{"id":5077,"date":"2022-10-14T15:40:52","date_gmt":"2022-10-14T14:40:52","guid":{"rendered":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/ita\/?p=5077"},"modified":"2022-10-17T12:38:23","modified_gmt":"2022-10-17T11:38:23","slug":"tradurre-hitler-una-conversazione-con-olivier-mannoni","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/it\/2022\/10\/14\/tradurre-hitler-una-conversazione-con-olivier-mannoni\/","title":{"rendered":"“Tradurre Hitler”, una conversazione con Olivier Mannoni"},"content":{"rendered":"\n

In Traduire Hitler<\/em> si legge che, quando ha accettato la proposta di Fayard, aveva come dimenticato, a forza di lavorare sul Terzo Reich, che il Mein Kampf<\/em> non era una fonte come le altre. Pu\u00f2 capire oggi le prese di posizione contrarie e le critiche suscitate da un tale progetto di traduzione? A suo avviso si sarebbe dovuta pubblicare una versione per i ricercatori accessibile unicamente on line o limitare la vendita del volume alle biblioteche? In altri termini, si sarebbe dovuto limitare l\u2019accesso al libro o al contrario fare circolare il pi\u00f9 possibile la sua decostruzione?<\/strong><\/h3>\n\n\n\n

Oggi posso rispondere a queste domande con un certo distacco. La questione si \u00e8 posta pi\u00f9 volte, in particolar modo nel 2016, quando una prima ondata di polemiche aveva accompagnato l\u2019uscita della nuova traduzione del Mein Kampf.<\/em> Un noto storico, Andr\u00e9 Loez, metteva in guardia contro il rischio di una corsa all\u2019acquisto del libro, un\u2019interrogazione del tutto legittima. In Germania, sono state vendute circa 80000 copie, una cifra molto alta se si considera che il libro non esiste pi\u00f9 oltre il Reno dal 1945 e che nessuno ha pi\u00f9 ufficialmente accesso al testo, nonostante questo sia reperibile on line ovunque. In Francia, le vendite si aggirano intorno alle 15000 copie, una quantit\u00e0 di molto minore.<\/p>\n\n\n\n

Un\u2019inchiesta presso le librerie ha permesso di precisare la natura dell\u2019acquirente tedesco del volume: si tratta principalmente di storici, ricercatori o in generale di profili di lettori in qualche modo legati alla disciplina storica. Il rischio era in effetti che i lettori si impossessassero del libro mossi da una curiosit\u00e0 malsana, che si gettassero sul testo spigolando qua e l\u00e0, come \u00e8 stato sempre fatto d\u2019altra parte \u2013 si trovano in effetti su Internet numerose citazioni troncate, regolarmente riprese per nutrire campagne d\u2019odio senza riferimento alcuno alla fonte. La soluzione che si \u00e8 imposta quasi naturalmente alla casa editrice Fayard \u00e8 stata quella di pubblicare un\u2019edizione non accessibile a tutti. In primo luogo, si tratta di un libro molto voluminoso, che si compone di pi\u00f9 di mille pagine e pesa pi\u00f9 di quattro kili. Il prezzo \u00e8 stato inoltre volontariamente maggiorato in modo da scoraggiare gli acquirenti interessati al libro per ragioni non legittime.<\/p>\n\n\n\n

Infine, la forma in cui si presenta libro \u00e8 il principale antidoto contro la tentazione di utilizzarlo a fini di propaganda. In Historiciser le mal<\/em>, la traduzione vera e propria del Mein Kampf <\/em>occupa uno spazio ridotto all\u2019interno delle pagine, perch\u00e9 accompagnata da un vastissimo apparato critico risultato del lavoro di un\u2019\u00e9quipe di ricercatori volto a decostruire il testo, mostrarne le fonti e le controverit\u00e0, quello che oggi chiameremmo fact checking<\/em>. Il Mein Kampf<\/em> \u00e8 un pamphlet ideologico nauseabondo e nello stesso tempo un libro pseudo-autobiografico, di cui molti per esempio si sono serviti per affermare che Hitler \u00e8 stato un eroe durante la Grande Guerra, leggenda che gli storici hanno smentito da tempo. Ogni pagina del libro \u00e8 stata in un certo modo passata al vaglio della verit\u00e0, ogni proposito tenuto sottoposto all\u2019analisi storica.<\/p>\n\n\n\n

Avremmo dovuto proporre una versione numerica? Risponderei, un po\u2019 per facilit\u00e0, che le versioni on line esistono e che sono appunto il nodo del problema. La soluzione trovata da Fayard, da Sophie de Closets, in seguito Sophie Hogg et per ultimo Florent Brayard e la sua \u00e9quipe si \u00e8 dimostrata essere praticabile e intelligente. Quest\u2019edizione assegna alla lettera il testo hitleriano, gli impedisce di muoversi e cerca di attenuare il pi\u00f9 possibile il suo potere di nuocere. Le biblioteche hanno tutte ricevuto una copia gratuitamente. Tengo a ribadire inoltre che l\u2019obiettivo commerciale \u00e8 nullo perch\u00e9 tutti i benefici sono riversati alla fondazione Auschwitz-Birkenau. Insomma, credo di poter affermare, oggi, che si sia saputa dare una risposta a tutte le interrogazioni per altro legittime che ci siamo posti e che ci hanno aiutato a scegliere la strada giusta, quella del massimo rigore. Sono convinto che la nostra edizione del Mein Kampf<\/em> sia inutilizzabile da chi volesse fare l\u2019apologia di Hitler.<\/p>\n\n\n\n

In Traduire Hitler<\/em>, rievoca ci\u00f2 che ha rappresentato per lei una tale impresa di traduzione, che si \u00e8 in realt\u00e0 svolta in due tempi. Dopo aver consegnato una prima traduzione, gli storici dell\u2019\u00e9quipe di Historiciser le mal<\/em> le hanno chiesto di restituire letteralmente i passaggi del testo originale \u00aboscuri, farraginosi, pieni di errori, spesso illeggibili, dalla sintassi azzardata e piena di tournure proprie di un linguaggio ossessivo\u00a0\u00bb. Lei afferma che questa seconda versione \u00e8 stata una sorta di profanazione del mestiere di traduttore, eppure questa dimensione del lavoro di traduzione sembra essere stata cruciale, alla fine arricchente. Come spiega un tale paradosso?<\/strong><\/h3>\n\n\n\n

Durante la prima versione ero perfettamente cosciente del rischio che comportava, anche prendendo grandi precauzioni, la pura applicazione a un testo di questo tipo delle normali regole di traduzione. Per esempio, in tedesco, una ripetizione non ha alcuna importanza, uno stesso termine pu\u00f2 figurare dieci volte nella stessa pagina, mentre in francese si cerca di non ripetere una parola pi\u00f9 di due volte. Sono regole che insegniamo ai nostri studenti <\/span>1<\/sup><\/a><\/span>e che tutti i traduttori conoscono e che consistono semplicemente nell\u2019adattare la sintassi di un testo straniero alla sintassi francese, dunque a fortiori a correggere o eliminare una serie di cose: per esempio, esistono degli accumuli di avverbi molto brevi in tedesco, molto lunghi nella traduzione francese.<\/p>\n\n\n\n

Ho cercato dunque in un primo tempo di utilizzare questo approccio mantenendo il pi\u00f9 possibile il carattere confuso del testo. Non riuscivo a figurarmi come avrei potuto fare altrimenti. \u00c8 stato Florent Brayard a dirmi quello di cui avevano bisogno gli storici per poter lavorare correttamente sul testo. Mi \u00e8 stato chiesto di non tradure il Mein Kampf<\/em> parola per parola \u2013 cosa che non avrebbe avuto alcun senso \u2013, ma di restituire il testo il pi\u00f9 possibile letteralmente, mantenendo la totalit\u00e0 dei suoi difetti. Ed \u00e8 solo quando mi sono rimesso al lavoro che ho scoperto davvero il testo, non dissociando pi\u00f9 la sua sintassi e il suo stile dal fondo ideologico. Siamo usciti tutti stremati da questo immenso lavoro. Il testo hitleriano non \u00e8 solo mal scritto, ma \u00e8 una falsificazione dall\u2019inizio alla fine. Per esempio, se le dico \u00abil tavolo \u00e8 lungo\u00bb, lei capisce quello che intendo. Se invece dico \u00abil tavolo \u00e8 ancora lungo\u00bb, viene spontaneo chiedersi il perch\u00e9 dell\u2019impiego del termine \u00abancora\u00bb. La comprensione diventa allora confusa. \u00c8 il principio del Mein Kampf.<\/em> Ovunque l\u2019impiego di termini scelti trasforma la frase in modo da lasciare un varco per il dubbio, per il sospetto, per la disonest\u00e0 intellettuale, rendendo l\u2019insieme difficilmente leggibile.<\/p>\n\n\n\n

Il destino del Mein Kampf nel dopo-guerra viene evocato nel libro: il fatto che molte copie siano state interrate o bruciate e che le lastre per la stampa siano state fuse dagli Alleati. Il vostro lavoro di ritraduzione assomiglia a un\u2019impresa di esumazione?<\/strong><\/h3>\n\n\n\n

In un certo modo, s\u00ec, forse, ma il termine \u00abesumazione\u00bb \u00e8 problematico, perch\u00e9 rinvia alle vittime mentre il nostro lavoro si \u00e8 posto l\u2019obiettivo di identificare un criminale. Non si tratta di un lavoro sulla memoria, ma di un\u2019impresa pedagogica. Per l\u2019\u00e9quipe come per me, si \u00e8 trattato, come l\u2019ha ben spiegato Christian Ingrao, di \u00abraffreddare il Mein Kampf<\/em>\u00bb. Il Mein Kampf<\/em> \u00e8 un testo molto diffuso, disponibile in 23 lingue su Internet, accessibile ovunque, e di cui molti si servono a dei fini antisemiti e complottisti, per diffondere odio. A questo testo si attribuiva una sorta di potere malefico. Come l\u2019ha ricordato, alcune persone hanno sotterrato il libro durante la guerra. Nel 2016, ricevetti la chiamata di una signora, di Strasburgo, che possedeva ancora un vecchio esemplare del Mein Kampf<\/em> e che mi chiese che cosa dovesse farne. Abbiamo assistito nei media alla polemica sollevata da un Jean-Luc M\u00e9lenchon in campagna elettorale in merito a questa nuova edizione. In un certo senso, era una volont\u00e0 dei Nazisti quella di conferire al libro una tale aura, la quale faceva pienamente parte del loro armamentario ideologico.<\/p>\n\n\n\n

Riprendere il libro in mano \u00e8 stato in primo luogo un modo di sottrargli il suo potere malefico. Un modo di guardarlo da vicino, di descriverne il contenuto il pi\u00f9 fedelmente possibile, di analizzare le radici di una tale retorica e dei sui argomenti.<\/p>\n\n\n\n

Un tale lavoro mi ha permesso anche di scoprire che il libro, che tanti davano per morto, continuava invece a esistere e a produrre effetti nefasti. Non abbiamo avuto altra scelta, per mettere a tacere il testo definitivamente, che applicarci alla sua decostruzione con estremo rigore. Il rigore del lavoro storico consiste nel confrontare un testo alla realt\u00e0 del contesto politico che l\u2019ha prodotto; e, in ci\u00f2 che mi concerne, io che non sono uno storico ma un traduttore, nel riuscire a capire quali sono le tracce che il regime ha lasciato nelle parole, nel vocabolario impiegato.<\/p>\n\n\n\n

Scrive a tale proposito: \u00abSe Hitler ha conquistato il potere in Germania non \u00e8 solo per mezzo della violenza delle sue truppe che facevano regnare il terrore nelle strade e attaccavano i meeting degli avversari politici di sinistra, […] ma anche di un decennio di manipolazione e abuso del linguaggio\u00bb. Al di l\u00e0 dell\u2019illeggibilit\u00e0 del Mein Kampf<\/em>, in che modo la lingua dei Nazisti ha conquistato l\u2019immaginario mentale della lingua tedesca?<\/strong><\/h3>\n\n\n\n

Da un lato abbiamo la lingua di Hitler, generalmente straordinariamente confusa, ma che sa anche farsi semplice e diretta. Dall\u2019altro, l\u2019utilizzo da parte del regime della lingua tedesca per conquistare il potere. \u00c8 questo il punto focale, che cerco di mettere in luce in Traduire Hitler<\/em>. Come una Nazione capace di produrre i pi\u00f9 grandi poeti, opere e pensatori ha potuto cedere alla follia collettiva, arrivare allo stato delle cose in cui le parole perdono il loro senso perch\u00e9 strumentalizzate dal potere.<\/p>\n\n\n\n

Goebbels \u00e8 un\u2019incarnazione perfetta di tale manipolazione. Il linguaggio da lui impiegato \u00e8 in permanenza forzato in direzione della violenza e della brutalit\u00e0. La sonorit\u00e0 stessa del tedesco, che pu\u00f2 essere magnifica, si trasforma nei discorsi di Goebbels o di Hitler in un guaito mostruoso. Chaplin ha caricaturato tutto ci\u00f2 magistralmente nel suo cinema. I Nazisti sono riusciti a utilizzare la lingua tedesca per incutere paura. Faccio degli esempi nel libro: i gradi assurdi delle SS, Rottenf\u00fchrer, Sturmbannf\u00fchrer, Hauptscharf\u00fchrer<\/em>. Si tratta di titoli assurdi che non hanno altro scopo che quello di incutere timore.<\/p>\n\n\n\n

Ci\u00f2 che \u00e8 curioso in Hitler \u00e8 l\u2019amalgama di tutto ci\u00f2. Il risultato \u00e8 una sorta di poltiglia linguistica confusa e disorientante, fatta di propositi contraddittori, presenti talvolta nella stessa frase, un m\u00e9lange molto curioso per un testo di propaganda. Hitler scaglia le parole le une contro le altre come ha saputo, al fine di conservare cos\u00ec a lungo il potere, aizzare le genti, mettere i popoli contro i popoli, le Nazioni contro le Nazioni. E in ogni capitolo, in conclusione di un tale magma confuso, si ritrova una carica violenta lanciata in direzione di un gruppo designato: ebrei, insegnanti, giornalisti, Francesi, Inglesi etc. Questi passaggi sono invece sempre scritti in termini semplici e diretti.<\/p>\n\n\n\n

Con grande precauzione, lei tenta un parallelo tra il linguaggio di Adolf Hitler e quello di Donald Trump, mostrando come i due abbiano in comune una lingua contrastata all\u2019eccesso, estremamente semplificata, spesso scorretta; lei vede in ci\u00f2 una condizione preliminare alla violenza. Come reagire a una lingua che rifiuta a tal punto le condizioni pi\u00f9 elementari della discussione, del dibattito, del confronto non violento?<\/strong><\/h3>\n\n\n\n

Ci sono due metodi. Il primo, generalmente il pi\u00f9 sensato, \u00e8 quello di passare per la via della ragione, cercando di sollecitare lo sviluppo del ragionamento presso l\u2019uditorio. Il secondo consiste invece nel rispondere alla violenza con la violenza. Di recente abbiamo visto, per esempio, Joe Biden optare per questa seconda opzione in un discorso in cui ha deciso di attaccare frontalmente Donald Trump. \u00c8 il metodo dell\u2019elettroshock.<\/p>\n\n\n\n

In Germania, la lotta contro Hitler \u00e8 stata in un primo tempo condotta dai socio-democratici, che scelsero la via della ragione, fino a che non furono uno a uno internati nei campi di concentramento, pi\u00f9 tardi dai comunisti, che scelsero un\u2019opposizione pi\u00f9 violenta. Gli anni 1931-32 et 33 sono stati caratterizzati da una violenza estrema difficile da immaginare: fucilate nelle strade, violenza nei meeting politici\u2026 che non port\u00f2 a nulla. Bisogna cercare di capire perch\u00e9 una certa tipologia di discorso fomentatore d\u2019odio riesce a imporsi, nella Germania degli anni Trenta come negli Stati-Uniti degli anni 2010 od oggi in Italia. Capire perch\u00e9 \u00e0 un certo punto le barriere naturali che proteggono la nostra lingua, la nostra razionalit\u00e0, la nostra attitudine al ragionamento saltano. Si possono avanzare diverse spiegazioni, considerando in primo luogo, a mio avviso, il legame esistente tra le teorie complottiste e l\u2019emergere di questo tipo di discorsi.<\/p>\n\n\n\n

Hitler stesso ricorre a propositi complottisti per difendere l\u2019idea della coltellata nella schiena che avrebbe ricevuto per mano prima degli ebrei poi dei comunisti, impiegando frasi il cui senso \u00e8 in alcuni casi letteralmente assurdo o contraddittorio. Donald Trump ha fatto uso dello stesso sistema retorico, e continua a farlo. La sua attitudine nei confronti del Covid-19, per esempio, \u00e8 di stampo negazionista. Solamente lavorando sulla decostruzione di tali articolazioni retoriche si potr\u00e0 riuscire a svelare l\u2019inganno di cui l\u2019uditorio di un certo tipo di personalit\u00e0 politica \u00e8 vittima.<\/p>\n\n\n\n

In LTI. Lingua Tertii Imperii<\/em>, Victor Klemperer ha analizzato il modo in cui l\u2019ideologia nazista riusc\u00ec a trasformare la lingua tedesca dall\u2019interno. In quanto traduttore, tale analisi le sembrano ancora pertinenti?<\/strong><\/h3>\n\n\n\n

Credo che Victor Klemperer resti il riferimento assoluto in materia di analisi della manipolazione della lingua tedesca operata dal regime hitleriano, LTI<\/em> certamente, ma anche i suoi diari, meno conosciuti, ma ugualmente straordinari. Penso in particolar modo al primo volume, intitolato I miei soldati di carta<\/em>, dove Klemperer mostra come la terminologia hitleriana s\u2019infiltri nell\u2019uso quotidiano del linguaggio. Il passaggio del diario in cui racconta quando viene annunciato, a lui che si chiama Victor, che dovr\u00e0 scegliere uno dei tre nomi ebraici che sar\u00e0 destinato a portare \u00e0 vita \u00e8 notevole, sorprendente. Il Nazismo ha operato una vera e propria trasformazione della realt\u00e0 quotidiana pi\u00f9 intima, apparentemente intangibile, come per esempio l\u2019attribuzione del cognome o del nome.<\/p>\n\n\n\n

Ci sono stati in Germania dei tentativi di \u00ab denazificazione \u00bb della lingua?<\/strong><\/h3>\n\n\n\n

Allora, si pu\u00f2 considerare che ci siano stati due tentativi. Il primo, di natura politica. Nel dopo-guerra Adenauer ha in effetti tentato di ristabilire una vera democrazia e un linguaggio realmente democratico. Ma i crimini nazisti sono stati tenuti sotto silenzio o quasi fino agli anni 1967-68. Se vogliamo, la democrazia tedesca si \u00e8 riorganizzata sotto una coltre di silenzio, come sovrastata da una cappa nazista persistente. Bisogner\u00e0 aspettare il conflitto generazionale del 1968, e i cambiamenti forti da esso indotto, perch\u00e9 un lavoro, non ancora terminato, di indagine pi\u00f9 minuziosa e di ricostruzione della verit\u00e0 abbia inizio.

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Un secondo tentativo, pi\u00f9 approfondito, fu condotto da alcuni scrittori, e l\u2019esito \u00e8 molto pi\u00f9 interessante. Nel 1947, un gruppo di scrittori, chiamato \u00abgruppo 47\u00bb, si diede come compito di restaurare la lingua tedesca morta per mano del Nazismo. Tra il 1943 et il 1945, si possono individuare in Germania due correnti letterarie. Una preesistente, alimentata \u00abdall\u2019esterno\u00bb, grazie agli esiliati, che va da Thomas Mann a Bertolt Brecht, e che continua a vivere. Un certo numero di intellettuali comincia d\u2019altra parte a scrivere in altre lingue e a mettere in questione il rapporto alla \u00abpropria\u00bb lingua, come Hannah Arendt, per fare un esempio. La corrente \u00abinterna\u00bb \u00e8, invece, del tutto inesistente tranne qualche rara eccezione. Prendiamo il caso di Ernst J\u00fcnger autore del libro Sulle scogliere di marmo<\/em> : si pu\u00f2 considerare come un immigrato \u00abinterno\u00bb, ma mi viene difficile convincermi di una tale lettura.<\/p>\n\n\n\n

Quest\u2019ultimo tentativo, quello condotto dagli intellettuali, ha permesso di far rinascere una letteratura tedesca cosciente della posta in gioco e dalla sensibilit\u00e0 raffinatissima.<\/p>\n\n\n\n

Lei evoca una sorta di \u00abflusso nero\u00bb che l\u2019avrebbe portata alla traduzione del Mein Kampf<\/em>, ovvero le numerosissime traduzioni di opere provenienti dalla storiografia tedesca sulla Seconda Guerra Mondiale. Non \u00e8 mai stato tentato di smettere di lavorare sul Nazismo?<\/strong><\/h3>\n\n\n\n

Smetter\u00f2 il giorno in cui avr\u00f2 risposto a tutte le mie domande. Traduire Hitler <\/em>rappresenta per me, da questo punto di vista, una tappa importante. Penso d\u2019altra parte che le interrogazioni che il Nazismo solleva siano sempre attuali. Le nuove scoperte che la disciplina storica ci offre \u2014\u00a0sulle relazioni internazionali, sulla struttura interna del regime \u2014arricchiscono il nostro sguardo su tale periodo. Dal punto di vista filosofico, lo studio del Nazismo rinvia alle questioni fondamentali. Non abbiamo in effetti finito di analizzare la retorica nazista e i suoi assi di sviluppo: l\u2019apologia dell\u2019autodidattismo contro l\u2019educazione istituzionalizzata; l\u2019elogio della credenza contro la dimostrazione; l\u2019odio del ragionamento; il ricorso sistematico all\u2019immaginario del complotto. Ritroviamo queste idee altrove che nel Mein Kampf,<\/em> ma il Nazismo ha mostrato in modo parossistico a che cosa un tale discorso pu\u00f2 condurre.<\/p>\n\n\n\n

Se si prende in considerazione la Germania contemporanea, l\u2019estrema destra e i gruppi neonazisti in particolar modo sono maggiormente presenti nei L\u00e4nder dell\u2019ex DDR che a Ovest. Ritiene che, al di l\u00e0 del traumatismo che la riunificazione ha rappresentato, la seduzione che il Nazismo opera nell\u2019ex DDR potrebbe essere legata al fatto che gli abitanti della Germania Est siano stati esposti a una seconda operazione di distruzione del linguaggio durante 45 anni?<\/strong><\/h3>\n\n\n\n

\u00c8 una domanda estremamente interessante, che esula tuttavia dal mio campo di competenza e alla quale non posso dunque fornire risposte definitive. A mio avviso, non si pu\u00f2 parlare di distruzione del linguaggio nella Repubblica Democratica Tedesca. Certo, come in Unione Sovietica, \u00e8 stata imposta una retorica politica, una sorta di \u00abpolitichese\u00bb che ha forzato le persone chiamate a esprimersi pubblicamente \u2014 gli universitari, gli scrittori, gli intellettuali \u2014 a prendere infinite precauzioni per dire ci\u00f2 che volevano dire. D\u2019altra parte, si \u00e8 osservato che in Germania fu opposta pochissima resistenza al linguaggio nazista contrariamente alla DDR, dove l\u2019opposizione al linguaggio imposto dal potere sovietico fu permanente. Si tratta di una differenza molto importante: numerosi dissidenti della Germania dell\u2019Est, che decisero di non partire, continuarono a vivere e lavorare nella DDR; alcuni di questi furono poi incarcerati. Durante il regime nazista, si \u00e8 assistito a una vera e propria lobotomizzazione delle masse che ha investito la societ\u00e0 a tutti i livelli e in ogni campo. \u00c8 ci\u00f2 che dimostra magistralmente Klemperer.<\/p>\n\n\n\n

Se gli storici e gli studiosi di scienze politiche sono certamente pi\u00f9 competenti di me nell\u2019analizzare il posto occupato dall\u2019estrema destra in Germania dell\u2019Est, per quanto mi riguarda, mi sono fatto l\u2019idea che ci\u00f2 dipenda soprattutto dal modo in cui la denazificazione \u00e8 stata condotta. Sappiamo che \u00e8 stata incompleta nella Repubblica Federale Tedesca dopo i grandi processi dell\u2019immediato dopo-guerra. Ma dopo la fine del potere di Adenauer, ci fu una seconda ondata d\u2019introspezione che permise di riaprire gli archivi, di tenere nuovi processi e, pi\u00f9 generalmente, di affrontare il passato nazista della Germania. A Est, la teoria ufficiale consisteva nel dire che il Fascismo capitalista era stato sconfitto, che la DDR era il Paese dei lavoratori e degli operai \u2014 della resistenza antifascista insomma. L\u2019analisi ufficiale faceva del Nazismo \u2014 termine del resto poco utilizzato \u2014 l\u2019epifenomeno estremo del capitalismo. Il lavoro condotto a Ovest non \u00e8 stato dunque condotto a Est.<\/p>\n\n\n\n

Come<\/strong> definirebbe la prima traduzione francese \u2013 l\u2019ultima prima della vostra \u2013 del Mein Kampf<\/em>, pubblicata in Francia nel 1934? Si pu\u00f2 dire che quest\u2019edizione abbia condotto in Francia a una pre-ricezione o ricezione preliminare del Nazismo, diventata impossibile da ricostituire dopo la Shoah?<\/strong><\/h3>\n\n\n\n

Come tutte le traduzioni di quel periodo, l\u2019edizione del 1934 si basa su regole di traduzione che non sono pi\u00f9 in vigore oggi. L\u2019obiettivo era rendere il testo il pi\u00f9 possibile leggibile, con il fine non di fare aderire alla propaganda hitleriana ma di evidenziarne la pericolosit\u00e0. Paradossalmente, quest\u2019edizione \u00e8 stata concepita dall\u2019estrema destra francese anti-tedesca, dai nazionalisti anti-boches<\/em>, con l\u2019intenzione di nuocere a Hitler e chiudendo invece gli occhi sulla propaganda anti-semita. Ci\u00f2 nonostante, ed \u00e8 quello che racconto nel libro, la LICA, oggi LICRA<\/span>2<\/sup><\/a><\/span>, aveva aiutato la pubblicazione e preso le difese del testo, contribuendo cos\u00ec alla sua sopravvivenza, quando Hitler aveva tentato di farlo interdire.<\/p>\n\n\n\n

La lettura retrospettiva e anacronistica del Mein Kampf<\/em> ha dato luogo a numerosi errori di interpretazione. Prendiamo la frase in cui Hitler, riferendosi alla guerra del 1914, afferma che bisognerebbe \u00abutilizzare il gas contro quelle genti\u00bb<\/span>3<\/sup><\/a><\/span>. <\/p>\n\n\n\n

Alcuni hanno voluto vedere in questo passaggio la prova che tutto era previsto fin dal 1924. Ma tale lettura \u00e8 un\u2019assurdit\u00e0 dal punto di vista storico. Hitler vuole dire qualcosa come ci sarebbe <\/em>bisogno di una buona guerra<\/em>. Se vogliamo, nella mia traduzione, le premesse sono quelle dell\u2019edizione del 1934 e si esprimono nella violenza del linguaggio, ma si tratta di una violenza pi\u00f9 contenuta. Per esempio, la traduzione del termine Judentum <\/em>ha sollevato un grande dibattito tra gli storici. Nella prima edizione, si \u00e8 impiegata la terminologia di \u00c9douard Drumont, e il termine si ritrova sistematicamente tradotto con juiverie<\/em>, una parola estremamente violenta. A ben guardare, non \u00e8 esattamente quello che vuole intendere Hitler. Quando, in due occorrenze, impiega il termine das Judentum<\/em> \u00e8 per opporlo a das Deutschtum<\/em>, juda\u00eft\u00e9<\/em> versus germanit\u00e9<\/em>.<\/p>\n\n\n\n

Si tratta ovviamente di un impiego ugualmente violento \u2013 e il testo \u00e8 pieno di passaggi antisemiti insopportabili \u2013, ma la traduzione deve rilevare che, in questo caso, Hitler tenta di appropriarsi del linguaggio di un uomo di Stato, capace di teorizzare, di formalizzare e giustificare in questo caso l\u2019ingiustificabile. Nell\u2019edizione del 1934, si ritrova tutto ci\u00f2, ma non sono rari gli scivoloni su termini tecnici di cui i traduttori non conoscevano il significato esatto e questi errori contribuiscono a rendere il testo meno leggibile, amplificato in direzione della violenza verbale, quando invece bisogna riconoscere che il Mein Kampf<\/em>, pur essendo un testo estremamente violento, conserva nella maggior parte dei casi una terminologia moderata.<\/p>\n\n\n\n

Che cosa si poteva dedurre dalla lettura del Mein Kampf<\/em>, in Francia, nel 1934? Sicuramente che Hitler aveva delle intenzioni belliciste e come minimo di segregazione e verosimilmente di deportazione, come si pu\u00f2 chiaramente leggere in alcuni passaggi del libro. Si poteva comprendere, leggendo il testo, l\u2019immenso pericolo che una presa del potere da parte di Hitler rappresentava. Genevi\u00e8ve de Gaulle-Anthonioz racconta come suo padre l\u2019avesse forzata a leggere il Mein Kampf<\/em> e come lei, grazie alla lettura del libro, avesse capito che cosa sarebbe accaduto e saputo fin da subito opporre resistenza. Quindi, s\u00ec, si poteva capire leggendo il libro la tragedia imminente. Il problema \u00e8 che in Germania si continua a pensare che il Mein Kampf<\/em> sia stato poco e mal letto, compreso nei ranghi del partito nazista. I membri del partito, gli ufficiali del regime, lo citavano per mostrare il loro allineamento sulle posizioni di Hitler, ma becchettavano qui e l\u00e0 solamente, come ha saputo mostrare Johann Chapoutot. I primi veri lettori optarono, molto presto, per la via dell\u2019esilio, avendo capito il pericolo che correvano. Anche in Francia. Dunque, ribadisco che, al di l\u00e0 di alcuni evidenti errori di traduzione, e nonostante fosse illeggibile e incompleta, questa prima traduzione era relativamente fedele al testo. Si poteva dunque capire che cosa sarebbe accaduto e tirarne le fila. La nostra traduzione, condotta in collaborazione con un\u2019\u00e9quipe di storici, ha un altro scopo: quello di restituire al linguaggio hitleriano la forma che ha assunto all\u2019epoca per i Tedeschi e di cercare di comprendere come, in una tale brodaglia, Hitler abbia potuto arrivare al potere.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Nel suo ultimo libro Traduire Hitler (H\u00e9lo\u00efse d\u2019Ormesson, 2022) , Olivier Mannoni rievoca l\u2019immenso lavoro che ha dato origine a una nuova traduzione del Mein Kampf, realizzata in collaborazione con una \u00e9quipe di storici diretta da Florent Brayard e Andreas Wirsching (Historiciser le mal, Fayard, 2019). <\/p>\n","protected":false},"author":2851,"featured_media":5515,"comment_status":"closed","ping_status":"closed","sticky":false,"template":"templates\/post-reviews.php","format":"standard","meta":{"_acf_changed":false,"_trash_the_other_posts":false,"footnotes":""},"categories":[2016],"tags":[],"geo":[],"person":[],"acf":[],"yoast_head":"\n"Tradurre Hitler", una conversazione con Olivier Mannoni - Il grand Continent - IT<\/title>\n<meta name=\"robots\" content=\"index, follow, max-snippet:-1, max-image-preview:large, max-video-preview:-1\" \/>\n<link rel=\"canonical\" href=\"https:\/\/legrandcontinent.eu\/it\/2022\/10\/14\/tradurre-hitler-una-conversazione-con-olivier-mannoni\/\" \/>\n<meta property=\"og:locale\" content=\"it_IT\" \/>\n<meta property=\"og:type\" content=\"article\" \/>\n<meta property=\"og:title\" content=\""Tradurre Hitler", una conversazione con Olivier Mannoni - 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