{"id":750,"date":"2021-01-04T09:28:04","date_gmt":"2021-01-04T09:28:04","guid":{"rendered":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/ita\/?p=750"},"modified":"2021-01-17T17:25:32","modified_gmt":"2021-01-17T17:25:32","slug":"dove-andra-la-germania-nel-2021","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/it\/2021\/01\/04\/dove-andra-la-germania-nel-2021\/","title":{"rendered":"Dove andr\u00e0 la Germania nel 2021?"},"content":{"rendered":"\n

Il 2021 sar\u00e0 un anno di incognite. La prima sar\u00e0 l\u2019efficacia delle campagne vaccinali nel sottrarre l\u2019Europa alla crisi del Covid-19. La capacit\u00e0 europea di uscire da lockdown,<\/em> emergenze sanitarie e blocchi di produzione\/consumo si decider\u00e0 nei prossimi 12 mesi. E in questo scenario, comunque vada, sar\u00e0 cruciale il ruolo della Germania. <\/p>\n\n\n\n

Soprattutto durante la prima ondata, Berlino si \u00e8 rivelata forse non pi\u00f9 locomotiva<\/em>, ma certamente \u00e0ncora<\/em> a cui i partner europei si sono aggrappati per attraversare la crisi pandemica. Ma se nel 2020 le decisioni e i risultati su questo piano sono stati raggiunti e gestiti dalla fase finale del merkelismo, nel 2021 la politica interna tedesca<\/a> – e quindi la sua proiezione esterna – porteranno gi\u00e0 il segno della successione ad Angela Merkel. La campagna elettorale per le prossime elezioni nazionali tedesche del 26 settembre 2021 influenzer\u00e0 in parte le decisioni dell\u2019ultimo anno della Cancelliera e sar\u00e0 anche preceduta (salvo rinvii) da almeno 4 importanti elezioni regionali. Le elezioni nazionali segneranno inevitabilmente la strada che Berlino potr\u00e0 prendere quando dovr\u00e0 calarsi nel flusso sempre pi\u00f9 in piena delle attuali accelerazioni geopolitiche. La seconda incognita del 2021 sar\u00e0 quindi come la Germania si trasformer\u00e0 dopo 15 anni di calibrata, abile e irripetibile guida di Angela Merkel.<\/p>\n\n\n\n

La Germania all’interno<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

Per certi versi, la fine del merkelismo dura gi\u00e0 da 4 anni. Vale a dire da quando Merkel ha vinto le elezioni 2017 senza i risultati trionfali preannunciati dai sondaggi, trovandosi cos\u00ec costretta a lunghi mesi di trattative e, poi, a ripiegare sull\u2019ennesima Gro\u00dfe Koalition<\/em> <\/a>con i socialdemocratici della SPD. Da allora Merkel \u00e8 sembrata diverse volte addirittura propensa ad anticipare la propria uscita di scena, come quando nel 2018 ha scelto di lasciare la Presidenza del suo partito. Come se non bastasse, proprio la sua erede designata Annegret Kramp-Karrenbauer<\/a> (attuale Ministra della Difesa), \u00e8 stata prima eletta Presidente della CDU ma ha poi deciso di lasciare la leadership<\/em> nel febbraio 2020 (dopo non essere riuscita a gestire con autorevolezza i clamorosi tentativi di accordo regionale tra la CDU della Turingia e la destra radicale di AfD, Alternative f\u00fcr Deutschland).<\/p>\n\n\n\n

Quello che sembrava un lento declino di Angela Merkel e della sua legacy politica pi\u00f9 diretta, per\u00f2, si \u00e8 arrestato con lo shock senza precedenti della pandemia. Da sempre Krisenkanzlerin<\/em> (\u201cCancelliera delle crisi\u201d), nel 2020 Merkel ha velocemente riconquistato la fiducia dei tedeschi. In occasione della prima ondata di Covid, a Merkel \u00e8 stata riconosciuta la capacit\u00e0 di fermare scenari devastati come quelli italiani, inglesi e spagnoli. Nell\u2019attuale seconda ondata, che si sta rivelando molto pi\u00f9 grave e molto pi\u00f9 letale anche in Germania, Merkel \u00e8 per ora ritenuta la sola che abbia richiesto misure anti-Covid pi\u00f9 appropriate, mentre la colpa per ritardi e sottovalutazioni viene riversata su diversi Ministri Presidenti dei vari Land<\/em> federali. Poco prima dell’esplosione definitiva della pandemia, lo scorso 7 marzo 2020, i tedeschi avrebbero votato CDU-CSU al 26% e Gr\u00fcnen<\/em> (i Verdi) al 24%. Oggi, fine dicembre 2020, voterebbero invece cos\u00ec: CDU-CSU al 36%, seguiti dai Gr\u00fcnen <\/em>al 18% (dati<\/a> Forsa).<\/p>\n\n\n\n

L\u2019attesa per una nuova CDU<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

Sarebbe per\u00f2 ovviamente un errore credere che queste percentuali siano gi\u00e0 stabilite. Da qui al prossimo 26 settembre 2021 potranno cambiare diversi elementi. Molto dipender\u00e0 da chi sar\u00e0 il prossimo Presidente della CDU e il nuovo candidato CDU-CSU al Cancellierato federale. A partire dal 16 gennaio 2021, i cristiano-democratici sceglieranno in un congresso digitale chi dovr\u00e0 sostituire Kramp-Karrenbauer come Presidente. In lizza ci sono tre uomini: Armin Laschet, Norbert R\u00f6ttgen e Friedrich Merz. Armin Laschet sarebbe forse il pi\u00f9 diretto erede di Merkel: attuale Ministro Presidente della Renania Settentrionale-Vestfalia, centrista, moderato, \u00e8 un uomo dell\u2019apparato di partito. I rappresentati del suo Land saranno molto numerosi tra i \u201cgrandi elettori\u201d CDU che decideranno a gennaio, e questo potrebbe essere un vantaggio. Cos\u00ec come potr\u00e0 esserlo il sostegno ufficiale che Laschet ha ricevuto dal candidato-non-candidato Jens Spahn, attuale ministro della Sanit\u00e0, modernamente conservatore, che sembrerebbe aver deciso di aspettare un round prima di candidarsi a sua volta come Cancelliere. Secondo i sondaggi Laschet sarebbe tuttavia un candidato debole al Cancellierato: non ha molto sostegno tra gli elettori tedeschi, inclusi quelli della CDU. Debolezza forse dovuta anche alla gestione del Covid-19 in Renania Settentrionale-Vestfalia, che non \u00e8 stata certamente tra le migliori.<\/p>\n\n\n\n

Il candidato Norbert R\u00f6ttgen, attuale presidente della Commissione Esteri del Bundestag, sembrava invece un outsider, ma si \u00e8 ultimamente lanciato in un\u2019abile campagna social, molto personalista, e si \u00e8 posizionato su diversi dossier internazionali. Secondo i sondaggi<\/a> di der Spiegel<\/em>, se dovessero scegliere direttamente gli elettori CDU, e non i funzionari di partito, R\u00f6ttgen avrebbe al momento pi\u00f9 possibilit\u00e0 di Laschet.<\/p>\n\n\n\n

Il candidato con pi\u00f9 sostegno tra gli elettori, ma anche con pi\u00f9 oppositori diretti, \u00e8 invece Friedrich Merz: ex manager e lobbista del colosso multinazionale BlackRock (fino al 2020), Merz \u00e8 da tempo considerato l\u2019anti-Merkel per eccellenza, un ruolo che lui stesso accetta con entusiasmo, presentandosi compiaciuto come un maverick<\/em> ostile alle strutture di partito. Merz aveva lasciato la politica proprio in conflitto con la Kanzlerin<\/em> nel 2009, \u00e8 poi tornato nel 2018 riuscendo quasi a strappare la Presidenza a Kramp-Karrenbauer e si candida ora con il chiaro progetto di riportare i cristiano-democratici verso destra, inseguendo una prospettiva spiccatamente liberista e culturalmente conservatrice (soprattutto sui temi come l\u2019immigrazione e i diritti civili).<\/p>\n\n\n\n

Fondamentale da notare, per\u00f2, \u00e8 che la scelta del prossimo Presidente della CDU potr\u00e0 non corrispondere con quella del candidato Cancelliere dei cristiano-democratici. Sempre pi\u00f9 quotata, e recentemente arricchita dal sostanziale endorsement<\/a> di primissimo piano di Wolfgang Sch\u00e4uble<\/a>, \u00e8 la candidatura di Markus S\u00f6der, attuale Ministro Presidente della Baviera. S\u00f6der \u00e8 leader della CSU (il partito sorella bavarese della CDU) e durante la pandemia \u00e8 stato capace di raccogliere molto consenso per la sua gestione decisa dell\u2019emergenza sanitaria. Durante le ultime elezioni bavaresi del 2018, S\u00f6der si \u00e8 anche ampiamente distanziato dalla destra di AfD, posizionandosi consapevolmente come un conservatore che sa tenere solida e ferma la diga verso l\u2019estrema destra. S\u00f6der potrebbe anche emergere come il candidato Cancelliere di uno dei vincitori della Presidenza CDU (forse R\u00f6ttgen?) Non \u00e8 mai accaduto che un candidato CSU riuscisse a diventare Cancelliere, ma nel caso di S\u00f6der la CDU nazionale potrebbe tentare il colpo e affidarsi all\u2019abile monarca di Monaco di Baviera.<\/p>\n\n\n\n

L\u2019ipotesi del primo governo Schwarz-Gr\u00fcn<\/em><\/strong><\/h2>\n\n\n\n

La definizione del candidato Cancelliere CDU-CSU sar\u00e0 cruciale nel gioco delle coalizioni. Le coalizioni saranno decise come da tradizione dopo il voto, ma da tempo i sondaggi suggeriscono soprattutto una soluzione: un\u2019alleanza Schwarz-Gr\u00fcn<\/em> (Nero-Verde) tra quelli che dopo il 26 settembre 2021 potranno essere i due maggiori partiti tedeschi, la CDU-CSU e i Gr\u00fcnen.<\/em> L\u2019alleanza \u00e8 gi\u00e0 attiva con diverse formule in sei Land federali e in diverse citt\u00e0 tedesche, ma non \u00e8 stata mai provata a livello nazionale, dove sarebbe quindi un passaggio epocale. Se per\u00f2 un candidato Laschet o R\u00f6ttgen renderebbe molto facile un\u2019intesa Schwarz-Gr\u00fcn<\/em> e una candidatura S\u00f6der la farebbe diventare solo leggermente pi\u00f9 complessa, una leadership<\/em> CDU di Friedrich Merz la renderebbe invece fin da subito molto travagliata. <\/p>\n\n\n\n

Spostando il partito verso destra, Merz non cercherebbe molti compromessi con i Verdi su almeno due terreni di scontro. Il primo \u00e8 quello della preoccupazione di parte della grande industria tedesca di fronte a una svolta ambientale troppo brusca o troppo burocratizzata. L\u2019industria tedesca non \u00e8 pi\u00f9 da tempo ostile alla necessit\u00e0 di un nuovo green deal<\/em> e lo stesso settore di punta tedesco dell\u2019automotive sta rincorrendo senza sosta la digitalizzazione e l\u2019elettrificazione del proprio prodotto. Ma in parte del mondo produttivo permane il timore che un governo troppo verde inserisca con eccessivo zelo regolamentazioni che possano rivelarsi un ostacolo produttivo sul breve periodo, soprattutto in una fase di ripresa dallo shock pandemico. Quello della svolta e conversione ambientale resta uno scenario delicato che necessiter\u00e0 quindi specifici compromessi e non \u00e8 sicuro che una leadership <\/em>o Cancellierato Merz non scelga di esacerbare il conflitto invece di superarlo. <\/p>\n\n\n\n

La stessa cosa vale per la questione viscerale e ormai innegabilmente decisiva del dibattito sull\u2019identit\u00e0 tedesca. Merz e la sua corrente si allineano di fatto alla cosiddetta idea di Leitkultur<\/em>, cio\u00e8 all\u2019idea che esista una cultura guida che definisce l\u2019essenza tedesca, in forma tradizionalista e tendenzialmente nazionalista (e, secondo alcuni, reazionaria). Il concetto \u00e8 per\u00f2 profondamente rifiutato proprio dai Gr\u00fcnen,<\/em> che sono probabilmente una delle espressioni europee pi\u00f9 spinte di una visione post-nazionale. Visione che vede lo stesso quadro UE come lo spazio in cui sciogliere definitivamente qualsiasi concetto nazionalista tedesco, al fine di salvaguardare solo un Verfassungspatriotismus <\/em>(patriottismo costituzionale) di condivisione di norme e valori non legati a specifiche identit\u00e0. Anche su questi temi un buon programma di coalizione Nero-Verde potr\u00e0 evitare conflitti di principio ed evitare una controproducente polarizzazione tra progressisti e conservatori, ma per farlo ci vorr\u00e0 sempre e comunque la volont\u00e0 politica di entrambe le parti.<\/p>\n\n\n\n

Merz e la sua corrente si allineano di fatto alla cosiddetta idea di Leitkultur<\/em>, cio\u00e8 all\u2019idea che esista una cultura guida che definisce l\u2019essenza tedesca, in forma tradizionalista e tendenzialmente nazionalista (e, secondo alcuni, reazionaria).<\/p>lorenzo monfregola<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Al di l\u00e0 dell\u2019esito del congresso CDU, l\u2019ala pi\u00f9 conservatrice dei cristiano-democratici sogna quindi ancora di formare il prossimo governo 2021 alleandosi con i liberal-liberisti della FDP, la Freie Demokratische Partei. Ipotesi al momento molto improbabile visto che, a causa di una direzione troppo egocentrica del suo leader Christian Lindner e di altri incidenti di percorso, la FDP \u00e8 al momento davvero debole (i sondaggi le danno solo il 6% dei voti, facendone l\u2019ultimo tra i partiti attualmente in Parlamento). L\u2019opzione Schwarz-Gelb (Nero-Gialla) CDU-CSU + FDP potrebbe per\u00f2 diventare pi\u00f9 attuale se nei prossimi mesi la crisi UE di fronte alla pandemia si dovesse rafforzare invece di risolversi. In quel caso si potrebbe diffondere nell\u2019elettorato tedesco la ricerca di un governo pi\u00f9 di destra, che faccia innanzitutto quadrato attorno agli interessi sul breve periodo della Germania. <\/p>\n\n\n\n

I Verdi e gli altri<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

I Gr\u00fcnen<\/em>, da parte loro, non si sono certo rassegnati all\u2019idea di esser soltanto un eventuale socio di minoranza in una coalizione Schwarz-Gr\u00fcn.<\/em> Malgrado vengano ora dati sotto al 20%, i Verdi pensano di poter guadagnare altri punti prima di settembre 2021. Ancora nelle elezioni del 2017, del resto, i Gr\u00fcnen<\/em> erano fermi all\u20198,9%. Quindi, nonostante la pandemia abbia favorito un rally ‘round the flag effect <\/em>per la CDU di governo, niente impedisce ai Verdi di sperare di tornare a crescere oltre la soglia del 20%. Dopo un\u2019ipotetica candidatura a Cancelliere di uno dei due leader del partito, Robert Habeck, ora la candidata Cancelliera sembra essere diventata l\u2019altra leader, Annalena Baerbock. Politica giovane ma esperta, Baerbock pu\u00f2 contare su un brand<\/em> che mette insieme passione ideale e pragmatismo. Un\u2019immagine che, a ben guardare, potrebbe sfruttare (pi\u00f9 o meno consciamente) l\u2019opportunit\u00e0 di presentarsi narrativamente come un\u2019evoluzione green<\/em>, moderna e attualizzata della stessa Angela Merkel. Quello che \u00e8 certo \u00e8 che il duo di dirigenza dei Gr\u00fcnen<\/em> \u00e8 rappresentato da due Realos<\/em> (quelli che nel partito verde tedesco sono storicamente identificati come realisti<\/a>), quindi da una leadership <\/em>che ha tutta l\u2019ambizione – e la conseguente disponibilit\u00e0 al compromesso – necessaria a non perdere l\u2019occasione di formare il primo esecutivo post-merkeliano.<\/p>\n\n\n\n

Nello scenario delle coalizioni possibili potr\u00e0 avere comunque ancora un ruolo la SPD. I socialdemocratici sono in calo da anni (al momento vengono dati intorno al 15%) e hanno accettato controvoglia l\u2019attuale coalizione di governo con Merkel. Al tempo stesso, negli ultimi anni la SPD ha comunque resistito a quella pasokification<\/em> totale che ha invece annientato altri partiti socialdemocratici europei. Candidato Cancelliere per il 2021 della SPD \u00e8 l\u2019attuale Ministro delle Finanze Olaf Scholz. Si tratta di un politico non sempre vincente agli appuntamenti elettorali, ma che ha oggi una nuova base di consenso, dovuta alla decisione durante la pandemia di abbandonare la politica del rigore dei conti e il dogma della cosiddetta Schwarze Null<\/em>.<\/p>\n\n\n\n

Fuori dai giochi delle coalizioni sono invece Die Linke<\/em> e, certamente, AfD. Die Linke,<\/em> Sinistra radicale, si appresta a sua volta ad aprire il proprio congresso (digitale) e dovr\u00e0 nuovamente trovare un equilibrio tra un\u2019anima movimentista occidentale e una pi\u00f9 ostalgica<\/em> orientale. Die Linke<\/em> \u00e8 attualmente data al 9% e spera che il tema dei costi sociali della pandemia le porti nuovo consenso nei prossimi mesi. In realt\u00e0 Die Linke <\/em>potrebbe essere coinvolta in una coalizione di governo Rosso-Rosso-Verde con SPD e Gr\u00fcnen<\/em>. Ma al momento mancano i numeri anche per questa opzione e, soprattutto, un governo nazionale cos\u00ec di sinistra incontrerebbe in Germania forti resistenze da parte del mondo istituzionale ed economico.<\/p>\n\n\n\n

All\u2019estrema destra, invece, AfD lotta da mesi con un calo di consensi (attualmente \u00e8 data al 9%). I populisti, che avevano cavalcato con spregiudicata abilit\u00e0 le contraddizioni dell\u2019immigrazione e della Willkommenspolitik<\/em> di Merkel, sono oggi in crisi sul tema Covid-19. AfD ha infatti cercato per mesi di conquistare voti all\u2019interno del movimento no-mask e negazionista: una tattica che in Germania poteva relativamente funzionare quest\u2019estate, ma certamente non ora, con decine di migliaia di contagi al giorno. AfD mantiene per\u00f2 una sua specifica presenza e forza territoriale nei Land della ex-DDR, un aspetto che resta carico di significato geopolitico, perch\u00e9 esprime la tendenza pi\u00f9 euroasiatica e convintamente anti-liberale di parte della Germania orientale.<\/p>\n\n\n\n

Politica giovane ma esperta, Baerbock pu\u00f2 contare su un brand <\/em>che mette insieme passione ideale e pragmatismo. Un\u2019immagine che, a ben guardare, potrebbe sfruttare (pi\u00f9 o meno consciamente) l\u2019opportunit\u00e0 di presentarsi narrativamente come un\u2019evoluzione green<\/em>, moderna e attualizzata della stessa Angela Merkel.<\/p>lorenzo monfregola<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

La Germania all’esterno<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

\u00c8 principio della geopolitica che la strategia di una nazione sia definita senza troppi spazi di manovra e che sia soltanto la tattica di implementazione della stessa strategia a poter essere pi\u00f9 o meno modificata dagli indirizzi politici di un governo. \u00c8 soprattutto in questo senso che la geopolitica inchioda le nazioni alle particolarit\u00e0 del proprio territorio, seppur ormai si intenda il territorio con uno spettro ampio che include anche l\u2019estensione degli spazi digitali e le iperstizioni dell\u2019immaginario. Nel caso tedesco la realt\u00e0 pi\u00f9 cruda e originaria \u00e8 quella di un territorio che ha una parziale barriera orografica soltanto verso sud, uno sbocco sul mare verso nord (ma a strettissimo contatto con altre nazioni), e, soprattutto, un\u2019apertura territoriale completa sia da\/verso ovest sia da\/verso est. Un\u2019eccezionalit\u00e0 che lascia storicamente al nucleo strategico tedesco soltanto due opzioni tattiche: cercare di trasbordare verso oriente e\/o occidente nella convinzione che l\u2019attacco preventivo sia l\u2019unica possibile difesa, o cercare invece nelle due direzioni delle solide alleanze, tramite vincoli commerciali profondi che garantiscano forme di pace perpetua<\/a>. La prima opzione ha segnato i grandi errori e orrori del Novecento tedesco, la seconda \u00e8 alla base del miracolo dell\u2019Unione Europea (dall\u2019iniziale asse franco-tedesco fino all\u2019allargamento verso est dell\u2019UE). <\/p>\n\n\n\n

Non solo, dal Dopoguerra a oggi la seconda opzione \u00e8 stata soprattutto resa possibile dall\u2019aggancio della Germania all\u2019egemonia strategica di quelle che proprio il tedesco (e nazista) Carl Schmitt chiam\u00f2 \u201cpotenze di mare\u201d (Regno Unito e Stati Uniti), individuandole in opposizione alle tradizionali \u201cpotenze di terra\u201d (Germania e Russia). La cosiddetta Westbindung<\/em> (l\u2019ancoraggio all\u2019Occidente) della Germania \u00e8 considerato oggi un fattore quasi scontato, ma non andrebbe invece mai letto come tale, bens\u00ec come un assetto storicamente determinato (e, quindi, sempre di nuovo modulabile). <\/p>\n\n\n\n

Con il nuovo millennio, questo ancoraggio ha raggiunto il suo apogeo con il primato tedesco nella competizione commerciale nel quadro di una globalizzazione che \u00e8 stata frutto della massima espansione della pax americana<\/em>. Niente ha reso pi\u00f9 distante dal passato di sola \u201cpotenza di terra\u201d la Germania dell\u2019export globale, con un surplus produttivo distribuito all\u2019interno di un\u2019Unione Europea fortemente vincolata alla NATO e spedito nel resto del mondo su rotte marittime internazionali protette dalle flotte della United States Navy. Dopo le difficolt\u00e0 della Riunificazione del 1990<\/a> e complice una pesante riforma in senso ultra-competitivo del suo stato sociale (chiamata Agenda 2010<\/em>), negli anni \u201800 la Germania aveva quindi raggiunto uno status quasi perfetto: libera da eccessive preoccupazioni militari, prima della classe nelle enormi potenzialit\u00e0 della globalizzazione e capace di commerciare con una moneta che favorisce il costante mantenimento di una bilancia commerciale attiva. <\/p>\n\n\n\n

\u00c8 proprio in questi anni, a partire dal 2005, che Angela Merkel ha preso in consegna il Paese. Anni in cui la Kanzlerin<\/em>, e questo \u00e8 un passaggio decisivo, ha prima beneficiato dei risultati del temporaneo status perfetto tedesco e poi, per\u00f2, ha messo in campo tutta la sua intelligenza politica per proteggere la Germania da un susseguirsi d\u2019un tratto sempre pi\u00f9 fitto e accelerato di shock globali. Shock causati dal progressivo erodersi della stessa pax americana<\/em> e dall\u2019emergere di un mondo sempre pi\u00f9 multipolare. Dalla crisi finanziaria a quella dell\u2019euro, dalla guerra in Ucraina alla crisi dei rifugiati, dal trumpismo alla crisi del multilateralismo, dal tech decoupling<\/em> allo scontro definitivo USA-Cina, dalla pandemia di Covid-19 al Recovery Fund:<\/em> alla fine, nell\u2019ultimo decennio, \u00e8 sempre stata Angela Merkel a trovare una soluzione soddisfacente per la Germania. Quelli che inizialmente erano visti come i limiti politici di Merkel (la tendenza all\u2019attendismo, la mancanza di una linea chiara, il rifiuto dell\u2019entusiasmo come categoria comunicativa) si sono presto trasformati nei maggiori e pi\u00f9 acclamati pregi della Cancelliera. Applicando una declinazione tedesco-luterana del Wu Wei<\/em>, l\u2019azione-non azione<\/em> taoista, Merkel ha rassicurato i tedeschi mentre il mondo fuori si stravolgeva sempre di pi\u00f9 (e lo ha fatto perch\u00e9 consapevole che quegli stravolgimenti mettono a rischio soprattutto una Germania che ha scommesso tantissimo su un\u2019economia globalmente aperta e interdipendente). Pur restando vincolata a specifici valori cristiano-democratici, Merkel \u00e8 stata quindi quasi costretta a una politica tecnocratica e post-ideologica, vale a dire la sola che le permettesse di calibrare accordi e decisioni internazionali per contenere l\u2019inevitabile e mettere invece in stand-by<\/em> tutto il possibile e il procrastinabile.<\/p>\n\n\n\n

Nell\u2019ultimo decennio, \u00e8 sempre stata Angela Merkel a trovare una soluzione soddisfacente per la Germania. Quelli che inizialmente erano visti come i limiti politici di Merkel (la tendenza all\u2019attendismo, la mancanza di una linea chiara, il rifiuto dell\u2019entusiasmo come categoria comunicativa) si sono presto trasformati nei maggiori e pi\u00f9 acclamati pregi della Cancelliera.<\/p>lorenzo monfregola<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Questa dinamica si \u00e8 vista anche nel rapporto decisivo sull\u2019asse franco-tedesco. Un asse che in UE ha fatto passi avanti con mosse reattive nella risoluzione delle crisi (l\u2019ultima \u00e8 chiaramente quella del Next Generation EU<\/em>), ma che ha sempre ricevuto contributi al rallentatore da Berlino in merito allo sviluppo di visioni europee pi\u00f9 complessive. Emblematico resta lo scarto del merkelismo rispetto alla presidenza francese di Emmanuel Macron<\/a>. Forte del capitale strategico di un passato storico meno problematico e di una geopolitica da sempre attiva (e quasi tatticamente ottimistica), Macron ha pi\u00f9 volte cercato di coinvolgere Merkel in salti e accelerazioni europeiste che andassero al di l\u00e0 dei soli avanzamenti resi obbligatori dall\u2019emergere di crisi esistenziali dell\u2019UE. Ma \u00e8 proprio su accelerazioni di ritmo e velocit\u00e0 che Merkel ha sempre gentilmente frenato il presidente Macron. E la motivazione \u00e8 chiara: se l\u2019attuale macronismo emerge dalla presa di coscienza e dalla volont\u00e0 di cavalcare l\u2019accelerazione delle mutazioni globali, il merkelismo \u00e8 invece un altrettanto consapevole e volontario tentativo di decelerazione.<\/strong><\/p>\n\n\n\n

Ora, per\u00f2, appunto, sta arrivando il 2021.<\/p>\n\n\n\n

Se la capacit\u00e0 di contenimento, mutazione controllata, calibratura dei passaggi storicamente inevitabili \u00e8 il tratto caratteristico dell\u2019innegabile talento politico di Angela Merkel, la grande incognita diventa se chi succeder\u00e0 alla Kanzlerin <\/em>sapr\u00e0 gestire dossier scottanti, svolte epocali e bivi esistenziali con la stessa efficacia e flessibile fermezza. La domanda \u00e8: come sar\u00e0 possibile, senza Merkel, continuare a tenere in stand-by <\/em>dossier che diventano sempre pi\u00f9 urgenti? Dopo Merkel, come sapranno muoversi Berlino (e Francoforte) di fronte alla penetrazione cinese in Germania e in Europa? Come sapranno mantenere, i tedeschi, un equilibrio d\u2019interessi tra l\u2019irrinunciabile alleanza con Washington e i vincoli materiali con Pechino? Come si muover\u00e0 la Germania con Mosca? Come potranno definire i tedeschi la questione di un\u2019identit\u00e0 europea pi\u00f9 sganciata dalla tutela culturale del liberalismo americano e anglosassone<\/a>? Come potr\u00e0 essere inserito il ruolo della forza militare nell\u2019equilibrio delle istituzioni liberal-democratiche tedesche dopo averla cos\u00ec a lungo emarginata? Come potr\u00e0, infine, la razionalit\u00e0 economica tedesca scendere definitivamente a patti con il sacrificio praticamente irrinunciabile della solidariet\u00e0 intra-europea?<\/p>\n\n\n\n

Ogni frammento dello scenario politico tedesco descritto pi\u00f9 sopra potr\u00e0 avere un potenziale ruolo in questo complesso e delicato svilupparsi di interrogativi post-merkeliani, nelle loro tempistiche, nella loro intensit\u00e0, nella loro stabilit\u00e0 o, alternativamente, nella loro instabilit\u00e0.<\/p>\n\n\n\n

I dilemmi geopolitici di un governo Schwarz-Gr\u00fcn<\/em><\/strong><\/h2>\n\n\n\n

L\u2019ipotesi Nero-Verde potr\u00e0 essere la pi\u00f9 grande opzione di continuit\u00e0 con l\u2019era Merkel, soprattutto con un ruolo di maggioranza dei cristiano-democratici nella coalizione. Un\u2019alleanza tra centrismo CDU-CSU e Verdi potrebbe far partire un superamento controllato e delicato del merkelismo, con un ancoraggio al principio che ha guidato gli ultimi anni delle politiche europee tedesche: il rifiuto di accelerazioni eccessive ma l\u2019accettazione completa dell\u2019ineluttabilit\u00e0 dell\u2019UE come salvaguardia delle istituzioni democratiche tedesche.<\/p>\n\n\n\n

Sia in fase di proposta elettorale, sia in un eventuale governo di coalizione, il modello Nero-Verde potr\u00e0 soprattutto funzionare se la prossima campagna vaccinale spezzer\u00e0 velocemente le ondate di Covid-19 in Europa e l\u2019attuale Recovery Fund <\/em>si riveler\u00e0 sufficiente a far ripartire l\u2019UE in un mondo post-pandemia. In questo caso l\u2019eredit\u00e0 diretta di Merkel, tra cui si annovera ora anche lo storico raggiungimento dell’accordo sulla Brexit,<\/a> potr\u00e0 essere un punto di partenza solido, una pietra angolare narrativamente inattaccabile.<\/p>\n\n\n\n

Qualcosa di simile potr\u00e0 avvenire con una coalizione Verde-Nera a maggioranza verde con una nuova Cancelliera Annalena Baerbock. In questo caso, per\u00f2, la predominanza dei Gr\u00fcnen<\/em> potrebbe intensificare una svolta tedesca pi\u00f9 idealmente europeista. A prescindere dalla gerarchia di coalizione, un esecutivo tedesco dal profilo fortemente verde ed europeista potr\u00e0 sicuramente contare su legame con Bruxelles e con l\u2019attuale Commissione europea di Ursula von der Leyen, che \u00e8 oggi gi\u00e0 portatrice attiva di una declinazione europea dell\u2019eredit\u00e0 merkeliana. Sul valore geopolitico di un green deal<\/em> europeo fortemente sostenuto da Berlino potr\u00e0 poi crearsi e compattarsi quel nuovo asse transatlantico<\/a> da tanti auspicato con la presidenza di Joe Biden (che, tra le altre cose, ha gi\u00e0 annunciato il ritorno degli Stati Uniti nell\u2019accordo di Parigi).<\/p>\n\n\n\n

Pur essendo per\u00f2 l\u2019opzione Schwarz-Gr\u00fcn<\/em> quella che permetterebbe un superamento meno traumatico del merkelismo, sar\u00e0 comunque impossibile che il prossimo esecutivo tedesco non debba comunque affrontare a un certo punto quelle questioni decelerate per anni dalla Kanzlerin.<\/em><\/p>\n\n\n\n

La costruzione di un nuovo asse transatlantico con Washington non \u00e8 infatti ovviamente declinabile in un ritorno alle vecchie formule da illusoria \u201cfine della Storia\u201d. Se l\u2019amministrazione Biden ritorner\u00e0 al multilateralismo del WTO <\/a>e dimenticher\u00e0 certamente i dazi anti-europei pi\u00f9 aggressivi, l\u2019attuale President-elect<\/em> non abbandoner\u00e0 tuttavia i tentativi patriottici di reshoring<\/em> industriale e dovr\u00e0 inoltre concentrarsi soprattutto sulla ricomposizione degli Stati Uniti lacerati dalla pandemia e dalle tensioni sociali. Una certa diminuzione della presenza americana in Europa continuer\u00e0 inevitabilmente, magari inizialmente non in quantit\u00e0, ma certamente in qualit\u00e0. Al tempo stesso aumenter\u00e0 la richiesta di Washington a Berlino di riempire i vuoti che verranno a crearsi, restando per\u00f2 saldamente all\u2019interno della dedizione tedesca alla NATO. La richiesta di pi\u00f9 investimenti tedeschi nel budget militare NATO non \u00e8 stata inventata da Donald Trump<\/a> e verr\u00e0 anzi espressa da Joe Biden con molta pi\u00f9 chiarezza, seppur in modo diplomatico.<\/p>\n\n\n\n

Un nuovo governo Nero-Verde potrebbe presto trovarsi in difficolt\u00e0 nel gestire l\u2019intero dossier militare. Si tratta infatti di una questione che continua a porre anche il dilemma epocale di un veloce reinserimento del potere militare nell\u2019equilibrio istituzionale tedesco (potere che per decenni, invece, era stato attivamente tenuto lontano dai centri nevralgici della Berliner Republik<\/em>). I Gr\u00fcnen,<\/em> ad esempio, mantengono segmenti della loro impostazione anti-militarista e non hanno in verit\u00e0 un particolare programma su come gestire a breve termine le evoluzioni della Bundeswehr<\/em>. Quest\u2019ultimo aspetto \u00e8 molto rilevante perch\u00e9 in Germania \u00e8 in corso un decisivo dibattito politico-ideologico sulle istituzioni militari e sulla loro possibile proiezione geopolitica. Dibattito ultimamente sempre pi\u00f9 complesso, come dimostra la crescente urgenza dell\u2019attuale governo tedesco di depurare innanzitutto la Bundeswehr<\/em> da correnti di estrema destra minoritarie ma molto influenti (si veda il caso dello scioglimento parziale per infiltrazione di estremisti di destra dei corpi speciali KSK<\/a>, evento pi\u00f9 unico che raro per una democrazia occidentale).<\/p>\n\n\n\n

La questione militare, inoltre, porta ovviamente a galla anche in Germania tutte le complessit\u00e0 del potenziale attrito fra alleanza NATO e progetti di maggiore autonomia militare dell\u2019UE. Il Presidente francese Macron ha ripetuto diverse volte di ritenere indispensabile una rimodulazione dell\u2019alleanza atlantica e una maggiore indipendenza geostrategica europea. Nella sua ultima intervista<\/a> a Le Grand Continent<\/em>, Macron ha anche criticato direttamente un editoriale su Politico <\/em>della stessa Annegret Kramp-Karrenbauer. Intitolato<\/a> \u201cEurope still needs America<\/em>\u201d, l\u2019editoriale della ministra della Difesa tedesca giudicava l\u2019autonomia strategica europea \u201cun\u2019illusione\u201d, nel solco di un\u2019impostazione che vede qualsiasi indipendenza di hard-power <\/em>europeo una pura (e anche pericolosa) velleit\u00e0. Il prossimo esecutivo tedesco potr\u00e0 anche provare a procrastinare ancora per qualche anno il dibattito sul futuro strategico della sua difesa. Ma \u00e8 chiaro che quando il Presidente Macron parla di abbandonare il \u201cWashington consensus<\/em>\u201d pone anche a tutti partner europei, e prima di tutto a Berlino, un\u2019ipotesi per discutere di uno specifico cambiamento geostrategico.<\/p>\n\n\n\n

Le incognite europeiste per i Gr\u00fcnen<\/em><\/strong><\/h2>\n\n\n\n

Una domanda interessante in questo contesto diventa se i Gr\u00fcnen<\/em> potrebbero avvicinarsi pi\u00f9 di altri alla nuova cosiddetta dottrina Macron<\/a>, in nome del loro tradizionale e caratteristico europeismo. La risposta \u00e8 per\u00f2 complessa e mostra anche alcune contraddizioni geopolitiche che dovranno presto affrontare gli stessi Verdi tedeschi. <\/p>\n\n\n\n

Se \u00e8 ad esempio vero che tra i Gr\u00fcnen<\/em> c\u2019\u00e8 sicuramente grande disponibilit\u00e0 a europeizzare il discorso sulla difesa e a perseguire idealmente la visione di un\u2019\u201cautonomia strategica\u201d dell\u2019UE, il partito \u00e8 anche molto dedicato all\u2019atlantismo pi\u00f9 classico, ad esempio nell\u2019opposizione a Mosca. Come gi\u00e0 detto, i Gr\u00fcnen<\/em> non sembrano in verit\u00e0 avere un piano preciso per la forza militare in Germania e i loro appelli un po\u2019 vaghi a una Difesa europea sembrano pi\u00f9 che altro suggerire, anche in questo caso, la volont\u00e0 di evitare e rimandare il pi\u00f9 possibile la questione. <\/p>\n\n\n\n

I Gr\u00fcnen<\/em> non sembrano in verit\u00e0 avere un piano preciso per la forza militare in Germania e i loro appelli un po\u2019 vaghi a una Difesa europea sembrano pi\u00f9 che altro suggerire, anche in questo caso, la volont\u00e0 di evitare e rimandare il pi\u00f9 possibile la questione. <\/p>LORENZO MONFREGOLA<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Ci sono poi altri aspetti dell\u2019europeismo dei Verdi che potrebbero aver bisogno di complesse discussioni nel confronto con la dottrina Macron. Nati negli anni \u201880, i Gr\u00fcnen <\/em>hanno a lungo contenuto specifiche correnti tedesche dell\u2019anti-americanismo, ma si sono poi in seguito evoluti come una delle espressioni europee pi\u00f9 vicine al mondo liberal <\/em>degli Stati Uniti. Si tratta di quello stesso mondo liberal<\/em> che ha recentemente criticato con decisione e asprezza l\u2019ultimo posizionamento della Presidenza francese contro il cosiddetto separatismo islamista in Francia. Posizionamento espresso in nome della la\u00efcit\u00e9 r\u00e9publicaine<\/em> e che ha inevitabilmente messo in campo un nuovo paradigma di liberalismo laico-occidentalista. Tale posizionamento \u00e8 stato per\u00f2 anche accusato, soprattutto da diversi commentatori anglofoni, di essere portatore di islamofobia e di un pericoloso e divisivo fondamentalismo laicista. L\u2019impostazione della Presidenza francese si \u00e8 poi anche ampiamente mostrata nella sua dimensione geopolitica, con l\u2019aperto confronto scelto da Parigi con i sostenitori statali pi\u00f9 o meno diretti delle organizzazioni islamiste e delle narrazioni dell\u2019Islam politico, a partire dall\u2019attuale governo turco.<\/a><\/p>\n\n\n\n

La domanda in questo caso diventa quanto e come un governo tedesco con partecipazione dei Gr\u00fcnen<\/em> vorr\u00e0 confrontarsi sull\u2019asse franco-tedesco dell\u2019europeismo su un discorso di ridefinizione del modello di multiculturalismo di stampo anglosassone e, anche, sulle relative conseguenze geopolitiche. Si tratterebbe di un discorso dalle pesanti implicazioni, perch\u00e9 incentrato sulla possibilit\u00e0 di ridefinizione (o meno) di un modello liberale che fino a poco fa veniva considerato il solo possibile e legittimo all\u2019interno del mondo occidentale e, soprattutto, il solo da opporre all\u2019opzione sovranista, populista ed etno-nazionalista.<\/p>\n\n\n\n

Il nodo euroasiatico del Nord Stream<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

Scottante per qualunque prossimo governo tedesco rester\u00e0 anche il nodo del Nord Stream 2, il raddoppio ormai completato al 90% del gasdotto che collega direttamente via mare Russia a Germania, bypassando tutto il resto dell\u2019Europa centro-orientale (dove poggiano invece le altre pipeline <\/em>di gas russo). L\u2019infrastruttura ha un valore pratico e simbolico ineliminabile, che attinge la propria rilevanza proprio dai quesiti storicamente pi\u00f9 rilevanti delle geopolitica tedesca: perseguire in tutto e per tutto l\u2019alleanza con le \u201cpotenze di mare\u201d occidentali o lasciare aperto un canale verso l\u2019opzione euroasiatica? Merkel \u00e8 da sempre convinta della necessit\u00e0 di contenere Mosca mantenendo il pi\u00f9 possibile relazioni commerciali e diplomatiche, ed \u00e8 riuscita a proteggere per anni anche il dossier Nord Stream, presentandolo spesso come unicamente economico e sottraendolo ai fuochi incrociati del suo innegabile significato geopolitico. Quello di una Ostpolitik <\/em>commerciale distensiva verso la Russia, del resto, rimane un caposaldo della politica estera della Germania, e rientra nella gi\u00e0 citata essenza strategica tedesca: cercare pace tramite il commercio sia verso ovest sia verso est. Nel 2019 gli USA hanno per\u00f2 imposto pesanti sanzioni, anche secondarie, contro il Nord Stream 2. L\u2019amministrazione Biden, che \u00e8 ancora meno indulgente con il Cremlino di quella Trump, seguir\u00e0 questa linea e il prossimo governo tedesco non potr\u00e0 quindi sottrarsi alla dimensione geopolitica dell\u2019intero dossier energetico russo-tedesco.<\/p>\n\n\n\n

Tra i candidati CDU alla presidenza, il concorrente pi\u00f9 canonicamente atlantista sull\u2019argomento \u00e8 certamente Norbert R\u00f6ttgen, che in autunno si \u00e8 fatto notare moltissimo proprio chiedendo il blocco del progetto Nord Stream 2 in risposta all\u2019avvelenamento del dissidente russo Alexei Navalny. Su questa linea R\u00f6ttgen avrebbe il forte sostegno dei potenziali alleati di coalizione dei Verdi che, come detto, sono il solo partito tedesco sempre compattamente ostile al Cremlino.<\/p>\n\n\n\n

Da considerare, per\u00f2, che proprio sulla questione Nord Stream 2 \u00e8 emerso da tempo un fronte industriale tedesco che tende invece a sganciarsi dalla fedelt\u00e0 alla strategia pi\u00f9 atlantista e rivendica il diritto della Germania a perseguire il proprio interesse economico senza interferenze. Gi\u00e0 nel luglio 2020 la BDI (Federazione delle Industrie Tedesche) ha condannato le sanzioni americane contro il gasdotto parlando<\/a> di \u201cserio danno alle relazioni transatlantiche\u201d. Ed \u00e8 a questo fronte che cerca di fare riferimento proprio Friedrich Merz, in aperta opposizione alla posizione del concorrente R\u00f6ttgen. Intervenendo sul giornale Internationale Politik<\/em>, sul Nord Stream 2 Merz ha scritto<\/a>: \u201cdobbiamo mantenere un fronte unito con i nostri partner europei per combattere l’inaccettabile azione degli Stati Uniti e, se necessario, contrattaccare”.<\/p>\n\n\n\n

L\u2019europeizzazione del \u201cGermany First<\/em>\u201d<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

La dichiarazione di Merz sul Nord Stream 2 offre due importanti elementi da analizzare. Il primo, come detto, \u00e8 come sia rappresentativa di uno sganciamento ormai non pi\u00f9 nascosto di un\u2019ampia parte del mondo industriale tedesco dal pi\u00f9 classico atlantismo. Sganciamento che in futuro potrebbe essere incredibilmente importante, ancora prima che per i rapporti tedeschi con la Russia, per quelli con il colosso cinese. Sarebbe sbagliato credere che Berlino voglia perseguire un\u2019equidistanza tra Washington e Pechino. Si tratterebbe di un\u2019impostazione tecnicamente e tatticamente impossibile. Negli ultimi anni la Cancelliera Merkel ha del resto posto specifici paletti alla penetrazione cinese nell\u2019economia tedesca, soprattutto per quanto riguarda la protezione di aziende strategiche e legate alla sicurezza infrastrutturale e digitale del paese. <\/p>\n\n\n\n

Su temi come il 5G e Huawei, per\u00f2, Berlino ha scelto una tattica ambiguit\u00e0. Mentre \u00e8 stata pi\u00f9 che palese la spinta tedesca per chiudere il CAI (Comprehensive Agreement on Investments) tra UE e Cina, probabilmente approfittando anche tatticamente della conclusione del semestre di Presidenza tedesco del Consiglio dell’Unione europea e della contemporanea fase di passaggio a Washington. Con l\u2019arrivo di una nuova presidenza Biden, tuttavia, al prossimo esecutivo tedesco verr\u00e0 apertamente domandato di collaborare in qualche modo al nuovo e sempre pi\u00f9 pressante contenimento americano dell\u2019espansione cinese. Il tema dei diritti umani sar\u00e0 sicuramente un collante etico-politico in questo senso.<\/p>\n\n\n\n

Nel 2019 gli USA hanno per\u00f2 imposto pesanti sanzioni, anche secondarie, contro il Nord Stream 2. L\u2019amministrazione Biden, che \u00e8 ancora meno indulgente con il Cremlino di quella Trump, seguir\u00e0 questa linea e il prossimo governo tedesco non potr\u00e0 quindi sottrarsi alla dimensione geopolitica dell\u2019intero dossier energetico russo-tedesco.<\/p>lORENZO MONFREGOLA<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Quello che resta innegabile \u00e8 che negli ultimi 20 anni il rapporto tra l\u2019economia tedesca e quella cinese ha raggiunto una tale profondit\u00e0 che Berlino non potr\u00e0 mai davvero defilarsi dalla Cina. Nel 2019 la Germania ha esportato in Cina per quasi 100 miliardi di \u20ac. Con un interscambio complessivo<\/a> di import-export di 209 miliardi di \u20ac, Pechino \u00e8 stata per il quarto anno consecutivo il maggiore trading partner <\/em>della Germania. Gli Stati Uniti mantengono un tradizionale primato come destinatari dell\u2019export tedesco, ma complessivamente sono gi\u00e0 secondi nell\u2019interscambio: 190 miliardi di \u20ac nel 2019. Considerando soprattutto l\u2019attuale performance cinese post-pandemia rispetto alle difficolt\u00e0 americane, questo trend sembra destinato a continuare.<\/p>\n\n\n\n

Da un certo punto di vista, intanto, un\u2019impostazione come quella di Merz e del suo mondo socio-economico di riferimento potrebbe sembrare abbastanza in linea con le prospettive di \u201cautonomia strategica\u201d europea di stampo francese. Tuttavia, e questo \u00e8 il secondo elemento da analizzare, bisogna sottolineare come simili impostazioni rischino sempre di declinarsi in un\u2019europeizzazione interessata del \u201cGermany First<\/em>\u201d (non \u00e8 un caso se Merz sia stato ribattezzato \u201cthe German Trump<\/a>\u201d). Un\u2019operazione dove, in altre parole, l\u2019UE e la sua potenziale autonomia sono viste soprattutto come mezzo e non come fine. <\/p>\n\n\n\n

Non si tratterebbe affatto di una prospettiva problematica se ci fosse una garanzia di soluzioni sempre win-win<\/em> per tutti i player dell\u2019Unione. L\u2019interrogativo, per\u00f2, \u00e8 come si muoverebbe un simile fronte tedesco liberista-conservatore in situazioni di rinnovata crisi dell\u2019UE e dell\u2019eurozona. Ad esempio, nella non auspicabile eventualit\u00e0 che la campagna vaccinale non sia risolutiva o che per far scattare l\u2019agognata ripartenza europea post-pandemia non sia comunque sufficiente l\u2019attuale Next Generation EU<\/em>, come si comporterebbe il fronte che tifa per Merz Cancelliere? Sarebbe aperto a proseguire sulla strada intrapresa da Merkel verso un approfondimento della solidariet\u00e0 interna europea<\/a> o, seppur nella consapevolezza della necessit\u00e0 assoluta di mantenere la Germania in Europa, tornerebbe a voler sanzionare la debolezza strutturale dei paesi pi\u00f9 indebitati o a puntare a idee rinnovate di Europa a due velocit\u00e0? Non si tratta ovviamente di interrogativi etici, ma meramente meccanici, legati cio\u00e8 alla capacit\u00e0 effettiva di un\u2019eventuale nuova leadership<\/em> tedesca di tenere sempre e comunque unita e compatta la struttura UE.<\/p>\n\n\n\n

Al di l\u00e0 delle possibilit\u00e0 che Friedrich Merz avr\u00e0 di diventare o meno candidato Cancelliere CDU, quindi, questi interrogativi definiranno il governo che verr\u00e0 nel 2021 e il ruolo nel dopo Merkel dell\u2019ala pi\u00f9 liberista-conservatrice della CDU.<\/p>\n\n\n\n

Soluzione S\u00f6der e altre incognite<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

Le conflittualit\u00e0 ideologiche interne alla CDU e le specificit\u00e0 dei potenziali alleati Verdi mostrano quindi come ogni opzione di governo che succeder\u00e0 a Merkel possa avere potenzialit\u00e0 e criticit\u00e0 e debba in ogni caso prepararsi ad affrontare dossier incredibilmente complessi. Anche per questo motivo, attualmente, \u00e8 in continua crescita la gi\u00e0 citata opzione di un candidato CSU-CDU Markus S\u00f6der. Proprio perch\u00e9 esterno alle diatribe interne della CDU, incluse quelle dal profilo pi\u00f9 geopolitico, S\u00f6der potrebbe paradossalmente essere la soluzione pi\u00f9 pragmatica, come dimostra il sostegno mediatico che il Ministro Presidente bavarese sta ricevendo sempre pi\u00f9 spesso. S\u00f6der sarebbe probabilmente capace di mettere d\u2019accordo molte correnti, essendo portatore di un conservatorismo modernissimo e tipico dell\u2019efficiente realpolitik<\/em> industriale bavarese. Sul piano geopolitico, S\u00f6der, resta ancora un\u2019incognita. La sua esperienza di governo lo mostra come un realista che saprebbe probabilmente muoversi nelle tantissime contraddizioni del ruolo tedesco in Europa e nel mondo, seguendo il tracciato tradizionale della diplomazia commerciale della Germania. <\/p>\n\n\n\n

L\u2019opzione S\u00f6der potrebbe essere scelta anche per la sua forte personalit\u00e0 politica, che gli permetterebbe forse di muoversi tra le varie correnti con stile post-ideologico, imitando in questo senso un certo approccio merkeliano. Al tempo stesso, puntare cos\u00ec tanto sulla personalit\u00e0 di S\u00f6der potrebbe metterlo presto di fronte a confronti molto diretti con la stessa Merkel, soprattutto sul sempre pi\u00f9 difficile palcoscenico internazionale. Un ulteriore elemento di rischio per Markus S\u00f6der \u00e8 infine il suo profilo prettamente bavarese. In uno Stato federale tedesco che ha sedato le differenze regionali grazie alla guida senza marchi regionalisti e quasi ecumenica di Merkel, un Cancelliere troppo legato a un singolo Land potrebbe far emergere conflittualit\u00e0 politiche regionali che sono solitamente uno dei dati pi\u00f9 trascurati dell\u2019equilibrio geopolitico interno della Germania.<\/p>\n\n\n\n

Tra le varie opzioni per il prossimo Cancellierato, vanno infine considerate almeno altre 3 opzioni. La prima opzione \u00e8 quella della candidatura in extremis <\/em>del gi\u00e0 citato Jens Spahn, a cui potrebbe stare un po\u2019 stretto il solo sostegno per Armin Laschet. Il destino politico di Spahn \u00e8 oggi particolarmente legato alla risoluzione della pandemia come ministro della Sanit\u00e0, con tutto quello che ne consegue. <\/p>\n\n\n\n

La seconda opzione \u00e8 quella di un candidato Cancelliere CDU-CSU o di un vincitore Cancelliere di un altro partito che per ora non \u00e8 stato ancora individuato o \u00e8 stato semplicemente trascurato. L\u2019imprevedibilit\u00e0 politica \u00e8 diventata infatti una costante e potr\u00e0 d\u2019ora in poi investire anche un paese tradizionalmente pi\u00f9 predicibile come la Germania.<\/a> La terza opzione, infine, \u00e8 che riemerga la soluzione di ripiegare su un quinto mandato di Angela Merkel (un\u2019idea che diversi giornali hanno tentato di rilanciare nell\u2019ultimo anno). La Kanzlerin<\/em> ha pi\u00f9 volte confermato di non volersi pi\u00f9 ricandidare. Se mai dovesse succedere, comunque, si tratterebbe di una sconfitta pesantissima per tutta la politica tedesca, che si confermerebbe letteralmente incapace di produrre una nuova leadership<\/em>.<\/p>\n\n\n\n

Una sola cosa \u00e8 gi\u00e0 certa: le prossime elezioni del 26 settembre 2021 saranno le pi\u00f9 importanti di sempre dai tempi della Riunificazione della Germania. Il che, automaticamente, le render\u00e0 tra le pi\u00f9 importanti di sempre per il futuro di tutta Europa.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Il giorno pi\u00f9 importante del 2021 sar\u00e0 il 26 settembre: le prossime elezioni tedesche potranno avere un impatto sul destino di tutta Europa. Il primo atto sar\u00e0 il 16 gennaio, con le elezioni per il nuovo leader della CDU. Per prepararsi a questa fondamentale serie di eventi, Lorenzo Monfregola presenta un ricco approfondimento sulle coordinate politiche della Germania nel 2021. <\/p>\n","protected":false},"author":1195,"featured_media":761,"comment_status":"closed","ping_status":"closed","sticky":false,"template":"templates\/post-angles.php","format":"standard","meta":{"_acf_changed":false,"_trash_the_other_posts":false,"footnotes":""},"categories":[1571],"tags":[],"geo":[],"class_list":["post-750","post","type-post","status-publish","format-standard","hentry","category-politica","staff-lorenzo-monfregola"],"acf":[],"yoast_head":"\nDove andr\u00e0 la Germania nel 2021? - Il Grand Continent<\/title>\n<meta name=\"robots\" content=\"index, follow, max-snippet:-1, max-image-preview:large, max-video-preview:-1\" \/>\n<link rel=\"canonical\" href=\"https:\/\/legrandcontinent.eu\/it\/2021\/01\/04\/dove-andra-la-germania-nel-2021\/\" \/>\n<meta property=\"og:locale\" content=\"it_IT\" \/>\n<meta property=\"og:type\" content=\"article\" \/>\n<meta property=\"og:title\" content=\"Dove andr\u00e0 la Germania nel 2021? - Il Grand Continent\" \/>\n<meta property=\"og:description\" content=\"Il giorno pi\u00f9 importante del 2021 sar\u00e0 il 26 settembre: le prossime elezioni tedesche potranno avere un impatto sul destino di tutta Europa. 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