{"id":33671,"date":"2025-05-28T18:00:00","date_gmt":"2025-05-28T16:00:00","guid":{"rendered":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/it\/?p=33671"},"modified":"2025-06-02T10:44:00","modified_gmt":"2025-06-02T08:44:00","slug":"nel-regno-unito-capire-la-svolta-di-starmer-sullimmigrazione","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/it\/2025\/05\/28\/nel-regno-unito-capire-la-svolta-di-starmer-sullimmigrazione\/","title":{"rendered":"Nel Regno Unito, capire la svolta di Starmer sull’immigrazione"},"content":{"rendered":"\n

Come in tutte le sinistre europee, il tema che divide il partito laburista nel Regno Unito \u00e8 l’immigrazione. Tra la sinistra metropolitana e le roccaforti operaie del nord dell’Inghilterra, tra i difensori dei diritti universali e i sostenitori di un socialismo radicato, le linee di frattura sono antiche. Tuttavia, solo una settimana dopo la sua grave sconfitta alle elezioni locali contro il partito populista di destra di Nigel Farage, il 12 maggio 2025, il primo ministro Keir Starmer sembra aver scelto da che parte stare. Circondato da diverse bandiere britanniche, il primo ministro ha annunciato una serie di misure molto restrittive e ha dichiarato: \u00abFaremo ci\u00f2 che avete chiesto, pi\u00f9 e pi\u00f9 volte, e riprenderemo il controllo delle nostre frontiere.\u00bb <\/span>1<\/sup><\/a><\/span><\/span><\/p>\n\n\n\n

Questo cambiamento di tono, senza dubbio strategico, \u00e8 in linea con le misure adottate da diversi partiti di sinistra in Europa, in particolare in Danimarca.<\/p>\n\n\n\n

Ma questa evoluzione riveste un’importanza particolare per un motivo fondamentale: a differenza di questo piccolo paese scandinavo, il Regno Unito condivide con la Francia o l’Italia dimensioni simili e un passato caratterizzato da un’apertura culturale e politica al mondo. Capire le scelte operate oltremanica potrebbe quindi alimentare la riflessione della sinistra in Francia e in Europa sulla questione migratoria.<\/p>\n\n\n\n

Come in tutte le sinistre europee, il tema che divide il partito laburista nel Regno Unito \u00e8 l’immigrazione.<\/p>Marc Le Chevallier e Renaud Large<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

La dottrina storica della sinistra sull’immigrazione<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

Storicamente, la sinistra non \u00e8 mai stata unanimemente favorevole all’apertura incondizionata delle frontiere. Gi\u00e0 Karl Marx associava la figura del lavoratore straniero non integrato alla famosa \u00ab riserva industriale di manodopera \u00bb <\/span>2<\/sup><\/a><\/span><\/span>: una forza lavoro in eccesso che il capitale pu\u00f2 mobilitare per abbassare i salari e dividere i lavoratori. Studiando il mercato del lavoro inglese, Karl Marx osservava gli effetti della manodopera immigrata irlandese sulla classe operaia inglese:<\/p>\n\n\n\n

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A causa della crescente concentrazione della propriet\u00e0 terriera, l’Irlanda invia la sua popolazione in eccesso sul mercato del lavoro inglese, facendo cos\u00ec diminuire i salari e degradando le condizioni morali e materiali della classe operaia inglese. E, cosa pi\u00f9 importante di tutte! Ogni centro industriale e commerciale in Inghilterra ha ora una classe operaia divisa in due campi ostili, i proletari inglesi e i proletari irlandesi. […] Questo antagonismo \u00e8 il segreto dell’impotenza della classe operaia inglese, nonostante la sua organizzazione. \u00c8 il segreto grazie al quale la classe capitalista mantiene il suo potere. E questa classe ne \u00e8 perfettamente consapevole <\/span>3<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n<\/blockquote>\n\n\n\n

L’immigrazione, quando sfugge al controllo dei sindacati e non \u00e8 accompagnata da diritti collettivi, diventa una leva di deflazione salariale. Questa intuizione marxista trova eco nei lavori dell’economista americano di Harvard George Borjas <\/span>4<\/sup><\/a><\/span><\/span>, che dimostra empiricamente che l’immigrazione non regolamentata pu\u00f2 danneggiare i lavoratori locali meno qualificati, in particolare quando i nuovi arrivati non beneficiano delle stesse tutele sociali o sindacali.<\/p>\n\n\n\n

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I dati (…) indicano che l’immigrazione ha un impatto significativo sui redditi dei lavoratori autoctoni. In particolare, un aumento del 10% dell’offerta di lavoratori in un determinato gruppo di competenze riduce i salari dei lavoratori di quel gruppo di circa il 3-4%. Questo effetto negativo \u00e8 particolarmente marcato tra le persone senza diploma di scuola secondaria, che sono le pi\u00f9 esposte alla concorrenza degli immigrati per i posti di lavoro <\/span>5<\/sup><\/a><\/span><\/span>. <\/p>\n<\/blockquote>\n\n\n\n

Prima della svolta neoliberista degli anni ’80, nella maggior parte dei paesi occidentali, la richiesta di apertura delle frontiere era sostenuta principalmente dalle organizzazioni padronali, preoccupate di garantire un approvvigionamento costante di manodopera a basso costo. Al contrario, molti sindacati, in particolare in Francia con la CGT, chiedevano una rigorosa regolamentazione dei flussi migratori e la presenza dei sindacati negli organi di selezione dei lavoratori stranieri <\/span>6<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n\n\n\n

La sinistra non \u00e8 mai stata unanimemente favorevole all’apertura incondizionata delle frontiere.<\/p>Marc Le Chevallier e Renaud Large<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Nel 1919, alla conferenza di Berna, la grande maggioranza dei sindacati europei, tra cui quelli francesi, britannici e tedeschi, dichiararono:<\/p>\n\n\n\n

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Ogni Stato potr\u00e0 limitare temporaneamente l’immigrazione in periodi di depressione economica, al fine di proteggere sia i lavoratori autoctoni che quelli emigranti; ogni Stato ha il diritto di controllare l’immigrazione nell’interesse della salute pubblica e di vietarla per un certo periodo; gli Stati possono esigere che gli immigrati sappiano leggere e scrivere nella loro lingua madre,<\/em> al fine di proteggere l’istruzione popolare e rendere possibile l’applicazione efficace della legislazione del lavoro nei settori industriali che impiegano lavoratori stranieri; gli Stati si impegnano a introdurre leggi che vietino l’assunzione di lavoratori a contratto per lavorare all’estero, al fine di porre fine agli abusi delle agenzie di collocamento private. \u00c8 vietato il contratto di assunzione preliminare; gli Stati si impegnano a redigere statistiche sul mercato del lavoro sulla base delle relazioni pubblicate dalle borse del lavoro e a scambiarsi informazioni tramite un Ufficio centrale internazionale. Tali statistiche saranno comunicate in modo specifico alle organizzazioni sindacali di ciascun paese.<\/p>\n<\/blockquote>\n\n\n\n

L’obiettivo non era quello di escludere, ma di integrare pienamente questi lavoratori nel mercato del lavoro nazionale, per evitare forme di sfruttamento eccessivo e garantire una reale parit\u00e0 di accesso ai diritti.<\/p>\n\n\n\n

Il paradigma danese<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

Questa attenzione alla giustizia sociale e alla coesione nel mondo del lavoro rimane un punto di riferimento importante per coloro che, a sinistra, vogliono coniugare solidariet\u00e0 internazionale e tutela delle condizioni di lavoro.<\/p>\n\n\n\n

L’esempio contemporaneo della Danimarca illustra un approccio socialdemocratico alla regolamentazione dell’immigrazione, il cui obiettivo dichiarato \u00e8 quello di preservare la coesione sociale e lo Stato sociale. Sotto la guida di Mette Frederiksen dal 2019, i socialdemocratici danesi hanno adottato una politica migratoria rigorosa, che combina posizioni economiche di sinistra con misure severe in materia di immigrazione. Questo \u00abparadigma danese\u00bb si basa sull’idea che la protezione delle classi popolari richiede un controllo rigoroso dei flussi migratori per evitare pressioni sui salari e sui servizi pubblici <\/span>7<\/sup><\/a><\/span><\/span>. L’allora ministro dell’Immigrazione, Mattias Tesfaye, \u00e8 stato uno dei principali artefici di questa politica. Figlio di un rifugiato etiope, sosteneva che i lavoratori poco qualificati fossero i pi\u00f9 colpiti dall’immigrazione incontrollata. Questo orientamento ha permesso ai socialdemocratici di riconquistare il sostegno degli elettori popolari, riducendo al contempo l’influenza dell’estrema destra. Integrando i lavoratori immigrati nel tessuto sociale e proteggendo al contempo le conquiste sociali, il modello danese \u00e8 un tentativo di conciliare giustizia sociale e controllo dell’immigrazione.<\/p>\n\n\n\n

Ma la Danimarca non \u00e8 paragonabile alle grandi potenze europee. Questo \u00e8 uno degli argomenti spesso addotti per screditare il \u00ab paradigma danese \u00bb. Essendo un piccolo paese con 6 milioni di abitanti, la pressione migratoria \u00e8 storicamente pi\u00f9 debole. La Danimarca, pur avendo un lungo litorale, \u00e8 maggiormente protetta dalla sua posizione settentrionale. Infine, il paese dispone di un modello sociale specifico della Scandinavia.<\/p>\n\n\n\n

Il \u00abparadigma britannico\u00bb che si sta delineando potrebbe essere esportato pi\u00f9 facilmente nel resto d’Europa rispetto al modello danese.<\/p>Marc Le Chevallier e Renaud Large<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Al contrario, il caso del Regno Unito offre insegnamenti molto diversi per il continente europeo. L’Inghilterra, considerata separatamente dal Regno Unito, presenta caratteristiche simili alle grandi potenze dell’Europa continentale, come Germania, Francia, Italia o Spagna. Con 57 milioni di abitanti, ha una popolazione simile a quella dell’Italia (circa 60 milioni) o della Francia, senza i territori d’oltremare. Dal punto di vista geografico, l’Inghilterra presenta una densit\u00e0 urbana, una diversit\u00e0 regionale e un’intensit\u00e0 di mobilit\u00e0 interna simili a quelle della Germania o della Spagna. In termini di pressione migratoria, l’Inghilterra deve affrontare dinamiche simili a quelle della Francia o della Germania: un’immigrazione economica e familiare significativa, dibattiti ricorrenti sull’integrazione, campi di transito informali e una domanda di asilo sostenuta. Per quanto riguarda le frontiere, l’Inghilterra, come la Francia, la Spagna o l’Italia, dispone di un lungo litorale \u2014 oltre 3 000 chilometri \u2014 che la rende un importante punto di accesso marittimo.<\/p>\n\n\n\n

In altre parole, il \u00abparadigma britannico\u00bb che si sta delineando attorno alla politica migratoria di Keir Starmer potrebbe essere esportato pi\u00f9 facilmente nel resto d’Europa rispetto al modello danese.<\/p>\n\n\n\n

Dal New Labour al Blue Labour: l’evoluzione della dottrina migratoria laburista<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

Sotto Tony Blair (1997-2007), il New Labour adotta una linea liberale sull’immigrazione, percepita come una leva economica e culturale.<\/p>\n\n\n\n

Nel 2004, il suo governo decide di aprire immediatamente il mercato del lavoro britannico ai cittadini dei paesi dell’Europa orientale che entrano nell’Unione (Polonia, Lituania, ecc.), senza periodo transitorio. Questa decisione porta a un’immigrazione massiccia \u2013 oltre 600.000 persone in due anni \u2013 giustificata dalla necessit\u00e0 di manodopera e dalla volont\u00e0 di modernizzazione <\/span>8<\/sup><\/a><\/span><\/span>. Blair istitu\u00ec inoltre nel 2002 il Highly Skilled Migrant Programme<\/em> e sostenne gli studenti stranieri.<\/p>\n\n\n\n

Con Gordon Brown (2007-2010), il tono cambia leggermente. Nel 2008 introduce un sistema a punti per i lavoratori extracomunitari, ispirato al modello australiano, e afferma la priorit\u00e0 dei \u00abBritish jobs for British workers<\/em>\u00bb (lavori britannici per i lavoratori britannici), una formula criticata all’epoca per il suo tono nazionalista <\/span>9<\/sup><\/a><\/span><\/span>. Mantiene una politica globalmente aperta, insistendo per\u00f2 sull’integrazione e sulle competenze economiche.<\/p>\n\n\n\n

Ed Miliband (2010-2015) costituisce una parentesi innovativa nella dottrina laburista in materia. In un discorso del 2012, riconosce che il Labour ha \u00absbagliato\u00bb a minimizzare l’impatto dell’immigrazione, in particolare sui salari dei lavoratori poco qualificati <\/span>10<\/sup><\/a><\/span><\/span>. Promette di limitare il ricorso alla manodopera straniera nel settore pubblico, impone test di inglese pi\u00f9 severi per gli immigrati e propone di rafforzare i controlli sullo sfruttamento dei lavoratori stranieri, cercando di ricollegare il Labour alle classi popolari preoccupate per gli effetti della globalizzazione. L’ascesa della corrente Blue Labour, guidata da Lord Maurice Glasman negli anni 2010, \u00e8 stata il sintomo di una presa di coscienza: le classi popolari legate alla sicurezza, ai confini e all’appartenenza culturale si stavano allontanando da un Labour percepito come elitario e distaccato dalla realt\u00e0. Oggi, la ritrovata influenza del Blue Labour \u00e8 evidente nel gabinetto Starmer, in particolare sulla politica migratoria.<\/p>\n\n\n\n

Questa parentesi si conclude con la presa del potere del partito da parte di Jeremy Corbyn (2015-2020), la cui linea torna ad essere pi\u00f9 aperta e favorevole ai diritti dei migranti. Corbyn critica le politiche restrittive dei conservatori, come le \u00abhostile environment policies<\/em>\u00bb di Theresa May, e difende la libert\u00e0 di circolazione, anche dopo la Brexit <\/span>11<\/sup><\/a><\/span><\/span>. Tuttavia, la vittoria del Leave<\/em> nel 2016 pone il Labour di fronte a una contraddizione: il suo elettorato \u00e8 profondamente diviso tra le grandi citt\u00e0 filoeuropee e le ex roccaforti operaie favorevoli a un controllo pi\u00f9 stretto dell’immigrazione. Corbyn cerca di conciliare queste posizioni proponendo nel 2019 un sistema \u00abgiusto e basato sulle esigenze economiche\u00bb, senza tornare esplicitamente sulla libert\u00e0 di circolazione <\/span>12<\/sup><\/a><\/span><\/span>. Ma questa ambiguit\u00e0 diventa un handicap: il Labour appare inadeguato alla nuova realt\u00e0 post-Brexit, in cui la sovranit\u00e0 migratoria \u00e8 diventata una richiesta centrale per gran parte dell’elettorato. La vaghezza della posizione laburista \u2013 il rifiuto di difendere pienamente la chiusura, senza affermare una linea chiara di apertura \u2013 contribuisce al suo crollo elettorale nel 2019. La Brexit mette a nudo le difficolt\u00e0 del Labour nel definire una dottrina migratoria chiara e coerente in un Regno Unito in mutamento.<\/p>\n\n\n\n

L’ascesa della corrente Blue Labour, guidata da Lord Maurice Glasman negli anni 2010, \u00e8 stata sintomatica di una presa di coscienza: le classi popolari legate alla sicurezza, ai confini e all’appartenenza culturale si stavano allontanando da un Labour percepito come elitario e distaccato dalla realt\u00e0.<\/p>Marc Le Chevallier e Renaud Large<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Keir Starmer o la possibilit\u00e0 di una sinistra post-Brexit<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

Inaugurando il primo governo laburista post-Brexit, Starmer deve inventare una nuova grammatica della sinistra sul tema dell’immigrazione.<\/p>\n\n\n\n

Sin dal suo insediamento, ha annullato il controverso piano di espulsione verso il Ruanda, definendo questa politica \u00abmorta e sepolta\u00bb <\/span>13<\/sup><\/a><\/span><\/span>. Al suo posto ha istituito il Border Security Command<\/em>, un’unit\u00e0 che coordina gli sforzi dell’Immigration Enforcement<\/em>, dell’MI5, della Border Force<\/em> e della National Crime Agency<\/em> per combattere le reti di trafficanti che facilitano gli attraversamenti illegali della Manica.<\/p>\n\n\n\n

Di fronte all’ascesa del partito populista di Nigel Farage, Reform UK, e ai risultati deludenti delle elezioni locali e legislative parziali del maggio 2025, Starmer ha annunciato una serie di riforme volte a ridurre in modo significativo l’immigrazione netta.<\/p>\n\n\n\n

Tra le misure chiave figurano l’estensione del periodo richiesto per ottenere lo status di residente permanente da cinque a dieci anni, il rafforzamento dei requisiti linguistici e di istruzione per i visti per lavoratori qualificati, il divieto per gli operatori sanitari di assumere lavoratori stranieri, l’introduzione di carte d’identit\u00e0 digitali per i cittadini stranieri, la priorit\u00e0 alla residenza per i migranti che contribuiscono attraverso le tasse, il servizio pubblico o lavori altamente qualificati, l’istituzione di un legame diretto tra la formazione dei lavoratori nazionali e il ricorso alla manodopera straniera in alcuni settori, rendendo quest’ultimo condizionato all’effettiva attuazione della prima. Starmer ha difeso questi cambiamenti come necessari per la coesione sociale e la sostenibilit\u00e0 economica, ispirandosi al paradigma danese.<\/p>\n\n\n\n

Keir Starmer afferma che l’immigrazione di massa non \u00e8 un fenomeno sub\u00ecto, ma il prodotto diretto e \u00abdeliberato\u00bb del modello economico conservatore.<\/p>Marc Le Chevallier e Renaud Large<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Queste riforme hanno suscitato critiche da vari schieramenti politici.<\/p>\n\n\n\n

I membri del Partito Laburista hanno espresso preoccupazione per un possibile allontanamento dai valori progressisti, mentre i partiti dell’opposizione hanno messo in guardia contro gli effetti negativi su settori quali la sanit\u00e0 e l’istruzione. Inoltre, gruppi per la difesa dei diritti delle minoranze hanno denunciato una retorica ritenuta stigmatizzante, in particolare quando Starmer ha dichiarato che il Regno Unito rischiava di diventare un’\u00abisola di stranieri\u00bb <\/span>14<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n\n\n\n

In un paese con una lunga storia di apertura al mondo come il Regno Unito, come ha giustificato il primo ministro britannico le sue misure?<\/p>\n\n\n\n

A sinistra, l’immigrazione \u00e8 innanzitutto una questione economica<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

Per capire la critica di sinistra all’immigrazione nel Regno Unito, non si pu\u00f2 ignorare un elemento centrale: il Paese \u00e8 uno dei pi\u00f9 liberali d’Europa e presenta uno dei tassi di disuguaglianza sociale pi\u00f9 elevati.<\/p>\n\n\n\n

Questa situazione non ha smesso di peggiorare negli ultimi quindici anni.<\/p>\n\n\n\n

I conservatori hanno applicato senza moderazione il loro programma, facendo precipitare milioni di persone in una povert\u00e0 cronica.<\/p>\n\n\n\n

Di conseguenza, sempre pi\u00f9 britannici si sono trovati esclusi dal mercato del lavoro, in gran parte a causa di malattie fisiche o mentali di lunga durata. In assenza di sostegno da parte dei servizi pubblici, una parte crescente della popolazione viene lasciata indietro, proprio mentre il mercato del lavoro rimane sotto pressione.<\/p>\n\n\n\n

In questo contesto, Keir Starmer afferma che l’immigrazione di massa non \u00e8 un fenomeno sub\u00ecto, ma il prodotto diretto e \u00abdeliberato\u00bb del modello economico conservatore. Definendo i conservatori \u00abil partito del mercato non regolamentato\u00bb, li accusa di aver privilegiato la facilit\u00e0 di reclutare manodopera all’estero piuttosto che \u00abfare il lavoro difficile sulla formazione professionale […] sulla riforma del sistema sociale […] sulle opportunit\u00e0 per i nostri giovani\u00bb <\/span>15<\/sup><\/a><\/span><\/span>. In altre parole, solo l’immigrazione di massa avrebbe permesso di mantenere in piedi un’economia basata sull’abbandono di milioni di propri cittadini. <\/p>\n\n\n\n

Di fronte a ci\u00f2, i laburisti rivendicano una risposta di sinistra radicata in una visione morale del lavoro.<\/p>\n\n\n\n

Nella nuova narrativa laburista, il controllo dell’immigrazione sarebbe una leva di solidariet\u00e0 e giustizia sociale.<\/p>Marc Le Chevallier e Renaud Large<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Partito dei \u00ablavoratori\u00bb <\/span>16<\/sup><\/a><\/span><\/span>, secondo Starmer il Labour avrebbe il dovere morale di ridare opportunit\u00e0 di lavoro agli emarginati. Ispirato dalle riflessioni della corrente Blue Labour, il partito insiste sulla centralit\u00e0 del lavoro non solo come mezzo di sussistenza, ma come fondamento della dignit\u00e0 umana. Come riassume l’ex deputato laburista Jon Cruddas: \u00abIl lavoro ha la precedenza sul capitale, quindi \u00e8 necessario mettere in atto misure di protezione per fermare le violazioni della dignit\u00e0 umana, in particolare la disoccupazione, le disparit\u00e0 salariali, la precariet\u00e0 del lavoro e gli sconvolgimenti tecnologici\u00bb <\/span>17<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n\n\n\n

In questa prospettiva, limitare l’immigrazione non \u00e8 un atto di chiusura identitaria, ma uno scontro politico con il modello ultraliberista dei conservatori. \u00c8 un atto di rottura, un tentativo di riprendere il controllo delle condizioni economiche a favore dei pi\u00f9 vulnerabili. Per questo motivo, a partire dall’estate del 2024, il governo laburista ha voluto instaurare un legame diretto tra la formazione dei lavoratori nazionali e il ricorso alla manodopera straniera in alcuni settori, rendendo quest’ultimo aspetto strettamente subordinato al primo. L’obiettivo \u00e8 chiaro: obbligare le imprese a investire nel capitale umano nazionale piuttosto che in manodopera a basso costo.<\/p>\n\n\n\n

Cos\u00ec reinterpretato, il controllo dell’immigrazione non sarebbe n\u00e9 un fine in s\u00e9 n\u00e9 un ripiegamento su se stessi: nella nuova narrativa laburista, sarebbe piuttosto una leva per la solidariet\u00e0 e la giustizia sociale.<\/p>\n\n\n\n

Riprendere il controllo: la questione della sovranit\u00e0 a sinistr<\/strong>a<\/h2>\n\n\n\n

Per il governo Starmer, l’ascesa del populismo sarebbe in gran parte spiegata dal senso di impotenza provato da una parte crescente dell’elettorato di fronte a un mondo percepito come caotico e incontrollabile. Il mondo che ci circonda non sembrerebbe pi\u00f9 controllabile: sarebbe incomprensibile e quindi spaventoso.<\/p>\n\n\n\n

Per molti elettori tentati dal voto Reform UK, sono quasi quarant’anni che subiscono, senza poter agire, gli effetti di una brutale deindustrializzazione. L’immigrazione, legale o illegale, diventa quindi, nella loro percezione, il simbolo pi\u00f9 visibile di questa perdita di controllo sul proprio destino. Non \u00e8 tanto la presenza dei migranti a preoccupare, quanto l’impressione che le decisioni vengano prese senza di loro e non per loro.<\/p>\n\n\n\n

Starmer \u00e8 ben consapevole di questo senso di caos. Quando commenta i dati sull’immigrazione netta per il 2023 \u2013 quasi un milione di persone \u2013 non parla semplicemente di statistiche, ma di percezione politica: \u00abNon \u00e8 il controllo, \u00e8 il caos\u00bb <\/span>18<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n\n\n\n

I tentativi del Partito Laburista di riposizionarsi sulla questione dell’immigrazione potrebbero allontanare la sua base tradizionale senza attirare gli elettori di Reform UK.<\/p>Marc Le Chevallier e Renaud Large<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

In quest’ottica, l’inasprimento delle norme sull’immigrazione non sarebbe solo una risposta in termini di numeri: si tratterebbe soprattutto di un gesto politico, volto a dimostrare agli elettori che possono riprendere il controllo su questioni che fino ad ora erano loro completamente sfuggite. Come afferma nel suo discorso: \u00abNon \u00e8 solo una questione di numeri\u00bb, ma anche un modo per onorare lo spirito della Brexit: \u00abManterremo ci\u00f2 che avete chiesto, pi\u00f9 e pi\u00f9 volte, e riprenderemo il controllo delle nostre frontiere\u00bb <\/span>19<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n\n\n\n

Il controllo dell’immigrazione sarebbe quindi una questione sia di giustizia sociale che di sovranit\u00e0 democratica, poich\u00e9 la sinistra non ha solo il compito di garantire l’uguaglianza dei redditi, ma innanzitutto l’uguaglianza del potere. Si tratterebbe di restituire ai cittadini la sensazione di poter influire collettivamente sulle grandi dinamiche che plasmano la loro vita quotidiana. Da questo punto di vista, il controllo dei flussi migratori non sarebbe in contraddizione con i valori della sinistra, ma ne sarebbe una coerente estensione.<\/p>\n\n\n\n

Effetti politici limitati… per ora<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

Le dichiarazioni di Keir Starmer sull’immigrazione non hanno tuttavia prodotto gli effetti elettorali sperati dal Partito Laburista.<\/p>\n\n\n\n

Secondo un sondaggio YouGov pubblicato nel maggio 2025, la sua popolarit\u00e0 \u00e8 scesa a un livello storicamente basso, con solo il 23% di opinioni favorevoli contro il 69% di opinioni sfavorevoli, ovvero un netto -46, il pi\u00f9 basso mai registrato per lui. Il calo \u00e8 particolarmente marcato tra gli elettori laburisti del 2024, il 50% dei quali ora esprime un’opinione sfavorevole nei suoi confronti, contro il 33% del mese precedente <\/span>20<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n\n\n\n

Allo stesso tempo, il sostegno a Reform UK, guidato da Nigel Farage, ha raggiunto livelli record.<\/p>\n\n\n\n

Un sondaggio Freshwater Strategy\/City AM indica che il partito raccoglie ora il 32% delle intenzioni di voto, superando il Partito Laburista al 22%. Questo progresso \u00e8 attribuito in parte alla percezione che Reform UK stia adottando una posizione pi\u00f9 ferma sull’immigrazione, un tema che preoccupa il 43% degli elettori, subito dopo l’inflazione e il costo della vita <\/span>21<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n\n\n\n

Pertanto, nonostante gli sforzi del Partito Laburista per attirare gli elettori di Reform UK, i risultati sono deludenti. Un sondaggio YouGov rivela che solo il 4% degli elettori di Reform UK intende votare per il Partito Laburista, mentre il 79% esclude questa possibilit\u00e0. Inoltre, l’80% degli elettori di Reform UK percepisce Starmer come favorevole all’immigrazione, nonostante i suoi recenti annunci restrittivi. Questi dati suggeriscono che i tentativi del Partito Laburista di riposizionarsi sull’immigrazione potrebbero allontanare la sua base tradizionale senza attirare gli elettori di Reform UK <\/span>22<\/sup><\/a><\/span><\/span>. <\/p>\n\n\n\n

Questo divario tra il segnale politico inviato e la risposta elettorale immediata ricorda una legge tacita della politica contemporanea: gli effetti della comunicazione sono immediati, ma la credibilit\u00e0 non si decreta \u2014 si costruisce.<\/p>\n\n\n\n

Per la sinistra britannica, l’immigrazione non \u00e8 pi\u00f9 un tab\u00f9, ma non \u00e8 nemmeno un totem. \u00c8 oggetto di un continuo compromesso tra pragmatismo elettorale, vincoli economici e fedelt\u00e0 ai valori storici del partito.<\/p>Marc Le Chevallier e Renaud Large<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Oggi il Labour pu\u00f2 apparire opportunista o in contrasto con una parte della sua base storica, il che rende la transizione di immagine ancora pi\u00f9 delicata. Tuttavia, se alle parole seguiranno i fatti e se si manterr\u00e0 una linea coerente nel tempo, \u00e8 possibile che questa strategia dia i suoi frutti nel lungo periodo. La sinistra britannica, a lungo considerata ingenua o lassista sulle questioni migratorie da alcuni segmenti dell’elettorato popolare, potrebbe ritrovare ascolto se riuscir\u00e0 a dimostrare pazienza strategica. Ci vorr\u00e0 quindi ben pi\u00f9 di un discorso o di un annuncio forte perch\u00e9 gli elettori di Reform UK riconsiderino la loro posizione. Secondo il detto consacrato, \u00abun politico pensa alle prossime elezioni e uno statista alla prossima generazione\u00bb. La posta in gioco non \u00e8 tanto un’operazione di seduzione immediata quanto un profondo ripristino della competenza percepita del Labour sui temi regali.<\/p>\n\n\n\n

In questo caso, regolamentare senza cadere nella xenofobia e controllare senza rompere con l’umanesimo sono sfide che il Labour al potere dovr\u00e0 affrontare nel lungo periodo.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Nel Regno Unito di Keir Starmer, l’immigrazione incontrollata sarebbe una politica di destra, quella di un conservatorismo deregolamentatore.<\/p>\n

Per reinventarsi e combattere l’ascesa del partito di Nigel Farage, il Labour ha deciso di investire politicamente su questa questione, presentando l’inasprimento della politica migratoria come una leva di solidariet\u00e0 e giustizia sociale.<\/p>\n

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