Roma è sempre stata il centro della diplomazia religiosa. Il motivo è evidente: la Santa Sede conduce una sua politica estera globale che rende la città italiana unica nel suo genere, un vero e proprio punto di attrazione per il dialogo interreligioso. In questo lunedì del Grand Continent proveremo a capire quali sono le peculiarità di questa posizione per poi analizzare il ruolo della religione all’interno del dibattito pubblico e dei conflitti in corso.
Negli ultimi anni, per esempio, a questa centralità geografica l’Italia ha aggiunto una posizione particolare nelle guerre culturali di matrice anglosassone. Come scrive Pasquale Annicchino sul Grand Continent:
L’Italia meloniana è una navicella alla deriva nel mare della società occidentale post-cristiana. Non può attingere al pozzo della destra religiosa statunitense perché nemmeno i suoi principali attori credono davvero a quel repertorio di idee. La guerra ucraina ha fatto saltare il banco del soft-power putiniano fondato sulla “riscoperta” dei “valori tradizionali”. Così alcuni intellettuali organici per distanziarsi dal repertorio fascita e post-fascista provano a riesumare gli eterni Papini e Prezzolini.
Aggiungeremo poi un elemento ulteriore. Il grande ruolo della religione nella guerra in Ucraina, un aspetto da non sottovalutare per comprendere il sentimento patriottico emerso a Kiev : dal 2018 la Chiesa ortodossa dell’Ucraina ha ottenuto l’autocefalia dal Patriarcato di Costantinopoli, diventando dunque indipendente dal Patriarcato di Mosca dal punto di vista canonico. Questa separazione è uno dei tanti elementi di frattura tra Ucraina e Russia: la dimensione religiosa è fondamentale nella guerra in corso.
In questo contesto, l’influenza del Vaticano è relativa, visti i contrasti con la chiesa ucraina in alcuni casi evidenti. Che analisi possiamo fare di tutti questi aspetti?
Per discuterne, abbiamo invitato
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