Cinque anni prima che Volodymyr Zelensky salisse al potere nel maggio 2019, la Russia e l’Ucraina avevano firmato gli accordi di Minsk per porre fine alla guerra nel Donbass. Lanciata dopo l’invasione russa della Crimea nella primavera del 2014, questa guerra opponeva Kiev ai separatisti filo-russi negli oblast di Donetsk e Luhansk, sostenuti dalla Russia.

Gli accordi di Minsk I e II sono oggi ampiamente considerati un fallimento. Nonostante il coinvolgimento di Francia e Germania come mediatori nel formato Normandia, i cessate il fuoco previsti sono stati violati in numerose occasioni.

  • La Russia, che prima del 24 febbraio 2022 rivendicava indirettamente circa il 7% del territorio ucraino attraverso il controllo parziale delle “repubbliche popolari” di Luhansk e Donetsk, nonché della Crimea, controlla oggi il 18% dell’Ucraina.
  • L’Ucraina, alla quale gli accordi di Minsk I e II sono stati imposti dalla Russia sotto la pressione, in particolare, di Parigi e Berlino, non è oggi in grado di accettare un cessate il fuoco nell’ambito degli accordi di Minsk. Al vertice del G20 del 2022, Zelensky ha pubblicamente chiuso la porta a questa possibilità 1.

Dopo oltre 1.000 giorni di guerra ad alta intensità, secondo diversi sondaggi di opinione, la maggioranza degli ucraini è ora favorevole a una soluzione negoziata per porre fine alla guerra – un’inversione di tendenza significativa rispetto ai primi due anni del conflitto 2. Nonostante l’apparente apertura di Putin a negoziare un accordo di cessate il fuoco e le recenti dichiarazioni di Zelensky in tal senso, entrambe le parti sono contrarie a qualsiasi concessione territoriale 3. Anche la questione delle garanzie di sicurezza costituisce una delle principali fonti di disaccordo.

  • Al di là delle concessioni che entrambe le parti sono disposte a fare, sembra ormai chiaro che l’imprecisione e l’ambiguità del linguaggio utilizzato a Minsk I e II hanno rappresentato un ostacolo importante all’attuazione degli accordi 4.
  • Le due parti sostenevano punti di vista contraddittori e talvolta inconciliabili su ciò che era stato presumibilmente concordato, rendendo impossibile l’interpretazione e quindi il rispetto dei trattati.

Al momento è difficile capire come Donald Trump, una volta insediato, possa spingere le due parti a negoziare un accordo che Putin considererebbe una vittoria, garantendo al contempo all’Ucraina sufficienti garanzie di sicurezza per evitare il ripetersi del fallimento di Minsk.

  • L’entourage che esercita un’influenza diretta sul presidente eletto è a sua volta diviso: una parte ritiene che gli Stati Uniti debbano aumentare la pressione su Putin fornendo più mezzi militari all’Ucraina e ampliando le sanzioni, in particolare contro il settore energetico russo. Altri sostengono che Zelensky deve essere spinto a riconoscere che l’Ucraina non entrerà nella NATO e che il suo esercito non sarà in grado di riprendere i territori conquistati.
  • Il presidente ucraino ha ribadito mercoledì 20 novembre su Fox News che l’Ucraina non poteva “riconoscere legalmente una parte del territorio ucraino come russo” 5 – questo vale per i 6 oblast parzialmente occupati da Mosca e per la Crimea, controllata interamente dal 2014.
  • In un’intervista pubblicata sulle nostre pagine, l’ex ministro dell’Economia ucraino Tymofiy Mylovanov ha spiegato: “È molto importante che tutti lo capiscano. La Costituzione dell’Ucraina proclama la sovranità e l’integrità territoriale del Paese ed è imperativo che venga rispettata”.