Dopo una settimana di negoziati che si sono rivelati più difficili del previsto tra il numero tre del PSOE Santos Cerdán e Carles Puigdemont, a capo del gruppo di Junts, si è finalmente raggiunto un accordo per consentire la formazione di un governo. Sebbene nessuna della due parti abbia mai espresso preoccupazioni sul raggiungimento di un accordo finale, il ritardo accumulato nel processo ha delle conseguenze importanti.

  • Il piano originale di Sánchez era di concludere i negoziati la scorsa settimana, in modo da poter prestare giuramento questa settimana – in particolare mercoledì 8 novembre – per poter partecipare al congresso del Partito dei Socialisti Europei (PSE) a Malaga il 10 e 11 novembre dalla posizione di nuovo capo del Governo. Questa ambizione però è stata indubbiamente enunciata con troppa forza, e Puigdemont ha mantenuto la suspense. 
  • L’accordo in sé non è mai stato messo in discussione, ma le discussioni si sono concentrate su questioni tecniche relative a chi avrebbe beneficiato dell’amnistia, con Junts particolarmente desideroso di estendere l’elenco dei potenziali beneficiari. Fonti vicine ai negoziatori suggeriscono che questo punto non è ancora stato completamente risolto; i negoziatori hanno concordato il patto generale che garantisce l’investitura di Sánchez, ma non hanno ancora raggiunto un accordo finale sulla legge di amnistia. 
  • Durante questi pochi giorni di latenza, la maggioranza conservatrice del Consiglio Generale della Magistratura (CGPJ) si è ufficialmente schierata contro la legge di amnistia. Il giudice del Tribunale Nazionale Manuel García-Castellón ha persino annunciato che Puigdemont è stato accusato di terrorismo in relazione alla dichiarazione di indipendenza della Catalogna, nel caso «Tsunami Democràtic». Questo ha rafforzato l’idea dei negoziatori che la legge dovesse essere “intoccabile” e “perfetta”, in modo da poter superare tutte le fasi legislative. 
  • Anche a Madrid si sono tenute manifestazioni contro l’amnistia, in particolare davanti alla sede del PSOE a Ferraz. I raduni sono stati perturbati da gruppi di esponenti di estrema destra, con conseguenti violenze fisiche e verbali che hanno provocato circa 40 feriti, secondo la polizia. I video degli incidenti includono saluti nazisti e l’inno franchista «Cara al sol».  

Il Partido Popular (PP) inizialmente non ha condannato la violenza a Madrid. Il suo presidente, Feijóo, ha incolpato Sánchez, dicendo: “Quando si pretende di dare l’amnistia alla violenza, non si può dare l’esempio”.

  • Nell’equilibrio di potere interno al PP, è stata la presidente della comunità di Madrid, Isabel Díaz Ayuso, a condannare per prima la violenza. 
  • È stata anche Díaz Ayuso a dichiarare giovedì mattina che l’annuncio del patto era “l’inizio della dittatura”. 
  • Facendo eco al fenomeno della trumpizzazione della destra spagnola descritto da Manuel Escudero, il capo di gabinetto di Sánchez, Óscar López ha scritto su X: “Tutto ha un limite. Le parole contano e hanno un significato. Non si può parlare per il gusto di parlare senza misurare le conseguenze. Non possiamo permettere che il trumpismo avveleni la Spagna. Prima che sia troppo tardi”.
  • Il partito di estrema destra Vox, da parte sua, ha incoraggiato le manifestazioni; Santiago Abascal ha persino partecipato ai raduni, invitando la polizia a disobbedire al Governo. 

Mercoledì, le preoccupazioni sulla legge di amnistia sono state espresse anche a Bruxelles, attraverso una lettera del commissario Didier Reynders che chiedeva spiegazioni al Governo spagnolo. 

  • È stato il Ministro della Presidenza, Félix Bolaños, a rispondere prontamente mercoledì sera, rivelando una certa insoddisfazione per le domande del Commissario, in particolare criticando il fatto che la lettera di Reynders fosse stata pubblicata dalla stampa.  
  • Oltre a ringraziare Reynders per le sue preoccupazioni, Bolaños gli ha anche detto che sarebbero stati i gruppi parlamentari del Congresso a introdurre la legislazione – e non l’esecutivo – e che non è stata ancora registrata alcuna legislazione. 

L’unica cosa che manca è l’accordo dei socialisti con il Partito Nazionalista Basco (PNV). Il team di Sánchez vorrebbe che l’investitura avvenisse lunedì e martedì della prossima settimana.