Ore otto e trentanove del mattino, bar del centro storico fiorentino. La città non è ancora del tutto invasa dai turisti come lo sarà fra qualche minuto. Eike Schmidt prende una brioche alla marmellata d’albicocca, tira fuori il taccuino per segnarsi qualche appunto e l’iPhone con cui scatta le foto agli interminabili cantieri di Firenze. 

Un sondaggio di Nando Pagnoncelli dice che, alle elezioni fiorentine, fra lui — storico dell’arte ed ex direttore degli Uffizi — e la candidata del Pd Sara Funaro, ci sono soltanto tre punti di distacco al primo turno e che il ballottaggio è praticamente certo. L’intervista con il Grand Continent è il suo primo appuntamento “pubblico” della giornata, prima di cominciare il giro nei quartieri per fare campagna elettorale.

La giornata di Schmidt — il cui comitato elettorale è al numero 42 di viale Gramsci — è già iniziata da qualche ora: “Mi alzo sempre presto la mattina. L’orario dipende dalla stagione. D’inverno fra le sei e le sette, d’estate alle cinque. Questo mi dà la possibilità di leggere i giornali; non gli articoli di cronaca — che i miei collaboratori mi segnalano nel corso della giornata — ma quelli più lunghi. Il che mi permette di prendere appunti e fare dei ragionamenti. Per me è importante combinare la vita activa con la vita contemplativa. La mattina presto è il momento migliore che ho trovato nella mia vita, perché ci sono poche altre persone sveglie”. 

L’impressione che dà lo storico dell’arte, classe 1968, tedesco di Friburgo — la città di Martin Heidegger, che è stato vicino di casa della famiglia Schmidt — ma con cittadinanza italiana, è che sia meno impolitico e più scaltro di quel che potrebbe sembrare. Sta già cercando di capire come fare a intercettare i voti di Italia Viva, il partito di Matteo Renzi, al secondo turno. Oppure sta cercando di capire come fare per conquistare l’elettorato di Cecilia Del Re, candidata di Firenze Democratica, ex assessora della giunta Nardella. E sta cercando di tenere a bada gli animal spirits della destra fiorentina, che potrebbero fargli perdere qualche voto tra chi è pronto a mollare il centrosinistra ma non per votare l’estrema destra. 

D’altronde, parlando con il Grand Continent, Schmidt teorizza la fine della distinzione netta di destra e sinistra, due categorie per lui buone per distinguere la politica ottocentesca ma non più valide oggi. Il direttore del museo nazionale di Capodimonte, a Napoli, è sostenuto dalla sua lista civica — una strategia che in altre città della Toscana si è rivelata vincente per conquistare un elettorato moderato, come a Pisa con la lista di Michele Conti — e dalle forze di destra-centro. Fratelli d’Italia (che l’ha fortemente voluto tramite Gennaro Sangiuliano e Giovanni Donzelli), Lega e Forza Italia. 

Schmidt in vari momenti della conversazione usa toni molto duri nei confronti del Pd, sopratutto verso il sindaco uscente Dario Nardella, candidato alle Europee, ma non con tutti i suoi avversari — come leggerete — è così pugnace: “Nardella, che viene da Napoli, capendo che le polemiche che ha fatto in questi anni gli facevano perdere voti, ha attivato i suoi compagni napoletani. Non so se direttamente o no, ma non è un caso che abbia realizzato questo grande festival della pizza in piazzale Michelangelo, per ingraziarsi i compagni della Campania. È nella sua linea di favorire il turismo mordi e fuggi, il mangificio, la sconnessione totale dagli standard qualitativi e da un’offerta regionalmente corretta”, dice Schmidt, che per avversari e simpatizzanti talvolta è “il tedesco”. La città trabocca di paninerie e ristoranti per turisti. Se c’è qualcosa che a Firenze non manca è l’offerta culinaria. Anche quella che serve a mascherare presunti reati. Come quelli addebitati  negli ultimi giorni dall’Antimafia a due imprenditori, a capo di un’organizzazione che secondo l’accusa avrebbe acquistato o affittato 8 ristoranti del centro storico in parte con i soldi provenienti dalla gestione in ero. La politica non ne parla abbastanza, quasi che non ci fosse niente di cui stupirsi, anche Schmidt è sorpreso del fatto, proprio sotto elezioni, una inchiesta del genere non abbia la dovuta risonanza. 

Schmidt, una volta, in un’intervista lei si è definito “centrista aristotelico”. Ma che cosa ci fa con la destra?

Io sono contento del sostegno della destra così come sarei contento anche del sostegno della sinistra. Vedo che ci sono alcuni punti del mio programma che sono in sintonia, non solo a livello locale, ma anche a livello nazionale, con degli ideali della destra. Come per esempio la sicurezza e il decoro, ma anche le libertà individuali e le libertà del commercio. Qualcosa che, tra l’altro, era molto caro già ad Aristotele. Ci sono altri temi invece dove c’è una forte assonanza tra l’aristotelismo e la sinistra. Quella sinistra che conoscevamo cento o sessant’anni fa, che si faceva portavoce delle persone e dei gruppi più deboli; cosa che oggi non avviene più o  semmai solo per una piccola parte della sinistra. Quindi l’aristotelismo trova una sponda molto concreta in idee che oggi appartengono sia ai partiti di sinistra sia ai partiti di destra. Ci sono alcuni temi cari non solo ad Aristotele ma anche alla Dc e al sistema dei partiti della Prima Repubblica e che un tempo non erano prevalenti. Come l’ecologia, che ha fatto sì che una parte politica abbia cercato di farsi portavoce di politiche che vengono chiamate sempre con un anglicismo, green. E si capisce perché: sono temi importati dal mondo anglosassone. Ma in realtà la preoccupazione per la natura e l’ecologia in Italia avevano una grande tradizione anche nel lato conservatore. Pensiamo solo a Indro Montanelli, che è stato in Italia un grande ecologista, dagli anni Cinquanta fino alla fine dei suoi giorni. Sono grandi temi che esulano dalla suddivisione destra-sinistra. Dunque il ricorso a un teorico della politica come Aristotele è giusto. È un teorico che ha da ancora molto da dire, oltre 2.300 anni dopo. ‘Destra e Sinistra’ è una canzone datata di Giorgio Gaber, ma quella prospettiva, se riletta in chiave aristotelica, aiuta ad approcciare i grandi temi del 21esimo e del 22esimo secolo.

Schmidt, direttore degli Uffizi, ammirando la Medusa di Caravaggio. © Foto AP/Luca Bruno

Ma lei si sente un uomo di destra?

Io mi sento come un uomo aristotelico. E quindi non mi sento un uomo di destra, ma non mi sento neanche un uomo di sinistra. La divisione destra-sinistra è una astrazione che riguarda solo le grandi battaglie dell’Ottocento. Nell’Ottocento è storicamente corretto dire che questa è una misura di destra o che quest’altra è una misura di sinistra. Funzionava ancora in alcuni contesti del Novecento, ma oggigiorno funziona sempre di meno.

Io sono contento del sostegno della destra così come sarei contento anche del sostegno della sinistra.

Eike Schmidt

Esiste però un pensiero conservatore, rappresentato in Italia da Giorgia Meloni. È un pensiero che condivide?

Io con grande interesse ho iniziato a leggere Roger Scruton, autore apprezzato dalle destre europee — è molto importante parlarne sempre al plurale — e dai conservatori. Critica l’illuminismo in una maniera simile a come hanno fatto Max Horkheimer e Theodor Adorno con la loro Scuola di Francoforte. Ci sono alcuni autori di destra e alcuni autori di sinistra che vanno letti insieme. In Italia, Alessandro Giuli lo sta facendo con gli scritti di Antonio Gramsci. A destra non si dice più: ‘Gramsci è un autore di sinistra, quindi non lo leggo’, ma si cerca di capire in che senso Gramsci è rilevante per tutti noi. Ma siamo ancora all’inizio. Per me è molto importante portare avanti il dialogo oltre i confini ideologici e leggere i grandi autori come Scruton e Adorno in una sorta di dialogo fra loro, concentrandosi ad rem sulle problematiche e su chi apporta cosa. Un vero dialogo ancora non l’abbiamo avuto e andrebbe invece promosso. Anche fra i giovani studiosi, che hanno l’apertura mentale giusta, per rileggere in maniera bipartisan questi testi, reinterpretandoli per i nostri tempi. In Francia un’operazione del genere l’ha fatta a suo tempo Alain de Benoist con la Nouvelle Droite.

Veniamo alle questioni fiorentine. Perché candidarsi come civico e con una lista civica, in un’epoca in cui Giorgia Meloni sta cercando di costruire una élite politica conservatrice?

Le liste civiche sono un fenomeno importante e che diventa sempre più importante; ce ne sono sempre di più. Vale anche per il Pd: la sua gravissima crisi si capisce anche dal fatto che vuole avere più liste civiche degli altri. Come se non si fidasse più di sé stesso e, aggiungo, ha buone ragioni per non fidarsi più. Con un rabbercio, ha preso un po’ di gente di qua e un po’ di gente di là, senza peraltro passare queste candidature ai raggi X. Come quella dell’imprenditore accusato di reati finanziari o del candidato assolto dall’accusa di stalking perché i fatti sono stati commessi prima che diventasse reato. Il Pd ha sentito la necessità di aver più civici. Gente non connessa alla politica, ma in realtà connessa ad altre realtà meno piacevoli. Quindi questo sicuramente fa capire che specialmente quel partito è in una grave crisi. Non si è mai ripreso dalla grande implosione dei primi anni Novanta. Negli Stati Uniti è successo il contrario: i due partiti principali sono diventati sempre più forti, cambiando completamente carattere e diventando sempre meno comunicanti fra di loro.

Io mi sento come un uomo aristotelico.

Eike Schmidt

Il Pd quando si è candidato l’ha salutata così: “Un tedesco che vive e lavora a Napoli”. C’è rimasto male?

Per niente. Non mi riconosco in nessuna maniera in questa definizione, specialmente se usata come accusa. Potrei stare da qualunque parte. È un tentativo molto primitivo di cercare di screditare l’avversario politico. Ma se arrivano a questi livelli significa che non hanno altri argomenti. Peraltro il Pd cita sempre Giorgio La Pira: Forse non sanno che era della Dc e siciliano. Nell’immediato dopoguerra c’erano aperture mentali maggiori rispetto agli ultimi decenni. Il direttore di Palazzo Pitti, Marco Chiarini, era romano. Si capisce invece l’estremo provincialismo della subcultura piddina fiorentina, che ha risvolti molto problematici.

© Domenico Stinellis

Invece con altri suoi avversari sembra andare d’accordo. È vero che stima Cecilia Del Re, ex assessora della giunta Nardella, candidata di Firenze Democratica?

Ritengo che Del Re fosse l’unica assessora veramente capace in questa ultima giunta. Ho trovato indegno, da cittadino, il modo con cui è stata buttata fuori dal sindaco, nient’altro che per puro maschilismo concentrato sul proprio potere. Chiaramente, Nardella era geloso del fatto che lei aveva preso più preferenze di tutti. È stata una grande sconfitta psicologica per lui.

Le piacerebbe avere il sostegno di Del Re?

Nessuno che in vita sua ha mai giocato a carte ha ipotizzato che cosa farebbe se ci fossero certe carte e non altre.

Schmidt, veniamo ai trasporti. Lei è contrario alle tramvie?

Tutto a Firenze viene ideologizzato e non mi sorprende che il Pd abbia cercato in tutti i modi di dire che io sono contro le tramvie, cosa che non ho mai detto. Ho messo in luce fin dal primo giorno le criticità delle tramvie già costruite e quelle ancora da costruire. Però io sono molto favorevole a un sistema di trasporto pubblico locale, che a mio avviso deve essere più ampio e vasto, senz’altro polimodale. Un sistema che sarebbe più economico ed ecologico. Ci sono sicuramente dei gravissimi problemi con le tramvie che abbiamo visto realizzare e con quelle programmate. A partire dalla deforestazione totale della città di Firenze e la sostituzione di alberi sani, che hanno 70-80 anni e quindi sono di alto fusto e proteggono già climaticamente le strade della città, con nuove piante, talvolta scelte in maniera non coerente con la storia. Sono piante che hanno poca possibilità di sopravvivere, specialmente se la manutenzione è quella fatta con la motosega, come la vediamo eseguita qui, che è totalmente un orrore dal punto di vista della cura forestale. Questo è un approccio completamente sbagliato. Noi abbiamo bisogno di più alberi nel centro di Firenze. Ora è venuta fuori questa boutade della candidata del Pd di voler piantare 50 mila alberi alberi o arbusti. Se fossero arbusti sarebbe completamente irrilevante, perché non cambierebbe niente per il clima locale. Se fossero alberi bisogna considerare che per poter piantare 50 mila alberi ci vorrebbero nel centro di Firenze — perché questo è importante, non fuori — 75 ettari. Invece sarebbe realistico e necessario per sopravvivere l’aumento degli alberi esistenti del 30 per cento. A prescindere dalle teorie ampiamente discusse sul come mai fa più caldo adesso (è colpa dell’uomo o della natura? O è una combinazione di entrambe le cose?), quello che sappiamo con certezza statistica adesso è che nei prossimi 100 anni le temperature estive saranno più calde rispetto a quanto siamo abituati. Come nel Cinquecento per quasi un secolo faceva più freddo del solito. Non sappiamo come il clima si evolverà con assoluta precisione, ma l’importante è proteggerci sulla base di quello che sappiamo già: gli alberi abbassano la temperatura sotto di loro di 6-7 gradi. È  l’unica maniera per noi, i nostri figli e nipoti di sopravvivere in questo secolo.

Tutto a Firenze viene ideologizzato.

Eike Schmidt

Con Schmidt sindaco insomma non spariscono le tramvie?

Non spariscono le tramvie. La linea della tramvia 3.2 prevede di nuovo il sacrificio di decine e decine di alberi ad alto fusto, secolari, nelle piazze. È una cosa da rivedere maniera diversa. È stato fatto un progetto a tavolino senza pensare al contesto né al trasporto degli altri mezzi. Perché costruire la tramvia parallela, sacrificando alberi, a poco più di cento metri dai binari ferroriviari che tra l’altro saranno liberi tra pochissimo quando ci sarà alta velocità, è un totale controsenso che distrugge un ambiente non solo dal punto di vista naturale ma anche socio-economico. Abbiamo visto che cos’è successo lungo la tramvia che va verso piazza Leopoldo, non solo durante la fase dei cantieri, che è durata troppo a lungo, ma specialmente dopo la fine dei cantieri: molti negozi, specialmente quelli piccoli, sono morti se non erano vicino alle fermate. La gente non può più parcheggiare, non può più attraversare la strada. E quindi il numero dei clienti e la visibilità si sono estremamente ridotte. Sono le botteghe e le famiglie che soffrono più degli altri. 

Capitolo stadio della Fiorentina. Che ne pensa dell’idea di Dario Nardella di usare i soldi del Pnrr?

È una assurdità totale. In tutto il mondo sono le società a costruire lo stadio, perché hanno la motivazione di renderlo più funzionale e di metterlo nella loro strategia economica e comunicativa per finanziare il club. L’Italia è una eccezione storica. Gli stadi sono stati costruiti molto tempo fa, ma in tutto il resto del mondo — non solo in Europa — sono le società a costruire. Rinunciare all’offerta della proprietà della Fiorentina di costruirlo è stata una follia totale. E adesso abbiamo questo polpettone avvelenato di uno stadio contrattualizzato ma non ancora finanziato. Tra l’altro, la commissione tecnica che doveva valutare i vari progetti riguardo alla loro funzionalità e al rispetto delle norme specifiche e del codice urbano per quanto riguarda la paesaggistica, e alla quale ho partecipato anche io come membro, aveva sopratutto il compito di riqualificare tutto Campo di Marte. Ma anche in questo caso, il progetto che ha vinto il concorso è stato stralciato ed è rimasto solo lo stadio. Il problema è che lo stadio è un monumento nazionale ed è in uno stato di conservazione molto compromesso. Già oggi costa più di un milione di manutenzione ordinaria all’anno. La manutenzione straordinaria doveva essere fatta tanto tempo fa e costa 120 milioni di euro.

Chi ha proposto l’Europa dopo la seconda guerra mondiale aveva un’idea culturale e anche cattolica.

Eike Schmidt

Tuttavia mi sembra un’altra follia in questa serie di follie che, non si sa come, stanno tutte nella testa di Nardella, quella di pensare di costruire prima lo stadio nello stesso luogo dimezzando il numero dei tifosi ammessi e poi però non avendo lo stadio finanziato. Con il grave rischio che a un certo punto il progetto si fermi rimanendo a metà per anni. Questo è irresponsabile verso la Fiorentina, verso i tifosi e verso i cittadini che vivono a Campo di Marte, dove anche io negli anni Novanta ho vissuto. Quello che dovrebbe essere fatto lì, a Campo di Marte, è un parcheggio. Perché è un’emergenza che diventa insostenibile ogni volta che c’è una partita. Tra l’altro un’altra di queste superficialità nella progettazione della tramvia è l’idea che i tifosi venissero allo stadio e poi ripartissero con la tramvia dopo la partita. Arrivare con la tramvia in qualche maniera potrebbe anche essere fattibile, se diluiti. Ma è totalmente impensabile che questa gente ripartisse anche con la tramvia: la tramvia non può contenere 40 mila persone, anche se fosse lunga 5 chilometri.

Schmidt in posa davanti alla Nascita di Venere di Botticelli. © Maria Laura Antonelli/AGF/SIPA

Senta Schmidt, l’8 e 9 giugno ci sono anche le Europee. Manca qualcosa a quest’Europa?

L’Europa è nata dopo la seconda guerra mondiale per un’idea culturale. Chi ha proposto l’Europa dopo la seconda guerra mondiale aveva un’idea culturale e anche cattolica. Era l’Europa di Alcide De Gasperi, cattolico, che tra l’altro parlava fluentemente non solo latino ma anche tedesco; di Robert Schuman, cattolico anche lui, che parlava non solo il francese ma anche il tedesco; e di Konrad Adenauer, cattolico come gli altri. Quest’ultimo, a parte il latino, parlava naturalmente il tedesco ma forse peggio degli altri due perché lo parlava con un forte accento renano. La loro idea era questa: un Occidente che esce dal totalitarismo e che si ribella contro il nazismo e contro il fascismo ma anche contro il totalitarismo sovietico. Questa idea nei decenni si è persa. L’Europa per molti è una idea puramente economico- politica; prima economica e poi politica, in seconda battuta. Considerando l’estrema diversità dei partiti, anche quelli che a livello politico sono alleati, molte decisioni sembrano necessariamente frammentate. Non guidate da una visione comune. Questo è il vero problema dell’Europa: deve trovare una visione culturale comune. Il che non significa dare qualche miliardo oggi alla Spagna, domani alla Polonia e dopo domani all’Italia.

L’Europa fa bene ad aiutare Kiev dando anche sostegno militare?

Si vis pacem, para bellum.