Sabato 7 dicembre si è tenuta la cerimonia di riapertura della cattedrale di Notre-Dame de Paris. Quattro anni e mezzo dopo l’incendio del 16 aprile 2019, che ha divorato l’intera struttura del tetto, quasi rovesciato tutte le torri e causato i danni più gravi della tumultuosa storia della cattedrale, il restauro di questo monumento emblematico è stato completato secondo il calendario stabilito da Emmanuel Macron.
Da questo punto di vista, la sfida dell’imponente cantiere di ricostruzione è stata vinta, un successo raro in un periodo che ne ha visti pochi. Tuttavia, la riapertura della cattedrale solleva molte altre questioni, considerando lo status eccezionale di Notre-Dame come simbolo nazionale e internazionale, nonché come il monumento più visitato di Parigi, con quasi 14 milioni di visitatori all’anno prima della chiusura.
Un rito liturgico
La riapertura della cattedrale è soprattutto un rito liturgico, con il quale il vescovo prende o riprende possesso del suo seggio, la cattedra, nella chiesa madre della sua diocesi 1. L’arcivescovo di Parigi, Mons. Ulrich, ha visto aprirsi le porte di Notre-Dame dopo averle percosse tre volte con il suo pastorale episcopale, mentre i chierici e i laici diocesani, già ammassati all’interno, gli rispondevano in un dialogo rituale che riprende i versi del Salmo 23. Questo antico rito ricorda la processione annuale della Domenica delle Palme, che commemora l’ingresso del Cristo nella gloria a Gerusalemme, e riecheggia le varie cerimonie di insediamento o intronizzazione con cui un monarca prendeva possesso di un luogo.
Il giorno seguente, la Messa domenicale è stata celebrata da Laurent Ulrich, in concelebrazione con oltre 170 vescovi francesi e stranieri, nonché con 113 sacerdoti in rappresentanza di tutto il clero diocesano parigino (uno per parrocchia o comunità cattolica orientale). Quest’anno, la domenica 8 dicembre coincide con la festa dell’Immacolata Concezione 2, che avrà la precedenza sulla seconda domenica dell’Avvento. La solennità dovrebbe rappresentare il punto più alto dell’episcopato di Mons. Ulrich, un prelato di grande esperienza – già vescovo di Chambéry dal 2002 al 2008, poi arcivescovo di Lille fino al 2022 – molto rappresentativo delle correnti dominanti e moderate dell’episcopato francese: la sua presenza sulla cattedra parigina avrà corrisposto a un momento di pacificazione – e persino di intorpidimento, direbbero alcuni – dopo quella di Mons. Aupetit, figura molto più autoritaria e divisiva sia all’interno del clero parigino che all’esterno. Arcivescovo di Parigi all’epoca dell’incendio, Michel Aupetit è stato poi costretto a dimettersi nel 2021 a seguito di una vicenda indecente non chiarita adeguatamente – ma archiviata dai tribunali. Da allora, si è ritirato dalla Chiesa di Francia.
Una cerimonia liturgica che ha tuttavia evidenti risonanze politiche e persino diplomatiche. Per questo motivo, oltre al Presidente francese Emmanuel Macron, eranno presenti una cinquantina di personalità straniere, tra cui una trentina di capi di Stato e di governo. Tra le teste coronate presenti alla cerimonia vi erano monarchi di Regno Unito, Spagna, Belgio, Lussemburgo, Monaco, Marocco, Giordania e Qatar, oltre a membri secondari di altre famiglie reali. Vi erano anche presenti il Presidente tedesco Frank Walter Steinmeier, il Presidente italiano Sergio Mattarella, Volodymyr Zelensky per l’Ucraina, il Presidente brasiliano Lula, ecc. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, il Presidente eletto Donald Trump ha assunto il suo primo impegno internazionale alla testa di una folta delegazione (incluso Elon Musk) – il Presidente in carica è stato rappresentato dalla First Lady Jill Biden. La presenza del Presidente eletto si spiega anche dall’entità delle donazioni fatte dagli americani per il restauro della cattedrale, a testimonianza di un fortissimo attaccamento culturale a un simbolo della vecchia Europa, che probabilmente non si ritrova nella stessa misura in nessun’altra cattedrale 3.
Invece, la presenza del governo dimissionario ha ricordato che, mentre Emmanuel Macron sperava di trasformare questo momento in un momento di unità nazionale, la realtà più prosaica è quella di una crisi di governo di dimensioni senza precedenti, iniziata lo scorso giugno con la decisione di sciogliere l’Assemblea Nazionale. Con la pronuncia del suo discorso, il presidente Macron si è inscritto nella lunga tradizione che ha fatto di Notre-Dame un santuario nazionale, emblematico dei legami tra lo spirituale e il temporale: sotto la monarchia francese, Notre-Dame è stata teatro di celebrazioni di Te Deum della vittoria, con le sue volte coperte dagli stendardi strappati al nemico; è stata sede di alcuni matrimoni 4 e battesimi 5 reali e imperiali, ed è stata trasformata in un tempio della Ragione durante la fase di scristianizzazione della Rivoluzione francese. Nel 1804, Notre-Dame, ridecorata nello stile dell’Antichità, ha ospitato l’incoronazione dell’imperatore Napoleone I, questa volta alla presenza di un papa, Pio VII. Fin dai funerali del presidente assassinato Sadi Carnot nel 1894, sotto la Terza Repubblica, ha ospitato i funerali religiosi dei presidenti della Repubblica francese, o almeno le funzioni solenni in loro memoria quando desideravano essere sepolti in privato, come nel caso di Charles de Gaulle e François Mitterrand. È a Notre-Dame che il generale de Gaulle si recò per ascoltare un Te Deum in onore della liberazione di Parigi il 26 agosto 1944. Forse nessun altro luogo è così strettamente associato nella memoria collettiva agli eventi della storia francese.
Restaurata grazie a un progetto straordinario che è anche una vetrina per le savoir-faire francese, la nuova Notre-Dame è ora molto più conosciuta. Il restauro della pavimentazione è stato preceduto da un’importante campagna di scavi archeologici, che ha portato alla luce alcuni veri e propri reperti, tra cui i frammenti del paravento policromo del XIII secolo, distrutto e sepolto nel XVIII secolo quando questo imponente recinto tra la navata e il coro passò di moda. Radiografati da ogni angolazione, questi resti sono una bella testimonianza del virtuosismo della scultura parigina nel secolo di San Luigi. Sono state riportate alla luce anche le tombe dei canonici del capitolo della cattedrale, che avevano il privilegio di essere sepolti lì: tra queste c’è probabilmente quella del poeta Joachim du Bellay (1522-1560). I risultati di questi scavi dell’INRAP (Institut national de recherches archéologiques préventives) sono tanto più degni di nota in quanto sono stati effettuati in tutta fretta, a causa dei vincoli imposti dal programma di riapertura. Tuttavia, alcuni conservatori del patrimonio hanno criticato la chiusura anticipata del sito archeologico, sostenendo che l’entità delle scoperte imponeva la prosecuzione dei lavori 6. A questa prima controversia se n’è aggiunta un’altra, di ben più alto profilo, riguardante la creazione di vetrate contemporanee per sostituire quelle realizzate durante il restauro di Viollet-le-Duc nel XIX secolo, che erano scoppiate sotto l’effetto del calore. È vero che – e qui sta il punto chiave – le vetrate medievali, in particolare i magnifici rosoni, si sono conservate durante l’incendio. Tuttavia, se inizialmente i restauri di Viollet-le-Duc sono stati giudicati duramente dal pubblico del tempo, oggi vengono riabilitati come opere d’arte, né più né meno che testimonianze di epoche precedenti. Soprattutto, la Carta Internazionale di Venezia (1964), oggi vincolante per i restauratori, li obbliga a ripristinare “l’ultimo stato conosciuto” 7, e quindi vieta qualsiasi modifica sostanziale del monumento, come il “gesto contemporaneo” che il Presidente Macron auspicava per la nuova guglia – infine respinta. Questa nuova “disputa tra Antichi e Moderni” potrebbe aver influito anche sulla sistemazione degli arredi liturgici di Notre-Dame, che sono di esclusiva competenza del suo locatario perpetuo – la Diocesi di Parigi – anche se va notato che quest’ultima ha optato per una relativa sobrietà, anche se certo al limite del buon gusto 8.
L’assenza del Papa: una ferita narcisistica per la Francia?
Sembra che il Presidente Macron nutrisse da tempo la speranza di vedere Papa Francesco presiedere questa cerimonia e la messa del giorno successivo: l’invito, prima accennato dietro le quinte, gli è stato poi ufficialmente esteso. Ma la visita in Francia non è una priorità nell’agenda papale, come ha detto più volte lo stesso Francesco.
È vero che il Papa ha già visitato Strasburgo (2014) e Marsiglia (2023), dove era stato accolto da Emmanuel Macron. Eppure, sembra che veda queste città soprattutto come parte dell’Europa: nel caso della prima – dove è venuto a parlare al Parlamento europeo – e nel caso della seconda, sulle sponde del Mediterraneo – dove è venuto a presiedere eventi culturali a lui dedicati. Terra di antica cristianità, la Francia, come la Germania, non è una delle “periferie” geografiche, sociali o esistenziali che stanno a cuore a Papa Francesco. Sembra anche che il Papa non voglia oscurare con la sua sola presenza una celebrazione incentrata su un monumento nazionale – almeno questa è la spiegazione diplomaticamente avanzata dal presidente della Conferenza episcopale francese, l’arcivescovo di Reims Éric de Moulins-Beaufort. Per una frangia di cattolici francesi, e senza dubbio anche per alcuni esponenti del clero, oltre che per il governo, l’assenza del Papa dalla riapertura della cattedrale è stata tanto più sentita in quanto la settimana successiva si sarebbe recato ad Ajaccio in Corsica, questa volta per partecipare a un colloquio sulla pietà popolare 9.
A prima vista, il Papa sembra coerente nel dare la priorità a un’isola – essa stessa una periferia geografica e sociale – piuttosto che alla cattedrale di una metropoli di livello mondiale. Ma alcuni segnali potrebbero aver rafforzato il sentimento di irritazione: il protocollo papale per questo breve viaggio sarà lo stesso adottato da Francesco nei suoi viaggi in Italia, come se una parte dell’amministrazione della Santa Sede non avesse mai pienamente integrato l’appartenenza della Corsica alla Francia… È vero che è la prima volta che un papa visita la Corsica, anche se l’isola ha avuto per secoli stretti legami con la Santa Sede, come dimostra il fatto che le sue 6 diocesi storiche 10erano immediatamente assoggettate alla Santa Sede. In termini temporali, il papa, monarca dello Stato Pontificio, è stato anche il suzerain della Corsica durante l’Alto Medioevo, prima ancora delle dominazioni pisana, genovese e poi francese. Infine, dal XV al XVII secolo, i papi poterono contare su una guardia corsa per garantire la loro sicurezza, accanto alla successiva guardia svizzera 11. La Guardia Corsa fu sciolta nel 1664 su pressione di Luigi XIV, a seguito di un incidente diplomatico – una rissa mortale era scoppiata tra le guardie corse e i valletti dell’ambasciata francese a Roma – e il Re Sole chiese addirittura che fosse eretta una piramide espiatoria che dichiarasse la nazione corsa “inadatta e incapace di servire la Sede Apostolica”. Il risultato di tutto ciò è stato un sentimento diffuso di un rapporto speciale tra il Papa e i Corsi, che la visita di Papa Francesco avrebbe riacceso.
Soprattutto, sembra che il nuovo vescovo di Ajaccio, il cardinale François Bustillo, goda di grande credibilità presso il Papa. Nato in Navarra, naturalizzato francese, ma ancora conteggiato come spagnolo nel Collegio cardinalizio, questo francescano conventuale sembra aver fatto una grande impressione nella Curia per la sua vicinanza al gregge, la sua semplicità e anche le sue capacità relazionali. Nella Curia, può contare sull’appoggio del cardinale Dominique Mamberti, còrso di nascita, prefetto della Segnatura Apostolica, la “corte di cassazione” della Santa Sede. François Bustillo è stato nominato cardinale in una sede che non ne ha mai visto uno, mentre né Parigi, né Lione, né Bordeaux hanno ricevuto il cappello cardinalizio dall’elezione di Papa Francesco. L’unico che l’ha potuto portare (dal 2022) è stato l’arcivescovo di Marsiglia Jean-Marc Aveline – eppure, questo gesto è da interpretarsi non tanto come premiazione della sua cattedra, quanto del suo profilo molto “bergogliano”. Bisogna farci l’abitudine: la Francia conta molto poco per Papa Francesco, come riflesso dal suo basso profilo nella diplomazia vaticana e, soprattutto, dal suo alto grado di secolarizzazione, che ha portato a una crisi di reclutamento tra il suo clero. L’assenza di Francesco da Parigi per la riapertura della cattedrale sembra ancora di più un’occasione mancata se si considera che è probabile che la prima pietra della cattedrale sia stata posata nel 1163, da un papa, Alessandro III (papa dal 1159 al 1181), che all’epoca era in visita in Francia; vale la pena di notare che le difficoltà odierne per organizzare un viaggio in Francia non sono certe le stesse che nel Medioevo… Momento di armonia, culmine di un progetto colossale che ha visto i francesi di ogni fede appassionarsi al destino di questo “luogo della memoria” e contribuire molto generosamente al suo restauro, la cerimonia di riapertura di Notre-Dame riflette comunque una forma di delusione per il loro Presidente.
Note
- Sulla storia delle cattedrali, leggere Matthieu Lours, Les Cathédrales dans le monde. Entre religion, nation et pouvoir, Parigi, Gallimard, 2024.
- Proclamata solennemente come dogma della Chiesa cattolica da Papa Pio IX nel 1854, l’Immacolata Concezione, secondo la quale la Vergine Maria è stata preservata dal peccato originale fin dal momento del suo concepimento, viene ancora troppo spesso confusa con il dogma della verginità perpetua di Maria. Proprio per aver sostenuto la proclamazione dell’Immacolata Concezione, l’allora arcivescovo di Parigi, Mons. Sibour, fu pugnalato a morte durante la Messa a Saint-Etienne du Mont da un prete illuminato che gridava “abbasso la dea”
- A parte il caso della Basilica di San Pietro a Roma, simbolo del primato petrino, che non è la cattedrale della diocesi di Roma, essendo questo ruolo assegnato alla Basilica di San Giovanni in Laterano.
- Ad esempio, il matrimonio tra Enrico di Navarra, il futuro Enrico IV, e Margherita di Valois, sorella di Carlo IX, il 18 agosto 1572: a causa delle diverse fedi degli sposi, il matrimonio fu celebrato nella piazza davanti alla chiesa. Notre-Dame è quindi legata alla storia della tolleranza interreligiosa.
- Ci viene in mente il battesimo del Principe Imperiale, figlio di Napoleone III, il 16 giugno 1856.
- https://www.latribunedelart.com/notre-dame-des-fouilles-archeologiques-sacrifiees-pour-tenir-les-delais
- Si tratta di una differenza sostanziale rispetto ai restauri effettuati da Viollet-le-Duc, che hanno cercato di riscoprire il significato del progetto originale e di ricostruire il monumento in uno stato ottimale, che in alcuni casi non era mai esistito.
- Il coro di Notre-Dame era già stato ristrutturato su impulso del cardinale Lustiger, in seguito alla riforma liturgica del 1969 seguita al Concilio Vaticano II. Fu questo nuovo altare, e non l’altare maggiore barocco in fondo al coro, a essere completamente distrutto dal crollo della struttura del tetto.
- Considerata con condiscendenza dalla generazione dei riformatori che chiedevano uno stile di vita “adulto”, la “religione popolare” è stata anche oggetto di un intenso dibattito intellettuale e storiografico negli anni Settanta. Papa Francesco la sta prendendo in considerazione, tuttavia, nella prospettiva della sua “teologia del popolo”: ha un certo attaccamento alla pietà mariana.
- Le diocesi di Ajaccio, Aléria, Mariana e Accia (fuse nel 1563), Nebbiu e Sagone, corrispondenti agli antichi pagi dell’isola; abolite durante la Rivoluzione francese, furono sostituite da un’unica diocesi di Ajaccio.
- Anna Esposito, “La presenza dei Corsi nella Roma del Quattrocento. Prime indagini nei protocolli notarili”, Mélanges de l’École française de Rome : Moyen Âge, Roma, vol. 98, N° 98-2, 1986, p. 607-621.