I tradimenti del cervello
Andrea Marcolongo ha letto il romanzo Nova, finalista al Premio Strega 2022.
« Ero un buon padre? Un buon marito? Un buon professionista? ». Dopo una serie di sconcertanti episodi – le minacce ricevute dal vicino di casa, un tentativo di molestia subìto da sua moglie, le angherie del caporeparto di neurochirurgia dove lavora -, Davide non ne è più tanto sicuro. La verità è che del cervello umano non sappiamo niente o quasi – o preferiamo non sapere. Questo è il tema centrale di Nova, il secondo, sorprendente romanzo di Fabio Bacà, l’ultimo esordiente – cosa rara, rarissima – pubblicato da Adelphi prima della scomparsa di Roberto Calasso. Se il suo primo libro, Benevolenza Cosmica (da poco pubblicato in Francia da Gallimard con il titolo Une chance insolente) proponeva una sfida letteraria alla probabilità statistica di godere in ogni circostanza di una fortuna sfacciata, Nova conduce invece il lettore nei meandri sconosciuti e inquietanti del cervello umano.
Davide è vice-primario all’ospedale della poco elettrizzante Lucca, cittadina benestante e ormai appannata della Toscana profonda. Ogni mattina si sveglia accanto alla moglie Barbara e pensa alla morte – la sua, quella di suo figlio Tommaso, degli amici e anche degli sconosciuti incontrati per la strada -, in un macabro rito apotropaico con cui cerca di scacciare l’insonnia. Non sa che, in silenzio accanto a lui, con un piede allacciato alla sua caviglia, anche Barbara finge di dormire, non pensando alla fine ultima ma all’eventualità che il marito abbia un’amante. Le giornata di Davide si sciolgono tra l’estremismo vegano di sua moglie, le turbe adolescenziali del figlio, un cane e due gatti e le irritanti stramberie del dottor Martinelli, il suo superiore poco incline a concedere spazio al figlio di un neurochirurgo tanto eminente come lo era stato suo padre. Il sonnolente quadro di questa vita provinciale e borghese è però molestato dagli schiamazzi provenienti dal Labyrinth, il locale di dubbio gusto e di basse frequentazioni del vicino di casa di Davide, il Lenci, che rovina le sue notti con della brutta musica sparata a tutto volume. Intanto il figlio di questo grottesco personaggio come ne esistono a decine nelle cittadine toscane, tra balere estive e locali notturni in zona industriale, è appena arrivato a Lucca dall’Australia, dove è cresciuto con la madre; la prova è un boomerang aborigeno che Barbara una mattina trova nel giardino della loro villetta.
Tra giovani pazienti affetti dalla sindrome di Tourette e anziani malati di Alzheimer, due sono gli episodi che fanno vacillare le poche certezze, imparate sui libri all’università, che Davide ha del cervello umano e che obbligano il lettore a chiedersi: e tu come reagiresti? In un ristorante in cui si sono dati appuntamento a pranzo, Barbara viene importunata da un balordo con aria minacciosa: Davide assiste alla scena e, come paralizzato, non riesce a muovere un solo muscolo per soccorrere la moglie – subito dopo, quando le cose sono rimesse in ordine da un avventore con l’antico metodo dei cazzotti, Davide fingerà di essere arrivato tardi e di non aver visto ciò che stava accadendo, per non dover essere costretto ad ammettere che è un povero codardo – o che il suo cervello l’ha tradito, incapace di decodificare e processare la scena di violenza che aveva davanti agli occhi, al pari degli sfortunati cui capita un’aggressione e sono biologicamente incapaci di reagire oppure che dimenticano senza alcuna spiegazione logica il figlio in macchina anziché portarlo a scuola.
Qualche giorno dopo, sarà il Lenci a minacciare Davide, intimandogli di ritirare la denuncia per disturbo della quiete pubblica che ha sporto infastidito dalla musica proveniente dal locale, e anche lì il protagonista non saprà reagire. Lo stile che Bacà utilizza per descrivere la scena è memorabile: « per un breve, terrificante attimo, fu certo che gli avrebbe posato una mano sul petto, squarciato la camicia e inciso con l’unghia del pollice un piccolo solco alla convergenza tra sterno e costole; da lì, insinuando le dita tra le cedevoli miofibrille, divaricandogli le cartilagini costali in un fulgore scarlatto di fluidi e tessuti recisi, gli avrebbe strappato il cuore, imponendogli la semplice malia narcotizzante di quei torbidi occhi azzurri – oltraggio definitivo, cui Davide non avrebbe opposto altro che una spettacolare emottisi purpurea, negli orrendi spasmi epilettici dell’agonia. »
Se è vero che il mondo in cui viviamo è biologicamente un’illusione, e i fiori, gli alberi, il cielo, il volto della donna amata non sono altro che immagini elaborate dalla nostra mente, allora « il mondo è un’architettura cinerea e silenziosa di molecole prive di colore, odore, sapore e temperatura, da cui ogni cervello umano plasma la sua realtà attraverso potenziali elettrici deputate a creare sensazioni completamente diverse dalla livida e concreta sostanza dei fatti ». Nova di Fabio Bacà, finalista al Premio Strega, è un romanzo scritto in una lingua densa e ricercata sul tradimento più insopportabile che esista, quello del nostro cervello, e insieme una chiave per tentare almeno di capacitarsi della follia e della violenza che, sotto insospettabili spoglie, all’improvviso dileggiano il mondo.