L’ultimo volume cartaceo del Grand Continent pubblicato sotto la direzione di Giuliano da Empoli — L’Impero dell’ombra: guerra e terra al tempo dell’IA — è disponibile qui (in francese), nonché in abbonamento.
Qual è la sua lettura della fase in cui siamo entrati domenica con l’annuncio di una sorta di trattato ineguale tra l’Europa e gli Stati Uniti?
Guardando le immagini, mi è venuto in mente un racconto che fa Svetonio.
Nella Vita dei cesari si può leggere la storia di un imperatore che concentra tutte le sue truppe, accentra tutti i poteri, elimina tutti i suoi nemici…
Quando è finalmente riuscito a prendere il controllo totale ed è rimasto il solo vero padrone di Roma, l’imperatore porta il suo immenso esercito sulla riva dell’oceano e gli ordina di raccogliere le conchiglie.
Difficile non fare un paragone con Von Der Leyen.
In modo molto efficace la presidente della Commissione ha progressivamente eliminato tutti i suoi avversari, ha fatto fuori i commissari che la disturbavano, ha concentrato su di se tutte le procedure.
Ma questo straordinario accentramento del potere finisce con la scena alla quale abbiamo assistito domenica in Scozia.
Solo che al posto delle conchiglie c’erano le palle da golf del nuovo resort di Donald Trump.
Ma l’Unione aveva davvero a disposizione un esercito per raccogliere conchiglie?
In un certo senso sì, ma bisogna uscire per un momento dall’analogia e — anche se è un po’ complicato in questo momento molto bizzarro — cercare di capire che cosa sta veramente facendo Donald Trump.
Qual è la strategia del presidente americano?
L’offensiva di Trump nei confronti dell’Europa è duplice, composta da una doppia dimensione. Da una parte c’è un aspetto razionale, dall’altra, un puro movimento politico e ideologico.
La dimensione “razionale” dell’offensiva contro l’Europa nasce dalla constatazione che, a partire dalla seconda metà del XX secolo, gli Stati Uniti hanno fornito all’Europa un eccesso di beni comuni Questo aiuto includeva tra le altre cose una certa sicurezza, la protezione militare, il dollaro, le infrastrutture commerciali e, più recentemente, il digitale.
Oggi, Trump punta a ottenere dai suoi interlocutori europei molta più rendita e valore rispetto ai beni forniti. Benchè non sia formulata esattamente in questi termini, questa mi sembra essere sostanzialmente la dimensione razionale dell’offensiva americana contro l’Europa: l’estrazione di benefici unilaterali da un’alleanza ormai totalmente sbilanciata.
Trump sta compiendo una “enshittification” 1 dell’impero americano? Dopo aver raggiunto l’egemonia, non potendo più espandersi sulle stesse basi, gli Stati Uniti si riducono a estrarre valore dalla propria posizione dominante, comprimendo i costi, sacrificando gli alleati e rischiando, così facendo, di compromettere le condizioni stesse della propria supremazia…
Su questo non c’è dubbio, anche se va detto che gli Stati Uniti non si sono mai fatti molti problemi a estrarre una rendita smisurata dall’Europa. Certo, lo facevano in modo più discreto, razionale, efficace. Invece Trump, che è un predatore, vuole spingere questa politica all’estremo, distruggendo tutto ciò che è stato costruito.
Su questo piano, l’umiliazione dell’Europa è inevitabile. La nostra mancanza di sovranità, soprattutto in ambito militare, ma anche in molti altri aspetti, si ripercuote su questi accordi commerciali e su tutto il resto.
L’unico metro di giudizio su questo fronte è la direzione: capire se si iniziano a porre le basi per uscire da questo stato di umiliazione, oppure no.
A cura di Giuliano da Empoli. Postfazione di Benjamín Labatut.
Con contributi di Daron Acemoğlu, Sam Altman, Marc Andreessen, Lorenzo Castellani, Adam Curtis, Mario Draghi, He Jiayan, Marietje Schaake, Vladislav Sourkov, Peter Thiel, Svetlana Tikhanovskaïa, Jianwei Xun e Curtis Yarvin.
Da scoprire in libreria e abbonandosi alla rivista.
In che direzione va l’accordo di domenica ?
Sembra andare chiaramente nella direzione dell’umiliazione permanente piuttosto che dell’uscita da questa.
I servizi digitali erano fuori da questo round di negoziazione, ma sembra difficile pensare che quando il momento della discussione sarà giunto, si possa arrivare a un risultato molto diverso date le premesse.
Lo stesso si potrebbe dire per il piano militare, già incarnato nella linea di capitolazione francamente imbarazzante espressa dall’ex primo ministro Rutte e dalle sue “daddy issues”.
Parlava di una seconda dimensione, meno razionale?
Sì, tutto questo non è che il primo aspetto dell’offensiva di Trump.
Il secondo — che incredibilmente Ursula von der Leyen e tutti gli altri leader europei sembrano ignorare — è l’offensiva politico-ideologica, straordinariamente violenta e quotidiana, attraverso la quale Trump punta a imporre un modello politico radicalmente alternativo: il sorpasso la democrazia liberale, l’aggiramento dello Stato di diritto e l’imposizione di un sistema misto, una sorta di tecnocesarismo.
Il progetto che si sta mettendo in marcia a Washington è evidente a tutti.
Su questo piano, la risposta dovrebbe essere molto ferma e senza alcun margine di esitazione, il che non impedirebbe affatto di continuare a discutere sul primo piano.
Sul piano dell’offensiva politico-ideologica, la risposta è completamente assente, perché?
Von der Leyen e gli altri non colgono la potenza dei simboli.
Il mondo tecnocratico in cui si muove quasi tutta la politica europea — non solo quella comunitaria, anche quella nazionale — ignora completamente la dimensione politica, ideologica, di principi e di cose che non sono quantificabili.
E da questo punto di vista la sconfitta è drammatica e doppiamente umiliante.
In politica, si ignorano i simboli a proprio rischio e pericolo: perché è un attimo diventarne uno a proprio discapito.
Così si finisce col mettersi in posizioni umilianti, fare delle fotografie ridicole con il pollice alzato e un sorriso assurdo o accumulare delle dichiarazioni e dei tweet onestamente patetici.
Von der Leyen non è l’unica responsabile di questo fiasco, lo sono anche moltissimi governi europei, ma si è messa nella posizione di diventarne il simbolo quasi troppo perfetto del vassallaggio felice: sembra quasi una forma di contrappasso…
Trump, lui, conosce il valore dei simboli, il suo percorso ne è costellato: dal certificato di nascita di Obama, al muro, al mito del “deal”.
Torniamo ai simboli e alle conchiglie. Diceva che c’era, forse non un esercito come quello dell’imperatore di Svetonio, ma comunque un’energia politica costituita da molti cittadini che vorrebbero fare altro piuttosto che subire umilianti scene di vassallaggio. È così?
Mi sembra evidente.
Ci sarebbe oggi uno spazio libero impressionante per un leader europeo che volesse attivare questa energia simbolica.
Lo si vede nei dati. Il sondaggio Eurobazooka che aveva pubblicato il Grand Continent è molto esplicito e mi sembra sottolineare l’esistenza di questo esercito senza generali, che aspetta di essere mobilizzato su un certo numero di fronti.
Il problema è che il tempo che resta non è infinito e questa energia può facilmente prendere una strada distruttiva.
E non c’è nessuno che dica niente.
Questo è davvero il punto più sorprendente.
Finora nessun leader europeo ha avuto il coraggio di prendere questa bandiera e pronunciare un discorso sincero sulla vera natura dell’offensiva che stiamo affrontando.
Per dire che ciò che vediamo ogni giorno corrisponde alla realtà: un rischio esistenziale. Probabilmente non vivremo più come prima e ci saranno scelte difficili da fare.
Non è detto che ce la faremo ed è certo possibile che il XXI secolo diventi quello della grande umiliazione europea, ma non è detto, non ancora, perché ci siamo e siamo pronti.
Quindi in fondo lei è convinto che l’ora dei predatori suonerà solo se prima avrà già suonato quella degli invertebrati?
È più o meno così.
Note
- In economia, l’espressione viene utilizzata per descrivere il ciclo di evoluzione di alcune piattaforme numeriche. Esse nascono con l’obiettivo di attirare il più grande numero di clienti — individui ma anche pubblicitari— attraverso un servizio eccezionale. Una volta attirati i clienti e acquisita una posizione dominante, vengono ridotti i costi e viene estratto da clienti, venditori e pubblicitari tutto il possibile, malgrado un’importante riduzione della qualità del servizio.