Quest’anno, in Ucraina, Natale è caduto il 25 dicembre. Lungi dall’essere uno scherzo, questa è un’illustrazione molto concreta della frattura geopolitica e del suo impatto sui rituali collettivi. In precedenza, la data del Natale era allineata con quella del calendario liturgico della Chiesa ortodossa russa, ovvero il 7 gennaio del nostro calendario gregoriano. La commemorazione di un evento in linea di principio unico e comune a quasi tutte le Chiese cristiane – la nascita di Gesù Cristo – viene quindi celebrata in due date diverse. Per comprendere questa discrepanza, dobbiamo risalire alle origini stesse del Natale in Oriente e in Occidente.

È stato spesso sottolineato come i Vangeli, sebbene diano qualche indicazione sull’anno, non dicano nulla sulla stagione o sul giorno della nascita di Gesù. Molti storici ed esegeti ne hanno dedotto che la scelta successiva del 25 dicembre per commemorare la nascita di Gesù sia stata puramente arbitraria o motivata dalla somiglianza con le feste politeistiche che circondavano il solstizio d’inverno nell’antichità. Infatti, nel 274 d.C., l’imperatore romano Aureliano fissò il 25 dicembre come data per la festa del Sol Invinctus, la cui luce ricomincia a crescere nei giorni successivi al solstizio; se a ciò si aggiunge che anche nel culto di Mitra – uno dei più temibili concorrenti del cristianesimo primitivo – la nascita del dio solare avveniva il 25 dicembre, si rafforza la teoria che il cristianesimo abbia mutuato da questi culti: Cristo non è forse visto anche come «luce del mondo» (Giovanni, 8-12, 36) e «sole di giustizia» (Malachia, 3, 17-21)? Comunque sia, è in Occidente, a Roma, che troviamo la prima testimonianza della festa del Natale, il 25 dicembre 3361.

Nel 274 d.C., l’imperatore romano Aureliano fissò al 25 dicembre la data della festa del Sol Invictus.

Jean-Benoît Poulle

In precedenza, la grande festa dell’apparizione di Cristo era l’Epifania, etimologicamente la sua manifestazione al mondo, di cui si trovano tracce già nel II secolo ad Alessandria, e poi in tutta la cristianità orientale. L’Epifania originale commemorava non solo la nascita di Cristo, ma anche le sue altre «manifestazioni»: il battesimo nel Giordano e il primo miracolo alle nozze di Cana. Mentre in Occidente la tradizione si è concentrata su di essa come festa dell’adorazione dei Magi, in Oriente la «Teofania del Signore» è ancora una delle feste liturgiche più importanti, incentrata sul battesimo di Cristo. Sembra che sia stata fissata molto presto, il 6 gennaio – a volte anche il 10 – e celebrata anche come «Festa della Luce» per competere con le feste pagane della stessa data e con la stessa simbologia, legata alla rinascita dell’anno2. Infine, l’usanza di celebrare la nascita di Cristo e il suo battesimo, il «Natale» e l’«Epifania» in un’unica festa il 6 gennaio rimane oggi solo nella Chiesa apostolica armena, a testimonianza di antiche usanze.

Nell’Alto Medioevo, sia in Oriente che in Occidente, il Natale divenne una delle feste più importanti del calendario liturgico: era scandito da celebrazioni specifiche (tre messe invece di una, compresa quella di mezzanotte, attestata a Roma già nel VII secoloe ) e da un periodo penitenziale di preparazione, le quattro settimane di Avvento, equivalenti ai 40 giorni di Quaresima che precedono la Pasqua. Ma a differenza della Pasqua, che è una festa mobile basata su un calendario lunare, il Natale è una data fissa nel calendario giuliano cristianizzato. Fino al XVIe secolo, la precisione del suo ciclo annuale, che definisce 365 giorni e un quarto (da qui l’introduzione degli anni bisestili), era considerata sufficiente, nonostante la crescente discrepanza con l’effettivo ciclo solare. Tutto cambiò con il calendario gregoriano del febbraio 1582 (bolla Inter gravissimas), promulgato sotto l’autorità di Papa Gregorio XIII (1572-1585), che aveva seguito i consigli dei suoi astronomi e matematici gesuiti: Per rendere il calendario gregoriano ancora più preciso, gli anni con l’anno 100 non furono più considerati bisestili – a meno che non fossero multipli di 400.

L’usanza di celebrare la nascita di Cristo e il suo battesimo, il «Natale» e l’«Epifania» in un’unica festa, il 6 gennaio, rimane oggi solo nella Chiesa apostolica armena, a testimonianza di antiche usanze

Jean-Benoît Poulle

La riforma gregoriana del calendario giuliano fu facilmente adottata nei Paesi cattolici, che riconoscevano l’autorità del Papa: nella maggior parte di questi Paesi, giovedì 4 ottobre 1582 fu immediatamente seguito da venerdì 15 ottobre, per recuperare i giorni persi. La situazione era invece molto diversa nei Paesi protestanti e ortodossi, che almeno inizialmente mantenevano il vecchio calendario giuliano. La sfasatura non può che aumentare, di circa un giorno per secolo: attualmente è di 13 giorni3. Per dirla con Johannes Kepler, «i protestanti preferirebbero essere in disaccordo con il sole piuttosto che essere d’accordo con il papa»: Isaac Newton nacque il giorno di Natale del 1642 nell’Inghilterra protestante (anche se i suoi contemporanei puritani non vedevano di buon occhio questo giorno di festa4), ma il 4 gennaio 1643 secondo il calendario gregoriano. Almeno nel XVIII secolo, il calendario gregoriano fu gradualmente adottato: nel 1700-1701 per la Danimarca, la parte settentrionale delle Province Unite, i cantoni svizzeri e la Svezia (che definì una transizione graduale al calendario gregoriano nell’arco di 40 anni), e nel 1750 (Calendar Act) per la Gran Bretagna. I Paesi e le popolazioni ortodosse sotto il dominio dell’Impero Ottomano, dove era in uso il calendario islamico basato sull’Egira, resistettero molto più a lungo.

Nella Russia zarista, la difesa del calendario giuliano divenne così un segno di riconoscimento dell’identità e di affermazione dell’eccezionalità slavo-ortodossa, di fronte ai riformatori occidentalofili che propugnavano l’adozione del calendario gregoriano. Questi ultimi, a loro volta, stigmatizzavano i difensori dello status quo come, letteralmente, «arretrati», in ritardo rispetto all’Occidente. Questa persistenza fino alla fine della Russia imperiale spiega perché la Rivoluzione di febbraio si svolse nel marzo 1917 secondo il calendario gregoriano e la Rivoluzione d’ottobre in novembre. Appena salito al potere, il partito bolscevico decise di passare al calendario gregoriano (decreto dei commissari del popolo del 24 gennaio 1918) come una delle misure per promuovere la «modernizzazione». D’ora in poi la Russia avrebbe vissuto con lo stesso calendario civile dell’Occidente, anche se ciò non impedì alcune discrepanze nelle date, la più nota delle quali fu la fine della Seconda guerra mondiale5. Sempre negli anni Dieci del Novecento, alcuni Stati ortodossi e musulmani usciti dall’Impero Ottomano adottarono il sistema gregoriano per i loro calendari civili (Bulgaria, Romania, Albania, Grecia).

Il 28 luglio 2023 il Presidente Zelensky ha emanato un decreto che sposta la celebrazione del Natale al 25 dicembre, modificando al contempo la data di altre due festività civili legate all’eredità russa

Jean-Benoît Poulle

Nel mondo ortodosso, la situazione del calendario fu ulteriormente complicata dall’adozione parziale, al Sinodo di Costantinopoli del 1923, del calendario giuliano rivisto, proposto dall’astronomo serbo Milutin Milanković: egli sosteneva di colmare il divario con il calendario gregoriano, ma con l’aiuto di diverse equazioni solari che avrebbero garantito la coincidenza delle date fino al 2800. Mentre metà delle Chiese ortodosse (il Patriarcato di Costantinopoli, le Chiese di Grecia, Cipro, Romania e Bulgaria, quest’ultima a partire dal 1963) sostenevano il suo sistema, che tuttora utilizzano per il loro calendario liturgico, altri lo rifiutavano ferocemente, seguiti da una minoranza delle Chiese nazionali sopra citate: era lo scisma vetero-calendarista. Nel mondo ortodosso di oggi, il Patriarcato di Mosca, come le Chiese di Georgia, Serbia, Gerusalemme, Macedonia e Montenegro, utilizza ancora il calendario giuliano tradizionale, con il suo sfalsamento di 13 giorni. Di conseguenza, per i fedeli della Chiesa ortodossa russa, la festa liturgica del Natale ricorre il 7 gennaio del calendario civile. In Ucraina, dall’indipendenza del 1991, la maggior parte dei fedeli ortodossi (la stragrande maggioranza) appartiene alla «Chiesa ortodossa ucraina», di fatto molto dipendente dal Patriarcato di Mosca e liturgicamente allineata con esso: anche il Natale è stato quindi celebrato il 7 gennaio. Le cose sono cambiate in modo significativo dopo la rivoluzione di Maidan del 2014, e hanno subito un’ulteriore accelerazione dopo l’invasione del febbraio 2022: Sempre più fedeli si allontanano dalla Chiesa asservita a Mosca (anche se il suo gerarca, il metropolita Onuphre, ha denunciato l’invasione e ha proclamato formalmente la sua indipendenza nel marzo 2022) per unirsi alla Chiesa ortodossa ucraina, sostenuta dalle autorità di Kiev perché vista come una Chiesa veramente nazionale, nata dalla fusione di altre due confessioni ortodosse che dal 2018-2019 hanno messo a tacere le loro differenze. Inoltre, un disegno di legge ucraino mira a bandire la «Chiesa ortodossa ucraina» rivale e sono già avvenute diverse confische o trasferimenti di chiese e monasteri su iniziativa del potere centrale o delle autorità locali, cosa che viene sfruttata dal Cremlino: Nella sua guerra dell’informazione contro l’Occidente, il Cremlino denuncia una vera e propria persecuzione religiosa del ramo dell’Ortodossia che gli rimane legato (ma si guarda bene dal dire che il pluralismo religioso è costantemente violato nei territori sotto il suo controllo).

È in questo contesto che il 28 luglio 2023 il Presidente Zelensky ha emanato un decreto che sposta la celebrazione del Natale al 25 dicembre, cambiando al contempo la data di altre due festività civili associate all’eredità russa6. Allo stesso tempo, la Chiesa ortodossa ucraina ha adottato il calendario giuliano rivisto di Milanković come calendario liturgico, così come la Chiesa greco-cattolica ucraina all’inizio del 2023, che è stata unita a Roma ma fino ad allora aveva potuto mantenere i propri calendari particolari. A parte le questioni liturgiche, per ampi settori della società ucraina celebrare il Natale il 25 dicembre significa avvicinarsi all’Occidente, che in molti pensano sia associato alla modernizzazione; significa porre fine a un eccezionalismo che spesso è stato percepito come atavico. Il cambiamento ufficiale è stato preceduto da trasformazioni informali: il 25 dicembre 2022, molti ucraini hanno festeggiato il Natale contemporaneamente ai loro alleati dell’Europa centrale e occidentale.

Note
  1. Secondo alcuni, un’attestazione indiretta della celebrazione della Natività il 25 dicembre si trova già nel 204, in un commento del vescovo Ippolito di Roma.
  2. Sembra che nei primi tempi dell’antico calendario romano l’inizio dell’anno fosse fissato proprio al 1° gennaio, in quanto era il giorno immediatamente successivo al solstizio d’inverno; qualche secolo dopo, il giorno successivo al solstizio d’inverno coincise con il 25 dicembre.
  3. Questa sfasatura si riscontra nei calendari liturgici delle Chiese cristiane orientali che non appartengono al mondo ortodosso: è il caso del calendario alessandrino dei copti d’Egitto e del calendario della Chiesa orientale etiope.
  4. Il Parlamento puritano e successivamente il regime di Cromwelli, sotto l’influenza di radicali letteralisti che ritenevano che qualsiasi festa non attestata nelle Scritture dovesse essere vietata, abolirono il Natale con un atto del 1645, ribadito nel 1647.
  5. Si festeggia l’8 maggio nei paesi occidentali e il 9 maggio negli ex paesi dell’Unione Sovietica: al momento della firma della resa a Berlino l’8 maggio 1945 alle 23.16, a causa del fuso orario con Mosca, era già il 9 maggio.
  6. La Giornata dello Stato ucraino (che commemora la cristianizzazione della Rus’ di Kiev) è stata spostata dal 28 al 15 luglio e la Giornata della Difesa della Patria dal 14 al 1° ottobre.