Iniziamo con dire che Nesi del Forte dei Marmi è cittadino onorario.
Da quando son nato non c’è stata un’estate che non abbia passato a Forte dei Marmi. Neanche una. Qualche tempo fa mi divertii a fare un conto molto approssimativo, includendo non solo le estati ma anche le Pasque, i fine settimana autunnali e primaverili e qualche Capodanno: venne fuori che avevo vissuto al Forte più di sette anni della mia vita, forse i migliori. Oggi siamo di certo arrivati a otto.
Dopo Storia della mia gente, in cui parlavo del Forte dei Marmi e della mia vita da quelle parti, l’allora sindaco Umberto Buratti mi fece fortemarmino onorario. È una cosa alla quale tengo molto. Mi piacerebbe essere un fortemarmino vero, e in qualche modo mi ci sento.
La premiazione fu fatta alla Capannina, con me c’era Fabio Genovesi, il figlio prediletto di Forte dei Marmi.
Il mitico cameriere Cipollini durante la presentazione mi portò un Martini, perché era abituato a portarmelo all’ora dell’aperitivo. E ti assicuro che è una cosa inusitata che durante una presentazione tu beva un Martini, perché dopo le cose cambiano non poco. Un Martini secco, gelato, buonissimo. Lo faceva Alfredo, il leggendario barman della Capannina. Sono queste le cose grandi del Forte dei Marmi; l’eccellenza delle persone che tu incontri.
Sono eccellenti come persone o come professionisti?
Sono professionisti inarrivabili nel loro lavoro e anche persone ganze.
Il Forte dei Marmi è un posto in cui incontri persone molto particolari ma che devi scoprire da solo. Come il barman della Capannina, che faceva il Martini come nessun barman del mondo, te lo posso assicurare.
Per me era importante a fine serata, dopo una giornata sulla spiaggia, ritornare nella consolazione alcolica
Edoardo Nesi
Aveva anche delle sue leggi particolari.
Non ti ci metteva l’oliva e non ti proponeva il lemon twist, la spruzzatina di limone; lui ti faceva il Martini nel bicchiere piccolo con il Tanqueray e solo con il Tanqueray.
Anche quando c’erano quaranta gradi, Alfredo prendeva il gin dallo scaffale a temperatura ambiente, prendeva il ghiaccio, molto secco, molto duro, girava tutto quattro cinque sei volte e te lo serviva gelato.
Una sorta di magia ?
Una volta mi spiegò come faceva.
Aveva un tumbler pieno di ghiaccio nel quale metteva il gin, con un cucchiaio partiva da una parte e girava tutto insieme, in modo che i cubetti di ghiaccio non battessero fra di loro mentre giravano; così non veniva liberata l’acqua che altrimenti avrebbe annacquato il Martini. In questo modo il ghiaccio gela il gin senza allungarlo.
Insomma, si, una magia.
Per me era importante a fine serata, dopo una giornata sulla spiaggia, ritornare nella consolazione alcolica.

Erano tutte cose che avvenivano e avvengono d’estate, quindi.
Ci vado anche di inverno, anche a primavera.
Ogni stagione ha il suo regalo, a Forte dei Marmi. Soprattutto la spiaggia cambia molto. È un posto dell’anima, dove fin da ragazzi si avvia a pensare che è così che sarebbe bello vivere, sempre. In una cittadina sul mare in cui c’è tutto, sotto le Apuane, praticamente accanto a Firenze, nel bel mezzo dell’Italia, e si può andare in giro in bicicletta tutto il giorno. Dove non c’è criminalità e non è mai troppo freddo e mai troppo caldo, circondati da una natura immensa e serena, da una sorta di incantamento per cui la vita smette d’essere un flusso accecante di eventi e assume invece un passo, un senso, persino un significato.
Al Forte non ci sono spiaggette segrete dalla sabbia finissima e chiarissima dove si arriva solo con la Land Rover e non c’è nulla intorno se non il mare e il cielo, perché c’è un’unica spiaggia lunghissima con la spiaggia finissima e chiarissima che ogni sera vien pettinata dai bagnini che sistemano nelle stesse esatte posizioni al centimetro i lettini e le sdraio e le seggiole da regista sotto le tende e gli ombrelloni, per chi ci starà tutto il giorno.
Sono stato anche a Cannes, ma la spiaggia davanti ai grandi alberghi è di dieci metri. Come spesso accade in Liguria. Le spiagge lunghe invece sono un’altra cosa. E per vederle bisogna andare al Forte.
Edoardo Nesi
Non c’è nemmeno la musica sulla spiaggia, dove però si possono portare i cani e ormai ce ne son tanti, anche loro sotto gli ombrelloni, tranquilli, fortemarmini anche loro
Sono stato anche a Cannes, ma la spiaggia davanti ai grandi alberghi è di dieci metri. Come spesso accade in Liguria.
Le spiagge lunghe invece sono un’altra cosa.
E per vederle bisogna andare al Forte.
D’estate, dunque, il Forte resta insuperabile rispetto alle altre stagioni.
D’estate puoi condividerlo di più, il Forte dei Marmi.
Ci sono altre persone, devi sopportare questa coabitazione.
La bellezza di Forte dei Marmi è che in gran parte dell’anno, nella zona dove sto io, è praticamente deserta.
Tutto tenuto benissimo, perfettamente, tutto pulito e preciso. Però deserto. In quei momenti Forte dei Marmi diventa tua. Difficile pensare che non sia tuo un posto nel quale cammini per un chilometro prima di arrivare al mare e non incontri nessuno se non delle bellissime case tutte pulite. È come se fosse tutto tuo, come ne Il nuotatore di John Cheever, dove il protagonista passa per una proprietà dopo l’altra di altri

Ed è d’estate che nascono i libri?
Nei miei libri Forte dei Marmi l’ho sempre messa d’estate.
Che cos’è dunque Forte dei Marmi?
Per raccontare il Forte bisogna spiegare ciò che il Forte non è.
Delle gran colazioni lunghe e lente, si fanno lì, e poi si va in spiaggia, giovani e meno giovani, e magari ci si racconta cosa si è fatto la sera prima, anche se di locali notturni ce n’è uno solo, il Twiga.
Edoardo Nesi
Non è mai affollato, per esempio, e può darsi sia merito di qualche saggia decisione urbanistica presa in passato. Della leggenda locale che nessuna costruzione poteva essere più alta del più alto dei pini, e che poi forse leggenda non è perché di alberghi ce ne son sempre stati pochi, e tutti più bassi dei pini, appunto, e quei pochi che ci sono non sono grandi, così chi vuole venire al Forte e starci più di un finesettimana deve fare, ancora oggi, quel che mio padre faceva negli anni Settanta: affittare per un mese una delle villette con giardino.
Non è il posto più divertente o tantomeno clamoroso dove passare le vacanze, e non lo è mai stato. Si potrebbe forse dire che è un posto per famiglie, per quanto disfunzionali e scollate possano essere, non certo per single in cerca d’avventure, poiché — al contrario di quel che succede in molte altre località di villeggiatura più grandi, organizzate apposta per stupire e divertire — durante l’estate a Forte dei Marmi non c’è molto da fare.
Cioè, no. Non è vero.
In verità c’è molto da fare, ma bisogna andare a cercarselo. Volendo, naturalmente, si può far tanto. Arrampicarsi con le mountain bike sulle Apuane per vedere paesini e paesaggi incantati. Visitare le grotte del Corchia, le cave di marmo. Salire in automobile e scorrazzare su e giù per la costa, o a vedere Lucca la bella, o Pisa o persino Firenze, e tornare in tempo per un aperitivo sulla spiaggia e una bella cena — magari a Pietrasanta, dopo aver visitato le tante gallerie d’arte. Andare in bicicletta alla Versiliana, il grande parco che divide Forte dei Marmi da Fiumetto, a vedere gli incontri con i politici e gli scrittori e gli attori del momento. Il mercoledì e la domenica mattina c’è poi l’appuntamento con il mercato nella Piazza dei Cavallini, che mi dicono sia uno dei migliori mercati d’abbigliamento e biancheria per la casa che ci siano in Italia, e dunque nel mondo.
Tutto si può fare, al Forte.
Giocare a tennis, a golf, a padel, a calcetto. Sfruttare i consigli delle organizzazioni di animatori che sono spuntate negli ultimi anni e ti suggeriscono le cose da fare e da vedere e ti aiutano a pianificare le giornate, se proprio ti annoi. Che ti istradano alle lezioni di pilates e aqua-gym e aqua-fit e aqua-lates e yoga e capoeira e cross fit. Che ti noleggiano quelle maledette moto d’acqua o ti mettono su un materassino gigante e ti fanno trainare da un gommone. Che ti trovano anche il modo di andare in mongolfiera, se vuoi. C’è tutto, al Forte, e si può far tutto. Volendo.
Molti, però, evidentemente non vogliono. Delle gran colazioni lunghe e lente, si fanno lì, e poi si va in spiaggia, giovani e meno giovani, e magari ci si racconta cosa si è fatto la sera prima, anche se di locali notturni ce n’è uno solo, il Twiga.
A voler esser precisi si trova però qualche metro oltre il confine di Forte dei Marmi e comunque non è certo una di quelle immani discoteche che accolgono migliaia di persone e chiudono dopo l’alba e ogni sera ospitano un dj famoso e spazzano il cielo coi fari.
C’è — soprattutto c’era — la Capannina, che però oggi è molto diversa da quando ci andavo io a vent’anni e i nobili e gli industriali ci perdevano le fortune a carte e ci venivano a fare i concerti Ray Charles e Gloria Gaynor.

Quando hai cominciato ad andarci?
Da piccino – era la fine degli anni Sessanta – andavamo a Vittoria Apuana, il delizioso paesino che sembra apparire di colpo ad abbracciarci mentre dal centro del Forte si va in bicicletta sulla via Mazzini. Ogni estate si affittava una casa diversa. Partivamo a metà giugno, io e la mia famiglia e tutti i miei amici con le loro famiglie, appena finite le scuole, e si tornava a Prato a metà settembre, ai primi freschi, dopo tre mesi di bagni in mare e partite di calcio sulla spiaggia. Era l’Italia del boom economico e del benessere diffuso, del futuro che non finiva mai.
Crescendo, non ti è mai venuta voglia di cambiare?
L’idea viene sempre, però per certe cose è difficile batterla Forte dei Marmi. Io mi ci sento a casa. È super vicina, da qui è come andare a Firenze in centro. In quaranta minuti ci arrivo. Quando ero più giovane e spericolato ci mettevo anche meno.
Si lavorava su delle opere d’arte e si andava in giro su delle opere d’arte. C’era una penetrazione dell’idea di design e quindi d’arte impressionante nelle nostre vite.
Edoardo Nesi
Esiste una Forte dei Marmi all’estero?
Santa Monica, per via della spiaggia lunga, assomiglia al Forte dei Marmi. Anche se niente è Forte dei Marmi, ho sempre sentito un forte legame fra il Forte e la California, che sono peraltro due capitali del surf. Non so perché, forse perché sono i due posti che mi piacciono di più al mondo. Quando avevamo 14 anni, uscì Un mercoledì da leoni. La pellicola faceva il giro di tutti i cinema della Versilia. Serravezza, Massarosa. Con le Vespe inseguivamo la pellicola da tutte le parti, per poterlo vedere.
Quindi il film lo vedevate più volte?
Certo. Uno giorno era al Forte dei Marmi, un giorno al Cinquale, un giorno a Pietrasanta
Che vespa avevi?
A quei tempi la 50. Non ho mai avuto l’ET3, l’ho comprata dopo. Dalla 50 passai alla PX125. La vespa la utilizzavano i ragazzi di 14 anni, ma la utilizzavano molto spesso gli operai per andare a lavorare. Poi è finita al Moma come esempio di design. Quindi noi s’andava a giro su un’opera d’arte.
In fabbrica da me lavoravamo sulle macchine Olivetti, anche quelle le hanno messe al Moma. Quindi si lavorava su delle opere d’arte e si andava in giro su delle opere d’arte. C’era una penetrazione dell’idea di design e quindi d’arte impressionante nelle nostre vite.
È di quegli anni l’idea che passare le estati al Forte sia diverso — e migliore — del passarle in qualsiasi altro posto.
Nasce la fama del Forte dei Marmi e della vita che vi si fa, e via via cresce.
Appena notati nel turbine di quegli anni, vengono a villeggiarvi autori leggendari come Aldous Huxley e il premio Nobel Eugenio Montale.
È un tempo felice per l’Italia, prospero e spensierato, e il Forte ne diventa uno dei simboli migliori. Gli son dedicate canzoni, vi si girano film e son molti a sognare di potervi passare le quattro settimane d’agosto in cui la vita si svuota e diventa leggera.
Il turismo avviò molto dopo, alla fine dell’Ottocento, nei giorni selvaggi in cui il poeta Gabriele D’Annunzio montava a cavallo e si lanciava “a gran galoppo sulla spiaggia, tra le grida dei bagnanti e dei pescatori”, come scrisse un altro poeta innamorato della Versilia, Piero Bigongiari.
Edoardo Nesi
Il Forte è anche fonte di ispirazione letteraria?
Sì, perché ha questo incredibile rapporto con il passato. Prova a immaginarti una città che, se si esclude questi ultimi dieci anni, è stata praticamente uguale a sé stessa per 40 anni.
Forte dei Marmi è rimasta così come quando ero un ragazzino e cominciavo a girare in Vespa finché non sono nati i miei figli, e anche un po’ dopo. Una città che non cambia mai diventa uno schermo in cui proietti tutta la tua vita, i tuoi pensieri, le tue aspirazioni, perché non cambiando mai sei solo tu la fonte di cambiamento. Come ho scritto in Storia della mia gente, Forte dei Marmi era la città che ti rivendeva a caro prezzo i tuoi ricordi.
La tua Prato invece è cambiata moltissimo.
Le due città in cui ho vissuto di più nella mia vita hanno avuto due destini completamente diversi. Prato ha avuto una trasformazione vorticosa e immensa fino a vent’anni fa. Mentre Forte dei Marmi, se si esclude questi ultimi dieci anni, è rimasta la stessa. Ti bilancia trovarti in due città che vanno a velocità completamente diverse e in direzioni purtroppo completamente diverse.
Invece i cinque anni a Roma da deputato sono stati angoscianti?
Io Roma non l’ho amata. Anzi, tutta la sua bellezza mi faceva arrabbiare. Mi sembrava uno spreco totale, che nessuno la guardasse, tantomeno i turisti che venivano apposta per guardarla.
Io a Roma avevo sempre l’idea di essere un discendente di un grande impero nel momento di decadenza dell’impero. È difficile non amare una città così bella, però è proprio quello che è successo. Non mi è scattato mai nulla, non ci sono mai stato bene. Non la conosco neanche, alla fine. Non ho neanche imparato a conoscerla. Non mi sono mai immaginato come fosse viverci davvero. Arrivavo il martedì e il giovedì tornavo via. Non riuscivo a scrivere, non mi portavo neanche il computer.

Al mare invece riesci a scrivere?
Sì, anche perché devo e voglio.
Se solo non ci fossero tutti questi giardinieri al Forte dei Marmi che fanno casino a tutte le ore… Finiscono una casa e cominciano in quell’altra. Ecco, quello è abbastanza terribile.
Scusa?
Il dominio sonico e acustico dei giardinieri.
Sono loro i veri padroni di Forte dei Marmi.
Hai dei ristoranti di riferimento?
Sì, ne avevo. Un posto storico era Lorenzo, dal nome del proprietario, un personaggio stupendo; cominciò ad andarci mio padre, primo fortemarmino della famiglia, quando aprì. Fa ancora dei piatti apparentemente semplici però straordinari, anche se il proprietario è meno presente.
Gli altri ristoranti invece hanno aumentato di livello, soprattutto di costo. Il risultato è che dopo un po’ non hai voglia di farti gabbare. Lo stesso ristorante che costava 50 euro poi ha cominciato a costare 80, 100, 120 euro peraltro facendo la solita roba, più o meno. Essendo stata invasa, Forte dei Marmi, da gente estremamente ricca — russi, arabi… — è evidente che i prezzi sono saliti. Per tutto, dalle case ai ristoranti.
Ma il mare è così bello?
No, non lo è. Ma non ci si va per il mare.
Di recente sono stato in Sicilia, vicino Palermo, mai visto un mare così. Meraviglioso. Quello del Forte non è certo così.
Il turismo quando è arrivato al Forte dei Marmi?
Il turismo avviò molto dopo, alla fine dell’Ottocento, nei giorni selvaggi in cui il poeta Gabriele D’Annunzio montava a cavallo e si lanciava “a gran galoppo sulla spiaggia, tra le grida dei bagnanti e dei pescatori”, come scrisse un altro poeta innamorato della Versilia, Piero Bigongiari.
Era un turismo molto particolare, però. Da ricchi, super ricchi, in un’Italia poverissima.
Venne innescato dalla discesa di nobili e industriali tedeschi e inglesi che si innamorarono così tanto del Forte da costruirvi quelle splendide ville sul lungomare che dettero l’inizio alla leggenda di Roma Imperiale – Villa Siemens su tutte, la grande dimora estiva della famosa dinastia industriale, coi soffitti affrescati da von Hildebrand, l’allievo di Boecklin, il maestro del Simbolismo, che fu spesso ospite del Forte anche lui — e poi ci fu l’avvento degli Agnelli, che dagli anni Venti avviarono a passarvi ogni estate a Villa Costanza — oggi diventata l’Hotel Augustus — arrivando e partendo sull’idrovolante, mentre il premio Nobel Thomas Mann vi portava in vacanza la famiglia, e intellettuali e artisti come Carlo Carrà, Enrico Pea, Ardengo Soffici, Giovanni Papini e Lorenzo Viani si ritrovavano a ragionare d’arte al Quarto Platano del Caffè Roma.
Fu solo molto dopo, finita la seconda guerra mondiale, che a Forte dei Marmi cominciò ad arrivare anche il turismo di chi super ricco non era.