali e di affidarlo a investitori privati per creare una nuova città ai margini del Golden Gate 14.
Ma il candidato più ovvio per diventare una Trump Freedom City rimane Washington stessa, il Distretto di Columbia, che, a causa del suo status particolare di distretto governato dal Congresso, è particolarmente suscettibile di vedere il suo status modificato unilateralmente per diventare un’entità quasi indipendente 15.
In realtà, se esaminate attraverso la lente del Network State/Freedom City, gran parte di quelle che sembrano azioni casuali dell’amministrazione Trump rientrano in uno schema inquietante.
Per creare con successo un nuovo ordine mondiale di Network State, il primo compito deve essere quello di indebolire le nazioni più potenti, quelle che sono più suscettibili di ostacolare la creazione di questi Network States.
A questo proposito, la destra conservatrice americana si è allineata a questo obiettivo da molto tempo. Già nel 2001, l’attivista conservatore Grover Norquist dichiarava: “Non voglio abolire il governo. Voglio semplicemente ridurlo a dimensioni tali da poterlo trascinare in bagno e affogarlo nella vasca da bagno” 16.
I Network States non sono una fatalità, ma una tendenza e un sintomo
I sostenitori dei Network States, come Yarvin, Thiel o Musk, cercano di convincerci che la loro visione è l’unica strada possibile.
Ma non c’è nulla di più pericoloso di qualcuno in grado di individuare con precisione le tendenze, ma che lascia che il proprio entusiasmo offuschi la percezione dell’intera gamma di possibilità.
La visione del Network State è resa possibile solo dalla brutalità dello sconvolgimento di un ordine internazionale incentrato sugli Stati-nazione e un tempo stabilizzato dalla rivoluzione digitale e dalle sue conseguenze, dalla creazione del cyberspazio agli effetti delle tecnologie esponenziali accelerate. Il risultato è una sequenza proteiforme in cui tutte le parti del vecchio ordine permangono, ma la matrice che collega questi elementi in un ordine coerente si dissolve.
Dobbiamo considerare la prospettiva di un futuro Network State non come una fatalità, ma come un indicatore della portata delle trasformazioni in atto.
Paul Saffo
Ugo Grozio avrebbe immediatamente riconosciuto questo momento come analogo a quello in cui ripensò l’organizzazione del mondo, mentre la rivoluzione della stampa e la miriade di innovazioni tecnologiche e commerciali della fine del XVI secolo stavano trasformando il volto dell’Europa e, ben presto, quello del mondo intero.
Dobbiamo considerare la prospettiva di un futuro Network State non come una fatalità, ma come un indicatore della portata delle trasformazioni in atto. È un momento in cui dobbiamo riflettere in modo sistematico su tutti i mondi possibili che potrebbero emergere da queste incertezze. Si tratta poi di identificare e difendere il nuovo quadro internazionale che consentirà all’umanità di realizzare le sue aspirazioni più elevate e di costruire un mondo che vorremmo lasciare in eredità ai nostri figli e ai nostri nipoti.
Forse vedremo emergere un nuovo Grozio del XXI secolo, capace di guidarci attraverso le nebbie di questo nuovo territorio cibernetico, proprio come fece Hugo de Groot, umanista, studioso e giurista, quattro secoli fa.
Note
- Richard Falk, et al., “The Grotian Moment in International Law: A Contemporary Perspective”, Jurisprudence for a Solidarist World: Richard Falk’s Grotian Moment, 1985.
- Kenichi Ohmae, The End of the Nation-State: The Rise of Regional Economies, New York, Simon & Schuster, 1995.
- “Bay Area GDP Surges in 2017, Now World’s 18th Largest Economy”, Bay Area Council Economic Institute, 2017.
- “Gov. Pritzker Signs Memorandum of Understanding Between Illinois and the United Kingdom”, The State of Illinois Newsroom, 8 aprile 2025.
- Laurel Rosenhall, “Newsom Will Seek Trade Deals That Spare California From Retaliatory Tariffs”, The New York Times, 4 aprile 2025.
- Jack Dolan, “Schwarzenegger leads group on trade mission to Asia”, Los Angeles Times, 9 settembre 2010.
- Starlink Internet Services Limited, Starlink Terms of Service (France), documento n. DOC-1042-35310-55, consultato sul sito Starlink, regione Francia.
- Balaji Srinivasan, The Network State: How To Start a New Country (auto-pubblicato), 2022.
- Julian Guthrie, “Entrepreneur Peter Thiel talks ‘Zero to One’”, SFGATE, 21 settembre 2014.
- Kelly Weinersmith e Zach Weinersmith, “Mars Attacks: How Elon Musk’s plans for Mars threaten Earth”, Bulletin of the Atomic Scientists, 20 marzo 2025.
- Hal D. Stewart, “Pair Planning Island Nation off San Diego”, The Pasadena Independent, 31 ottobre 1966.
- J.J. Anselmi, “Trump’s ‘Freedom Cities’ Are a Devious Scam”, The New Republic, 26 marzo 2025.
- Katie Dowd, “In shock move, California Forever pulls measure to build Bay Area city”, SFGATE, 22 luglio 2024.
- Tara Nugga, Nora Mishanec, “What Trump’s executive order to gut the Presidio Trust means for the national park”, San Francisco Chronicle, 20 febbraio 2025.
- Caroline Haskins, Vittoria Elliott, “Startup City’ Groups Say They’re Meeting Trump Officials to Push for Deregulated ‘Freedom Cities’”, Wired, 7 marzo 2025.
- Mara Liasson, “Conservative Advocate”, NPR, 25 maggio 2001.