Nella settimana che ha visto la guerra commerciale infiammare i mercati, Curtis Yarvin offre una chiave di lettura – ancora troppo trascurata – per comprendere gli obiettivi strategici della Casa Bianca di Donald Trump: “Il vero potere esecutivo non ha nulla a che vedere con i mercati. A Wall Street nessuno è davvero pronto a opporsi a Trump”.

Nella prima puntata di questa intervista, Curtis Yarvin apre una breccia:

Se Kojève e Schmitt sono d’accordo su qualcosa, come possono entrambi avere torto?

Abbiamo cercato di saperne di più su questo “qualcosa”. Su quale base bisogna comprendere la contro-rivoluzione guidata da Trump e dal movimento MAGA a Washington? È un’incarnazione della sua teoria del potere?

Da Mao a Gordon Ramsay, passando per il Senato romano e “Big Balls”, le sue risposte – lunghe, a volte sconnesse, spesso digressive e punteggiate da aneddoti – puntano in una direzione:

Tutto inizia quando entri in una stanza e, grosso modo, fai più o meno quello che vuoi. Dici semplicemente: «Fai questo, fai quello». Licenzi chi non lo fa. E all’improvviso, come per magia, tutti gli altri si inchinano e ti dicono: «Sì, signore». Ed ecco fatto: hai stabilito il tuo potere.

C’è un tema che ricorre spesso dall’inizio di questa conversazione: quello delle élite. Lei ha detto più volte: «È molto importante che un’élite senta di avere il diritto di governare, ma la nuova élite non solo ritiene di avere il diritto di governare, ma sente davvero il dovere di farlo». Cosa intende dire?

Questo senso del dovere è molto importante perché rimanda alla questione della competenza.

Quando i “tecno-cesaristi” arrivano a Washington, si rendono conto di quanto sia grande il divario tra la qualità dell’organizzazione delle fiorenti aziende della Silicon Valley e la cattiva gestione che caratterizza l’amministrazione federale. Il divario tra questi due mondi è abissale.

Ma come diceva Napoleone, un governo è sicuro quando al comando ci sono le persone più competenti.

Nel 1933 e nel 1945, le persone più competenti erano al comando negli Stati Uniti. Inoltre, una delle cose più notevoli di quel periodo — e non manco mai di ricordarlo quando voglio zittire un libertario — è che il Manhattan Project era un progetto governativo. Eppure è stato il progetto di ingegneria più efficace di tutti i tempi. Era efficace quanto OpenAI, se non di più. Ed era gestito esattamente come OpenAI, fino a seguire il modello del “two in a box” — una diarchia — con Oppenheimer e Groves…

Una diarchia, ha detto, piuttosto che una monarchia?

Sì, lo si ritrova ovunque nella Silicon Valley.

Non si vuole un fondatore solitario, so vogliono due fondatori. Non si vuole una monarchia, ma una diarchia.

La monarchia non è male, ma la diarchia è ancora meglio. Ovviamente, la diarchia è puramente retorica, è in realtà una sottocategoria della monarchia: c’è sempre un centro.

In ogni caso, quando guardiamo allo Stato federale nel 2025, non possiamo più dire che sia un sistema efficiente e gestito in modo efficiente da persone efficienti.

Conoscete la storia di Pompeo e dei pirati?

Parla del bellum piraticum?

Alla fine della Repubblica romana, Roma ha un problema con i pirati. All’epoca, a Roma, ci sono due modi per risolvere i problemi.

C’è un modo civile: gli aristocratici si siedono nelle loro ville per parlare e dettare lettere ai loro schiavi. È molto corrotto, molto lento, una sorta di terzo mondo sotto certi aspetti. Da parte loro, i pirati nel Mediterraneo, un po’ come i cartelli della droga in Messico oggi, sono molto ben organizzati. È un problema endemico, un parassita di cui non c’è modo di sbarazzarsi.


Il potere inizia quando si entra in una stanza e, grossomodo, si fa quel che si vuole.

Curtis Yarvin

Ma c’è anche un altro modo di agire — brutale e aggressivo.

Il Senato esamina la questione e si chiede: «Perché non fare le cose manu militari?» Il sistema militare romano è estremamente efficiente e interamente regolato da un principio di comando verticale — esattamente come in una monarchia. Mentre un’oligarchia funziona sul principio del consenso, un esercito funziona sul principio del comando. Ogni start-up, ogni azienda che funziona bene è regolata dallo stesso principio.

Quindi il Senato si dice: “Perché non applicare questo principio?”. E affidano il compito a Pompeo.

In tre mesi, senza computer, senza armi da fuoco, senza iPhone, Pompeo costruisce una flotta ed elimina i pirati. Li uccide tutti!

Dove vuole arrivare con questo aneddoto?

Per me, la stessa cosa è successa a Washington con Obamacare.

In che senso?

Se ricordate bene, Obamacare è il vero precursore del D.O.G.E., che in realtà sostituisce l’USDS 1, un servizio istituito per facilitare l’attuazione di Obamacare. 

All’epoca, Obama disse: “Non riusciamo nemmeno a creare un sito web per Obamacare. Come facciamo?” Poi pensò: “Sono stato a una festa a San Francisco. Queste persone sembrano sapere cosa stanno facendo”.

Così prese il telefono e li chiamò.

All’epoca erano tutti liberali di sinistra. Non c’erano conservatori, tutt’altro. Se aveste fatto un sondaggio tra gli ingegneri di Google, o in qualsiasi altro posto, non avreste trovato la tecno-destra, ma piuttosto la techno-sinistra. Il 90-95% di queste persone erano liberali convinti, con grandi buchi nelle orecchie, capelli rosa e transgender ovunque.

Posso fare una digressione?

Già che ci siamo…

L’ingegnere trans è una figura di spicco di quell’epoca: una delle mie migliori amiche, Justine Tunney, una brillante hacker trans che lavorava presso Google, aveva avuto dei problemi semplicemente per aver parlato di me 10 o 15 anni fa.

Questo per dire che quell’ambiente non era affatto conservatore dal punto di vista culturale.

Trump ha ripreso il trono: è l’erede diretto della monarchia di Franklin D. Roosevelt, il cui trono era vacante dal 1945.

Curtis Yarvin

Torniamo a Pompeo e all’Obamacare.

Quando i liberali di sinistra arrivano a Washington, fanno come Pompeo. Lavorano in modo estremamente efficiente e a una velocità folle.

Elon Musk capisce che il sistema non può, per sua natura, funzionare come previsto. Sa che bisogna hackerarlo per ottenere qualcosa. Individua questa cosa — l’USDS di Obama — e capisce come, legalmente, potrebbe funzionare come un’azienda. Questo trucco gli permette di accedere a tutti i sistemi informatici del governo. Cosa fa? Rinomina semplicemente lo United States Digital Service in United States D.O.G.E. Service. E il gioco è fatto.

A proposito, c’è una cosa che vorrei ricordare e che voi europei potete capire, mentre la maggior parte degli americani non ne ha idea: “doge” è una parola italiana, veneziana per la precisione, che deriva dal latino “dux”, che significa capo militare.

In inglese è diventato “duke”.

In italiano standard, non è esattamente la parola più appropriata da usare perché…

…significa “duce”, il titolo di Mussolini.

Esatto! Nessuno vuole parlarne, ma immagino la faccia di Mussolini quando Elon dice “doge”!

E quale sarebbe l’equivalente in tedesco?

Come? Ah, sì. Capisco cosa intende, ma in realtà non credo.

Eppure…

No, davvero, non credo. “Führer” significa “guida” nel senso di “conducente”, come quando si guida un’auto. Significa ovviamente ‘leader’, ma in tedesco c’è anche la parola “Leiter”…

Il fatto è che oggi non si può dire “leader” senza passare attraverso la parola inglese: in tedesco o in italiano, usare la parola originale sarebbe un chiaro riferimento a Hitler o Mussolini.

Beh, questo è un problema!

Tornando alla sua idea di diarchia: è questo che definisce il rapporto Trump-Musk oggi?

Penso di sì, perché questa diarchia funziona perfettamente come una monarchia.

Deve parlare con una sola voce. Trump e Musk non possono combattere l’uno contro l’altro.

Molti vorrebbero che si uccidessero a vicenda, ma non hanno alcun interesse a farlo. Non c’è rivalità tra Musk, Trump e Vance, e questa assenza di rivalità è molto importante perché non c’è monarchia se il centro non parla con una sola voce. Altrimenti, le persone potrebbero seminare discordia. Creerebbero divisioni. Ora, io penso che Trump non sarebbe in grado di gestire tali conflitti perché non è un organizzatore, non è un manager.

Cosa intende dire?

Trump non ha mai gestito una grande azienda. La Trump Organization è una società di marketing. Non gestisce nemmeno i propri hotel. Esternalizza tutto.

Quindi non ha davvero esperienza nella gestione di una grande organizzazione. Durante le elezioni del 2016, pensava che diventare presidente sarebbe stato essenzialmente vantaggioso per il suo marchio e quindi, automaticamente, per lui. Il suo ragionamento era il seguente: “Se ho un hotel che porta il nome del presidente degli Stati Uniti, come potrei perdere in futuro?”

E invece ha perso.

Trump si è detto: “Sono il presidente: ora lasciamo che siano gli esperti a occuparsi di tutto”. Si poteva biasimarlo? È così che funziona il sistema americano. Poi si è reso conto che le cose erano andate molto male per lui — e secondo, per tutta l’America.

Non era favorevole al ritorno di Trump nel 2024?

Ero molto scettico nei confronti di Trump prima delle elezioni. E ho scritto parecchie cose in questo senso, a volte forse con un po’ di ironia.

Durante quelle elezioni, quello che volevo in realtà era che Trump scegliesse J. D. Vance e poi perdesse.

Questo avrebbe posizionato Vance come suo naturale successore nel 2028.

Anche dopo la sua elezione, non credevo che l’amministrazione Trump potesse davvero realizzare qualcosa, semplicemente perché non era successo prima nel 2016.

Ogni rivoluzione dipende da un gruppo di persone giovani e di talento disposte a fare qualcosa. In questo momento, Washington pullula di questi giovani rivoluzionari.

Curtis Yarvin

Cosa spiega il fatto di essersi sbagliato?

Non avevo tenuto conto di alcune cose.

In primo luogo, avevo sottovalutato la forza di Donald Trump stesso: un vecchio scimmione che, a quanto pare, poteva ancora imparare nuovi trucchi.

In secondo luogo, avevo sottovalutato il potere della sua alleanza con Musk.

Infine, e soprattutto, avevo sottovalutato la portata della mia stessa “influenza”.

Certo, non è che fossi direttamente al telefono con queste persone, ma ho davvero molta influenza sui più giovani dell’amministrazione.

Ora, questo movimento di consapevolezza culturale che descrivo e che fa sì che ci si possa permettere di dire: “ora possiamo semplicemente fare le cose” è piuttosto diffuso tra questi staffers.

Ogni rivoluzione dipende da un gruppo di persone giovani e di talento disposte a fare le cose. In questo momento, Washington pullula di questi giovani rivoluzionari.

Parla spesso con loro?

Recentemente ho parlato con qualcuno che lavora nel mondo delle “agenzie federali a tre lettere”.

Aveva lavorato nella prima amministrazione Trump. È un programmatore brillante. Quando Trump è tornato al potere, lo ha nominato a una posizione in cui, in sostanza, supervisiona un aspetto funzionale di una di queste agenzie. Quando mi parlava delle sue direttive, la formulazione che usava era: “viene dal livello più alto”. 

Mentre me lo raccontava, non credo che sapesse che era così che parlavano le persone del Terzo Reich quando in realtà volevano dire: “è il desiderio di Hitler”!

Pensa che sia una semplice coincidenza?

In questo caso, sì. Nel linguaggio della Silicon Valley, penso che in realtà significhi qualcosa del tipo: “Muoviti, rompi quello che devi rompere ed esercita la tua autorità” 2.

Ma continuo il mio aneddoto, perché è significativo.

Ottiene il posto. Deve aspettare per ottenere l’autorizzazione di sicurezza. Una volta ottenuta, chiama l’agenzia e annuncia: «Bene, sono pronto. Sarò lì domani mattina alle 8:30. Ho bisogno di incontrare il vostro direttore». Un funzionario dell’agenzia gli risponde in preda al panico: «Possiamo rimandare? Non sono sicuro che sia il momento giusto per noi». Al che lui risponde: «Ma per me è il momento giusto!».

A quanto pare, quando si agisce con un’autorità così disinibita, le cose si sistemano in fretta. Molto in fretta.

Tutti — me compreso, perché mio padre ci credeva fermamente — avevano dato per scontato per molto tempo che le regole del gioco fossero più o meno queste: il presidente non può semplicemente ordinare al governo di fare qualcosa.

Trump e Musk hanno avuto un’intuizione geniale. Si sono detti: «E se ci comportassimo esattamente come se avessimo questo potere illimitato? Forse se iniziamo a comportarci come se avessimo un tale potere, avremo davvero quel potere». Il risultato di questo esperimento è sotto gli occhi di tutti: funziona. Nessuno osa opporsi.

Quindi, il protagonista della mia storia si presenta comunque in agenzia alle 8:30. Di fronte a lui, tutti sono in fila compatta. Sono terrorizzati e l’unica cosa che riescono a rispondergli è: “Sì, signore. Sì, signore. Sì, signore”.

Naturalmente, ci vuole molto di più per stabilire davvero la propria autorità in modo profondo — come diceva Schmitt, il vero potere è l’obbedienza perpetua.

Ma tutto inizia quando entri in una stanza e, grosso modo, fai più o meno quello che vuoi.

Dici semplicemente: «Fai questo, fai quello». Licenzia chi non lo fa. E all’improvviso, come per magia, tutti gli altri si inchinano e ti dicono: «Sì, signore». Ed ecco fatto: hai stabilito il tuo potere.

«Quando i barbari entrano nella cattedrale, girano per la navata, rompono un po’ d’oro e pietre sulle croci, si vestono con gli abiti sacri e fanno un barbecue sull’altare maggiore. Forse i barbari hanno ragione, e Trump dovrebbe semplicemente trasformare la cattedrale in una grande area barbecue». © Groupe d’études géopolitiques

È questo il modo in cui spiega l’apparente assenza di resistenza negli Stati Uniti in questo momento?

Sì. Per me Trump ha ripreso il trono: è l’erede diretto della monarchia di Franklin D. Roosevelt, il cui trono era vacante dal 1945.

È come una vecchia bicicletta…

È come una vecchia bicicletta…

Che è stata lasciata fuori, sotto la pioggia, per 80 anni. Era lì, tutta arrugginita. Ma era una bicicletta di cui si conosceva il valore. La gente posava accanto ad essa. Si sedevano sulla bicicletta, alcuni facevano persino finta di pedalare.

Poi è arrivato Trump.

Quando ha guardato la bicicletta, ha pensato: “E se la prendessi? Andrò da un punto A a un punto B. Salirò su questa bicicletta e pedalerò. Forse la catena si romperà, forse la ruota si bucerà. Non lo so. Ma proverò a guidarla”. 

Allora lui prova davvero a guidarla, e tutti sono sbalorditi: “Mio Dio, sta davvero usando quella vecchia bicicletta!”.

Immaginate di rovesciare non solo l’USAID, ma anche, ad esempio, il New York Times.

Curtis Yarvin

Ecco come Trump ha ripristinato la forza monarchica in America.

È successo come durante l’era della restaurazione Meiji in Giappone, quando hanno dato il via a questa incredibile rivoluzione totale.

Pensa che stiamo assistendo a una rivoluzione negli Stati Uniti?

Non credo — almeno non ancora.

Dopo poco più di due mesi, la rivoluzione non è andata molto lontano. Non è molto profonda. Non è una completa rifondazione della società.

L’unica cosa che è davvero in atto è una forza così potente a Washington che al momento non c’è alcuna energia in grado di resisterle.

Ma qualcosa come la distruzione dell’USAID — vedremo se i tribunali li lasceranno fare — non è del tutto paragonabile alla distruzione del Dipartimento di Stato. Si tratta certamente di un braccio molto importante del Dipartimento di Stato, forse un braccio funzionale importante, ma non è tutto.

Quale sarebbe secondo lei il segno di una vera rivoluzione?

Pensi alla caduta della cortina di ferro. Se lavori alla Stasi, sei la persona più importante del mondo. Lavorare alla Stasi all’inizio del 1989 è come essere un giornalista del New York Times: tutti vogliono essere tuoi amici e puoi fare praticamente quello che vuoi. Poi, nel giro di una settimana, ti dicono: «Bene, ora è finita. Ecco la tua pensione. Arrivederci». Chiudono le porte dell’edificio e trasformano il tuo ufficio in un museo dove chiunque può vedere il tuo fascicolo della Stasi.

Le piacerebbe che questo accada negli Stati Uniti?

Siamo ben lontani da questo, ma sì. Immagini che succeda la stessa cosa. Immagina che venga rovesciato non solo l’USAID, ma anche, ad esempio, il New York Times.

Cosa contengono i fascicoli segreti del New York Times? Non lo so. Ma so che nessun potere è in grado di controllare il New York Times, il che lo rende una delle più grandi monarchie ereditarie degli Stati Uniti. Come dico sempre: se il New York Times fosse un ministero, sarebbe il più potente dell’amministrazione.

Trump e il movimento MAGA non hanno ancora raggiunto questo livello di potere. In realtà, gli americani non riescono nemmeno a immaginare cosa potrebbe significare. Va ben oltre lo smantellamento dell’USAID.

Quello che Trump ha fatto durante il suo primo mandato si è limitato a piccole cose simboliche che hanno infastidito.

Distruggere l’USAID è già un’altra cosa, certo. Ma prendersela con il New York Times, prendersela con Harvard… Sarebbe una rivoluzione enorme. Non si può nemmeno immaginare cosa significherebbe. Cosa sostituirebbe tutto questo? Come potrebbe la società moderna anche solo esistere senza queste istituzioni? Quando si cerca di immaginarlo, si rimane quasi senza parole…

Quello che lei mette in evidenza è un limite chiaro in quello che potrebbero essere i prossimi passi di questa amministrazione.

Questo è uno dei problemi più grandi di questa “rivoluzione”: pensiamo e immaginiamo come distruggere, ma non ancora come sostituire ciò che verrà distrutto.

Cosa sostituisce, nella mente di Elon Musk, il New York Times? Il New York Times è la fonte ultima della verità. È l’oracolo definitivo. È il Vaticano. È il papa.

Allora, cosa sostituirà il New York Times? Chiaramente non il papa.

Forse, nella mente di Musk, le Community Notes. Sapete: quell’algoritmo molto intelligente che dice che quando due persone che di solito sono in disaccordo sono d’accordo, probabilmente hanno ragione.

Come Schmitt e Kojève sull’autorità…

Sì, esattamente.

È un piccolo trucco simpatico. Ma è sufficiente? Immaginate che lo slogan del New York Times, invece di “Tutte le notizie degne di essere stampate”, fosse: “Tutte le notizie su cui sono d’accordo due persone che di solito non sono d’accordo”…

Mi fa pensare alla poesia di Costantino Cavafy, “Aspettando i barbari” 3: senza rendersene conto, prima di Trump, tutto l’establishment americano, tutto il regime, stava in qualche modo aspettando i barbari…

Questo è uno dei problemi più grandi di questa “rivoluzione”: pensiamo e immaginiamo come distruggere, ma non ancora come sostituire ciò che sarà distrutto.

Curtis Yarvin

Ma a differenza della poesia, i barbari sono qui: sono arrivati a Washington.

Esattamente. E si sono insediati.

Distinguerei inoltre due grandi gruppi di alti funzionari in questo nuovo strano regime che sta nascendo. Chiamiamoli: i “Barbari” e i “Mandarini”. Non si tratta di ‘tech’ contro “MAGA”. Gli uni o gli altri possono essere culturalmente blu o rossi — e il Dipartimento della Difesa conta molti Mandarini rossi, per esempio.

Ciò che li differenzia è il loro curriculum vitae. I Barbari sono sempre stati nel settore privato. I Mandarini hanno sempre lavorato per il governo. Purtroppo, ci sono pochissimi ibridi – individui che avrebbero avuto successo da entrambe le parti di questa linea di demarcazione.

Il problema fondamentale del nuovo regime è che i barbari non sanno governare, non vogliono governare e vogliono solo trasformare il sistema. I mandarini, dal canto loro, vogliono governare e sanno governare, ma non vogliono nemmeno trasformare il sistema.

Tuttavia, sia i mandarini che i barbari sono troppo coinvolti nel sistema per rendersi conto che è strutturalmente irreparabile.

Solo i Barbari sono disposti a distruggere alcuni sottosistemi, e anche in questo caso solo quando il sottosistema nel suo complesso viene colto in flagrante. Nessuno è disposto a sostituire nulla, né a creare nulla di nuovo. Nessuno è interessato alla presa del potere o a un vero cambiamento di regime.

Quando i barbari entrano nella cattedrale, passeggiano nella navata, rompono un po’ d’oro e pietre sulle croci, si vestono con gli abiti sacri e fanno un barbecue sull’altare maggiore.

Quando i mandarini entrano nella cattedrale, diventano tutti cardinali, poi si concentrano sulla riforma della messa e sull’ottenimento di stage come chierichetti per i loro nipoti…

Torniamo al New York Times: quando i Barbari sfondano le porte blindate ed entrano negli scintillanti edifici delle agenzie federali o nella sede del New York Times, la loro prima idea non è certo quella di chiedersi cosa metteranno al loro posto. Si dicono semplicemente: «E se grigliassimo salsicce e hamburger sul tetto?».

Forse i barbari hanno ragione, e Trump dovrebbe semplicemente trasformare la cattedrale in una grande area barbecue.

Perché non si considerano nemmeno alla ricerca del potere. Ritengono che il loro obiettivo sia ridurre, opporsi o migliorare il potere. L’obiettivo dell’esercito di Musk è letteralmente quello di risparmiare i soldi dei contribuenti: è un po’ come se Alarico fosse venuto a Roma per fare shopping, visitare musei e andare al ristorante 4.

Sembrano capaci di distruggere tutto ciò su cui posano gli occhi, ma il loro appetito per la distruzione è in realtà stranamente limitato.

Non hanno alcun desiderio di conquistare, un po’ di riparare e per niente di costruire.

Questo è il motivo per cui è ancora molto difficile capire cosa, in un ipotetico nuovo regime dopo la rivoluzione, sostituirà il New York Times.

Forse i barbari hanno ragione e Trump dovrebbe semplicemente trasformare la cattedrale in un grande barbecue.

Curtis Yarvin

Sembra che questa sia per lei la questione chiave. In fondo, lei ha molto rispetto per il New York Times

Effettivamente. Trattando con i giornalisti, ho imparato alcune cose che mi hanno fatto rispettare di più il sistema e probabilmente ho molto più rispetto per il New York Times che non Elon Musk, per esempio.

Quando guardo dall’esterno — perché sono davvero un outsider — tutte queste potenti istituzioni come Harvard o il New York Times, vedo che, nel complesso, queste istituzioni non funzionano. Penso che abbiano bisogno di cambiamenti radicali, ma cosa debbano essere e quali saranno le istituzioni sostitutive è una questione ancora molto mal formulata.

Tuttavia, ci sono ancora sacche sane in alcuni punti. È come se il vostro fegato fosse pieno di cancro. Nel complesso, non funziona. L’organo è malato. Ma all’interno ci sono molte cellule epatiche che funzionano perfettamente, e i servizi di fact-checking del New York Times ne sono un esempio. Non riesco davvero a trovare nulla da ridire sul loro funzionamento. Le persone che ci lavorano sono le più competenti. I loro ideali sono giusti, così come la loro attuazione. 

Se speri di sostituirli un giorno, devi rispettarli.

Pensa di poterli sostituire?

È tutta qui la questione per me.

Quando ho accettato di parlare con David Marchese del New York Times, l’intervista è stata molto modificata. Abbiamo registrato circa due ore di contenuto, ma ne abbiamo usate solo 40 minuti. A un certo punto ho detto qualcosa sul New York Times. Lui mi ha risposto: “Non puo davvero sapere cosa succede all’interno del New York Times”. La mia risposta è stata: “Si sbaglia: mi interessa molto quello che succede al New York Times. Innanzitutto, il New York Times ha il mio tipo di governo preferito. È una monarchia ereditaria di quinta generazione, ecc.”

Hanno usato questa parte e tagliato tutto il resto.

Ho detto che molti dei problemi del Times dal 2020 derivano dal giovane erede, A. G. Sulzberger, che è una sorta di re bambino con una costituzione debole. Assomiglia più a Luigi XVI che a Luigi XIV. Non è forte. E di fronte a un re debole, gli aristocratici ne approfittano per ribellarsi. Il giornale è oggi infettato da questa energia ribelle di cui parlavo riguardo al loro trattamento della pandemia.

Lei parla molto delle istituzioni culturali, ma non sembra preoccuparsi di Wall Street?

Il rapporto tra l’alta finanza e il sistema politico americano è spesso frainteso. La mia impressione è che ci sia molta disinformazione da parte della sinistra su questo argomento, e che risalga a molto tempo fa.

Ad esempio, se si torna indietro di cento anni, c’è questa idea che l’alta finanza abbia cospirato contro Franklin D. Roosevelt e il New Deal. La verità è che se avessero davvero cospirato, avrebbero vinto.

Nella mia vita, la cultura imprenditoriale americana è stata in gran parte una cultura di conformità al potere esecutivo.

Il vero potere esecutivo non ha nulla a che fare con i mercati.

I miliardari e l’establishment frequentano le stesse feste chic negli Hamptons a casa di George Soros. Sono tutti progressisti, sono tutti democratici — tutti gli eredi delle vecchie dinastie sono progressisti.

In realtà, se si considera l’influenza del grande capitale sul mondo delle idee e della politica negli Stati Uniti, Soros è solo un pesciolino nell’oceano della finanza. Sapete chi sono i pesci grossi? Rockefeller, Carnegie.

Perché Rockefeller e Carnegie?

Rockefeller e Carnegie erano uomini ricchi senza alcuna cultura. E volevano avere cultura.

Così sono andati a cercare gli americani più colti del loro tempo e hanno detto loro: “Vi darò miliardi di dollari per cambiare la cultura”.

Henry Ford era un antisemita di destra. Eppure gran parte del 1968 è stato finanziato con i soldi della Fondazione Ford, persino la Scuola di Francoforte! Risalendo alla Scuola di Francoforte, scopriamo che molte di queste persone erano finanziate durante il periodo tra le due guerre con denaro americano. Ecco perché, quando fuggirono dai nazisti, vennero negli Stati Uniti e trovarono tutti lavoro.

Permettetemi una digressione.

Il termine “politicamente corretto” fu usato per la prima volta da nientemeno che Walter Benjamin, credo, nel 1935, esattamente nel senso attuale del termine — solo che con “corretto” intendeva conforme alla linea del Partito Comunista e al gergo di sinistra.

Diceva una cosa in cui credo molto e che si potrebbe riassumere così: “Compagno, se la tua arte è brutta, se hai scritto un brutto romanzo proletario, non va bene per il proletariato perché non funziona”. In altre parole, per essere politicamente corretti bisogna essere artisticamente corretti. Il termine “politicamente corretto” era quindi già utilizzato nel discorso della Vecchia Sinistra prima di passare a quello della Nuova Sinistra.

Verso la fine degli anni ’70, i conservatori americani e le università si chiedono: «perché ci viene chiesto di essere tutti politicamente corretti?». Ma non capiscono che questo termine deriva dall’eredità del Partito Comunista Americano — e che ha già fatto il suo tempo!

Esattamente come il wokismo.

Cioè?

Una volta che i conservatori iniziano a dire “woke”, i liberali smettono di dirlo, perché non è più esoterico.

È necessario avere sempre un sistema di credenze esoteriche che non sia compreso dagli outsider, il tipo di cose che si trovano nei massoni o negli Illuminati. Ce ne vuole un po’ perché l’oligarchia funzioni. Una volta che questo scompare e non c’è nulla che lo sostituisca, lo spirito muore. 

Quando l’Unione Sovietica crolla, non è perché viene rovesciata dal popolo.

I cittadini del sistema sovietico sono depressi, stanchi, scontenti. Ma non hanno idea di come sconfiggere il KGB. E non sono loro a farlo: il KGB si sconfigge da solo. Si arrende perché ha perso fiducia in se stesso. Di conseguenza, il regime deve crollare, e crollerà dall’interno — è Gorbaciov a far cadere questo sistema.

Pensa che questo sia uno degli effetti che può spiegare perché Trump è così potente oggi?

È perché i suoi nemici non credono in se stessi.

Non credono veramente in Trump, ma non credono nemmeno in se stessi.

A Wall Street, almeno, sembravano disposti a provare Trump.

Non è nemmeno che siano disposti a provare Trump: a Wall Street nessuno è veramente disposto a combattere Trump.

L’unica cosa che conta a Wall Street è: “chi dà soldi a chi?” E si danno ancora molti più soldi ai Democratici che ai Repubblicani. Nella Silicon Valley, anche durante queste elezioni, dare soldi a Trump era ancora qualcosa di malvisto che poteva farti perdere soldi.

Peter Thiel ha iniziato molto presto e ne ha pagato il prezzo. La gente cercava di cacciarlo dai consigli di amministrazione. Gli investitori volevano che lasciasse il board di Facebook…

Questo tipo di energia è scomparsa, è vero. Ma c’è sempre il timore che possa tornare, anche se oggi a Washington qualcuno come Marc Andreessen è più coinvolto di Thiel, molto di più. 

Quello che lei sta dicendo, in sostanza, è che la vecchia élite si è adattata.

C’è una frase molto schmittiana di Osama bin Laden che mi piace molto: “Quando le persone vedono un cavallo debole e un cavallo forte, per natura amano il cavallo forte”.

Così è negli affari. Così è in politica.

Il “vibe shift“, l’allineamento della finanza su Trump, era quindi solo “scegliere il cavallo giusto”?

Esattamente. A Wall Street, penso che tutti si siano detti più o meno questo: “Non sono arrivato fin qui scommettendo su cavalli deboli”.

Prima di allora, non molto sicuri di sé, dicevano: “Non capisco bene tutta questa cosa del woke. È un po’ strana. Ma alle feste è chiaramente la cosa giusta da dire, quindi la dico”.

In un certo senso, la convinzione di Wall Street è sempre superficiale.

Molte delle convinzioni nelle istituzioni e nei poteri del nostro tempo, anche per i grandi uomini d’affari o i miliardari, sono più o meno simili alla figura del droghiere di Václav Havel nel suo saggio Il potere dei senza potere 5. Solo che invece di “Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!”, sul cartellone c’è scritto “Black Lives Matter”.

È la stessa storia. Come nel saggio di Havel, il tipo che mette “Black Lives Matter” davanti alla sua vetrina o sul suo prato non capisce nulla della Critical Race Theory. Non ha letto Foucault. Non sa nemmeno cosa sia. Tutto quello che sa è che “è quello che si fa”.

Tutto questo è fragile. Ogni credenza dominante, ogni “vibe” è spesso una questione di baraka – ho sempre trovato divertente questa parola araba «baraka» quando penso a Barack Obama, che ha la sua “baraka”… Poi arriva Trump, che gioca la sua trump card

Nomina sunt causa rerum — sembra che lei creda nel determinismo nominativo.

È così!

Torniamo all’elitarismo: si sente parte dell’élite americana?

Vivo a Berkeley, in California. Nel cuore della Silicon Valley di sinistra. Ma non ho mai avuto problemi: quando la gente mi riconosce in pubblico, è sempre amichevole. Forse cambierà, non lo so. Abbiamo qualche antifascista e pochi jihadisti.

In fondo, culturalmente faccio parte dell’élite americana. Ho frequentato scuole di sinistra, parlo la lingua della sinistra…

È abbastanza tipico, in realtà: prendete Marx. È diventato un gentiluomo inglese. Arriva dopo il 1848, viene in Inghilterra e diventa membro della gentry inglese.

Allo stesso modo, J. D. Vance è un uomo del popolo che si è adattato.

Proviene da un ambiente molto povero, ma va a Yale. Alla facoltà di legge di Yale impara a parlare perfettamente e correntemente la lingua dell’élite. La cosa fantastica di lui è che può parlare a queste persone nella loro stessa lingua. Può andare su Twitter e parlare alla destra, ma può anche parlare alla sinistra. La sua sicurezza cresce ogni giorno.

La fiducia di Wall Street è sempre superficiale.

Curtis Yarvin

È per questo che scommette su J. D. Vance per il futuro?

Sì! Perché ha tutto dalla sua parte. È brillante. Sa come muoversi e parla queste diverse lingue, mentre Trump… L’élite americana lo vede come un contadino che ha fatto i soldi. Trump è come un Beverly Hillbilly 6.

Qual è esattamente la natura del suo rapporto con J. D. Vance?

L’ho incontrato un paio di volte.

Ma, come ho detto, penso che il legame più importante sia quello che ho con diversi membri dello staff anonimi, che sono consumatori delle mie idee, ormai diventate molto più importanti di me.

Nel 2012 ho inventato un acronimo: R.A.G.E. Significava: mandare in pensione tutti i dipendenti del governo [Retire All Government Employees].

Ho pensato: “È molto potente. Ha il potere di un meme. È dinamite”. Così ho fatto una cosa allo stesso tempo intelligente e stupida: ho lanciato questo meme nel mondo. 

L’ho detto durante una conferenza. Non l’ho scritto da nessuna parte. Mi sono detto: vediamo come si diffonde.

E pensa che D.O.G.E. sia in realtà un’implementazione di R.A.G.E.?

Non esattamente, perché R.A.G.E. è molto più radicale di D.O.G.E.

Ma già nel 2012 c’era questa idea che si potesse semplicemente prendere il controllo di questa burocrazia e che non avrebbe avuto la volontà di resistere se attaccata con un desiderio di governare sufficientemente forte.

Se si arriva con un piano concreto e un obiettivo reale, è chiaro che USAID non ha la volontà di resistere. Quando dici “chiuderemo USAID”, devi davvero togliere le lettere dall’edificio. Penso che sia qui che si è esercitata questa influenza, nella comprensione di questo atto di autorità.

Perché pensa che sia necessario “togliere le lettere dall’edificio”?

Questo tipo di atto, impressionante e simbolico, era stato associato fino ad ora solo alla sinistra rivoluzionaria.

Oggi viene messo in atto dal campo di Trump. Questo è ciò che è importante.

Una delle misure che mi piace di più, anche se è estremamente stupida, è il nuovo nome del “Golfo d’America”.

Rinominare il Golfo del Messico è un gesto umiliante: quindi è un gesto di potere. Oggi potete farlo. Trasmettere una tale impressione di volontà spinge le persone a seguirvi.

Curtis Yarvin

Stupida… ma importante? 

Sì, è la cosa più stupida che ci sia ed è proprio per questo che è importante.

Si chiama “Golfo del Messico” da 400 anni. Non c’è alcun motivo valido per cambiarne il nome, se non quello di poter dire: “Ho il potere di farlo”.

L’idea di rinominare tutte le strade, distruggere tutte le statue, imporre il proprio potere attraverso nomi e simboli è una cosa che finora solo la sinistra era in grado di fare. È davvero un gesto umiliante: quindi è un gesto di potere. Oggi si può fare.

Dare un’impressione di volontà così forte spinge le persone a seguirti.

C’è un ottimo passaggio di Taine a questo proposito, sul modo in cui ogni regime si basa fondamentalmente sulla figura del giovane ambizioso. Nel 1933, se eri un giovane ambizioso, entrare nel New Deal era come andare a fare fortuna nella Silicon Valley di oggi. Era incredibile. Avevate 25 anni, Roosevelt era alla Casa Bianca e vi veniva affidata la gestione del sistema elettrico dell’Arkansas. Ed eravate pronti per quel potere. Ai tempi dei romani, un venticinquenne avrebbe potuto comandare un esercito. Un quindicenne avrebbe potuto comandare un esercito! È quella sensazione incredibile di essere giovani, capaci, al culmine della propria vita sotto certi aspetti, e di essere importanti.

Come si esprime secondo lei questa forza rivoluzionaria a Washington?

La vedo chiaramente nei giovani che lavorano per il D.O.G.E. di Musk, per esempio.

Arrivano di corsa. Fanno le cose in fretta, in modo barbaro. Rompono tutto. Culturalmente sono hacker che probabilmente non hanno mai letto un libro in vita loro. Magnifici ignoranti pieni di rabbia e forza. E improvvisamente si ritrovano a capo di sistemi enormi. Sono persone incredibilmente giovani e di talento.

Io lo chiamo l’effetto “Big Balls”.

L’effetto “big balls”?

Mi riferisco al dipendente di Musk, Big Balls 7. Big Balls ha 19 anni, ha un passato discutibile che avrebbe potuto portarlo al licenziamento dal D.O.G.E., ma Musk e Vance hanno deciso che era più saggio tenerlo. Probabilmente ha un QI di 150 o 170 e sa semplicemente fare le cose. Sono sicuro che lavora 120 ore alla settimana. Dorme pochissimo. Big Balls è l’eccitazione rivoluzionaria allo stato puro. Una volta che ne fai parte, non lo dimentichi più. Molti giovani con capacità simili oggi dicono: “Voglio far parte dell’avventura”.

Questo processo di costruzione di nuove élite e nuove istituzioni è ancora agli inizi. Purtroppo è molto contaminato dal libertarismo, il che è terribile. 

Lei non è libertario?

Non più. È un’ideologia terribile. Fa appello a una sorta di mentalità da nerd, scollegata dalla realtà e che in realtà spinge sempre all’inazione. La logica è la seguente: “creiamo le condizioni per una libertà totale e tutto si risolverà da solo”. Il libertarismo ci dice in sostanza: “tutto andrà bene se avremo le regole giuste”.

Nella vita reale, questo è semplicemente falso. Se vogliamo che le cose cambino, dobbiamo farlo noi stessi. È qui che inizia la politica.

Ha un esempio?

Sì: il modo in cui produciamo e consumiamo le informazioni.

È qui che non sono d’accordo con Elon Musk.

Non c’è altra soluzione che creare nuove istituzioni che siano autorità di verità: non si possono semplicemente calpestare queste istituzioni e poi ripararle.

Resisteranno ogni volta.

Quindi X non è sufficiente?

Certo, ma l’idea che la Casa Bianca possa essere un’istituzione legittima di verità è in realtà molto importante e molto nuova.

Stiamo infatti iniziando a vedere J. D. Vance combattere direttamente su X per distruggere i suoi nemici e vincere tutti i suoi duelli per KO tecnico. Riusciamo a immaginare Kamala Harris, vicepresidente, rispondere direttamente agli account MAGA per rimetterli al loro posto? No. Eppure è quello che fa Vance. È il vicepresidente degli Stati Uniti e posta su X come se avesse un account anonimo. Per me è un po’ come vedere Luigi XIV alla testa delle sue truppe per assaltare il nemico.

Si potrebbe anche vedere in questo modo di rispondere compulsivamente sui social ai propri detrattori l’espressione maldestra di una nuova élite ancora immatura e poco sicura di sé.

Quando accarezzavo il sogno di un cambiamento così radicale, una delle idee che mi veniva in mente era: bisogna fare come Gordon Ramsay.

Cioè?

Gordon Ramsay è uno chef di fama mondiale che ha questo incredibile programma televisivo, Kitchen Nightmares, che non parla affatto di cucina, ma fondamentalmente di potere.

Nei miei sogni più sfrenati, immaginavo Gordon Ramsay che portava la sua troupe e il suo cameraman negli uffici dell’USAID. Apriva il frigorifero dell’USAID e tirava fuori un cavolo. Il cavolo era marcio. Urla loro: “Avete pagato 80 milioni di dollari per questo cavolo. Guardatelo”. Urla: “Annusatelo. Annusate il cavolo!”.

Centinaia di milioni di persone lo guardano divertiti davanti alla TV.

Di fronte a questo potere, non c’è risposta possibile.

È in televisione, è in diretta.

Immaginate ora: Musk, Vance e Big Balls entrano in quegli uffici con una telecamera. Interrogano questi burocrati. Li sgridano in televisione, davanti a tutto il Paese. E il mondo, l’intero universo, vede in diretta questi funzionari tremare, come trema davanti a Gordon Ramsay il cuoco obeso, preso dal panico, che pulisce il suo disgustoso ristorante messicano a Phoenix, in Arizona.

Da dove viene questo vostro bisogno di televisione e spettacolo?

Perché è lì che si stringe l’alleanza tra monarchia e democrazia.

Gran parte della vostra argomentazione si basa sul fatto che le élite tradizionali americane sarebbero ormai perdute perché incapaci di integrare realmente l’innovazione tecnologica e che lo Stato non funzionerebbe a causa della natura, secondo voi, “intrinsecamente inefficiente” della democrazia. Si potrebbe obiettare che nel 2025 esiste un modello che corrisponde esattamente al vostro ideale.

Quale?

La Repubblica Popolare Cinese.

Ah!

Perché dovremmo preferire la copia americana, inevitabilmente fallimentare e caotica, di un sistema cinese che esiste davvero?

Beh… È vero che è gestito abbastanza bene……

e che non ha particolarmente bisogno di una troupe cinematografica quando si tratta di rovesciare un’amministrazione.

È vero. Lo ammetto.

Ma per arrivare a questo avevano bisogno di Mao. Avevano bisogno di un pazzo.

Mao ha fatto quello che hanno fatto i comunisti in Oriente: ha ucciso tutti gli altri membri del suo partito fino a conquistare il potere di un imperatore cinese. Era un malato mentale.

Poi è morto e lo stesso potere è passato a un uomo, Deng Xiaoping, che non era affatto pazzo, ma sano di mente. Deng ha creato il Partito Comunista Cinese moderno e sono pronto a riconoscere i numerosi successi dell’attuale PCC. Risponderei tornando su qualcosa che ho detto prima, ovvero che non esiste una costituzione universale adatta a tutti i popoli.

Il sistema cinese funziona piuttosto bene per la Cina di oggi, ma ha dei difetti strutturali.

Quali?

Penso in particolare che sia molto debole dal punto di vista culturale. La figlia di Xi Jinping ha studiato ad Harvard: mi è difficile immaginare i figli di J. D. Vance iscriversi alla Summer School dell’Università di Pechino. Non succederà mai.

Nella Cina di oggi c’è un forte complesso di inferiorità culturale.

E la cosa peggiore è che penso che questo sentimento sia del tutto fondato. La Cina è, di fatto, culturalmente inferiore all’Occidente. È per questo che lo ha copiato così tanto.

Certo, esiste un patrimonio culturale antico e ricco. Ma per quanto riguarda il modo in cui il PCC gestisce l’informazione, ad esempio, non credo che funzionerebbe molto bene da noi.

In realtà, se ci pensate bene, quando un sistema prevede un cambiamento radicale nel modo in cui vengono trattate le informazioni, ovvero quando sente il bisogno di censurare, è sintomo che quel sistema non funziona.

Proprio come il fatto che il New York Times non possa raccontare la vera storia del Covid è la prova della cronica debolezza del New York Times, anche il fatto che il PCC non possa raccontare la vera storia di piazza Tienanmen è la prova della debolezza del regime cinese.

Il bisogno di mentire è sempre un segno di debolezza.

*

Nella terza parte dell’intervista, Curtis Yarvin torna sul tema dell’Illuminismo nero e sul problema straussiano della “nobile menzogna”, insistendo sulla necessità di liberare la scienza dai limiti democratici per aprire il fronte genetico, cercando al contempo di fondare una nuova teoria delle relazioni internazionali.

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Note
  1. Il Servizio Digitale degli Stati Uniti (USDS) è un’amministrazione federale americana creata nel 2014 dal presidente Barack Obama con l’obiettivo di migliorare e semplificare i servizi digitali dell’amministrazione. La creazione dell’USDS è stata motivata in particolare dalla crisi tecnologica legata al servizio HealthCare.gov nel 2013, una piattaforma federale creata ai sensi dell’Affordable Care Act, noto anche come “Obamacare”. Nel gennaio 2025, con un decreto del presidente Donald Trump, l’USDS è stato rinominato e riorganizzato come United States DOGE Service, all’interno del Dipartimento per l’Efficienza Governativa (DOGE).
  2. “Move fast and break things” è un’espressione coniata da Mark Zuckerberg che è stata a lungo il motto interno di Facebook e paradigmatica del funzionamento delle aziende in forte crescita nella Silicon Valley.
  3. Constantin Cavafy (1863-1933) è considerato uno dei più grandi poeti della Grecia contemporanea. Nella poesia «Aspettando i barbari», racconta come un’antica città si prepara all’arrivo dei barbari e si ritrova in una situazione di dubbio esistenziale quando, alla fine della giornata — e della poesia — i nemici non si sono fatti vedere: «Ma allora, cosa ne sarà di noi senza i barbari? / Quella gente era in fondo una soluzione»
  4. Alarico I è un re dei Visigoti del IV secolo. Dopo aver prestato servizio come mercenario nell’Impero romano, mobilitò un esercito e riuscì a conquistare la città di Roma nel 410.
  5. Il potere dei senza potere (1978) è un saggio politico di Václav Havel, scrittore e figura di spicco della dissidenza non violenta in Cecoslovacchia, prima di diventare presidente della Repubblica Ceca (1989-2003). Nel suo testo, l’autore utilizza l’esempio di un droghiere che espone nel suo negozio il cartello «Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!», poiché non farlo sarebbe stato considerato un atto di tradimento. Il personaggio e la sua decisione simboleggiano la sottomissione al regime piuttosto che il sostegno volontario.
  6. The Beverly Hillbillies è una serie televisiva americana (1962-1971) in cui Jed Clampett, un povero montanaro, scopre per caso del petrolio vicino a casa sua e diventa ricco. Si trasferisce quindi a Beverly Hills (California), dove il suo stile di vita rustico contrasta con quello dell’alta società californiana.
  7. “Big Balls” è il soprannome che si è dato Edward Coristine, assunto da Elon Musk il 20 gennaio 2025 per far parte del dipartimento dell’Efficienza governativa.