L’obiettivo del metodo dei cluster è capire come è strutturata la domanda elettorale. Cosa si aspettano gli elettori? Quali sono le questioni più importanti per loro? Quali sono le logiche delle loro scelte elettorali?
I principi teorici del metodo.Le posizioni degli individui sulle principali divisioni che attraversano una società sono il fattore più importante nel determinare le loro scelte elettorali. Così, le posizioni degli individui su temi importanti e divisivi come i diritti delle donne, i diritti LGBT, l’accoglienza dei migranti, il rapporto con gli stranieri, l’assistenza sociale, l’Unione Europea, la repartizione della ricchezza, la pena di morte, ecc. sono altamente predittive delle loro preferenze politiche. Queste posizioni sono stabili nel medio termine: non si passa da una posizione fortemente anti-migranti a una posizione pro-migranti nel corso di una campagna elettorale, così come non si passa da una posizione fortemente anti-aborto a una posizione pro-aborto in un breve periodo di tempo. Queste posizioni fanno parte di sistemi di opinione fortemente associati alle identità sociali e caratterizzati da una forte inerzia.
Sulla base di questo principio, il metodo implementato da Cluster 17 mira a 1) identificare i principali cleavages che dividono una società e 2) posizionare gli individui in relazione a questi cleavages. A tal fine, Cluster 17 utilizza un test basato su 30 misure selezionate per essere altamente divisive e per coprire le principali questioni che dividono la società.
L’elaborazione statistica delle risposte al test di 30 misure divisive permette di identificare gruppi – cluster – che condividono un sistema comune di opinioni. Questa comune sensibilità politico-ideologica si traduce in voti simili: questi gruppi concentrano le loro scelte su aree elettorali contigue.
Questo metodo permette di comprendere nel dettaglio lo spazio elettorale di ogni forza politica, dove si gioca la competizione tra i partiti politici e come si muove l’equilibrio elettorale del potere.
Permette anche di spiegare i voti: in quali segmenti, per esempio, si recluta l’elettorato di Fratelli d’Italia (FdI)? Per quale forza hanno votato prima? Quali sono i fattori politici e ideologici che spiegano la loro scelta a favore di FdI?
Ci permette inoltre di identificare le coalizioni elettorali che sono alla base dei risultati del voto. Nessun elettorato è omogeneo, tutt’altro. Né sociologicamente né politicamente. Raccogliere milioni di voti implica la capacità di tenere insieme gruppi che hanno certamente posizioni che sono comuni, ma che sono anche caratterizzati da questioni su cui sono divisi. L’approccio per cluster serve proprio ad analizzare queste coalizioni e a identificare ciò che tiene insieme una coalizione elettorale, ma anche ciò che può dividerla.
Infine, i sistemi di opinione non sono distribuiti in modo casuale nello spazio sociale. L’età, il livello di istruzione, il livello di reddito e ancor più di ricchezza, l’occupazione, il rapporto con la religione e la provenienza sono tutti fattori che condizionano la possibilità di aver integrato un sistema di opinione piuttosto che un altro. Utilizzando i sistemi di opinione come punto di partenza, è possibile identificare gruppi – clusters – che non solo sono molto omogenei in termini di valori e atteggiamenti, ma che presentano anche caratteristiche demografiche, sociali e culturali molto marcate. Nel caso italiano, alcuni sistemi di opinione hanno addirittura una dimensione geografica molto pronunciata.
In breve, i cluster corrispondono ai grandi segmenti politico-ideologici dell’elettorato. Questi gruppi condividono non solo lo stesso sistema di opinioni, ma anche caratteristiche socio-demografiche dominanti. Rappresentano lo stato della domanda elettorale e permettono di capire meglio chi vota per chi e per quali motivi.
L’ascesa della destra radicale e la caduta del M5S
In Italia non è consentita la pubblicazione di sondaggi nelle due settimane precedenti le elezioni. Ma il nostro studio, condotto tra il 3 e il 5 settembre – così come tutti i sondaggi pubblicati in questo periodo – ha indicato una chiara vittoria della coalizione cosiddetta “di centro-destra”: 44,1% per la somma dei suoi partiti. Con un tale risultato, la coalizione sarebbe sicura di ottenere la maggioranza dei seggi alla Camera dei Deputati e al Senato. Nonostante l’etichetta elettorale, i risultati del nostro studio confermano che questa coalizione ha in realtà un baricentro molto a destra. Il partito di Giorgia Meloni è di gran lunga il leader della coalizione: 24,4%. Seguono la Lega di Matteo Salvini, 11,3%, e Forza Italia di Silvio Berlusconi, 8,4%. La coalizione di “centro-destra” è quindi largamente dominata da formazioni di destra radicale. Questi sono caratterizzati da posizioni anti-migranti, euroscettiche e socialmente conservatrici e sono internazionalmente vicini all’Ungheria di Viktor Orbàn o al Rassemblement National francese.
Nessuna forza politica sembra in grado di contrastare l’annunciata vittoria della coalizione neoconservatrice italiana. Il centrosinistra – che riunisce principalmente il Partito Democratico (PD), +Europa e la sinistra radicale (Alleanza Verdi Sinistra), oltre a una frazione consistente di ex eletti del M5S – sembra destinato a raccogliere al massimo un quarto dei voti, un risultato abbastanza simile a quello ottenuto alle ultime elezioni politiche del 2018. Per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle (M5S), potrebbe resistere meglio del previsto avvicinandosi al 15%, ma – comunque vada – otterrà un punteggio molto inferiore al risultato eccezionale ottenuto nel 2018: 32,7%.
Trasferimenti di voto tra il 2018 e il 2022
Il nostro studio ci permette di capire come sono avvenuti i trasferimenti di voti tra il 2018 e il 2022. I due elementi più importanti sono l’impressionante progressione in 4 anni di Fratelli d’Italia, da un lato, e la caduta del M5S, dall’altro. Il partito di Giorgia Meloni potrebbe salire di circa venti punti, mentre allo stesso tempo anche il M5S potrebbe scendere di quasi venti punti. Tali sviluppi confermano la misura in cui i mercati elettorali sono diventati volatili in quasi tutti i Paesi europei. Tuttavia, un’analisi di questi sviluppi per grandi coalizioni rivela una maggiore stabilità di quanto ci si potrebbe aspettare.
Il “centrodestra” sta certamente facendo progressi: secondo il nostro studio, e quindi senza tenere conto delle dinamiche di fine campagna, passerebbe dal 37% dei voti nel 2018 a circa il 44,1% nel 2022. Questi 7 punti aggiuntivi, nel quadro di un sistema elettorale in cui circa un 37% dei seggi è assegnato con il sistema first-past-the-post, dovrebbero garantirgli la maggioranza dei seggi. Questo aumento è principalmente a spese del M5S: sono, infatti, in particolare gli ex elettori del movimento fondato dal comico Beppe Grillo ad alimentare questa dinamica.
Questa progressione, peraltro contenuta (+16%), non è ovviamente sufficiente a spiegare la spettacolare ascesa di Fratelli d’Italia, capace di moltiplicare i propri voti per 5 o addirittura 6 in 4 anni. In realtà, il partito di Giorgia Meloni si nutre principalmente di movimenti di voto all’interno dell’elettorato di destra. In questo modo conquisterebbe quasi la metà dei voti leghisti del 2018 (45%) e un terzo di quelli di Forza Italia, il movimento guidato da Silvio Berlusconi. Paradossalmente, il successo del “centrodestra” potrebbe essere accompagnato da un declino più o meno pronunciato di due dei tre principali partner della coalizione.
Il “centro-sinistra” non è riuscito a creare un vero slancio in 4 anni e dovrebbe ottenere un risultato abbastanza vicino a quello del 2018. Dovrebbe raccogliere un piccolo o grande quarto dell’elettorato italiano. Il Partito Democratico riesce a catturare una quota significativa degli elettori del M5S del 2018 (circa il 15%), ma perde a sua volta una quota del suo elettorato (circa un elettore su sei) a favore dell’alleanza centrista (Azione Italia Viva) di Carlo Calenda e Matteo Renzi. Il risultato è un aumento che potrebbe rivelarsi limitato.
Il secondo risultato importante dovrebbe essere il forte declino del M5S. Il modo in cui gli ex elettori dei Cinque Stelle si stanno ricollocando è, di per sé, molto interessante in quanto ci informa sul carattere eminentemente trasversale del movimento di Beppe Grillo. Se c’è un’organizzazione che merita di essere definita un partito catch all, questa è il M5S. I suoi ex elettori sono sparsi in tutte le direzioni, senza eccezioni: sono sparsi esattamente nelle stesse proporzioni verso Fratelli d’Italia (15%) e il PD (15%), ma anche verso i centristi di Azione e Italia Viva (6%) e verso gli euroscettici di Italexit (6%), verso la Lega (3%) e verso la sinistra ambientalista e radicale di Europa Verde (3%). Questa dispersione dimostra quanto il M5S sia riuscito a mettere insieme una coalizione elettorale profondamente trasversale ed eterogenea, e quindi ovviamente difficile da tenere insieme, soprattutto quando si trattava di esercitare le responsabilità di governo.
Tre principali divisioni strutturano l’elettorato italiano
Per comprendere questi sviluppi e il modo in cui i voti sono distribuiti, il nostro metodo di analisi si basa sulle principali divisioni che oppongono gli elettori italiani. Il nostro test si basa su 30 misure divisive (vedi riquadro sui cluster). Identifichiamo tre divisioni principali :
- Una prima grande spaccatura, di gran lunga la più decisiva, contrappone gli elettori pro-migranti, pro-UE e anti-autorità agli elettori anti-migranti, anti-stranieri, euroscettici e pro-autorità.
- Una seconda frattura contrappone gli elettori più ridistributivi, anche tra Nord e Sud, agli elettori anti-ridistributivi, più spesso settentrionali.
- Una terza divisione è quella tra un elettorato secolarizzato, resistente all’influenza del cristianesimo e dei suoi valori, e un elettorato cristiano, favorevole alle norme e ai valori del cristianesimo.
1) L’asse identità/autorità è il più discriminante
Questa frattura divide profondamente e spesso radicalmente la società italiana, come la maggior parte delle democrazie occidentali. La questione dei migranti è al centro di questa frattura, insieme alla questione della presenza degli stranieri e del loro posto nella società italiana. Questa ampia divisione include la questione europea. L’euroscetticismo, e anche per i più radicali la tentazione dell’Italexit, ha fatto grandi progressi in Italia, e le frange dell’elettorato ostili ai migranti sono spesso anche molto critiche nei confronti dell’UE. Infine, è interessante notare che in Italia le posizioni sui temi dell’identità e della sovranità sono fortemente associate a questioni di severità e autorità. Un tema come quello della pena di morte rientra quindi in questa grande frattura, così come la questione del presidenzialismo e, più in generale, la richiesta di autorità. In sintesi, questa prima grande frattura contrappone i “progressisti”/anti-autoritari agli “identitari”/pro-autoritari.
Il posizionamento degli italiani sulle misure che alimentano questa prima grande divisione permette di cogliere le contrapposizioni, spesso molto radicali, che attualmente attraversano l’elettorato su questi diversi temi.
Alla vigilia delle elezioni politiche, la maggioranza dell’elettorato è ostile ai migranti, al punto da accettare l’uso della “forza” per impedire loro di entrare in Italia con imbarcazioni clandestine. Su una questione correlata, c’è anche una chiara maggioranza che non vuole semplificare l’accesso alla cittadinanza italiana per i cittadini extracomunitari. È inoltre impressionante notare che in uno dei Paesi fondatori dell’UE, da sempre considerato eurofilo, 4 elettori italiani su 10 sono ora favorevoli all’uscita dall’euro. Infine, la messa in discussione del sistema parlamentare italiano e il rifiuto del sistema dei partiti alimenta anche una domanda di autorità e di trasformazione radicale: quasi tre quarti degli italiani sono favorevoli a un presidenzialismo forte (una delle riforme promosse dal centrodestra) e 4 italiani su 10 sarebbero favorevoli ad “abolire il Parlamento e sostituirlo con un’assemblea di cittadini scelti per sorteggio”. Va notato che il presidenzialismo assume un significato diverso in Italia che in altri paesi, poiché si riferisce a una tentazione fascista legata alla storia del Paese. Come vedremo, è su questa richiesta di autorevolezza e, ancor più, sul rifiuto dell’immigrazione e sulla difesa dell’identità italiana, oltre che in una forte presa di distanza dall’UE, che si sta costruendo l’ampia coalizione elettorale che si appresta a portare il “centrodestra” al potere.
2) Il secondo asse combina questioni redistributive e anti-sistema con una forte dimensione Nord/Sud.
La seconda linea di spaccatura riguarda questioni divisive come la contrapposizione tra popolo ed élite, tra favorevoli alla redistribuzione e contrari all’assistenza, ma anche tra Sud e Nord. Mette gli elettori l’uno contro l’altro non solo in termini di rapporto con il sistema e le élite (politiche o economiche), ma anche su questioni di tassazione (tassare i più ricchi) e ridistribuzione, anche nella sua dimensione geografica tra Nord e Sud. Pertanto, questa divisione contrappone segmenti di popolazione con atteggiamenti anti-sistema, che chiedono la redistribuzione e che risiedono più spesso al Sud, a gruppi che chiedono ordine e stabilità, che sono ostili alle tasse e all’assistenza, che si oppongono a tutte le forme di aiuto per il Sud e che, naturalmente, risiedono generalmente al Nord. Questo secondo asse aiuta a capire perché la politica italiana ha ancora una forte dimensione geografica e, in particolare, perché il “centrodestra” rischia di avere un picco al Nord, mentre il M5S rischia di essere più resistente al Sud.
Questo secondo asse è fortemente alimentato anche da misure come l’abolizione del parlamento e la sua sostituzione con un’assemblea dei cittadini estratta a sorte, l’uscita dall’euro, la costruzione di centrali nucleari, che possono essere interpretate come manifestazione di un sub-cleavage anti-sistema contro uno a favore dell’ordine e della stabilità.
3) La terza grande divisione è organizzata intorno ai valori e al rapporto con la religione cattolica.
L’Italia, come tutti i Paesi europei, è impegnata in un processo di secolarizzazione. Tuttavia, il nostro studio rivela che la divisione intorno alla religione rimane molto strutturale e ha un impatto significativo sugli orientamenti politici. Questa è una vera differenza con la Francia, dove il problema non è scomparso ma è meno intenso. Ciò può essere spiegato, in parte, dal fatto che in Francia i non credenti sono circa la metà rispetto all’Italia: “solo” il 26% del nostro campione si dichiara “non credente”.
Le misure che hanno maggiore impatto su questo terzo asse sono quelle che riguardano direttamente il posto della religione nella società italiana: l’abolizione dell’ora di religione cattolica a scuola o l’inserimento di un riferimento alle radici cristiane dell’Italia nella Costituzione del Paese. Ma le posizioni su questi temi vanno logicamente di pari passo con le opinioni forti sulle principali questioni sociali: le posizioni sull’aborto o sull’adozione da parte di coppie omosessuali, per esempio. È interessante notare che se l’attaccamento al cattolicesimo va di pari passo con un punto di vista conservatore su questioni sociali (aborto, omosessualità), è anche accompagnato da un punto di vista che potrebbe essere descritto come “misericordioso” in termini di punizioni e severità: i cattolici sono più inclini a migliorare le condizioni delle carceri e ad opporsi al ripristino della pena di morte. È inoltre interessante notare che esiste una forte correlazione tra cattolicesimo e misure a favore del Mezzogiorno, a conferma del fatto che l’influenza della religione cattolica rimane più forte nel Sud del Paese. In sintesi, questo terzo asse contrappone gli elettori legati all’influenza della religione cattolica nella società italiana, conservatori in termini di morale e sessualità ma meno repressivi e spesso residenti al Sud, agli elettori secolarizzati o addirittura antireligiosi, più progressisti sulle questioni sociali ma anche, per alcuni di loro, più repressivi e più spesso residenti al Nord.
I 16 cluster dell’elettorato italiano
Il nostro metodo (vedi riquadro “Metodo dei cluster”) consiste nel riunire gli elettori che condividono posizioni comuni sui lati delle principali divisioni appena descritte. Chiamiamo “cluster elettorale” un gruppo di elettori posizionati sugli stessi lati delle diverse divisioni e che presentano lo stesso livello di radicalità (o, al contrario, di moderazione) su queste diverse questioni.
Nel caso italiano, come in quello francese, abbiamo identificato 16 gruppi (cluster). Per una presentazione dettagliata di questi cluster, rimandiamo il lettore alle schede dettagliate su di essi (https://cluster17.com/clusters-italiani/). Tuttavia, la loro presentazione sintetica permette di comprendere meglio le principali coalizioni elettorali presenti e di spiegare le loro fortune o sfortune.
Le 7 sensibilità della coalizione di centrodestra
La coalizione di “centrodestra” è di gran lunga la più grande. Si basa su 7 cluster, 2 dei quali sono piuttosto di centrodestra e 5 molto di destra. Questo dato è sproporzionato rispetto alla coalizione elettorale di centro-sinistra, che ha solo 3 raggruppamenti (clusters) realmente vincolati.
Questi 7 cluster votano tutti oltre il 60% per i candidati del “centrodestra”, e 4 di essi addirittura oltre il 79%. Dal punto di vista del loro orientamento elettorale, possiamo notare che due di questi cluster sono più “centristi”: Conservatori-Moderati e Anti-Assistenzialisti, mentre gli altri cinque sono chiaramente più radicali: Tradizionalisti, Euroscettici, Nordisti, Autoritari e Identitari. Come ogni coalizione elettorale, anche quella del “centrodestra” italiano è relativamente eterogenea dal punto di vista sociale e culturale e, di conseguenza, presenta linee di divisione al suo interno. Così, due delle sue componenti – gli Anti-Assistenzialisti e i Tradizionalisti – sono raggruppamenti vecchi e cristiani in cui i membri della borghesia economica del Nord Italia sono sovrarappresentati. Altri cluster sono dominati dalle classi medie: i Conservatori-Moderati, gli Autoritari e gli Identitari, che sono spesso di mezza età e hanno un reddito superiore alla media ma un livello di studio piuttosto modesto. Tuttavia, la coalizione comprende anche gruppi composti da operai, colletti blu e colletti bianchi: gli Euroscettici e, ancor più, i Nordisti, che si caratterizzano per il loro profilo molto operaio, ma anche profondamente scristianizzati.
L’analisi dei cluster ci permette di capire come una coalizione di questo tipo, composta da gruppi con profili sociali e culturali diversi e persino per certi aspetti opposti – le élite economiche e i lavoratori del Nord, per esempio – possa coagulare attorno alla stessa offerta elettorale e tenersi insieme.
Nel caso italiano, è chiaramente il primo asse, quello delle questioni di identità e autorità, a consentire il successo del “centrodestra”. Su quasi tutti i temi che alimentano questo asse, i sette raggruppamenti della coalizione sono allineati sugli stessi versanti e con un livello di radicalità comparabile. Questo è in particolare il caso di una delle questioni più discriminanti, quella del blocco sistematico delle imbarcazioni di migranti, anche con la forza: tutti i cluster della coalizione concordano su questo punto, almeno il 66% e molto spesso quasi il 100%. L’ostilità all’immigrazione è quindi uno dei fondamenti della coalizione. Lo stesso vale per la questione dell’accesso alla cittadinanza per i cittadini extracomunitari. In un altro registro, tutti i cluster sono ostili all’idea di “trasferire più potere all’UE”. Infine, c’è anche un forte consenso sulla prospettiva di eleggere il Presidente della Repubblica a suffragio universale diretto e di conferirgli maggiori poteri. Su tutti questi temi, l’elettorato di “centrodestra” è unificato: ci sono solo differenze di grado tra un’ala più borghese e moderata (Anti-Assistenzialisti, Conservatori-Moderati, persino Tradizionalisti) e un’ala più popolare e radicale (Euroscettici, Nordisti, Autoritari e Identitari). La coalizione è unita anche dal rifiuto di alcune misure considerate assistenziali per alcuni o di aiuto agli “stranieri” per altri. Di conseguenza, il reddito di cittadinanza viene respinto quasi all’unanimità, con l’eccezione del gruppo popolare degli Euroscettici, più diviso al riguardo.
Tuttavia, la coalizione appare divisa su altre questioni e quindi potenzialmente più fragile. È il caso, ad esempio, dell’uscita dall’euro. Tale prospettiva è ampiamente sostenuta dall’ala più radicale (Euroscettici, Nordisti, Autoritari, Identitari), ma profondamente respinta dai gruppi più borghesi e moderati. Pertanto, il 96% degli Anti-Assistenzialisti è ostile ad esso. In altre parole, la questione europea, se si cristallizza sull’euro, rischia di dividere o addirittura di spaccare questa coalizione elettorale. Così come il rapporto con il sistema, che oppone gruppi populisti molto anti-elitari a gruppi molto più moderati che chiedono ordine e stabilità. Più globalmente, il secondo e il terzo assi dividono la coalizione di centrodestra. Senza entrare nei dettagli, le questioni sociali (aborto, diritti degli omosessuali) e il posto della religione oppongono cluster molto cristiani (Anti-Assistenzialisti, Tradizionalisti, Euroscettici, Identitari) a cluster scristianizzati e molto più liberali in termini di morale (Autoritari e Nordisti). Allo stesso modo, il secondo asse vede contrapposti cluster pro-redistribuzione e pro-Mezzogiorno (Euroscettici e Autoritari) a cluster Anti-Assistenzialismo e piuttosto anti-meridionali (Anti-Assistenzialisti e Nordisti, ad esempio).
La sinistra ridotta a 3 cluster
Il 25 settembre dovrebbe essere confermato il basso punteggio registrato dalla sinistra e dal centrosinistra quattro anni fa. Il nostro metodo ci permette di vedere che non si tratta di un problema di comunicazione, né di un problema di casting, e nemmeno di un effetto congiunturale, ma molto più profondamente di una base elettorale disponibile molto ridotta. La sinistra è ora ridotta a tre gruppi: i Progressisti Radicali, i Socialdemocratici e i Cristiani-Sociali. Questi tre gruppi hanno caratteristiche comuni: una bassa percentuale di persone di mezza età, cioè di lavoratori, e una sovrarappresentazione di giovani e anziani; un’alta percentuale di laureati; una sovrarappresentazione di professioni qualificate e di classi superiori… In breve, i cluster di sinistra corrispondono alle classi medie e superiori occupate o in pensione e istruite.
La differenza principale tra questi gruppi sta nel loro rapporto con la religione: i Progressisti-Radicali e i Socialdemocratici sono fortemente scristianizzati, mentre il terzo gruppo è, al contrario, cristiano (e per questo motivo comprende pochi giovani). Nella maggior parte delle divisioni, i cluster di sinistra mostrano un alto livello di omogeneità. Questo è il caso in particolare dell’asse identitario, dove questi tre gruppi adottano posizioni pro-migranti, pro-UE e anti-autoritarie: dimostrano il loro attaccamento al sistema parlamentare. D’altra parte, sono più divisi sul terzo asse, a causa del loro diverso rapporto con la religione cattolica. Allo stesso modo, vi sono differenze su alcune questioni economiche: i Progressisti-Radicali sono chiaramente più anti-mercato rispetto agli altri due gruppi. Tuttavia, il problema principale della sinistra non risiede tanto nelle sue divisioni – che sono limitate – quanto nella sua difficoltà a trovare un pubblico più ampio. Il nostro metodo dimostra che ha perso ampiamente il contatto con i cluster più giovani e più popolari. Questa evoluzione può essere spiegata dall’attuale forza del asse identitario. Come abbiamo visto, molti cluster popolari si collocano in gran parte sul versante anti-migranti, anti-UE, ma anche antiparlamentare, che attualmente è il più decisivo. Sono quindi totalmente contrari a ciò che la sinistra italiana propone oggi. La moderazione della sinistra spiega anche la sua difficoltà a catturare alcuni gruppi giovani o popolari meno legati alle questioni identitarie rispetto alla coalizione di centrodestra, ma che rimangono attratti dall’offerta elettorale del M5S. I Cinque Stelle rispondono meglio ai loro atteggiamenti antisistema e alla loro richiesta di politiche sociali.
Cosa resta della coalizione del M5S?
Il nostro studio indica che il M5S rischia di perdere circa la metà dei suoi elettori rispetto alle elezioni del 2018. Il problema per la sinistra italiana è che la relativa resistenza del Movimento 5 Stelle è in gran parte su cluster che ci si aspetterebbe di incorporare nella propria coalizione.
È, infatti, all’interno dei gruppi più bisognosi di politiche sociali e più antisistema che il M5S resiste meglio, a maggior ragione quando questi gruppi si collocano a sinistra in termini di posizioni sulla frattura identitaria e sulla frattura dei valori sociali e religiosi. Il M5S rimane quindi forte tra gli Antisistema, un gruppo giovane, progressista, pro-sociale e radicale. All’interno di questo gruppo, la competizione con il centrosinistra è intensa. Il M5S rimane forte anche tra i Progressisti Radicali, a conferma del fatto che il centrosinistra fatica a riunire i gruppi per i quali rappresenta un’offerta troppo moderata. Infine, il M5S resiste bene anche nei gruppi che si collocano al di fuori della divisione tra destra e sinistra, popolari, favorevoli alla giustizia sociale e anti-sistema, e che si trovano soprattutto al Sud: Nazional-Popolari e Meridionali.
I Centristi
La debolezza del centrosinistra italiano è ulteriormente accentuata dall’esistenza di un’offerta centrista autonoma che cattura parte del suo potenziale elettorato. Anche su questo punto, l’approccio per cluster permette di individuare dove la competizione tra l’offerta incarnata da Carlo Calenda e Matteo Renzi, la coalizione di centro-sinistra e, in misura minore, quella di centro-destra è più intensa. Azione e Italia Viva conquistano una quota significativa (27%) di uno dei cluster di centrodestra -gli Anti-Assistenzialisti – che, come abbiamo visto in precedenza, rappresenta l’ala più ricca ma anche più moderata della coalizione. Attira anche, come è logico, una frazione dei Moderati, un gruppo equidistante dalla destra e dalla sinistra italiane. Ma è riuscito anche a conquistare una parte significativa dei raggruppamenti Socialdemocratici e Cristiani Sociali, confermando che l’esistenza di questo “terzo polo”, come viene chiamato in Italia, rappresenta un ulteriore fattore di debolezza per il centrosinistra italiano. Quest’ultimo non è in grado di riunire né i radicali – attratti dal M5S – né tutti i moderati, in parte catturati da Azione e Italia Viva.
Conclusione
L’analisi per cluster rivela una società ideologicamente molto di destra, il che rende più spiegabile l’ascesa al potere di Giorgia Meloni e, prima di lei, di Matteo Salvini. Da questo punto di vista, la coalizione che sta per prendere il potere presenta delle similitudine con quella trumpiana: lavoratori molto contrari all’immigrazione, borghesia anti-assistenziale, settori che chiedono protezionismo e autorità, ecc. La natura radicale degli elettori sarà una vera sfida per il probabile governo di Giorgia Meloni. Anche i loro assi di divisione, in particolare sul terreno economico dove si contrappongono una richiesta di uguaglianza dei gruppi popolari della destra e un fortissimo liberismo economico tra gli Anti-assistenzialisti e i Tradizionalisti. Questo vale anche per l’Europa e per le questioni sociali (aborto, adozione da parte di coppie omosessuali, ecc.). La crisi economica in cui l’Italia sta per precipitare non sarà un compito facile da gestire per questo governo, tanto più con l’ingresso nel Parlamento di molti nuovi parlamentari nelle liste di Fratelli d’Italia.
Lo studio rivela anche le debolezze strutturali del PD, che ha alienato in misura estrema i gruppi più popolari del Paese, ora posizionati con la destra e il M5S. L’incapacità del PD di parlare ai cluster popolari e antisistema spiega la sua debole progressione tra il 2018 e il 2022: questo partito non è stato in grado di andare oltre la sua base ristretta.
D’altra parte, il nostro studio fornisce una migliore comprensione del M5S, della sua forte trasversalità nel 2018, nonché delle ragioni per cui la sua coalizione iniziale non è sopravvissuta alla prova della partecipazione al governo. Questa forza è oggi sempre più il partito del Sud e della gioventù declassata. I Cinque Stelle hanno sì saputo mettere in discorso le istanze di uguaglianza sociale e le spinte antisistema di queste categorie, ma difficilmente riusciranno a recuperare la trasversalità iniziale.
Infine, la clusterizzazione dell’Italia ha evidenziato profonde differenze con la situazione francese: il peso della religione cristiana, l’assenza di un significativo elettorato musulmano, un processo di invecchiamento più avanzato, l’estremo grado di divorzio tra la sinistra e le classi lavoratrici, ecc. Ci aiutano anche a capire perché il RN ha perso il secondo turno delle elezioni presidenziali in Francia e perché l’Italia dovrebbe avere un leader “post-fascista” tra pochi giorni, nonostante le differenze nel sistema elettorale.