Il Presidente francese Emmanuel Macron e il Cancelliere tedesco Olaf Scholz hanno recentemente parlato dell’emergenza geopolitica di ridisegnare le relazioni dell’UE con il suo vicinato. Entrambi riconoscono che l’allargamento dell’UE è necessario, ma sottolineano anche che prima vi sia bisogno di una profonda riforma istituzionale dell’UE. Ma l’approfondimento e l’allargamento dell’UE sono processi complessi che i veto players possono potenzialmente arrestare.

Date le sfide geopolitiche che l’UE e i suoi vicini si trovano ad affrontare, è nell’interesse primario degli Stati membri dell’UE portare stabilità al proprio vicinato, garantendo l’allineamento geopolitico e limitando l’influenza e il potere di ricatto di attori esterni e autoritari. Di conseguenza, l’UE ha un forte interesse a sostenere democrazie resilienti e a rafforzare lo Stato di diritto. Nel frattempo, i vicini dell’UE sono alla ricerca di uno spazio politico che permetta loro di affrontare le sfide alla sicurezza e alla stabilità collettive allo stesso livello degli interlocutori e in cui si decidano politiche concrete. Data l’urgenza della sfida, non ci si può basare su un lungo processo di adesione.

La “Comunità Politica Europea” (CPE), di cui si celebrerà il primo vertice il 6 ottobre, potrebbe agire sia da ponte verso un’eventuale UE allargata e sia da quadro collaborativo su scala continentale. I dirigenti dovrebbero far uso del vertice per iniziare la costruzione di una piattaforma che possa combinare dialogo e decisione politica in maniera rapida e flessibile, e che strutturi meglio le relazioni fra l’UE e il suo vicinato.

La CPE potrebbe iniziare come un accordo di soft law tra gli Stati e l’UE. Lavorerebbe per quanto possibile con le istituzioni esistenti e, allo stesso tempo, potrebbe essere utilizzato come banco di prova per un processo decisionale dell’UE più efficace, ad esempio operando fin dall’inizio senza poteri di veto e abbracciando aree politiche geopoliticamente rilevanti, che non sono (ancora) politiche dell’UE. La CPE fornirebbe risorse finanziarie per affrontare aree concrete di cooperazione più profonda in materia di energia, sicurezza e difesa e convergenza economica e sociale. 

La Comunità Politica Europea non è, e non dovrebbe essere intesa, come un sostituto dell’adesione all’UE, ma dovrebbe invece costituirne un acceleratore. A lungo termine, potrebbe diventare un quadro di cooperazione continentale in cui i paesi che non desiderano unirsi all’UE sviluppino una cooperazione strutturale.1

La necessità di un nuovo approccio

La guerra in Ucraina ha dimostrato che L’UE ha bisogno di un nuovo approccio che strutturi le relazioni con i suoi vicini. L’aggressione russa ha portato, nel giugno 2022, alla decisione di garantire lo status di paese candidato all’Ucraina e alla Moldavia, dimostrando che l’Unione Europea è conscia di quanto la nuova situazione geopolitica richieda decisioni rapide e determinate. Non è però chiaro se l’UE possa rispondere a questi rischi semplicemente aggiungendo nuovi membri. Stante l’assenza di un consenso nel velocizzare il processo di adesione, il processo non dovrebbe neanche portare a un accesso precipitoso dell’Ucraina e della Moldavia senza cambiamenti nelle istituzioni europee e nei trattati, il che indebolirebbe l’UE nel lungo periodo, contribuendo a mantenere fuori stati candidati che aspettano da anni.

Un’UE non riformata di 36 membri (contando solamente i candidati attuali) sarebbe totalmente disfunzionale. Diverrebbe ostaggio dei veti, con un parlamento troppo popolato e un esecutivo irrimediabilmente frammentato.2  Le riforme della governance riguardanti il voto a maggioranza qualificata, la distribuzione dei seggi in parlamento e l’assegnazione delle responsabilità esecutive all’interno della Commissione sono prerequisiti indispensabili per l’allargamento e devono essere al centro di una nuova convenzione e dell’agenda di riforma dei trattati.

D’altro canto, semplicemente lasciare che l’allargamento proceda lentamente seguendo l’incerto percorso esistente, trasformerà l’impegno politicamente rilevante preso nei confronti dell’Ucraina, della Moldavia e di altri stati in uno scoraggiante percorso a ostacoli, non riuscendo a far uso dello slancio geopolitico che richiede un impegno politico regolare, credibile e concreto ad alto livello dell’UE con i suoi vicini.3

Infatti, fino a che il processo di adesione non è completo, un paese candidato è confinato a un dialogo bilaterale con la Commissione. Generalmente, nessun paese candidato o vicino ha diritto di parola in questo sistema, anche su questioni di primaria importanza per il suo futuro. In tempi normali, quando l’UE cambia solo lentamente, questo può essere considerato fastidioso, ma irrilevante. Nelle circostanze attuali, invece, mina l’attrattiva e l’efficacia dell’intero processo e comporta un costo politico molto elevato sia per l’UE che per i Paesi aderenti.

Il rischio è dunque che tenendo l’Ucraina e altri candidati in un lungo, lento e doloroso processo di ammissione senza politiche ambiziose e forum per lo scambio strategico l’intento di agganciarli come partner dell’UE sul piano politico, economico, energetico, e di sicurezza e difesa potrebbe fallire. Inoltre, l’attuale mancanza di flessibilità nella definizione delle relazioni con i Paesi terzi ostacola anche la creazione di partenariati strutturati con ex membri dell’UE (Regno Unito) o candidati all’adesione a lungo termine (Turchia).  

Sosteniamo che una CPE definita in modo intelligente sia una risposta adeguata alla nuova situazione geopolitica. La CPE può anche contribuire ad affrontare le lacune interne dell’UE e le sfide del suo vicinato.

FRANZ C. MAYER, JEAN PISANI-FERRY, DANIELA SCHWARZER E SHAHIN VALLÉE

In questo contesto, il Presidente Macron e il Cancelliere Scholz hanno sostenuto con forza la necessità di profonde riforme istituzionali,4 anche se nessuno dei due ha proposto un piano d’azione. Basandosi su un’idea vagheggiata dall’ex Presidente del Consiglio italiano Enrico Letta, Macron ha proposto il 9 maggio di creare una “Comunità Politica Europea” (CPE). La Presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha detto che la Commissione avrebbe stilato una proposta e ha sostenuto l’idea di una Convenzione per la riforma dei trattati europei, senza però collegare le due cose.5

Sosteniamo che una CPE definita in modo intelligente sia una risposta adeguata alla nuova situazione geopolitica. La CPE può anche contribuire ad affrontare le lacune interne dell’UE e le sfide del suo vicinato. La prima riunione della Comunità politica – ossia un vertice informale dei paesi UE e dei paesi candidati, si terrà a Praga il 6 ottobre 2022 e dovrebbe essere utilizzata per definirne i principi chiave e un calendario ambizioso. 

Una proposta efficace per la Comunità Politica Europea

Dal primo annuncio di questa idea da parte di Macron, sono stati fatti pochi passi in avanti nel definire meglio il concetto della Comunità Politica Europea. Si corre così il rischio che diventi un forum di leader che si riunisce una o due volte all’anno, come gli incontri bilaterali UE-Africa o ASEM, ma che non affronti politiche significative. Creare una struttura più formale che si affidi alle istituzioni europee esistenti per trasformare il dialogo dei leader della CPE in azione politica rischierebbe tuttavia di invadere i loro mandati e di violare i principi alla base dell’UE. Una struttura più formale della CPE potrebbe quindi esporla a lunghe sfide legali.

Noi suggeriamo di percorrere una via mediana tra quella di un accordo intergovernamentale basato sulle istituzioni europee e l’approccio meno rigido di forum tra leader. Come dimostrato dal G7/G20, affidarsi a istituzioni già esistenti può essere una soluzione. Un accordo di soft law potrebbe essere un quadro adeguato per la cooperazione e la sperimentazione. Potrebbe essere formalizzato in un secondo momento dalla combinazione della riforma dei trattati UE e un accordo fra l’UE, i suoi stati membri e gli stati non appartenenti all’Unione. Ci sono dei precedenti di quadri simili di cooperazione: la CSCE fu inizialmente un vertice tra capi di stato che ha poi condotto alla creazione dell’OSCE. In un altro campo – l’istruzione – il processo di Bologna iniziò come un round di incontri a livello ministeriale per organizzare la raffrontabilità degli standard dell’istruzione superiore e alla fine ha portato alla creazione di uno spazio europeo dell’istruzione superiore.

Noi suggeriamo di percorrere una via mediana tra quella di un accordo intergovernamentale basato sulle istituzioni europee e l’approccio meno rigido di forum tra leader.

FRANZ C. MAYER, JEAN PISANI-FERRY, DANIELA SCHWARZER E SHAHIN VALLÉE

Una Comunità Politica Europea fu proposta già negli anni 1950’. Allora, il tentativo di crearla era contingente all’accordo che avrebbe istituito una Comunità di Difesa Europea. La mancata ratifica di questo trattato da parte della Francia nel 1954 ha tarpato le ali alla prospettiva di creazione di una difesa europea collettiva e anche a un ambizioso quadro di cooperazione politica. L’approccio di oggi è opposto: stabilire le fondamenta di un dialogo politico prima di procedere con futuri processi legislativi europei e internazionali.

Membership

Il perimetro della CPE è cruciale per il suo successo. Chiaramente, la geografia non può essere l’unico criterio che definisca i suoi partecipanti. Dal momento che il conflitto geopolitico con la Russia costituisce l’innesco per la sua creazione, è naturale che la CPE sia basata su valori comuni e sull’allineamento geopolitico. Per garantire questa coerenza, dovrebbero essere definiti ampi criteri di ingresso ex-ante, a differenza del processo di adesione, nel quale i criteri di Copenhagen fissano gli “ultimi ostacoli” prima della definitiva adesione.

Definire l’allineamento geopolitico tramite delle regole risulta tuttavia complesso. Anche nel caso ciò dovesse essere possibile, le modalità di applicazione di tali criteri sollevano difficoltà, poiché i membri dell’UE, i Paesi candidati e i Paesi terzi non possono essere trattati esattamente allo stesso modo. Inoltre, ci sono inevitabilmente scelte politiche che non si possono evitare. 

Noi sosteniamo una CPE più inclusiva possibile, il che implica estendere l’invito all’intera UE; a tutti i paesi candidati; alla Georgia; al Kosovo; e anche alla Norvegia; Svizzera e al Regno Unito. Nessun paese dovrebbe essere lasciato da parte a questo punto, a condizione che tutti i partecipanti siano informati che la decisione sulla natura dei criteri di ammissibilità sarà inserita in agenda e che l’invito non equivale necessariamente a una garanzia di partecipazione.

La preparazione di una dichiarazione congiunta che definisca i criteri di ammissibilità e i meccanismi di esclusione dovrebbe iniziare prima del vertice del 6 ottobre e coinvolgere un gruppo eterogeneo di Paesi dell’UE e dei Paesi limitrofi. La discussione dovrebbe essere all’ordine del giorno della riunione di ottobre, con l’obiettivo di raggiungere l’approvazione di un primo gruppo di Paesi entro la fine dell’anno, prima di lanciare formalmente la CPE.

La preparazione di una dichiarazione congiunta che definisca i criteri di ammissibilità e i meccanismi di esclusione dovrebbe iniziare prima del vertice del 6 ottobre e coinvolgere un gruppo eterogeneo di Paesi dell’UE e dei Paesi limitrofi.

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Come minimo, i criteri di ammissione dovrebbero includere:

(a) Rispetto dei valori democratici e dello stato di diritto come definiti nei loro aspetti politici dai criteri di Copenhagen;

(b) Rispetto die Diritti umani (piena partecipazione al Consiglio d’Europa);6

(c) Allineamento geopolitico al fianco dell’Unione rispetto all’aggressione russa (piena partecipazione alle sanzioni).

Sviluppando questi criteri, è importante tenere in considerazione che tutti gli Stati membri dell’UE sono vincolati dalle disposizioni del trattato UE. Il rispetto dei diritti fondamentali appartiene ai valori che sono comuni agli Stati membri secondo l’Articolo 2 TEU e l’Articolo 7 TEU e la cui infrazione potrebbe portare alla sospensione del diritto di voto. In teoria, ciò suggerirebbe che l’appartenenza all’UE è, di per sé, un criterio sufficiente per definire l’adesione con i valori e i principi dell’Unione. In pratica, tuttavia, l’effettività di queste disposizioni è bloccata dal fatto che richiede l’unanimità degli Stati membri. Quindi la CPE dovrebbe essere in grado di sospendere o di escludere certi stati che anche se non sono stati sanzionati dall’UE. Per quanto riguarda gli Stati non membri e non candidati, essi non sono soggetti a nessuna condizione giuridicamente vincolante dell’UE ma, in quanto membri del Consiglio d’Europa, sono soggetti ai principi della Convenzione Europea sui Diritti Umani e soggetti alla giurisdizione della Corte Europea dei Diritti Umani (il che sarebbe, in teoria, un argomento a favore dell’inclusione del Regno Unito e della Turchia).

La situazione riguardo all’allineamento geopolitico potrebbe essere ancora più complessa per il fatto che i trattati europei riguardano essenzialmente le procedure e non la sostanza della politica estera e della geopolitica. Inoltre, quando la Finlandia e la Svezia integreranno l’alleanza, l’Austria e l’Irlanda rimarranno comunque fuori dalla NATO. L’appartenenza alla NATO o all’UE non è quindi un criterio sufficientemente significativo di garanzia di un allineamento geopolitico.

Questi esempi mostrano che l’adesione alla CPE non può essere radicata in rigide regole precostituite, ma dovrebbe piuttosto basarsi sull’approvazione di un insieme comune di principi che coprono i valori fondamentali, la democrazia, lo Stato di diritto e i principi chiave delle relazioni internazionali. Per ragioni geopolitiche, sarebbe altamente preferibile che tutti i Paesi sottoscrivessero i principi della CPE, anche per non dividere la regione europea mentre progredisce verso una maggiore integrazione regionale. 

L’Ucraina, sebbene in guerra, dovrebbe essere autorizzata ad aderire alla CPE, poiché è lì che il conflitto geopolitico si svolge in modo più brutale. Ciò sarebbe coerente con la decisione di concederle lo status di candidato all’UE, nonostante l’opinione prevalente dall’adesione di Cipro all’UE è che nessun Paese coinvolto in un conflitto territoriale, tanto meno in una guerra vera e propria, dovrebbe diventare membro dell’UE. Il mantenimento di questa posizione avrebbe dato alla Russia un potere di veto indiretto sull’allargamento dell’UE. Lo stesso ragionamento dovrebbe valere per la CPE. 

L’appartenenza alla NATO o all’UE non è quindi un criterio sufficientemente significativo di garanzia di un allineamento geopolitico.

FRANZ C. MAYER, JEAN PISANI-FERRY, DANIELA SCHWARZER E SHAHIN VALLÉE

Data la complessità della riflessione sul perimetro della CPE, e dato il beneficio di mostrarsi inclusivi nei confronti dei Paesi della “zona grigia”, nella speranza di ottenere un effetto leva e un cambiamento, esistono, in linea di principio, due strade per decidere sulla membership:

  • Ci potrebbe essere un processo formale di inclusione/esclusione, ma questo porrebbe molto probabilmente l’UE, in quanto organizzatrice del primo incontro, al posto di comando, il che farebbe risalire al Consiglio dell’UE la responsabilità per decidere chi includere e chi escludere.
  • Una maniera più elegante diplomaticamente potrebbe essere che la dichiarazione della CPE sia disposta da un numero considerevole di paesi membri e non dell’UE. Questo accordo, che dovrebbe essere ambizioso come i principi dell’UE e del Consiglio d’Europa (vedi sotto), fisserebbe l’asticella abbastanza in alto per i paesi che non condividono questi principi e obiettivi da auto-escludersi.

In ogni caso, non dovrebbe esserci una decisione arbitraria sulla partecipazione. I Paesi che non desiderano soddisfare i requisiti di ingresso sono comunque i benvenuti a entrare più tardi. Risolvere queste questioni fondamentali nei mesi a venire può sembrare un’impresa irrealistica. Ma il primo vertice del G20 si è svolto esattamente due mesi dopo il collasso di Lehman Brothers. Le guerre, come le crisi finanziarie, sono acceleratori. Con volontà politica e un po’ di coraggio, ciò che sembrava impossibile da raggiungere in degli anni può essere realizzato in settimane.

Governance

A differenza del processo di adesione o della politica di vicinato, nelle quali i paesi che non sono membri dell’Unione non hanno influenza, tutti i partecipanti della CPE sarebbero sullo stesso piano. Il meccanismo decisionale della CPE garantirebbe all’insieme dei suoi membri (senza distinzione UE/non UE) uguali diritti. Se non specificato, le decisioni politiche dovrebbero essere prese in base a un “consenso approssimativo”7 e in ogni caso senza potere di veto. L’accordo sul processo decisionale è cruciale. Senza di esso, la CPE si limiterebbe a un semplice scambio di opinioni e non diventerebbe un vero forum politico.

Tuttavia, la CPE non dovrebbe indebolire né processi europei esistenti né alcuna istituzione europea. L’autonomia dell’ordine legale europeo è salvaguardata dalla Corte Europea di Giustizia. La scelta è nel creare un segretariato indipendente intergovernamentale (come, per esempio, il Meccanismo Europeo di Solidarietà), che dovrebbe essere agganciato nel diritto internazionale oppure assegnare questo ruolo alla Commissione europea su basi legali più morbide.

Purché concordino su e siano vincolati ai principi e ai meccanismi stabiliti nel documento costitutivo della CPE, gli Stati membri non dovrebbero essere obbligati a partecipare a tutti i suoi programmi politici. Un certo grado di flessibilità dovrebbe essere mantenuto e reso operativo attraverso clausole di opt-in e opt-out. Per ciascuno di questi tre ambiti di lavoro, che si influenzano reciprocamente, la Commissione europea svolgerebbe il ruolo istituzionale centrale di segretariato e sarebbe dotata di alcuni poteri operativi. In questa dimensione, la CPE potrebbe anche fungere da catalizzatore per un nuovo e adeguato modus vivendi. Date le sfide geopolitiche e geoeconomiche intrecciate che l’Europa sta affrontando, potrebbe essere necessario un approccio “whole-of-government”8 che superi la frammentazione delle politiche nazionali ed europee.

Risorse

Per raggiungere risultati tangibili, la CPE richiederà un considerevole sostegno finanziario, oltre a quello già stanziato per il supporto all’allargamento. Si può prevedere un impegno limitato di risorse provenienti dagli Stati membri – come per la maggior parte delle organizzazioni internazionali – e/o incanalate attraverso il bilancio dell’UE per gli Stati membri dell’UE. Anche gli Stati non membri dell’UE dovrebbero contribuire, in proporzione alle loro risorse e al loro coinvolgimento nelle aree di cooperazione. Ogni area di cooperazione dovrebbe essere dotata di fondi propri, poiché la partecipazione sarà probabilmente a geometria variabile, a seconda delle aree di cooperazione.

I contributi ad hoc, per superare la tradizionale logica donatore-ricevente tra i Paesi in via di adesione e l’UE, sarebbero benvenuti – e in alcuni casi altamente strategici, ad esempio l’Ucraina potrebbe fornire un’eccellente capacità informatica e di difesa.

I contributi ad hoc, per superare la tradizionale logica donatore-ricevente tra i Paesi in via di adesione e l’UE, sarebbero benvenuti – e in alcuni casi altamente strategici, ad esempio l’Ucraina potrebbe fornire un’eccellente capacità informatica e di difesa.

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Si dovrebbe comunque mantenere un giusto livello di flessibilità: i membri della CPE potrebbero essere chiamati a contribuire in ogni area di cooperazione, in maniera da essere beneficiari netti in alcune aree e dei contributori netti in altre, e non partecipare in altre ancora, quando non desiderano farlo. Tuttavia, data la limitatezza attuale del budget europeo, questo genererà senza dubbio un’accelerazione di questo dibattito sulla sua riforma, sulle risorse dell’UE e su una capacità di prestito comune.

Aree di cooperazione

I tre ambiti qui elencati potrebbero costituire il primo set di priorità politiche, con chiari obiettivi da raggiungere. Potrebbero essere prese in considerazione altre aree di cooperazione, come la ricerca, ma noi suggeriamo di iniziare con tre aree che sono geopoliticamente le più urgenti, per poi basarsi sull’esperienza acquisita e aggiungerne altre.

1- Reti, energia e azione climatica 

L’attuale crisi energetica rappresenta un’opportunità di istituire un nuovo, inclusivo, quadro di cooperazione, in modo da ridefinire i ruoli dell’UE e degli stati membri, e coinvolgere i paesi confinanti in progetti a carattere unificante (indipendenza energetica e transizione ecologica). 9

Germania e Francia hanno una responsabilità speciale, derivata anche dai loro differenti modelli energetici, ognuno dei quali genera un peso anche per gli altri Europei. Trovare compromessi cooperativi  che portino a una più grande solidarietà Europea, che superi anche i confini UE e supporti in maniera proattiva i paesi confinanti è di cruciale importanza geopolitica. Infatti, la connessione dell’Ucraina al network elettrico Europeo o la necessità di accordi per il gas con la Norvegia o le infrastrutture per l’idrogeno verde di domani richiedono un più ampio quadro di cooperazione.

La Comunità dell’energia10 include l’UE così come paesi non UE (Ucraina, Moldavia e Georgia, mentre Armenia, Norvegia e Turchia sono osservatori). Si basa su un trattato del 2005, ha un suo segretariato ed è dotata di un budget. L’UE vi è rappresentata solamente dalla Commissione, che serve d’ufficio da vice-presidenza. La CPE dovrà far fronte a compiti più ambiziosi e dovrebbe essere dotata di strumenti legali e finanziari più efficaci. L’aspetto più importante è che la Comunità dell’energia dimostra il potenziale degli accordi a geometria variabile. 

La connessione dell’Ucraina al network elettrico Europeo o la necessità di accordi per il gas con la Norvegia o le infrastrutture per l’idrogeno verde di domani richiedono un più ampio quadro di cooperazione.

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La CPE dovrebbe fornire un canale per approfondire ed estendere la cooperazione energetica in almeno cinque direzioni: 

  • Un nuovo quadro cooperativo transnazionale con una nuova governance che consenta di prendere decisioni coordinate in materia di contingentamento e solidarietà. Come dimostra il contesto attuale, un mercato europeo integrato garantisce una migliore mitigazione dei rischi rispetto a quelli puramente nazionali. Ma dovrebbe essere chiaro che comporta anche una condivisione dei rischi, per la quale dovrebbero essere concepiti principi e meccanismi.
  • Accordi comuni per l’acquisto di combustibili fossili e di idrogeno. L’esperienza dei vaccini Covid mostra chiaramente i benefici di un approccio congiunto. Non avrebbe senso per gli stati membri della CPE di farsi competizione l’un l’altro in negoziazioni bilaterali con i fornitori. Principi comuni dovrebbero essere definiti e negoziati, ai quali i contratti individuali dovrebbero riferisi.
  • La costruzione coordinate e a volte comune di infrastrutture che forniscano l’interconnessione, la produzione e lo stoccaggio di elettricità, gas e idrogeno (futuro). E’ essenziale segnalare il desiderio di una forte integrazione dei mercati dell’energia e la cooperazione nello sviluppo di infrastrutture critiche tramite il Network trans-europeo per l’energia, la strategia per il GNL11 e per l’idrogeno,12 e le partnership per l’idrogeno verde.13
  • Una strategia comune di azione climatica basata sul Green New Deal ma senza uno scopo più ampio ed obiettivi differenziati. Sia nell’UE e nella CPE i partner guadagnerebbero nell’unire le forze.
  • Strumenti finanziari sul modello dell’EU Just Transition Mechanism che assicurino una finanza giusta, strumenti di riduzione del rischio e meccanismo finanziari per gli stati membri della CPE per accelerare l’indipendenza e la transizione energetica. Questo approccio richiederebbe una considerevole solidarietà finanziaria, ma può unire finanziamenti pubblici e privati, così come finanziamenti provenienti dal budget UE e da contribuzioni individuali da parte degli stati membri.

2- Politica estera e di sicurezza, difesa e resilienza democratica 

La guerra in Ucraina sta esponendo le debolezze e la parzialità della sicurezza del continente e della sua architettura di difesa. Sebbene qualche progresso sia stato fatto con la Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO14) e con le recenti risposte, a livello nazionale ed europeo, alla guerra, l’Europa ha ancora grandi margini di progresso. Per sostenere l’emergenza di una nuova architettura di sicurezza a medio termine, la CPE potrebbe contribuire significativamente già sul breve periodo. La cooperazione in politica estera, di sicurezza e di difesa potrebbe iniziare come una coalizione di volontari ed espandersi nel tempo.

L’esperienza dell’Ucraina nella sua guerra contro quello che si pensava fosse il secondo/terzo esercito più capace del mondo dovrebbe essere incorporata nel pensiero strategico e di difesa europeo.

FRANZ C. MAYER, JEAN PISANI-FERRY, DANIELA SCHWARZER E SHAHIN VALLÉE

Come punto di partenza, i membri dovrebbero discutere di sicurezza e di altri temi geopolitici ai loro vertici. Potrebbero usare la valutazione di rischi congiunti definita nello Strategic Compass a Marzo 202215 come base per la discussione, tenendo però in conto le visioni dell’Ucraina, della Moldavia, dei Balcani occidentali, assenti nell’emersione del dibattito strategico nell’UE. Ovviamente, l’esperienza dell’Ucraina nella sua guerra contro quello che si pensava fosse il secondo/terzo esercito più capace del mondo dovrebbe essere incorporata nel pensiero strategico e di difesa europeo.

  • La sicurezza dovrebbe essere concepita nei termini più ampi possibili, includendovi l’energia, le infrastrutture, lo spazio cyber e la sicurezza umana. Anche misure dirette ad assicurare la resilienza delle democrazie dovrebbero essere prese in considerazione. La CPE ha il potenziale per lavorare a cavallo di aree politiche differenti in termini più agili rispetto ai livelli nazionali ed europei. Attraverso analisi mirate, dibattiti e azioni può diventare un catalizzatore per un approccio più olistico che affronti problemi complessi.
  • La CPE non può sostituirsi alla NATO, che rimane, sebbene un po’ datata e con le sue debolezze, l’agente più credibile per la coordinazione militare, di difesa e di deterrenza nucleare. Il Segretario Generale della NATO dovrebbe essere invitato a queste riunioni. Ma la CPE può essere un importante forum per i membri dell’UE e della NATO e per i Paesi che non ne fanno parte, ma la cui sicurezza è una questione di interesse comune, per discutere su come i crescenti bilanci per la difesa, che in alcuni Paesi potrebbero addirittura raddoppiare, possano essere spesi nel modo più utile. La costruzione di capacità e l’uso ottimale della cooperazione, della divisione dei compiti e delle sinergie saranno fondamentali nel nuovo ambiente di sicurezza e dovrebbero essere affrontati con flessibilità dai Paesi europei.  
  • La cooperazione negli ambiti del contro-terrorismo, della cyber-sicurezza e della connettività digitale (satelliti, data center, cavi sottomarini) può condurre a mutui benefici importanti e permettere a paesi come l’Ucraina di condividere il loro know-how e la loro esperienza con gli Stati membri dell’UE, dimostrando quindi che la partnership non è a senso unico. Si dovrebbe avere anche un’attenzione particolare a imparare da esperienze non-UE nel contrastare la propaganda russa (ex. NATO STRATCOM a Riga).
  • La CPE può provvedere a portare avanti la cooperazione nel settore della difesa in aree che sono rimaste al palo per anni nel quadro dell’UE. Gruppi più piccoli potrebbero sviluppare progetti di armamenti che rispondano a una logica europea. I fondi per la difesa europea dovrebbero essere messi a disposizione di questi gruppi, rispettando le regole di partecipazione per i Paesi Terzi.16
  • Una politica comune di approvvigionamento valorizza al meglio la sovranità europea se va di pari passo con una strategia per lo sviluppo di un’industria europea della difesa. Le gravi minacce alla sicurezza alle porte dell’UE richiedono un’europeizzazione delle capacità industriali, come è avvenuto per Airbus nel settore dell’aeronautica civile. Finora sono stati fatti pochi progressi nel contesto dell’UE, ma la CPE potrebbe contribuire a creare un nuovo ambito di cooperazione.
  • Se l’Europa fa progressi nel costruire armamenti congiunti, anche la tematica dell’export di armamenti dovrà essere affrontata. Le culture strategiche e diplomatiche variano grandemente in Europa e una politica comune richiede regole comuni. L’esportazione di armamenti potrebbe eventualmente diventare una competenza europea. Assentendo come minimo a cooperare, e nel migliore dei casi di armonizzare i quadri di controllo degli armamenti e votarli a maggioranza relativa, la CPE potrebbe espandere di molto la portata della propria politica di export degli armamenti e superare gli ostacoli interni.
  • La politica di sanzioni beneficierebbe sicuramente di una più grande cooperazione sul continente europeo.  Il fatto che la Svizzera e la Norvegia si siano allineate alle sanzioni alla Russia costituisce un precedente importante. Il coordinamento della politica di sanzioni in questo gruppo e le decisioni a maggioranza qualificata in questo ambito costituirebbero un gran salto in avanti per quanto riguarda la politica estera.

La CPE non può sostituirsi alla NATO, che rimane, sebbene un po’ datata e con le sue debolezze, l’agente più credibile per la coordinazione militare, di difesa e di deterrenza nucleare.

FRANZ C. MAYER, JEAN PISANI-FERRY, DANIELA SCHWARZER ET SHAHIN VALLÉE

3- Quadro di riferimento per la convergenza economica e sociale

Da tempo l’UE considera il proprio mercato come la sua principale fonte di attrattività. Le convergenze economiche, sociali e politiche sono tuttavia interconnesse. Sebbene l’integrazione economica rimanga centrale, non si può ignorare che si è dimostrata insufficiente e che per garantire una convergenza economica, sociale e politica graduale e sostenibile è necessario un quadro più strutturato di un’unione doganale (la Turchia ne fa parte) o di un accordo di libero scambio globale e approfondito (l’Ucraina ne fa parte).

La CPE dovrebbe quindi essere l’occasione per basarsi sulle iniziative esistenti, ad esempio il processo di Berlino o il nuovo processo di adesione, per migliorare sostanzialmente la cooperazione economica, sociale e politica. I trattati e la cooperazione nel commercio e negli investimenti sono la base delle partnership dell’UE con i Paesi vicini. Inoltre, il libero  scambio deve essere accompagnato da una più ampia gamma di politiche di sostegno e di investimenti.I seguenti strumenti potrebbero rivelarsi utili per darle forma:

  • Le politiche di convergenza e di coesione sono state storicamente accessibili solo ai membri dell’UE, mentre forniscono risorse fondamentali per incoraggiare e finanziare la convergenza economica che potrebbe essere cruciale nel processo di adesione. In effetti, i finanziamenti per le infrastrutture critiche dovrebbero essere messi a disposizione dei Paesi della CPE per accelerare la loro convergenza e la coesione della CPE. Ciò è particolarmente importante per l’Ucraina, che dovrà essere ricostruita dopo la guerra. La CPE potrebbe fornire un forum aggiuntivo che contribuisca a garantire che la ricostruzione avvenga tenendo conto della necessità di una rete regionale e di infrastrutture resilienti, non solo per l’Ucraina, ma anche per Paesi come la Moldavia o la Georgia che probabilmente saranno sotto pressione come effetto collaterale della guerra in Ucraina.
  • Per accelerare la convergenza socio-economica, si potrebbero rendere disponibili ulteriori finanziamenti condizionati secondo i principi stabiliti e i metodi utilizzati per lo strumento di ripresa e resilienza dell’UE, uno strumento istituito nel contesto del settore ancora poco sviluppato del coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri dell’UE. Una volta stabilizzati legalmente nell’UE, i finanziamenti condizionali aggiuntivi potrebbero essere esportati nei Paesi CPE non appartenenti all’UE. Definendo le aree di coordinamento delle politiche (climatiche, economiche, sociali) e fornendo finanziamenti a fronte di tappe concordate, la CPE potrebbe essere un potente motore di convergenza. 
  • Nel campo del digitale, la convergenza tra l’UE e i suoi vicini dovrebbe avvenire molto più rapidamente di quanto non consenta il processo formale di adesione. Ad esempio, gli ucraini stanno sviluppando un’ampia collaborazione con le aziende tecnologiche americane, tanto che dopo la guerra l’Ucraina potrebbe ritrovarsi più vicina agli Stati Uniti in termini di standard digitali e di privacy che all’Europa. Allo stesso tempo, il fatto che l’Ucraina non goda dei benefici dei quadri giuridici dell’UE sulla regolamentazione delle piattaforme significa che il Paese è alla mercé delle grandi piattaforme per quanto riguarda le politiche di moderazione dei contenuti in relazione alla disinformazione russa. Il CPE dovrebbe trovare il modo di affrontare questo problema. 

Piano d’azione

Dato il contesto geopolitico, la dichiarazione del vertice della CPE di ottobre dovrebbe impegnare i partecipanti a riunirsi due volte l’anno a livello di capi di Stato e di governo e a preparare un documento costitutivo da firmare entro maggio 2023 per definire le aree di cooperazione, le risorse di bilancio, la governance e i diritti di voto, nonché i criteri di partecipazione e un processo di esclusione. L’istituzione della CPE è urgente, ma dovrebbe essere progettata e avviata tenendo conto degli obiettivi a lungo termine, come presentato nella presente tabella di marcia.

La costruzione della CPE e il programma di riforme istituzionali dell’UE sono in linea di principio indipendenti. Tuttavia, poiché le profonde riforme interne devono essere concordate e attuate prima dei futuri allargamenti, la CPE potrebbe essere utilizzata come un’arena per sperimentare responsabilmente una politica alternativa.

Il punto di forza della CPE è che è abbastanza flessibile da poter essere stabilita rapidamente e attuata in modo efficace. L’assenza di un lungo processo di ratifica formale e l’assenza di un rigido corsetto legale permetterebbero un quadro più flessibile. Tuttavia, questo può essere solo un assetto transitorio. L’EPC dovrà prima o poi passare da un accordo di soft law a un concetto più formale. Ciò andrà di pari passo con un’ambiziosa riforma dei trattati dell’UE.

FRANZ C. MAYER, JEAN PISANI-FERRY, DANIELA SCHWARZER E SHAHIN VALLÉE

Il punto di forza della CPE è che è abbastanza flessibile da poter essere stabilita rapidamente e attuata in modo efficace. L’assenza di un lungo processo di ratifica formale e l’assenza di un rigido corsetto legale permetterebbero un quadro più flessibile. Tuttavia, questo può essere solo un assetto transitorio. L’EPC dovrà prima o poi passare da un accordo di soft law a un concetto più formale. Ciò andrà di pari passo con un’ambiziosa riforma dei trattati dell’UE.

 Gli elementi centrali di tale riforma saranno una maggiore trasparenza e responsabilità delle istituzioni per un’UE più democratica, un ruolo adeguato per il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali, un rafforzamento dei poteri esecutivi in un insieme più ampio di settori, un’estensione del voto a maggioranza qualificata a tutti i settori critici (energia, sicurezza, affari fiscali e di bilancio) e un consolidamento generale del progetto di integrazione europea come comunità di diritto, basata sullo Stato di diritto. Questi cambiamenti dovranno essere ratificati da tutti gli Stati membri interessati, il che richiederebbe modifiche alle attuali procedure di ratifica. Questi cambiamenti sono necessari perché altrimenti l’UE cadrà preda dei veti che possono bloccarne la riforma istituzionale e quindi l’allargamento. 17.

La CPE si baserà probabilmente su un accordo misto tra l’UE, i suoi Stati membri e gli Stati non membri dell’UE. Ciò consentirebbe di stabilire relazioni e cooperazioni ancora più durature con gli Stati che non vogliono unirsi all’UE riformata18. La ratifica dell’accordo CPE richiederà tempo. Tuttavia, la transizione dalla soft law alla hard law può essere attenuata attraverso l’applicazione provvisoria degli elementi fondamentali del nuovo trattato.  

È fondamentale ancorare e allineare la nascita della CPE in un processo di riforme istituzionali più profonde dell’UE, che potrebbe seguire una tabella di marcia che combini la creazione di una Comunità politica europea, le riforme istituzionali dell’UE e l’allargamento:

  • Dichiarazione dei capi di stato e di governo della CPE dopo il vertice del 6-7 ottobre 2022.
  • Documento fondatore della CPE in cui si delineano I criteri di partecipazione, la governance, le aree di cooperazione, le risorse finanziarie prima della fine della primavera 2023.
  • Lancio formale della CPE per l’estate 2023.
  • Nuova convenzione per preparare una conferenza intergovernamentale sulla riforma dei trattati per l’estate 2024, dopo le elezioni europee.
  • Lancio della conferenza intergovernamentale per la riforma dei trattati UE nell’estate 2025.
  • Accordo su una nuova proposta del testo dei Trattati UE prima della fine del 2026, seguita dalla ratifica prima delle elezioni europee del 2029. 
  • Accordo su un nuovo testo EU-CPE che unisca l’UE riformata agli stati membri non-UE.
  • Allargamento dell’UE ai nuovi stati membri dopo il 2030.

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Note
  1. Si ringraziano Goran Buldioski, Vladyslav Galushko, Manuel Lafont-Rapnouil, Remzi Lani, Claudia Major, Christian Mölling, Andre Sapir, Guntram Wolff, Jeromin Zettelmeyer e tutti coloro hanno dedicato parte del loro tempo per discutere con noi e per visionare le precedenti versioni di questo testo.
  2. Come sottolineato dal Cancelliere Scholz nel suo discorso all’Università Carolina di Praga.
  3. Cfr. Sapir, A. (2022) ‘Comment l’UE devrait-elle répondre aux aspirations à l’adhésion de la Géorgie, de la Moldavie et de l’Ukraine ?’. Bruegel Blog, 14 mars, https://www.bruegel.org/blog-post/how-should-eu-respond-georgia-moldova-and-ukraines-membership-aspirations. e Alexander Stubb, « The case for a confederal Europe », European Council on Foreign Relations, 21 juin 2022, https://ecfr.eu/article/the-case-for-a-confederal-europe/?amp.
  4. Emmanuel Macron dans un discours prononcé le 9 mai 2022 à Strasbourg (voir https://presidence-francaise.consilium.europa.eu/en/news/speech-by-emmanuel-macron-at-the-closing-ceremony-of-the-conference-on-the-future-of-europe/) et Scholz le 29 août 2022 à Prague (voir https://www.bundesregierung.de/breg-en/news/scholz-speech-prague-charles-university-2080752).
  5. Cfr. il discorso sullo Stato dell’Unione, 14 settembre 2022 : https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/SPEECH_22_5493.
  6. Il Kosovo ha espresso interesse nell’aderire al Consiglio d’Europa e ha già degli accordi parziali (ex. è parte della Commissione di Venezia). Non dovrebbe essere escluso dalla CPE se sostiene di aderire alle norme e ai principi della CPE e continua a lavorare per aderire al Consiglio d’Europa.
  7.  Il “consenso approssimativo”, un concetto creato per decidere su questioni tecniche relative a Internet e destinato a garantire che tutte le parti interessate siano coinvolte, si ottiene quando il gruppo nel suo complesso è d’accordo, ma l’accordo non raggiunge l’unanimità e si tiene conto dei punti di vista opposti.
  8.  L’approccio whole-of-government è un concetto introdotto per la prima volta nel Regno Unito alla fine degli anni ’90 per sottolineare l’importanza della collaborazione e del coordinamento tra le diverse entità pubbliche all’interno di un governo.
  9. McWilliams, B., G. Sgaravatti, S. Tagliapietra e G. Zachmann (2022) ‘A grand bargain to steer through the European Union’s energy crisis’, Policy Contribution 14/2022, Bruegel, https://www.bruegel.org/policy-brief/grand-bargain-steer-through-european-unions-energy-crisis.
  10.  La Comunità dell’energia è un’organizzazione internazionale che riunisce l’Unione europea e i suoi vicini per creare un mercato energetico paneuropeo integrato. Il Trattato che istituisce la Comunità dell’energia è stato firmato nell’ottobre 2005 (vedi https://www.energy-community.org/legal/treaty.html). L’obiettivo principale della Comunità dell’energia è estendere le regole e i principi del mercato interno dell’energia dell’UE ai Paesi dell’Europa sudorientale, alla regione del Mar Nero e oltre, sulla base di un quadro giuridicamente vincolante., che fornisce le infrastrutture e la cooperazione tecnica per integrare i mercati dell’energia europei costituisce un precedente interessante.
  11. Cfr. https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/MEMO_16_310.
  12. Commissione europea (2020) ‘Una strategia dell’idrogeno per un’Europa climaticamente neutra’, COM(2020) 301 final, https://ec.europa.eu/energy/sites/ener/files/hydrogen_strategy.pdf.
  13. Cfr. https://www.clean-hydrogen.europa.eu/index_en.
  14. Cfr.https://www.pesco.europa.eu/.
  15. Cfr. https://www.eeas.europa.eu/eeas/strategic-compass-security-and-defence-0_en.
  16.    L’attuale politica di difesa dell’UE consente ai Paesi terzi di partecipare alle iniziative dell’UE, tra cui la Cooperazione strutturata permanente, l’Agenzia europea per la difesa, il Fondo europeo per la difesa e la politica industriale europea. Per il contesto, si veda https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/ATAG/2022/729348/EPRS_ATA(2022)729348_EN.pdf.
  17. Bribosia, H. (2009) ‘Réviser les traités européens : Plaidoyer en faveur de la suppression du veto’, Policy Paper 37, Notre Europe, https://institutdelors.eu/wp-content/uploads/2020/08/policypaper37-hbribosia-r_viser_les_trait_s.pdf
  18. Cfr.Pisani-Ferry, J., A. Sapir, G. Wolff, N. Röttgen e P. Tucker (2016) ‘Europe after Brexit : A proposal for a continental partnership’, https://www.bruegel.org/report/europe-after-brexit-proposal-continental-partnership.
Credits
Quest'articolo è apparso congiuntamente sul Grand Continent, Bruegel e DGAP.