il Grand Continent, Fratture della guerra estesa. Dall’Ucraina al metaverso, LUISS University Press

«Cosa succede nel cuore dell’interregno?

Nell’esplosione delle rivalità geopolitiche, la guerra è qui. Dal Donbass al metaverso, nuovi fronti si sono aperti. L’invasione russa dell’Ucraina ci ha paralizzati, ma comprendere questo scontro cruciale non basta. A partire da tutto questo, come si può organizzare il continente?

La nostra epoca è infatti attraversata da un fenomeno occulto e strutturante che proponiamo di chiamare la guerra estesa. Dalla tecnocrazia alle nuove tecnologie, le sue ramificazioni sono diventate planetarie: un mondo irrigato di infrastrutture che nascondono un impero di dati e articolano un nuovo ordine di cui non riusciamo ancora a indovinare la forma. Il campo di battaglia della guerra oltre i limiti continua a evolvere

Il suolo europeo sta cambiando sotto i nostri piedi?»

Lo stavate aspettando? il Grand Continent, edizione italiana della rivista, arriva finalmente in versione cartacea

Esce il 20 octobre. Acquisto anticipato possibile sul sito a partire dal 13 ottobre.

Per saperne di più e seguire il lancio dell’edizione italiana

Richard Bourke, Hegel’s World Revolutions, Princeton University Press

«G.W.F. Hegel era considerato il più grande filosofo della sua epoca. Da allora, il suo lavoro ha plasmato i dibattiti su questioni diverse come la religione, l’estetica e la metafisica. Il suo contributo più duraturo è stata la sua visione della storia e della politica.

In Hegel’s World Revolutions, Richard Bourke torna agli argomenti originali di Hegel, chiarendo la loro vera importanza e illuminando la loro rilevanza per la società contemporanea. Bourke dimostra che il fulcro del pensiero di Hegel era la sua anatomia del mondo moderno. Da un lato sosteneva che la modernità fosse una liberazione dall’assoggettamento, ma dall’altro vedeva che aveva svincolato lo spirito della riflessione critica.

Bourke esplora questa situazione critica attraverso una serie di rivoluzioni mondiali che, secondo Hegel, avevano condotto all’ascesa della società civile e all’emergere dello Stato costituzionale. Bourke interpreta il pensiero di Hegel, con particolare riferimento alla sua filosofia della storia, collocandola nel contesto del suo tempo. Racconta poi la ricezione delle idee politiche di Hegel, soprattutto nel corso del Novecento. In contrasto alla rivolta del dopoguerra contro Hegel, Bourke sostiene che la sua denigrazione da parte dei principali filosofi abbia impoverito il nostro approccio alla storia e alla politica.»

Esce 31 octobre

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Branko Milanovic, Visions of Inequality; From the French Revolution to the End of the Cold War, Harvard University Press

«“Come vedete la distribuzione del reddito nel tempo e come e perché vi aspettate che cambi?”. Questa è la domanda che Branko Milanovic immagina di porre a sei degli economisti più influenti della storia: François Quesnay, Adam Smith, David Ricardo, Karl Marx, Vilfredo Pareto e Simon Kuznets. Analizzando le loro opere nel contesto delle loro vite, traccia l’evoluzione del pensiero sulle disuguaglianze, mostrando quanto le opinioni siano cambiate tra le epoche e le società. Infatti, sostiene Milanovic, non possiamo parlare di “disuguaglianza” come concetto generale: qualsiasi analisi è inestricabilmente legata a un tempo e a un luogo particolari.

Visions of Inequality ci trasporta da Quesnay e dai fisiocratici, per i quali le classi sociali erano prescritte dalla legge, fino ai trattati economici classici del XIX secolo di Smith, Ricardo e Marx, che consideravano la classe come una categoria puramente economica guidata dai mezzi di produzione. Mostra come Pareto abbia riconcettualizzato la classe come una questione di confronto tra le élite e il resto della popolazione, mentre Kuznets vedeva la disuguaglianza nascere dal divario urbano-rurale. E spiega perché gli studi sulla disuguaglianza sono stati eclissati durante la Guerra Fredda, prima della loro notevole rinascita come preoccupazione centrale dell’economia di oggi.»

Esce il 10 ottobre

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David Petraeus e Andrew Roberts, Conflict; The Evolution of Warfare from 1945 to the Russian Invasion of Ukraine, Harper

«In questo studio profondo e incisivo, il Generale David Petraeus, ex direttore della CIA e comandante delle coalizioni guidate dagli Stati Uniti in Afghanistan e in Iraq, durante il Surge, esplora, insieme al pluripremiato storico Andrew Roberts, oltre 70 anni di conflitti, traendone lezioni e intuizioni significative da un’originale analisi del passato. Avvalendosi delle loro diverse prospettive e aree di competenza, Petraeus e Roberts mostrano come spesso gli errori critici siano stati ripetuti più volte, e sottolineano la sfida, tanto per gli uomini di Stato quanto per i generali, di imparare ad adattarsi a nuovi sistemi d’arma, teorie e strategie. Tra i conflitti esaminati ci sono le guerre arabo-israeliane, la guerra di Corea e del Vietnam, le due guerre del Golfo, le guerre balcaniche nell’ex Jugoslavia e le guerre sovietiche e della coalizione in Afghanistan, nonché i conflitti di guerriglia in Africa e in Sud America. Il conflitto culmina con uno sguardo stimolante alla disastrosa invasione dell’Ucraina da parte di Putin, un altro case study sui tragici risultati che si ottengono quando i leader si rifiutano di imparare dalla storia, nonché una valutazione della natura della guerra del futuro. Ricco di intuizioni acute e della saggezza dell’esperienza, Conflict non è solo una valutazione critica del nostro recente passato, ma anche un’essenziale guida alla guerra moderna, che fornisce conoscenze cruciali per combattere oggi e per capire cosa ci riserveranno i decenni a venire.»

Esce il 17 ottobre

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Ernesto Ferrero, Italo, Einaudi

«In occasione del centenario della nascita di Italo Calvino, Ernesto Ferrero ci offre un ritratto dello scrittore dietro le quinte, nei tratti caratteriali meno noti, nei risvolti privati, lungo i vent’anni di vicinanza e lavoro comune in Einaudi. E lo fa con quel tono di voce che ha già saputo incantarci nei Migliori anni della nostra vita o nel recente Album di famiglia. Prendono vita i rapporti di Calvino con i genitori, l’importanza dell’imprinting famigliare, la passione per i fumetti e il gusto del disegno, l’amicizia con Eugenio Scalfari, i soprassalti della guerra partigiana, le passioni del dopoguerra, il legame con la Liguria, gli amori, tra cui il capitolo della relazione con Elsa De’ Giorgi, fin qui poco studiato. E poi il lavoro quotidiano, con i suoi piccoli segreti, in Einaudi e nelle redazioni dei giornali, l’incontro con Hemingway a Stresa, la visita a Silvana Mangano e Vittorio Gassman sul set di Riso amaro. E ancora il trauma dell’invasione sovietica in Ungheria e il progressivo distacco dal Pci e dalla politica militante, il viaggio in America, il matrimonio con Chichita Singer e le gioie della paternità con la nascita della figlia Giovanna, le decisive letture scientifiche, incontri-chiave (Perec, Barthes, Queneau), la fascinazione delle immagini, la scoperta dello strutturalismo e i soggiorni nelle metropoli come in altrettanti romitaggi, da Parigi a Roma, sino all’approdo ideale nella pineta toscana di Roccamare, dove scrive le Lezioni americane. L’insulare Calvino sembra sempre altrove, ma rimane a stretto contatto con il proprio tempo. Il filo che si snoda lungo la biografia è fittamente intrecciato all’opera e ne illumina dall’interno la genesi e gli sviluppi, il metodo di lavoro, sempre sostenuto da una forte tensione etica, sperimentale e progettuale. Perfino il radicale disincanto degli ultimi anni non impedisce a Calvino di dare spazio a tutto quello che non è inferno, di reinventare se stesso e nuovi modi di fare letteratura. Con il suo approccio confidenziale e una scrittura che mira a raggiungere una fusione tra il “romanzo” biografico e il saggio critico privo di connotazioni specialistiche, Ernesto Ferrero ci aiuta così a capire meglio una delle figure più amate della nostra letteratura.»

Esce il 3 ottobre

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Henri Pirenne, Histoires de l’Europe. Œuvres choisies, Gallimard

«Per chiunque sia interessato alla storia intellettuale del primo Novecento, Henri Pirenne (1862-1935), il padre della scuola storica di Gand, è una figura centrale. Formatosi con la storiografia tedesca – che considera i fattori collettivi e inconsci piuttosto che i fatti politici e il ruolo degli individui – e autore di una fortunata Storia del Belgio, simbolo della resistenza all’occupazione tedesca durante la Prima Guerra Mondiale, lo storico belga sviluppò una nuova visione della storia dell’Europa negli anni Venti, aprendo due enormi campi di ricerca che i ricercatori discutono ancora oggi: la storia urbana e le origini delle città, e le conseguenze per l’Europa dell’avanzata dell’Islam nel VII secolo. Il risultato furono due importanti libri pubblicati dopo la sua morte: Histoire de l’Europe (1936) e Mahomet et Charlemagne (1937), le cui linee principali erano state tracciate fin dal 1922. Il lavoro di Pirenne sulla storia del Medioevo, pubblicato alla fine del XIX secolo, lo aveva già reso famoso, incorporando in modo impressionante la demografia storica e la ricerca statistica nella storia economica e sociale. Precursore e pioniere, è stato uno dei primi ad esaminare i contributi della storia comparata, sviluppando metodi originali e innovativi e un’autentica arte della sintesi. Composta da opere fondamentali che sono diventate riferimenti storiografici e da una vasta selezione di articoli, discorsi, saggi e riviste che mostrano l’ampiezza dei temi affrontati da Pirenne, questa edizione offre ai lettori la possibilità di ripercorrere il cammino di un intellettuale la cui influenza ha segnato la creazione della rivista Annales di Marc Bloch e Lucien Febvre».

Esce il 28 settembre

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Frank Trentmann, Aufbruch des Gewissens Eine Moralgeschichte der Deutschen von 1942 bis heute, Fischer

«Frank Trentmann racconta la storia della Germania degli ultimi 80 anni dal punto di vista della moralità. Come mai, dopo la Shoah e la guerra di sterminio, i tedeschi sono stati considerati moralmente purificati nel 2015, l’anno della “cultura dell’accoglienza”? E lo sono davvero? Con la Battaglia di Stalingrado nell’inverno del 1942/43, la prospettiva della popolazione tedesca sulla guerra cambiò: nacquero questioni di colpa e responsabilità, punto di partenza per un risveglio delle coscienze. Dalla “denazificazione” al movimento ecologico, passando per il miracolo economico e il ‘68, dalla politica del ricordo alla migrazione e all’asilo, dal movimento pacifista alla guerra in Ucraina, Frank Trentmann mostra la diversità di atteggiamenti, dibattiti e azioni.»

Esce il 25 ottobre

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Dinah Ribard, Le Menuisier de Nevers. Poésie ouvrière, fait littéraire et classes sociales (XVIIe-XIXe siècle), éditions du Seuil

«“Le Menuisier de Nevers” (il falegname di Nevers) è un nome d’autore. È stato addirittura il primo a diventare famoso, perché la persona che lo usava proclamava nei suoi libri di essere un operaio. Qui tutto è sorprendente: in primo luogo, la data, intorno al 1640, molto prima dell’industrializzazione della Francia e della democratizzazione della cultura; in secondo luogo, la completa scomparsa dal canone letterario di questo poeta di lunga fama, ripubblicato, letto e commentato, che in realtà si chiamava Adam Billaut. La cronologia della poesia operaia pone il problema storico al centro di questo libro: la letteratura non ha aspettato fino all’Ottocento, quando gli operai sono diventati protagonisti della storia, per consacrare degli autori appartenenti al popolo lavoratore. La comparsa di questo operaio sulla scena letteraria all’epoca di Luigi XIV dimostra che la letteratura non registra il movimento della storia: è una forma di azione che trasforma i percorsi di accesso al discorso pubblico e modella la storia delle classi sociali.

Nei due secoli successivi, la poesia molto colta di questo “Virgilio con la pialla” fu vista come ingenua e popolare. Eccezione gloriosa in una società ferocemente gerarchica, la sua figura tenne fuori dalla letteratura i molti artigiani che scrivevano versi durante questo periodo. Fu poi ripresa dai poeti-lavoratori che interessarono per un certo periodo gli editori e gli scrittori progressisti dell’era industriale. Riscoprendo questo intero popolo di autori, Dinah Ribard dimostra che la letteratura è un contributo essenziale alla storia della disuguaglianza.»

Esce il 27 ottobre

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Stefan Bollmann, Zeit der Verwandlung. München 1900 und die Neuerfindung des Lebens, Klett-Cotta

«Franziska zu Reventlow e Frank Wedekind, Hedwig Pringsheim e Thomas Mann, Lou Andreas Salomé e Rainer Maria Rilke, Marianne von Werefkin e Wassily Kandinsky: tutti partirono con coraggio ed energia intorno al 1900 verso la città tedesca più moderna dell’epoca, per condurre una vita più libera ed emancipata. I loro destini ispirati ci mostrano che in quel periodo iniziarono tante cose che continuano ancora oggi.

Tra il 1886 e il 1914, Monaco di Baviera, città d’arte in cui si beveva birra e si amava il carnevale, fu testimone di una rinascita culturale senza precedenti: la psicoterapia e l’Art Nouveau, la Secessione e le riviste satiriche, l’emancipazione femminile e la fluidità di genere – tutto fiorì qui per la prima volta e con una pluralità senza precedenti. A Monaco, capiamo per la prima volta che la giovinezza è uno stile di vita. Un medico ipnotista sviluppa una terapia comportamentale quasi da zero. Per proteggere l’arte dal patrocinio, viene fondata la prima Secessione e, sulla sua scia, l’arte astratta con il Blaue Reiter. Nuovi spettacoli e cabaret fecero di Monaco la sinistra capitale satirica di un Impero governato da Berlino. Nel frattempo, Franziska zu Reventlow dimostrava che l’amore libero non era più un affare da uomini. E con l’invenzione della danza moderna, i ruoli e le identità di genere tradizionali stavano scomparendo per sempre. Un panorama grandioso e colorato di rinnovamento e cambiamento, al centro del quale ci sono donne e uomini di talento che hanno desiderato, combattuto e vissuto questa trasformazione.»

Esce il 14 ottobre

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Xavier Casals Meseguer e Enric Ucelay-Da Cal, El fascio de las ramblas. Los origenes catalanes del fascismo español, Pasado Presente

«Gli autori di questo libro sollevano tre questioni importanti che vengono trascurate nella storia della Spagna e della Catalogna nel Novecento. La prima è l’errore di riferirsi all’esistenza di due dittature militari, quando in realtà il Paese ne ha vissute quattro, collegate tra loro. Questo si riflette nella figura del Generale Martínez Anido, che ha partecipato a tutte. La seconda è notare che la traiettoria del fascismo spagnolo prima della Guerra Civile ha attraversato due fasi distinte, una negli anni Venti e l’altra negli anni Trenta durante la Repubblica: la sua genesi e le sue proposte sono inseparabili dalle città e dalle loro rivalità. La terza è che nella Catalogna dei primi due decenni del XX secolo, si formarono due autorità, dal momento che, con la Mancomunité, emerse la “Capitania Cubana”. Casals e Ucelay-Da sottolineano che il fascismo di “prima generazione” ebbe una componente locale a Barcellona, basata sulle Ramblas, poiché questo viale acquisì un ruolo inaspettato come teatro del processo che diede origine al fascismo locale e, allo stesso tempo, rappresentò un potente spazio simbolico per la “prima generazione” del fascismo a Barcellona, perché era il luogo in cui si trovavano le sedi delle componenti coinvolte nel suo sviluppo (padroni, sindacalisti, oltranzisti catalani, militari, “bande nere”, nazionalisti spagnoli) e rappresentava il palco delle loro lotte.»

esce il 23 ottobre

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Natividad Planas, Koukou, le royaume enfoui. Enquête sur les relations entre Europe et Islam (XVIe-XVIIe siècle), Fayard

«Nel XVI e all’inizio del XVII secolo, nella provincia ottomana di Algeri, i Bel Cadi governavano un territorio nel massiccio del Djurdjura conosciuto come Regno di Koukou. In frequente conflitto con le autorità del Paese, si allearono con gli Asburgo spagnoli per minare la presenza ottomana nel Maghreb, mantenendo autentiche relazioni diplomatiche con la monarchia ispanica per quasi un secolo. I legami tra Koukou e l’Europa sono stati dimenticati, o meglio sepolti, dalla storiografia coloniale francese, al fine di imporre l’immagine dell’Algeria come una regione scollegata dal mondo.

Tornando alle fonti di questa storia, Natividad Planas conduce un’indagine senza precedenti che riunisce una folta schiera di re, regine, pascià, ambasciatori, “corrieri”, viceré, marinai, chierici, rinnegati, schiavi, persone provenienti da Koukou, Maiorca e Castiglia. In questo modo, cattura il dinamismo delle società rurali del Maghreb, attivamente coinvolte nelle questioni politiche del loro tempo e la profondità delle relazioni trans-mediterranee. La nostra conoscenza delle relazioni tra Europa e Islam nell’era moderna è stata stravolta, al di là dei luoghi comuni del confronto militare e del conflitto religioso.»

Esce il 4 ottobre

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Gilles Deleuze, Sur la peinture. Cours (mars – juin 1981), éditions de Minuit

«Dal 1970 al 1987, Gilles Deleuze tenne una lezione settimanale presso l’Università sperimentale di Vincennes, poi a Saint-Denis dal 1980 in poi. Le otto sessioni del 1981 trascritte e annotate in questo volume sono interamente dedicate alla questione della pittura: che rapporto ha la pittura con la catastrofe e il caos? Come allontanare il grigiore e avvicinarsi al colore? Che cos’è una linea senza contorno? Cézanne, Van Gogh, Michelangelo, Turner, Klee, Pollock, Mondrian, Bacon, Delacroix, Gauguin e Caravaggio offrono a Deleuze l’opportunità di evocare importanti concetti filosofici: diagramma, codice, digitale e analogico, modulazione. Insieme ai suoi studenti, rivisita qui questi concetti, ribaltando la nostra comprensione dell’attività creativa dei pittori. Concreto e gioioso, il pensiero di Deleuze è catturato qui il più vicino possibile al suo proprio movimento.»

Esce il 5 ottobre

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Brock Cutler, Ecologies of Imperialism in Algeria, Nebraska University Press

Tra il 1865 e il 1872, morti e malattie diffuse si verificarono nel corso del più grave disastro ecologico della storia moderna del Nord Africa: una piaga di cavallette distrusse i raccolti durante una disastrosa siccità che lasciò molti algerini senza terra e senza cibo. La carestia provocò una migrazione che concentrò le persone vulnerabili in campi insalubri dove il tifo e il colera dilagavano. Prima che le piogge tornassero e i raccolti riprendessero, circa ottocentomila algerini erano morti.

In Ecologies of Imperialism in Algeria, Brock Cutler esplora come le ripetute divisioni ecosociali in un ecosistema esteso abbiano prodotto l’imperialismo moderno nell’Algeria del XIX secolo. Le massicce crisi ecologiche – culturali e naturali – hanno allontanato le comunità dalle loro case, gli individui da quelle comunità e la società dalle sue tipiche relazioni ecologiche. Allo stesso tempo, le crisi implacabili, anche se lente, del colonialismo colonizzatore in corso e del capitalismo imperiale estrattivo hanno legato l’Algeria alla Francia in un modo nuovo. Sebbene tutto questo accada nel Maghreb del XIX secolo, il processo descritto supera sicuramente questi limiti spaziali e temporali, raggiungendo i giorni nostri attraverso il regno dell’imperialismo moderno.

Esce il primo ottobre

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William Klooster (ed.), The Cambridge History of the Age of Atlantic Revolutions, 3 volumes, Cambridge University Press

In tre volumi, The Cambridge History of the Age of Atlantic Revolutions riunisce esperti di tutti gli angoli del mondo atlantico che rivelano tutta la complessità dell’epoca. L’Età delle Rivoluzioni Atlantiche ha rappresentato la transizione da un’epoca segnata dal governo monarchico, dai privilegi e dal colonialismo a un’epoca che si è distinta per il governo repubblicano, l’uguaglianza giuridica e la sovranità delle nazioni americane. I settantuno capitoli inclusi riflettono le ultime tendenze e discussioni su questa fase trasformativa della storia, evidenziando non solo le cause, gli eventi chiave e le conseguenze delle rivoluzioni, ma sottolineando la sperimentazione politica, la contingenza e la sopravvivenza delle istituzioni coloniali. I volumi esaminano anche i tentativi delle persone schiavizzate e indigene, e delle persone libere di colore, di cambiare la loro condizione, offrendo una revisione necessaria alla prima sintesi di R.R. Palmer di quest’epoca, scritta ormai sessant’anni fa.

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Jan-Otmar Hesse, Exportweltmeister. Geschichte einer deutschen Obsession, Suhrkamp

«Nella finale della Coppa del Mondo 1986, la nazionale tedesca perse 3-2 contro l’Argentina di Diego Maradona. Nonostante ciò, i tedeschi dell’Ovest poterono sentirsi campioni del mondo, perché quell’anno, per la prima volta, la Repubblica Federale esportò più merci di qualsiasi altro Paese. Il Paese è stato “campione mondiale delle esportazioni” – campione in una disciplina che non è solo alla base della nostra prosperità: la forza delle esportazioni tedesche è un elemento di orgoglio nazionale e un’indicazione dell’eccellente reputazione dei prodotti “Made in Germany”.

Lo storico economico Jan-Otmar Hesse segue le orme di questa storia di successo, che deve molto alla sorprendente adattabilità delle aziende tedesche e ad una politica favorevole alle esportazioni. Alla fine del XIX secolo sono state poste importanti pietre miliari. La Repubblica di Weimar creò i primi strumenti per sostenere l’economia delle esportazioni. La politica monetaria del dopoguerra ha rafforzato la loro competitività globale. Export Weltmeister racconta la storia di come le officine e le fabbriche sono diventate attori globali e di come un Paese povero di materie prime sia diventato la superpotenza economica che è oggi.»

Esce il 30 ottobre

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Marlene L. Daut, Awakening the Ashes; An Intellectual History of the Haitian Revolution, University of North Carolina Press

«La Rivoluzione di Haiti fu un potente contro sferrato contro il colonialismo e la schiavitù, e mentre i suoi pensatori e combattenti aprivano la strada alla libertà universale, iscrissero gli ideali anticoloniali, antischiavisti e antirazzisti nella grammatica politica moderna. Primo Stato delle Americhe ad abolire in modo permanente la schiavitù, a bandire il pregiudizio do colore e a vietare il colonialismo, gli haitiani hanno fondato la loro nazione in un mondo atlantico ostile. La schiavitù era onnipresente nel resto delle Americhe e le nazioni e gli imperi stranieri attaccavano ripetutamente la sovranità di Haiti. Tuttavia, gli scrittori e i politici haitiani hanno difeso con successo la loro indipendenza, piantando le radici ideologiche di uno Stato egualitario.

In Awakening the Ashes, Marlene L. Daut colloca rivoluzionari, pubblicisti e pensatori politici haitiani del XVIII e XIX secolo, più o meno celebri, all’interno della storia globale delle idee, mostrando come i loro sistemi di conoscenza e di interpretazione siano stati al centro della scena nell’Età delle Rivoluzioni. Mentre le moderne concezioni di libertà e uguaglianza sono spesso collegate alla Dichiarazione francese dei Diritti dell’Uomo o alla Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti, Daut sostiene che il riferimento più immediato dovrebbe essere quello che lei chiama il Principio del 1804, secondo il quale nessun essere umano dovrebbe mai più essere colonizzato o ridotto in schiavitù, un’idea promulgata dagli haitiani che, contro ogni previsione, hanno scosso l’impero francese.»

Esce il 17 ottobre

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Robert Hornsby, The Soviet Sixties, Yale University Press

«Dalla morte di Stalin nel 1953 in poi, l’epoca degli anni Sessanta in Unione Sovietica fu altrettanto dinamica e trasformativa che in Occidente. Il romanticismo ideologico degli anni rivoluzionari venne riportato in auge, con una rinnovata enfasi sull’egualitarismo, l’uguaglianza e la costruzione di un’utopia comunista. Il terrore di massa venne sedato, si ottenevano grandi vittorie nella corsa allo spazio, i dogmi culturali stalinisti erano ridiscussi e i giovani ballavano il jazz e il rock’n’roll. Robert Hornsby esamina questo periodo straordinario e sorprendente e mostra che, sebbene gli standard di vita aumentassero, alcuni aspetti dell’epoca precedente persistevano. 

La censura e la polizia rimanevano rigide e i massacri delle proteste di Tbilisi e Novocherkassk, così come le invasioni di Ungheria e Cecoslovacchia, mostrarono i limiti della riforma. La rivalità con gli Stati Uniti raggiunse forse il punto più instabile, l’amicizia con la Cina si trasformò in un’aspra inimicizia e la decolonizzazione globale aprì nuovi orizzonti per l’URSS nel mondo in via di sviluppo. Questi anni tumultuosi hanno trasformato la vita dei cittadini sovietici e hanno contribuito a rimodellare il mondo.»

Uscito il 26 settembre

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Edward N. Luttwak et Eitan Shamir, The Art of Military Innovation, Harvard University Press

«Quando le Israel Defense Forces (IDF) furono istituite nel maggio del 1948, erano piccole, poco equipaggiate e già in guerra. Mancando di armi sufficienti o della base industriale nazionale per produrle, il neonato esercito fu costretto ad arrangiarsi con tutto ciò su cui poteva mettere le mani. Questo spirito di improvvisazione portò l’IDF a una vittoria decisiva nella Prima Guerra Arabo-Israeliana.

Oggi lo stesso spirito ha reso l’IDF l’esercito più potente del Medio Oriente e tra i più capaci del mondo. In The Art of Military Innovation, Edward N. Luttwak e Eitan Shamir tracciano le radici di questo stupefacente successo. Ciò che distingue l’IDF, sostengono, è la sua singolare struttura organizzativa. Fin dall’inizio, è stata l’unica forza armata al mondo con un solo servizio, comprendendo le forze aeree, navali e terrestri in un unico corpo istituzionale. Questa struttura unica, unita a un corpo di ufficiali giovani, consente un’iniziativa dal basso. Il risultato è un’organizzazione agile e propensa al cambiamento, piuttosto che legata alla tradizione.

L’IDF ha favorito alcuni dei progressi più significativi nella tecnologia militare degli ultimi settant’anni, dal primo uso bellico dei droni al famoso sistema di difesa missilistica Iron Dome, e ora la prima arma laser, Iron Beam. Altrettanto importanti sono state le innovazioni meno note nel campo della formazione, della logistica e delle risorse umane. Condividendo intuizioni ricche e storie avvincenti, Luttwak e Shamir rivelano cosa rende l’IDF così agile ed efficace.»

Esce il 10 ottobre

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Lorraine Daston, Rivals; How Scientists Learned to Cooperate, Columbia Global Reports

«Negli ultimi 350 anni circa, la “comunità scientifica” internazionale è diventata il bastione del consenso e dell’azione cooperativa, in particolare di fronte a due crisi globali: il disastroso cambiamento climatico e una pandemia mortale. Come è nata la “comunità scientifica” e perché funziona? Rivals cerca di rispondere a queste domande sotto forma di una breve panoramica storica, dalla fine del XVII secolo all’inizio del XXI secolo, attraverso la creazione di due progetti giganteschi: la Carte du Ciel, o grande mappa delle stelle, e l’Atlante Internazionale delle Nuvole, che l’Organizzazione meteorologica mondiale fu la prima ad acquisire dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Questi nuovi modelli di collaborazione intergovernativa e di reti di osservazione globale avrebbero in seguito permesso di accumulare prove di fenomeni globali come il cambiamento climatico. Attingendo a documenti originali conservati a Parigi, Ginevra e Uppsala, la storica della scienza Lorraine Daston offre uno studio sulle collaborazioni scientifiche, di successo e non.»

Esce il 17 ottobre

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Montassir Sakhi, La révolution et le djihad. Syrie, France, Belgique, La Découverte

«Dopo la rivolta della popolazione siriana contro la dittatura di Bashar al-Assad nel 2011, la sua sanguinosa repressione ha portato molti rivoluzionari a impegnarsi nella lotta armata. L’intervento di gruppi che si dichiaravano seguaci dell’Islam politico e le interferenze straniere hanno poi reso il conflitto particolarmente opaco. Fino alla nascita, nel 2014, dello Stato Islamico, che ha fatto della religione il fulcro di una politica di terrore. Questo ha portato una piccola minoranza fuorviata di giovani europei che avevano aderito alla rivoluzione a compiere terribili attacchi suicidi in Francia e in Belgio nel 2015 e nel 2016.

Nel tentativo di far luce su questi tragici eventi, troppo spesso hanno prevalso interpretazioni ideologiche incentrate sulla “radicalizzazione” dell’Islam politico. Da qui l’importanza di questo libro, che si basa sulle testimonianze delle persone coinvolte – rivoluzionari siriani e “migranti della jihad” – raccolte dall’autore tra il 2015 e il 2023 in Medio Oriente e in Europa. Scopriamo come le persone comuni hanno vissuto il loro impegno, segnato dal superamento delle organizzazioni di parte e dall’improbabile avvicinamento tra islamici e sinistra. Queste testimonianze raccontano il significato delle loro azioni, dall’iniziale mobilitazione pacifica alla guerra rivoluzionaria. Fanno luce sul ruolo del simbolismo religioso nella rivoluzione siriana e sulle motivazioni di circa 2.500 giovani immigrati francesi e belgi figli della migrazione post-coloniale, nuovi “internazionalisti” che hanno deciso di supportare la rivoluzione sulla scia della Primavera araba. Nel complesso, è uno sguardo unico su un confronto unico, nella lotta contro la dittatura, tra due forze utopiche antagoniste: la forza positiva del sostegno alla causa rivoluzionaria e la forza negativa che guida il fascismo di uno Stato teocratico.»

Esce il 12 ottobre

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Francesco Terracina, Mal di Sicilia, Laterza

«Attrazione e avversione: tra questi due sentimenti cresce il mal di Sicilia. Ne sono affetti isolani e stranieri, chi fugge per necessità e chi approda per caso sul triangolo compreso tra Capo Lilibeo, Capo Peloro e Capo Passero. Su questo triangolo galleggiante come una foglia nel Mediterraneo tutto è dicibile e la realtà si guarda bene dal misurarsi con il caos che la governa.» In queste pagine Francesco Terracina ricostruisce della Sicilia un’immagine inconsueta, un po’ tragedia e un po’ commedia, attraverso i ritratti di uomini e donne sedotti e respinti dalla singolarità di una terra che ha le dimensioni di una regione e il sentimento di una nazione.

Mal di Sicilia definisce la condizione di chi maneggia gli arcani dell’isola, ne scopre limiti e pericoli, eppure non riesce a staccarsene. Scrittori come Elio Vittorini, Goliarda Sapienza o Stefano D’Arrigo pagano ciascuno a modo proprio il loro legame con questa zattera del Mediterraneo. E qualche volta il prezzo del vincolo sentimentale è così alto da costare la vita a chi tocca i fili scoperti della scalcinata e suggestiva terra siciliana: è successo tra gli altri a Gaetano Costa e a Pio La Torre, così come a un ignaro inglese che all’inizio del Novecento rimane folgorato dalla bellezza dei templi di Agrigento e paga quest’amore con la sua rovina.

Ma la Sicilia è anche il luogo in cui perdersi nella solitudine di un promontorio che dà sul mare delle Eolie, come è accaduto a un marinaio tedesco che ha abbandonato la tolda delle navi per una grotta incavata in una roccia in bilico sulle acque di Filicudi. E c’è chi punta i piedi, come l’elegante fantasista del Milan, Benigno De Grandi, mandato a Palermo per punizione, che ripete a se stesso di non volerci restare. E più lo ripete e più si radica nell’isola. Intellettuali, viaggiatori, sportivi, magistrati, artisti: una galleria di personaggi molto diversi tra loro che si misurano con trappole e piaceri dell’isola, finendo per contagiare anche il lettore di uno struggente mal di Sicilia.

Esce il 3 ottobre

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Credits
Senza indicazione contraria, tutti i testi di presentazione delle opere sono la citazione della quarta di copertina scelta dagli editori