{"id":8295,"date":"2023-06-16T11:35:25","date_gmt":"2023-06-16T10:35:25","guid":{"rendered":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/ita\/?p=8295"},"modified":"2023-06-16T11:36:40","modified_gmt":"2023-06-16T10:36:40","slug":"dalla-concorrenza-al-conflitto-mario-draghi-sullinflazione-e-la-guerra-in-ucraina","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/it\/2023\/06\/16\/dalla-concorrenza-al-conflitto-mario-draghi-sullinflazione-e-la-guerra-in-ucraina\/","title":{"rendered":"Dalla concorrenza al conflitto: Mario Draghi sull\u2019inflazione e la guerra in Ucraina"},"content":{"rendered":"\n
Dalla fine della sua esperienza politica, Mario Draghi ha deciso di tenere un profilo pubblico molto sobrio. Ha partecipato a pochissimi eventi, come quello dedicato alla carriera di Emilio Giannelli, storico vignettista del Corriere della Sera, o ai 25 anni della BCE, e non ha concesso interviste ai media nazionali e internazionali. Il suo discorso, per quanto in un ambito universitario e dunque \u201cprotetto\u201d, \u00e8 dunque rilevante, perch\u00e9 l\u2019ex Presidente della BCE torna a parlare della necessit\u00e0, per l\u2019Europa e l\u2019occidente, di aiutare fino in fondo l\u2019Ucraina a vincere la guerra contro la Russia e perch\u00e9 apre una sequenza di interventi pubblici che si terranno nelle prossime settimane.<\/p>\n\n\n\n
Secondo Draghi, sostenere Kiev \u00e8 un imperativo \u00abesistenziale\u00bb per l\u2019Unione europea e per gli Stati Uniti, che in questo contesto hanno davanti a s\u00e9 soltanto una strada: \u00abNon c\u2019\u00e8 alternativa a garantire che l\u2019Ucraina vinca questa guerra\u00bb. Si tratta di una posizione coerente con quella tenuta dall\u2019ex Presidente del Consiglio nel suo periodo a Palazzo Chigi, ma che ricorda all\u2019opinione pubblica interna e internazionale l\u2019impegno di una parte dell\u2019establishment occidentale verso un esito che al momento appare tutt\u2019altro che scontato.<\/p>\n\n\n\n
La scelta dell\u2019ateneo da cui tenere questo discorso non \u00e8 casuale, seppur facilitata dall\u2019occasione, il Miriam Pozen Prize, che l\u2019ex Presidente ha ricevuto. \u00c8 al MIT, infatti, che Draghi ha difeso il suo dottorato, ed \u00e8 in America che ha svolto parte della sua formazione, senza contare i fortissimi rapporti personali, politici e finanziari che ha coltivato oltreoceano nella sua lunga carriera da funzionario pubblico italiano ed europeo. Si tratta della prima di una serie di conferenze che l\u2019ex Presidente della BCE terr\u00e0 non soltanto in istituti universitari, ma anche e soprattutto in istituzioni finanziarie: il 22 giugno Draghi sar\u00e0 a Parigi, al Carrousel du Louvre, per l\u2019Amundi World Investment Forum.<\/p>\n\n\n\n
La mia conferenza di oggi prender\u00e0 spunto dalle mie esperienze di banchiere centrale e di primo ministro italiano. Vorrei riflettere sui due eventi che, insieme alle crescenti tensioni con la Cina, hanno dominato le relazioni internazionali e l\u2019economia globale nell\u2019ultimo anno e mezzo: la guerra in Ucraina e il ritorno dell\u2019inflazione.<\/p>\n\n\n\n
Questi eventi hanno colto di sorpresa i responsabili politici. Pensavamo che le istituzioni che avevamo costruito, insieme ai legami economici e commerciali, sarebbero state sufficienti a prevenire una nuova guerra in Europa. E credevamo che le banche centrali indipendenti avessero acquisito la capacit\u00e0 di contenere le aspettative di inflazione, al punto da temere una stagnazione secolare. Con il senno di poi, sosterr\u00f2 che questi due eventi epocali non sono arrivati dal nulla e non sono scollegati tra loro.<\/p>\n\n\n\n
Piuttosto, sono entrambi la conseguenza di un cambiamento di paradigma che negli ultimi due decenni e mezzo ha silenziosamente spostato la geopolitica globale dalla competizione al conflitto. Questo cambiamento di paradigma potrebbe portare a tassi di crescita potenziale pi\u00f9 bassi, oltre a richiedere politiche che portino a deficit di bilancio e tassi di interesse pi\u00f9 elevati. Negli anni Novanta, molti credevano che il processo di globalizzazione fosse inarrestabile e che avrebbe diffuso valori liberali e democratici in tutto il mondo.<\/p>\n\n\n\n
Lo sviluppo del settore privato, il buon funzionamento dei mercati, la straordinaria crescita degli investimenti diretti esteri e l’espansione del commercio mondiale erano visti come obiettivi che avrebbero portato benessere e democrazia a tutti. L\u2019opinione dominante era che i valori globali sarebbero stati convergenti e che questa convergenza avrebbe rimodellato le relazioni internazionali per i decenni a venire. Si presumeva inoltre che le istituzioni internazionali sarebbero state sufficienti a correggere le distorsioni derivanti dalla globalizzazione – per esempio in materia di clima, concorrenza e diritti di propriet\u00e0 – e che le istituzioni nazionali avrebbero corretto le disuguaglianze. <\/p>\n\n\n\n
Due esempi hanno rivelato le lacune di questa visione consensuale della globalizzazione. <\/p>\n\n\n\n
Il primo, forse pi\u00f9 simbolico e consequenziale, \u00e8 stato la scelta di far entrare la Cina nell\u2019Organizzazione mondiale del commercio, nonostante non fosse (e non sia) un\u2019economia di mercato, nell\u2019ipotesi che lo sarebbe diventata. Sebbene questa decisione abbia portato a una storica riduzione della povert\u00e0 globale e abbia avvantaggiato i consumatori e le imprese occidentali, essa ha avuto un forte impatto sociale, politico e ambientale. L\u2019OMC si \u00e8 dimostrata incapace di contenerlo.<\/p>\n\n\n\n
In secondo luogo, la pretesa che la diffusione del libero mercato diffondesse anche i valori della democrazia liberale \u00e8 stata infranta dall\u2019esempio della Russia. L\u2019Occidente ha visto l\u2019ascesa di Vladimir Putin come un segno dell\u2019inevitabile modernizzazione della Russia e ha accolto Mosca nei forum multilaterali, a partire dal G7 e dal G20. Abbiamo ipotizzato che i legami economici e commerciali creati con la Russia sarebbero stati una garanzia di prosperit\u00e0, un motore di democratizzazione, un preludio a una pace duratura.<\/p>\n\n\n\n
Tuttavia, il Presidente Putin non ha mai accettato i cambiamenti politici e territoriali seguiti alla scomparsa dell’Unione Sovietica. Dalla Georgia alla Crimea, il governo russo ha violato ripetutamente la sacralit\u00e0 dei confini internazionali, perseguendo un piano premeditato per ripristinare il suo passato imperiale. I contratti che avevamo firmato con la Russia, in particolare per la fornitura di gas naturale, sono diventati uno strumento di ricatto.<\/p>\n\n\n\n
Mentre noi eravamo impegnati a celebrare la fine della storia, la storia stava preparando il suo ritorno. Anche le nostre istituzioni nazionali sono state colte di sorpresa da questa sfida. La rivolta contro l\u2019ordine liberale multilaterale ha preso forza, a causa della sua percepita iniquit\u00e0 e della mancanza di garanzie. Nel 2016, l\u2019elezione di Donald Trump negli Stati Uniti e il referendum sulla Brexit in Europa hanno mostrato una diffusa insoddisfazione nei confronti del modello economico e politico esistente. Gli elettori hanno chiesto una maggiore protezione e un maggiore controllo. Volevano un ruolo pi\u00f9 centrale per lo Stato, che \u00e8 tornato in primo piano.<\/p>\n\n\n\n
La pandemia di Covid-19 ha accelerato la tendenza ad allontanarsi dal primato dei mercati. In Europa ci siamo subito resi conto che troppe catene di approvvigionamento erano fuori dal nostro controllo in un momento critico. L\u2019esempio pi\u00f9 chiaro e pericoloso \u00e8 stata la catena di fornitura di beni medici essenziali – dai dispositivi di protezione ai vaccini – rispetto ai quali i governi hanno dovuto assumere una posizione pi\u00f9 assertiva. Anche il settore pubblico ha assunto un ruolo centrale nel sostenere l\u2019economia durante le chiusure e nell\u2019avviare la ripresa alla riapertura. I bilanci statali hanno protetto i posti di lavoro, i salari e le imprese, una mossa che si \u00e8 rivelata saggia per limitare i danni dello shock pandemico.<\/p>\n\n\n\n
Ma proprio quando pensavamo di aver vinto la guerra contro il Covid-19, un nuovo conflitto \u00e8 arrivato a minacciare la nostra prosperit\u00e0 e sicurezza collettiva: la brutale invasione dell\u2019Ucraina da parte della Russia. Non si \u00e8 trattato di un atto di follia imprevedibile. \u00c8 stato un passo premeditato nell\u2019agenda del Presidente Putin e un colpo deciso all\u2019UE. I valori esistenziali dell\u2019Unione europea sono la pace, la libert\u00e0 e il rispetto della sovranit\u00e0 democratica. Sono i valori emersi dopo il bagno di sangue della Seconda Guerra Mondiale.<\/p>\n\n\n\n
Ecco perch\u00e9 per gli Stati Uniti, l\u2019Europa e i suoi alleati non c\u2019\u00e8 alternativa a garantire che l\u2019Ucraina vinca questa guerra. Accettare una vittoria russa o un pareggio confuso indebolirebbe fatalmente altri Stati confinanti e invierebbe agli autocrati il messaggio che l\u2019UE \u00e8 pronta a scendere a compromessi su ci\u00f2 che rappresenta, su ci\u00f2 che \u00e8.<\/p>\n\n\n\n
Inoltre, segnalerebbe ai nostri partner orientali che il nostro impegno per la loro libert\u00e0 e indipendenza – un pilastro della nostra politica estera – non \u00e8 poi cos\u00ec incrollabile. In breve, sarebbe un colpo esistenziale per l\u2019UE.<\/p>\n\n\n\n
Vincere questa guerra per l\u2019Europa significa avere una pace stabile, e oggi questa prospettiva appare difficile. L\u2019invasione della Russia fa parte di una strategia delirante e a lungo termine del Presidente Putin: recuperare l\u2019influenza passata dell\u2019Unione Sovietica. La sopravvivenza stessa del suo governo \u00e8 ormai intimamente legata al suo successo. Ci vorrebbe un cambiamento politico interno a Mosca perch\u00e9 la Russia abbandoni i suoi obiettivi, ma non c’\u00e8 alcun segno che ci\u00f2 avverr\u00e0.<\/p>\n\n\n\n
Le conseguenze geopolitiche di un conflitto prolungato al confine orientale dell\u2019Europa sono molto significative. Quanto prima ce ne renderemo conto, tanto meglio saremo preparati. In primo luogo, l\u2019UE deve essere disposta a rafforzare le proprie capacit\u00e0 di difesa. Questo \u00e8 essenziale per aiutare l\u2019Ucraina per tutto il tempo necessario e per fornire una deterrenza significativa contro la Russia.<\/p>\n\n\n\n
In secondo luogo, dobbiamo essere pronti a iniziare un percorso con l\u2019Ucraina che porti alla sua adesione alla NATO. L\u2019alternativa \u00e8 inviare ancora pi\u00f9 armi e costruire un accordo tra l\u2019Ucraina e tutti i suoi alleati con elementi che garantiscano una mutua difesa, sul modello del trattato che lega gli Stati Uniti alla Corea del Sud. Ma un tale accordo sarebbe difficile da raggiungere e da attuare. Non avrebbe una forza tale da tenere testa alla Russia e, come ha osservato Henry Kissinger, non legherebbe la strategia nazionale dell\u2019Ucraina a quella globale. Inoltre, credo che il contesto storico e politico ucraino sia diverso da quello coreano. Se questa seconda ipotesi si rivelasse quella pi\u00f9 probabile, l\u2019incertezza e l\u2019instabilit\u00e0 che ne deriverebbero potrebbero essere grandi. In terzo luogo, dobbiamo prepararci a un periodo prolungato in cui l\u2019economia globale si comporter\u00e0 in modo molto diverso dal recente passato.<\/p>\n\n\n\n
\u00c8 qui che si intersecano i cambiamenti geopolitici e le dinamiche dell\u2019inflazione.<\/p>\n\n\n\n
La guerra in Ucraina ha contribuito all\u2019aumento delle pressioni inflazionistiche a breve termine, ma \u00e8 anche probabile che inneschi cambiamenti duraturi che preannunciano un aumento dell\u2019inflazione in futuro. Nel breve periodo, l\u2019impennata dei prezzi dell\u2019energia, l\u2019aggravarsi delle strozzature dal lato dell\u2019offerta a causa dell\u2019interruzione delle catene del valore e le perturbazioni nei mercati dei cereali e di altri prodotti alimentari hanno spinto l\u2019inflazione a livelli che non si vedevano da decenni.<\/p>\n\n\n\n
Questi fattori dal lato dell\u2019offerta sono stati inizialmente la fonte dominante dell\u2019inflazione in Europa, in quanto le aziende hanno dovuto aumentare i prezzi in risposta ai rincari dell’energia e di altri costi. Negli Stati Uniti, le successive ondate di stimoli fiscali hanno invece reso l\u2019inflazione un fenomeno prevalentemente dovuto alla domanda. <\/p>\n\n\n\n
In entrambi i casi, per\u00f2, le banche centrali sono dovute intervenire per riportare il tasso d\u2019inflazione verso i loro obiettivi, un\u2019azione che avevano quasi dimenticato dopo un decennio di bassa inflazione. Con il senno di poi, \u00e8 probabile che le autorit\u00e0 monetarie avrebbero dovuto diagnosticare per tempo il ritorno di un\u2019inflazione persistente. Ma, soprattutto in Europa, data la natura dello shock guidato dall\u2019offerta, non \u00e8 chiaro se un\u2019azione pi\u00f9 tempestiva avrebbe arginato di molto l\u2019accelerazione dei prezzi.<\/p>\n\n\n\n
L\u2019incapacit\u00e0 dei governi di accordarsi tempestivamente su un tetto massimo del prezzo per il gas naturale ha reso il lavoro della Banca Centrale Europea molto pi\u00f9 difficile. In ogni caso, quando le banche centrali sono intervenute, hanno dimostrato un forte impegno a tenere sotto controllo l\u2019inflazione e hanno in gran parte recuperato il tempo perduto. L\u2019aumento dei tassi si sta ora diffondendo nell\u2019economia e ci sono segnali di rallentamento nel settore manifatturiero.<\/p>\n\n\n\n
Tuttavia, i servizi e soprattutto il turismo rimangono forti e i mercati del lavoro restano generalmente rigidi rispetto agli standard storici. L\u2019inflazione si sta dimostrando pi\u00f9 resistente di quanto le banche centrali avessero inizialmente ipotizzato. La lotta contro l\u2019inflazione non \u00e8 finita e probabilmente richieder\u00e0 una cauta continuazione della stretta monetaria, sia attraverso tassi di interesse ancora pi\u00f9 elevati, sia allungando i tempi di inversione del loro corso.<\/p>\n\n\n\n
Tuttavia, le diverse fonti dello shock inflazionistico nelle varie giurisdizioni hanno implicazioni per il compito che attende le banche centrali. Negli Stati Uniti, l\u2019inflazione \u00e8 stata in gran parte trainata da un\u2019impennata del reddito disponibile delle famiglie durante la pandemia e da un conseguente aumento del risparmio, che da allora \u00e8 stato progressivamente ridotto.<\/p>\n\n\n\n
Un fattore chiave \u00e8 stato il trasferimento fiscale durante e dopo la pandemia, che ha pi\u00f9 che giustificato una crescita del reddito disponibile superiore al normale nel 2020 e 2021. Tuttavia, il reddito disponibile \u00e8 ora in gran parte tornato ai livelli abituali e la politica fiscale \u00e8 tornata a un atteggiamento meno espansivo. Ci\u00f2 suggerisce che l\u2019attuale impulso ai consumi – e la pressione sui prezzi che ha prodotto – si attenuer\u00e0 una volta esaurito l\u2019eccesso di risparmio. Inoltre, anche se la creazione di posti di lavoro negli Stati Uniti rimane forte, vi sono dubbi sul fatto che i salari assumeranno il ruolo di motore delle pressioni inflazionistiche una volta che la spesa si sar\u00e0 normalizzata.<\/p>\n\n\n\n
I salari nominali sono aumentati fortemente, ma manca la prova che la loro crescita abbia guidato l\u2019aumento dei prezzi. Piuttosto, i salari sembrano aver risposto allo stesso fattore comune di eccesso di domanda e dovrebbero quindi stabilizzarsi quando la domanda si attenuer\u00e0. <\/p>\n\n\n\n
Nell\u2019area euro le sfide sono diverse. Finora l\u2019inflazione non \u00e8 stata trainata da un eccesso di domanda. A differenza degli Stati Uniti, i consumi reali totali nell\u2019area euro sono ancora al di sotto del livello pre-pandemico e ben al di sotto del trend pre-pandemico. Questo netto contrasto riflette il fatto che l\u2019eurozona ha subito un enorme shock delle ragioni di scambio a causa della crisi energetica, che ha allo stesso tempo aumentato i costi e trasferito reddito al resto del mondo.<\/p>\n\n\n\n
Le imprese hanno reagito finora modificando il loro comportamento in materia di prezzi: anzich\u00e9 assorbire i costi pi\u00f9 elevati nei margini, come avevano fatto per la maggior parte del decennio precedente, li hanno trasferiti ai consumatori, mantenendo o addirittura aumentando i loro profitti. I lavoratori, invece, non sono riusciti a evitare una perdita di reddito reale. Alla fine dello scorso anno i salari reali erano ancora inferiori di circa il 4% rispetto ai livelli pre-pandemia. E, data la natura inerziale della maggior parte delle contrattazioni salariali in Europa, questo processo si protrarr\u00e0 nel tempo fino al recupero delle perdite salariali reali.<\/p>\n\n\n\n
Un periodo pi\u00f9 lungo di aumento dei salari comporta naturalmente maggiori rischi di persistenza dell\u2019inflazione, soprattutto se le imprese continueranno a mantenere la loro politica di prezzi osservata finora. Quindi, per eliminare questi rischi, la domanda deve essere sufficientemente contenuta da ridurre il potere di determinazione dei prezzi e impedire alle imprese di trasferire sui consumatori i futuri aumenti salariali.<\/p>\n\n\n\n
D\u2019altra parte, con la diminuzione della domanda, le imprese potrebbero assorbire una quota degli aumenti salariali impliciti nei contratti di lavoro per i prossimi 1-2 anni. Al netto di altri fattori, il grado di stretta monetaria futura dipende dall\u2019interazione tra imprese e lavoro e dalla profondit\u00e0 degli effetti delle decisioni monetarie passate. In generale, non mi aspetto che le preoccupazioni per la stabilit\u00e0 finanziaria ostacolino il processo. Gli attuali problemi bancari non sono in alcun modo paragonabili alla crisi finanziaria e dovrebbero essere affrontati con misure ad hoc, come \u00e8 stato fatto finora.<\/p>\n\n\n\n
Date le dimensioni limitate di queste crisi, i governi dovrebbero finanziare, quando richiesto, ogni intervento necessario, evitando di creare, per le banche centrali, un conflitto tra il perseguimento degli obiettivi di politica monetaria e quelli di stabilit\u00e0 finanziaria. L\u2019esperienza degli anni Settanta \u00e8 ancora ben chiara a tutti noi e oggi n\u00e9 i governi n\u00e9 le banche centrali vogliono assistere a un de-ancoraggio delle aspettative di inflazione. Dovranno imparare di nuovo a vivere in un mondo in cui lo spazio fiscale non \u00e8 infinito, come sembrava essere il caso quando i tassi di crescita superavano significativamente i costi di finanziamento.<\/p>\n\n\n\n
Inoltre, se si sono capite alcune delle lezioni degli ultimi trent\u2019anni, si dovr\u00e0 prestare molta pi\u00f9 attenzione alla definizione della politica fiscale, che dovrebbe essere concepita per aumentare la crescita potenziale, proteggendo e includendo allo stesso tempo coloro che hanno pi\u00f9 bisogno di aiuto. Naturalmente questo quadro potrebbe cambiare radicalmente se un\u2019ondata di potenti innovazioni, come l\u2019intelligenza artificiale, dovesse scuotere il mondo e aumentare la crescita globale.<\/p>\n\n\n\n
Anche se \u00e8 difficile prevedere tutte le implicazioni di un simile evento, una cosa \u00e8 chiara: i governi, gli Stati e le istituzioni devono rispondere in modo proattivo per garantire l\u2019inclusione e la protezione di tutti coloro che sarebbero colpiti negativamente da tali sviluppi. In tutto questo, l\u2019UE dovr\u00e0 affrontare sfide sovranazionali senza precedenti. L\u2019UE \u00e8 stata per molti versi al centro dell\u2019esperimento della globalizzazione, ma considerare la creazione del mercato unico e dell\u2019euro solo come un\u2019estensione di questo processo sarebbe una lettura parziale. Il progetto \u00e8 sempre stato pi\u00f9 ambizioso.<\/p>\n\n\n\n
L\u2019UE \u00e8 stata eccezionale in due importanti dimensioni. Il modello sociale europeo ha garantito una rete di sicurezza pi\u00f9 solida per coloro che sono rimasti indietro rispetto al resto del mondo. Inoltre, l\u2019UE disponeva di regole e istituzioni collettive forti che, per quanto imperfette, garantivano una maggiore protezione contro gli effetti collaterali del libero mercato. Ma non \u00e8 stata concepita per trasformare il peso economico in potere militare e diplomatico. <\/p>\n\n\n\n
Ecco perch\u00e9 la risposta europea alla Russia rappresenta uno spartiacque. Ora, la guerra in Ucraina, come mai prima d\u2019ora, ha dimostrato l\u2019unit\u00e0 dell\u2019UE nel difendere i propri valori fondanti, andando oltre le priorit\u00e0 nazionali dei singoli Paesi. Questa unit\u00e0 sar\u00e0 fondamentale negli anni a venire. Sar\u00e0 fondamentale per ridisegnare l\u2019Unione in modo da accogliere al suo interno l\u2019Ucraina, i Paesi balcanici e quelli dell\u2019Europa orientale; per organizzare un sistema di difesa europeo che sia complementare e accrescitivo rispetto alla NATO; e per superare tutte le altre sfide sovranazionali che dobbiamo affrontare collettivamente: in primo luogo la transizione climatica e la sicurezza energetica, per adattare le nostre istituzioni, e soprattutto il processo decisionale, al nuovo contesto.<\/p>\n\n\n\n
E tutto questo senza indebolire la protezione sociale che rende l\u2019UE unica. Insisto sull\u2019unit\u00e0 perch\u00e9 \u00e8 l\u2019unica strada percorribile: i singoli Paesi europei, per quanto forti, sono troppo piccoli per affrontare queste sfide da soli. E pi\u00f9 queste sfide sono grandi, pi\u00f9 il cammino verso un\u2019unica entit\u00e0 politica, economica e sociale, per quanto lungo e difficile, diventa inevitabile. Il nostro viaggio, iniziato molti anni fa e accelerato con la creazione dell\u2019euro, continua.<\/p>\n\n\n\n
Oggi ho parlato dei nostri tempi difficili. Ma i tempi non sono mai stati facili. Sono arrivato qui nell\u2019agosto del 1972. Mentre ero studente, c\u2019\u00e8 stata la guerra dello Yom Kippur, diversi shock dei prezzi del petrolio, il crollo del sistema monetario internazionale, il terrorismo che imperversava in tutto il mondo e l\u2019inflazione fuori controllo, solo per citare alcuni eventi di quel periodo. Naturalmente eravamo in piena guerra fredda.<\/p>\n\n\n\n
Siamo stati in grado di superare queste sfide, e sono certo che lo faremo anche in futuro, grazie a donne e uomini preparati e ispirati.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
\u00abMentre eravamo impegnati a celebrare la fine della storia, la storia stava preparando il suo ritorno\u00bb. Nel suo primo discorso pubblico da quando ha lasciato la Presidenza del Consiglio, Mario Draghi cerca di definire l\u2019epoca attuale: sulle ceneri della globalizzazione degli anni Novanta, siamo di fronte a una guerra che si estende dall\u2019Ucraina agli sconvolgimenti economici e sociali che attraversano il continente<\/p>\n","protected":false},"author":6720,"featured_media":8318,"comment_status":"closed","ping_status":"closed","sticky":false,"template":"templates\/post-speeches.php","format":"standard","meta":{"_acf_changed":false,"_trash_the_other_posts":false,"footnotes":""},"categories":[1570],"tags":[],"geo":[],"class_list":["post-8295","post","type-post","status-publish","format-standard","hentry","category-economia","staff-il-grand-continent"],"acf":[],"yoast_head":"\n