“Questo incontro attraverso le lingue ha un valore inestimabile”. Discorso di Martina Hefter, Premio Grand Continent 2024
Una tempesta di neve. Molto vento. Pochi minuti prima della proclamazione, il cielo ci ha fatto un cenno: le nuvole si sono dissipate per rivelare un magnifico blu. Il 6 dicembre, di fronte al Monte Bianco, la giuria del Premio Grand Continent ha incoronato il romanzo Hey, Guten Morgen, wie geht es dir? (Klett-Cotta, 2024) della scrittrice tedesca Martina Hefter come vincitore della sua terza edizione.
Signore e signori, membri della giuria,
questo meraviglioso premio che mi avete consegnato sostiene la traduzione della letteratura e la sua diffusione, ed incoraggia la comprensione reciproca tra le diverse lingue, favorendo così la comprensione tra i popoli.
Quest’anno ho già ricevuto tre premi per questo romanzo e per i miei lavori precedenti. Questo tipo di riconoscimento per il mio lavoro è stato ed è una cosa meravigliosa, mi aiuta a continuare a scrivere in modo concreto.
Ma il Premio Grand Continent è qualcosa di ancora più grande.
Una distinzione e un sostegno che non si focalizzano su di me come autore, ma sul romanzo stesso – come opera d’arte – e sul suo linguaggio, che è qualcosa di universale.
È anche un premio che difende l’Europa e promuove la comprensione all’interno del nostro continente.
Ciò che mi emoziona di più è l’idea che un giorno il mio romanzo sarà integrato in una rete di lingue e, attraverso di essa, in molteplici conversazioni. Che persone in paesi diversi dalla Germania si confronteranno con questo romanzo e, si spera, anche con altri. Che discuteranno dei suoi temi, dei suoi personaggi e del suo linguaggio, che sarà stato tradotto in un’altra lingua, ma che rimarrà sempre lo stesso romanzo.
Può sembrare ingenuo, ma è proprio in questo momento, in cui anche in Europa, non molto lontano da noi, si sta combattendo una guerra e in cui altre guerre, non molto più lontane, sono ancora in corso; in cui la tendenza alla frattura e all’isolamento si sta diffondendo sempre più in molti Paesi europei, che trovo di inestimabile valore questo incontro attraverso le lingue, attraverso la parola, attraverso il parlare insieme.
La protagonista del mio romanzo, Giunone, potrebbe essere descritta, con uno sguardo dolce e tenero, come un’astronoma dilettante.
Quando Giunone guarda la costellazione del Leone, anche Benu, il giovane di una piccola città della Nigeria con cui chiacchiera regolarmente, la vede. Solo che per lui è capovolta. È vero che in altre parti del mondo le interpretazioni, i nomi e i significati delle costellazioni sono molto diversi, il che non è sempre facile da immaginare per noi europei. Credo che questa immagine sia in realtà una bella metafora della diversità delle lingue.
La costellazione che Giunone e Benu vedono è composta dalle stesse stelle. Ma la vedono da posizioni diverse, a seconda della loro posizione sulla Terra.
Lo stesso vale per le lingue, se vogliamo fare un’analogia un po’ azzardata. Quando diciamo “der Mond”, “la lune” o “the moon”, quando diciamo “la luna” o “księżyc”, ci riferiamo fondamentalmente alla stessa cosa – il satellite della Terra, ma ognuna di queste parole è arricchita da quelle affascinanti piccole sfumature culturali che risiedono in “Mond”, “lune”, “moon”, “luna” e “księżyc”. È qui che entra in gioco la traduzione. La traduzione, l’arte di tradurre, amplia e rafforza il nostro pensiero e la nostra immaginazione, perché, ad esempio, quando traduciamo la parola “Mond”, riceviamo immediatamente il contesto culturale che l’accompagna, trasportato dal resto della frase.
Cari sponsor del premio, cari membri della giuria, il Premio Grand Continent non è solo una forza unificante; permette alle persone che leggono il mio libro, e spero anche altri libri, di pensare in spazi e contesti più ampi, di riunire ciò che sembra loro lontano o estraneo e di rifletterci intimamente.
Naturalmente, la pubblicazione del mio romanzo in altri Paesi europei ha anche lo scopo di trasmettere contenuti. E, così facendo, portare avanti discorsi, ad esempio, sulla responsabilità postcoloniale dell’Europa, affinchè i dibattiti esistenti sull’argomento possano essere approfonditi. Tutte le insidie e gli abissi in cui si trova la mia protagonista, Giunone, quando inizia a parlare più seriamente con Benu, il truffatore d’amore di una città nigeriana, non sono solo le sue insidie ed i suoi abissi più intimi. Il razzismo sistemico è così profondamente radicato nelle nostre società europee che può riemergere anche nella persona più insospettabile. Non siamo mai immuni. Dobbiamo esserne consapevoli, perché solo così potrà avvenire un cambiamento positivo. La pubblicazione del mio romanzo in altri Paesi potrebbe anche far riflettere sull’aspetto di una società senza barriere. Come vogliamo organizzarci come società. Come vogliamo vivere insieme. Cosa pensiamo dell’amore e dell’amicizia. Come vogliamo vivere e come vogliamo coesistere. Tutti noi, insieme.
Naturalmente, prima di iniziare la scrittura del romanzo, non avevo intenzione di scrivere specificamente su questi temi – progetti del genere non possono che fallire nell’arte. Ma man mano che la scrittura procedeva, e soprattutto dopo, quando ho riflettuto sul mio romanzo, i soggetti appena citati si sono rivelati centrali.
Vi ringrazio di cuore per aver permesso al mio romanzo di diffondere le conversazioni, i temi e le domande. Innanzitutto, qui al Monte Bianco, in questo luogo così pieno di significato. Qui, dove si incontrano diversi spazi culturali e linguistici, dove c’è un bellissimo galleggiamento nella delimitazione dei confini, perché non si può dividere facilmente una montagna. Qui, dove la maestosità delle montagne alpine va di pari passo con la loro vulnerabilità e il loro bisogno di protezione.
Grazie!