{"id":3220,"date":"2022-01-17T10:56:57","date_gmt":"2022-01-17T10:56:57","guid":{"rendered":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/ita\/?p=3220"},"modified":"2022-02-27T17:47:29","modified_gmt":"2022-02-27T17:47:29","slug":"demografia-la-nuova-frattura","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/it\/2022\/01\/17\/demografia-la-nuova-frattura\/","title":{"rendered":"Demografia: la nuova frattura"},"content":{"rendered":"\n

Una storia bulgara<\/h2>\n\n\n\n

Un anziano muore da qualche parte in un remoto villaggio della Bulgaria. Ha 92 anni, \u00e8 l’ultima persona che vive nel villaggio e quindi ci vuole un po’ di tempo perch\u00e9 la gente scopra che \u00e8 morto. Molto probabilmente, nessuno si sarebbe accorto della sua morte se non fosse che, a causa di essa, la popolazione del paese scende fatalmente sotto i 7 milioni di persone (2 milioni in meno rispetto al 1989). Improvvisamente la morte del vecchio sconosciuto scatena ondate di panico morale e diventa il centro della politica nazionale. La demografia \u00e8 destino, se si \u00e8 consapevoli del fatto che a causa del basso tasso di fertilit\u00e0, della bassa aspettativa di vita e della massiccia emigrazione, la Bulgaria \u00e8 diventata il campione mondiale di declino della popolazione in assenza di guerre o disastri naturali. La gente comincia a chiedersi: stiamo per scomparire? Esisteranno ancora dei bulgari nei prossimi cento anni? La colpa \u00e8 della democrazia o dell’UE?<\/p>\n\n\n\n

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Il presidente del paese – un convinto nazionalista che sta affrontando la rielezione – \u00e8 determinato a fare qualcosa. Naturalmente pu\u00f2 facilmente aumentare la popolazione se decide di aprire il paese a migliaia di migranti disposti a venirci, ma questa \u00e8 l’unica cosa che non pu\u00f2 fare perch\u00e9 nei giorni della crisi dei rifugiati del 2015 \u00e8 stato eletto con la promessa che nessun immigrato sarebbe entrato nel paese. La Bulgaria sar\u00e0 aperta solo per i bulgari. Ma dove trovarli, quando quelli che sono emigrati non vogliono tornare? Cos\u00ec, nello stesso modo in cui Colombo and\u00f2 a cercare nuove terre per la corona spagnola, il presidente invia una spedizione antropologica per trovare alcuni bulgari rimasti da qualche parte nel mondo e riportarli a casa. In breve tempo gli antropologi riferiscono con orgoglio che in una remota regione dell’Asia centrale, nel territorio dell’ex Unione Sovietica, hanno trovato una popolazione che assomiglia ai proto-bulgari che hanno lasciato questa parte del mondo circa 70 generazioni fa. Il presidente \u00e8 entusiasta. In primo luogo, se queste persone otterranno passaporti bulgari, significa che il paese torner\u00e0 ad avere 7,5 milioni di persone; in secondo luogo, ha fatto un accordo con il leader autoritario locale che questo mezzo milione di nuovi cittadini voteranno per lui alle prossime elezioni presidenziali.<\/p>\n\n\n\n

Questa \u00e8 la trama del romanzo satirico di recente pubblicazione Misia Turan <\/em>di un importante autore bulgaro, Alek Popov. Alla fine del libro, le cose non vanno come il presidente si aspettava. I “nuovi bulgari” – dopo aver ottenuto i loro passaporti UE – volano in Francia e Germania e non si preoccupano di votare alle elezioni presidenziali, causando cos\u00ec la sconfitta del presidente. Il tentativo del presidente di mettere insieme un corpo elettorale che lo elegga \u00e8 fallito.<\/p>\n\n\n\n

Il romanzo di Popov coglie tre problemi che sono centrali per dare un senso all’ascesa del populismo di destra oggi in Europa.<\/p>\n\n\n\n

In primo luogo, il romanzo rivela l’importanza della demografia nell’attuale trasformazione delle democrazie occidentali. A parte Israele, non c’\u00e8 nessun paese ricco al mondo la cui popolazione non sarebbe – senza la migrazione – sulla buona strada per ridursi. \u00c8 questa ansia demografica delle nazioni piccole e in contrazione che \u00e8 alle radici del successo elettorale dei populisti nell’Europa dell’Est. Negli ultimi tre decenni, i paesi dell’Europa centrale e orientale nel complesso hanno perso una popolazione pari a quella dell’Ungheria e della Repubblica Ceca messe insieme.  <\/p>\n\n\n\n

A parte Israele, non c’\u00e8 nessun paese ricco al mondo la cui popolazione non sarebbe – senza la migrazione – sulla buona strada per ridursi. \u00c8 questa ansia demografica delle nazioni piccole e in contrazione che \u00e8 alle radici del successo elettorale dei populisti nell’Europa dell’Est. <\/p>ivan krastev<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

In secondo luogo, rivela la problematica relazione tra la paura della perdita di popolazione e l’apertura all’immigrazione. In assenza di un’immigrazione su larga scala, gli stati sociali europei sono condannati. Ma i governi che sostengono le frontiere aperte sono in difficolt\u00e0 nella maggior parte degli stati membri dell’UE, e in particolare nell’Europa orientale. In breve, l’Europa ha disperatamente bisogno di migranti per preservare il suo modello sociale, ma gli elettori non sono pronti ad aprire le frontiere. Nel 1965, le persone oltre i 65 anni negli stati membri dell’UE erano presenti in un numero pari al 15 per cento delle persone tra i 20 e i 64 anni. Nel 2015, questa cifra era quasi raddoppiata al 29%. Entro il 2050, almeno la met\u00e0 degli europei avr\u00e0 pi\u00f9 di 50 anni. Le politiche pro-nataliste, anche se in parte riuscite, non possono invertire questa tendenza, n\u00e9 il ritorno di alcuni emigranti recenti. L’invecchiamento della popolazione sta restringendo l’orizzonte temporale della societ\u00e0 e cambia drammaticamente la natura del corpo elettorale. Dovremmo stupirci che l’Europa sia infettata dal virus della nostalgia se sappiamo che oggi in Germania i giovani con meno di 30 anni costituiscono solo il 14,4% dell’elettorato, gli ultracinquantenni il 57,8%, e le scelte politiche dei vecchi e dei giovani – come dimostrano le elezioni del 2021 – differiscono notevolmente?<\/p>\n\n\n\n

In terzo luogo, il romanzo ci aiuta a capire che in democrazia le persone eleggono i loro governi, ma i governi cercano anche di eleggere il loro popolo, stabilendo le regole sulla cittadinanza e le leggi elettorali e impiegando pratiche come il gerrymandering<\/em> e la soppressione degli elettori. E mentre la tentazione dei governi di eleggere “il popolo” \u00e8 una caratteristica costante della politica democratica, \u00e8 nei momenti di drammatico cambiamento demografico, sociale e culturale che il modo in cui i governi cercano di eleggere il loro popolo diventa di importanza critica. \u00c8 in momenti come questo che la politica delle migrazioni e della cittadinanza diventa la questione centrale della politica elettorale e il migrante buono <\/em>\u00e8 quello che voter\u00e0 per il partito di governo.<\/p>\n\n\n\n

Comprendere la nuova frattura post-pandemica<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

La paura del depopolamento non \u00e8 un problema nuovo. In Francia, per esempio, le conseguenze militari del cambiamento demografico sono state discusse costantemente dalla guerra franco-prussiana fino alla seconda guerra mondiale. La bassa fertilit\u00e0 era interpretata come un segno di declino morale e politico. Nel Medioevo era l’impotenza del re che segnalava problemi alla comunit\u00e0; nei tempi moderni \u00e8 la bassa fertilit\u00e0 della nazione. Una cartolina francese dell’epoca mostra una scena di cinque tedeschi che prendono a baionettate due francesi; un’altra mostra grossi bambini tedeschi che guardano dall’alto in basso le loro pi\u00f9 piccole controparti francesi <\/span>1<\/sup><\/a><\/span><\/span>. Il declino nazionale – cos\u00ec come il declino di classe – \u00e8 spesso illustrato nella letteratura come l’impossibilit\u00e0 di avere figli o attraverso le generazioni della famiglia. La paura del declino demografico della propria nazione va di pari passo con la paura che all’interno della stessa siano le classi e i gruppi etnici sbagliati a mostrare una maggiore fertilit\u00e0. Il demografo politico Teitelbaum insiste sul fatto che l’eugenetica dovrebbe essere vista come il “movimento dei professionisti della classe media e dei piccoli proprietari che hanno trovato un linguaggio biologico per esprimere le loro paure della rivoluzione o della proletarizzazione” <\/span>2<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n\n\n\n

Ci\u00f2 che \u00e8 nuovo nell’attuale dibattito caratterizzato dal “disfattismo poetico e dal razzismo elegante” \u00e8 il ruolo delle proiezioni demografiche nel suscitare sentimenti pubblici. Le ansie demografiche sono alimentate, in Europa e altrove, non solo dalle proiezioni dei demografi, ma anche dalle impressioni pubbliche sui rapporti e le dinamiche etniche. Queste possono essere imprecise. Come riporta Suketu Mehta: <\/p>\n\n\n\n

\u201cUno studio recente ha scoperto che gli americani, in media, pensano che i nati all’estero costituiscano circa il 37% della popolazione; in realt\u00e0, sono solo il 13,7%… I francesi pensano che una persona su tre nel loro paese sia musulmana. Il numero reale \u00e8 uno su 13\u201d<\/em> <\/span>3<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p><\/blockquote>\n\n\n\n

Gli europei sono ancora numericamente predominanti in Europa, ma cominciano a immaginare un futuro in cui sono minoranze perseguitate e la democrazia potrebbe diventare il loro peggior nemico. La ricerca di Jennifer Richeson, psicologa sociale dell’Universit\u00e0 di Yale, e di Maureen Craig, psicologa sociale dell’Universit\u00e0 di New York, ha dimostrato il potere politico dell’immaginazione demografica. Hanno capito che nelle societ\u00e0 democratiche, la dimensione del gruppo \u00e8 un marcatore di dominanza e che un gruppo che sta diventando pi\u00f9 piccolo potrebbe sentirsi minacciato e depotenziato. I loro risultati, pubblicati per la prima volta nel 2014 <\/span>4<\/sup><\/a><\/span><\/span>, hanno mostrato che gli americani bianchi a cui erano stato dato da leggere – su base casuale – il rapporto Census che sosteneva che entro il 2044 i bianchi non saranno un gruppo di maggioranza negli Stati Uniti erano pi\u00f9 propensi a riportare sentimenti negativi verso le minoranze razziali rispetto a quelli che non lo erano. Erano anche pi\u00f9 propensi a sostenere politiche restrittive sull’immigrazione e a dire che i bianchi avrebbero probabilmente perso status <\/em>e affrontato la discriminazione in futuro <\/span>5<\/sup><\/a><\/span><\/span>. <\/p>\n\n\n\n

Ci\u00f2 che \u00e8 nuovo nell’attuale dibattito caratterizzato dal “disfattismo poetico e dal razzismo elegante” \u00e8 il ruolo delle proiezioni demografiche nel suscitare sentimenti pubblici. Le ansie demografiche sono alimentate, in Europa e altrove, non solo dalle proiezioni dei demografi, ma anche dalle impressioni pubbliche sui rapporti e le dinamiche etniche.<\/p>ivan krastev<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Non \u00e8 un caso che i partiti dell’estrema destra siano diventati i profeti dell’apocalisse demografica delle societ\u00e0 occidentali. La politica europea post-Covid non \u00e8 pi\u00f9 strutturata dalla tradizionale opposizione tra sinistra e destra; \u00e8 strutturata dallo scontro di due immaginari apocalittici.<\/p>\n\n\n\n

Uno \u00e8 l’immaginario ecologista,<\/em> che \u00e8 innescato dalla prospettiva del prossimo disastro ecologico. Esso galvanizza la sensazione che se non facciamo nulla per cambiare il modo in cui viviamo e produciamo – se non domani, dopodomani – non ci sar\u00e0 pi\u00f9 vita umana sulla Terra.<\/p>\n\n\n\n

Come sostiene un recente rapporto di riferimento, “fino a 3 miliardi della popolazione mondiale prevista di circa 9 miliardi potrebbero essere esposti a temperature pari a quelle delle zone pi\u00f9 calde del Sahara entro il 2070”. <\/span>6<\/sup><\/a><\/span><\/span><\/p>\n\n\n\n

L’altro immaginario \u00e8 quello demografico. <\/em>\u00c8 guidato dalla paura che il “mio popolo” scompaia e che il nostro modo di vivere venga distrutto.<\/p>\n\n\n\n

Il poeta e pensatore politico tedesco Hans Magnus Enzensberger ha catturato al meglio la natura dell’immaginario demografico europeo quando ha diagnosticato che l’Europa soffre di “bulimia demografica” – il panico represso scatenato dalla paura “che troppe e troppo poche persone possano esistere contemporaneamente nello stesso territorio” <\/span>7<\/sup><\/a><\/span><\/span> – troppo pochi di noi e troppi di loro. Gli europei si guardano attorno nel mondo e vedono la loro quota di popolazione globale crollare, mentre i non europei migrano in Europa in gran numero. Una previsione \u00e8 che entro il 2040, un terzo della popolazione della Germania non vi sar\u00e0 nata. Nel 2019, scrive Stephen Smith, le persone di origine africana che vivevano in Europa erano circa nove milioni. Entro il 2050, continua, ci potrebbero essere “circa 150-200 milioni di afro-europei – contando gli immigrati e i loro figli” se si verificher\u00e0 una “sostenuta ondata migratoria africana”, in cui le persone si sposteranno a nord da un’Africa altamente (e sempre pi\u00f9) popolosa verso un’Europa sempre meno popolosa. <\/span>8<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n\n\n\n

L’immaginario ecologista \u00e8 cosmopolita; si basa sul presupposto che l’umanit\u00e0 potrebbe essere salvata solo se agiamo insieme. L’immaginario demografico \u00e8 un’immaginario nativista; agisce sotto il presupposto che gli altri vogliono sostituirci e noi dovremmo fermarli.<\/p>\n\n\n\n

Gli attivisti del clima dubitano della moralit\u00e0 di fare figli in un mondo spinto all’autodistruzione. I nazionalisti vedono qualsiasi famiglia con meno di tre figli come traditori.<\/p>\n\n\n\n

Ma entrambi gli immaginari sono segnati da un senso di estrema urgenza. Sia gli attivisti del clima che i nazional-populisti condividono la sensazione di stare vivendo negli ultimi giorni del mondo.<\/p>\n\n\n\n

L’immaginario ecologista \u00e8 cosmopolita; si basa sul presupposto che l’umanit\u00e0 potrebbe essere salvata solo se agiamo insieme. L’immaginario demografico \u00e8 un’immaginario nativista; agisce sotto il presupposto che gli altri vogliono sostituirci e noi dovremmo fermarli.<\/p>ivan krastev<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

La frattura Est\/Ovest in Europa<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

Accettiamo che la politica europea oggi sia una gara tra coloro che vogliono “salvare la Vita” e coloro che vogliono salvare “il nostro modo di vivere”. In questo contesto, quanto \u00e8 importante la divisione Est\/Ovest in Europa? Come influenzer\u00e0 il futuro dell’UE, e come dovremmo pensarci?<\/p>\n\n\n\n

La nostra argomentazione \u00e8 che mentre sia l’immaginazione ecologica che l’immaginazione demografica sono presenti in tutte le societ\u00e0 europee, \u00e8 l’immaginazione ecologica che modella principalmente la politica dell’Europa occidentale, dove i partiti verdi e le sensibilit\u00e0 verdi sono in crescita, mentre l’immaginazione demografica \u00e8 quella che modella la politica dell’Europa orientale.<\/p>\n\n\n\n

Ma il divario Est\/Ovest non \u00e8 il pi\u00f9 importante divario di valori in Europa, perch\u00e9 se si vogliono conoscere i valori e le preferenze politiche delle persone, non \u00e8 necessario sapere in quale paese vive una persona, ma se una persona vive in un grande centro urbano o in una zona rurale (Varsavia \u00e8 pi\u00f9 vicina in termini di valori a Berlino che alla campagna polacca). La frattura Est\/Ovest \u00e8 importante perch\u00e9 non \u00e8 semplicemente una divisione tra cittadini, ma anche tra governi e stati. Gli attuali conflitti tra Bruxelles da una parte e Polonia e Ungheria dall’altra sono la classica illustrazione di questo punto. La frattura Est\/Ovest \u00e8 esistenzialmente importante per l’UE perch\u00e9 \u00e8 il conflitto che pi\u00f9 probabilmente porter\u00e0 alla disintegrazione dell’Unione.<\/p>\n\n\n\n

La frattura Est\/Ovest \u00e8 anche centrale per il fatto che rafforza gli stereotipi culturali esistenti e riflette le reali e diverse traiettorie storiche dei processi di costruzione dello Stato nelle due parti del continente.<\/p>\n\n\n\n

Nel suo classico lavoro “Inventing Eastern Europe<\/em>“, Larry Wolff dimostra chiaramente che la cortina di ferro fu disegnata molto prima del discorso di Churchill a Fulton nel 1946. La frattura Est\/Ovest \u00e8 stata costitutiva per l’identit\u00e0 dell’Europa in ogni momento storico a partire dall’Illuminismo. A partire dal XVIII secolo, attraversare il confine tra Prussia e Polonia significava passare dall’Europa civilizzata all’Europa barbara. Nei giorni della Guerra Fredda, i dissidenti hanno combattuto duramente per sostituire la nozione di “Europa dell’Est” con quella di “Europa Centrale”, nella speranza che questo avrebbe permesso all’Occidente di vedere i polacchi, gli ungheresi e i cechi come fratelli perduti piuttosto che come i naturali alleati della tirannia orientale. Nella geografia filosofica dell’Occidente, l’Europa dell’Est era allo stesso tempo Europa e non Europa.<\/p>\n\n\n\n

Non sono solo i retaggi intellettuali, ma anche le esperienze storiche divergenti a cementare la centralit\u00e0 della divisione Ovest\/Est nella politica dell’UE.<\/p>\n\n\n\n

Il mito pi\u00f9 pericoloso dell’Europa, sostiene lo storico americano Timothy Snyder, \u00e8 quello per cui l’Unione Europea sarebbe stata fondata da Stati-nazione di piccole e medie dimensioni. In realt\u00e0, Snyder scrive che “l’Unione Europea \u00e8 la creazione di imperi europei falliti o in crisi. All’inizio c’\u00e8 la Germania. I tedeschi sono stati sconfitti nel 1945 dopo la pi\u00f9 decisiva e pi\u00f9 catastrofica guerra di colonialismo di tutti i tempi. La ricordiamo come la seconda guerra mondiale. Anche l’Italia nel 1945 perse una guerra coloniale in Africa e nei Balcani. Non molto tempo dopo, nel 1949, l’Olanda perse una guerra coloniale nelle Indie Orientali. Il Belgio perse il Congo nel 1960. La Francia, dopo essere stata sconfitta sia in Indocina che in Algeria, fa una svolta decisiva verso l’Europa all’inizio degli anni ’60. Queste sono le potenze che hanno iniziato il progetto europeo. Nessuna di loro era uno stato nazionale all’epoca. Nessuna di loro era mai stata uno stato nazione”.<\/p>\n\n\n\n

Se Snyder ha ragione – e secondo me ha ragione – \u00e8 solo con l’allargamento a Est che gli Stati-nazione classici si sono uniti in modo massiccio al progetto di integrazione dell’Europa. Ma perch\u00e9 le societ\u00e0 dell’Europa orientale si integrino con successo nell’Unione europea post-nazionale, esse devono disimparare quella che molte di loro vedono ancora come la principale lezione del ventesimo secolo: che la diversit\u00e0 etnica e culturale \u00e8 una minaccia alla sicurezza.<\/p>\n\n\n\n

Perch\u00e9 le societ\u00e0 dell’Europa orientale si integrino con successo nell’Unione europea post-nazionale, esse devono disimparare quella che molte di loro vedono ancora come la principale lezione del ventesimo secolo: che la diversit\u00e0 etnica e culturale \u00e8 una minaccia alla sicurezza.<\/p>ivan krastev<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Nel ventesimo secolo, rivoluzioni, guerre mondiali e ondate di pulizia etnica hanno cambiato la mappa etnica dell’Europa. Tutti questi traumi e sconvolgimenti si sono lasciati alle spalle un’Europa orientale i cui Stati e societ\u00e0 erano diventati pi\u00f9 – e non meno – etnicamente omogenei. Nel ventesimo secolo, l’omogeneit\u00e0 etnica era vista come un modo per ridurre le tensioni, aumentare la sicurezza e rafforzare le tendenze democratiche. Le minoranze erano viste con diffidenza. Non solo i nazionalisti ma anche i comunisti (autoproclamatisi internazionalisti) credevano nell’importanza cruciale dell’omogeneit\u00e0 etnica. All’indomani della seconda guerra mondiale, il leader comunista polacco Wladislaw Gomulka istru\u00ec i funzionari del partito: “Dobbiamo espellere tutti i tedeschi perch\u00e9 i paesi sono costruiti su basi nazionali e non multinazionali”.<\/p>\n\n\n\n

Gambe e radici<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

Come sottolinea lo studioso israeliano Liav Orgad nel suo importante libro La difesa culturale delle nazioni<\/em>, “mai nella storia dell’umanit\u00e0 \u00e8 stata data cos\u00ec tanta attenzione al movimento umano.” Nel 2019, nel mondo ci sono 272 milioni di migranti, 51 milioni in pi\u00f9 rispetto al 2010. Attualmente, il 3,5% della popolazione mondiale \u00e8 composto da migranti. Nel 2010 era il 2,8%. L’aspettativa \u00e8 che queste cifre aumentino. Come scrisse una volta George Steiner, “mentre gli alberi hanno radici, gli uomini hanno gambe”, e le persone usano le loro gambe per spostarsi verso quelli che vedono come luoghi migliori dove potranno vivere meglio. Come sostiene Ayelet Shachar nel suo libro The Birthright Lottery<\/em>, l’appartenenza a uno Stato (con il suo particolare livello di ricchezza, il grado di stabilit\u00e0 e la situazione dei diritti umani) ha un impatto significativo sulla nostra identit\u00e0, sicurezza, benessere e sulla gamma di opportunit\u00e0 realisticamente disponibili. Secondo questa lettura, i beni pi\u00f9 preziosi che i tedeschi hanno sono i loro passaporti; non sorprende quindi che i tedeschi temano la svalutazione dei loro passaporti non meno di quanto temano l’inflazione. Tutti i beni perdono valore quando diventano troppo diffusi e condivisi. Se vista in questo contesto, la piena appartenenza a una societ\u00e0 benestante diventa una forma complessa di eredit\u00e0 patrimoniale: un diritto prezioso che viene trasmesso – per legge – a un gruppo ristretto di beneficiari a condizione che essi perpetuino a loro volta il trasferimento di questo prezioso diritto ai loro eredi. Questa eredit\u00e0 porta con s\u00e9 un insieme immensamente prezioso di diritti, benefici e opportunit\u00e0. Il 97% della popolazione mondiale – pi\u00f9 di sei miliardi di persone – \u00e8 assegnata come membro a vita dalla lotteria della propria nascita e sceglie o \u00e8 costretta a mantenerla tale.<\/p>\n\n\n\n

\u00c8 questa lotteria dei diritti di nascita che sfida la principale promessa della politica liberale e definisce il ruolo centrale della migrazione negli affari globali. Nel mondo connesso di oggi, la migrazione \u00e8 la nuova rivoluzione – non la rivoluzione delle masse del ventesimo secolo, ma una rivoluzione che guida l’inizio del ventunesimo secolo, messa in atto da individui e famiglie. \u00c8 ispirata non da immagini ideologicamente dipinte di un futuro radioso e immaginario, ma dalle foto di Google Maps<\/em> della vita dall’altra parte del confine. Come garantire il diritto degli individui di attraversare le frontiere alla ricerca di libert\u00e0 e felicit\u00e0 senza violare il diritto degli Stati-nazione di proteggere i propri confini \u00e8 un problema insormontabile del liberalismo moderno.<\/p>\n\n\n\n

Secondo la Banca Mondiale, i migranti che si spostano da paesi a basso reddito a paesi a reddito pi\u00f9 elevato guadagnano in genere da tre a sei volte di pi\u00f9 di quanto guadagnavano a casa. Se vieni da un paese sottosviluppato e cerchi un futuro economico sicuro per i tuoi figli, la cosa migliore che puoi fare \u00e8 assicurarti che nascano in Canada, negli Stati Uniti o nell’Unione Europea. L’impatto politico di questo massiccio movimento di persone non \u00e8 facile da prevedere, in particolare nel contesto dell’incombente crisi ecologica, ma ha gi\u00e0 catturato l’immaginario politico delle societ\u00e0. L’immaginario ecologico spaventa le persone con la crescente minaccia che saranno costrette a lasciare le loro terre, mentre l’immaginario demografico le spaventa con la prospettiva che altri verranno a popolare le loro terre nat\u00ece, che sono state svuotate dai bassi tassi di fertilit\u00e0 delle societ\u00e0 europee.<\/p>\n\n\n\n

Nell’Europa dell’Est, la retorica nazionalista dei governi populisti non ha semplicemente lo scopo di impedire agli stranieri di venire nei loro paesi. \u00c8 intesa a cercare di impedire ai propri cittadini di voler lasciare le loro terre natie.<\/p>ivan krastev<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

La scioccante ostilit\u00e0 verso i rifugiati mostrata dai governi e dalle societ\u00e0 dell’Europa orientale durante la crisi dei rifugiati del 2015 non potrebbe essere spiegata se non fossimo pronti a riconoscere che \u00e8 stata scatenata non solo dalla paura dell’arrivo degli stranieri, ma anche dal trauma delle decine di milioni di europei dell’est che hanno lasciato la regione negli ultimi 30 anni. Gli europei dell’est non sanno parlare di frontiere aperte all’interno dell’UE perch\u00e9 la libert\u00e0 di movimento \u00e8 sia la cosa migliore che la cosa peggiore che \u00e8 capitata loro. \u00c8 la cosa migliore perch\u00e9 le persone possono viaggiare, studiare e lavorare all’estero; \u00e8 la cosa peggiore, perch\u00e9 il medico del villaggio o il loro vicino pi\u00f9 prossimo pu\u00f2 decidere di partire per l’Occidente.<\/p>\n\n\n\n

Nell’Europa dell’Est, la retorica nazionalista dei governi populisti non ha semplicemente lo scopo di impedire agli stranieri di entrare nei loro paesi. \u00c8 intesa a cercare di impedire ai propri cittadini di voler lasciare le loro terre nat\u00ece. Affermando che l’Europa occidentale \u00e8 stata invasa dai migranti del Medio Oriente e che l’Occidente non \u00e8 pi\u00f9 l’Occidente, i leader populisti dell’Europa orientale speravano di convincere i propri giovani a smettere di sognare di andare in Occidente.<\/p>\n\n\n\n

Ma se, come abbiamo sostenuto, la divisione Est\/Ovest non \u00e8 stata inventata da leader populisti come Kaczynski o Orban, sono stati questi tipi di leader politici che hanno fatto la loro strategia per essenzializzare le differenze tra l’Est e l’Ovest e per trasformarle in armi. Il paradosso \u00e8 che, ora, alcuni dei leader politici dell’Europa centrale e orientale stanno combattendo in favore di<\/em> ci\u00f2 contro cui prima <\/em>hanno combattuto. Negli anni ’80, i nazionalisti anticomunisti dell’Europa orientale combattevano contro l’idea che l’Europa orientale fosse fondamentalmente diversa dall’Occidente. Ora sono i maggiori sostenitori di queste idee.<\/p>\n\n\n\n

I leader populisti hanno colto rapidamente il fatto che, due decenni dopo la fine del comunismo, le societ\u00e0 dell’Europa orientale si erano stancate di imitare l’Occidente. Quando i populisti dell’Europa centrale inveiscono contro l’Imperativo dell’Imitazione<\/em> percepito come la caratteristica pi\u00f9 insopportabile dell’egemonia del liberalismo dopo il 1989, essi assumono giustamente che l’imitazione significhi superiorit\u00e0 morale degli imitati sui loro imitatori; che essa implichi un modello politico che pretende di aver eliminato tutte le alternative valide e una presunzione che i rappresentanti dei paesi imitati (e quindi implicitamente superiori) abbiano un diritto continuo di monitorare, supervisionare e valutare il progresso dei paesi imitatori.<\/p>\n\n\n\n

A differenza del prestito di tecnologie, l’imitazione di ideali morali ti fa assomigliare a quello che ammiri, ma simultaneamente ti fa assomigliare meno a te stesso in un momento in cui la tua unicit\u00e0 e la fedelt\u00e0 al tuo gruppo sono al centro della tua lotta per la dignit\u00e0 e il riconoscimento.<\/p>\n\n\n\n

Ma quello che i leader populisti non sono riusciti a cogliere \u00e8 che, per le societ\u00e0 dell’Europa orientale, l’UE e l’Occidente sono ancora l’unico riferimento di valore.<\/p>\n\n\n\n

In Bianco<\/em>, la seconda parte della famosa trilogia cinematografica Tre Colori <\/em>di Krzysztof Kieslowski prodotta nei primi anni ’90, Karol, un parrucchiere polacco che vive a Parigi, viene lasciato divorziato, disperato e umiliato dalla sua pi\u00f9 giovane moglie francese, Dominique, con la motivazione che non \u00e8 in grado di fornire prestazioni sessuali. La sua impotenza diventa il simbolo dell’Oriente intrappolato nelle eccessive aspettative dell’Occidente nell’Europa post-1989. Infelice, senza un soldo, ma ancora ossessionato dalla sua ex moglie, Karol torna a Varsavia nascosto nella valigia di un compatriota e passa il resto del film cercando di vendicare la sua umiliazione facendo sentire la sua ex moglie impotente e sola come lui si sentiva a Parigi. Il suo piano ha successo; la fa imprigionare in Polonia, solo per rendersi conto che \u00e8 ancora innamorato di lei e la sua vita non ha senso senza di lei. L’Est si \u00e8 vendicato dell’arroganza e dell’insensibilit\u00e0 dell’Ovest solo per rendersi conto che l’Ovest rimane il suo unico punto di riferimento.<\/p>\n\n\n\n

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\u00a9 John Rudoff\/Sipa USA<\/figcaption>\n <\/a>\n<\/figure>\n\n\n

La politica del determinismo demografico e le ultime elezioni americane<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

L’ansia demografica sfida le democrazie in pi\u00f9 di un modo, ma la sfida pi\u00f9 grande \u00e8 l’ascesa del determinismo demografico.<\/p>\n\n\n\n

Come Fox News<\/em> ha doverosamente riportato il 14 novembre 2020, decine di migliaia di sostenitori del presidente Donald Trump – arrabbiati e determinati a salvare il loro paese – si sono riuniti a Washington DC rivendicando brogli elettorali e hanno esortato Donald Trump a non concedere al presidente eletto Joe Biden.<\/p>\n\n\n\n

“Questa elezione ci \u00e8 stata rubata”, ha detto alla folla Courtney Holland, un’attivista conservatrice del Nevada. “Se rubano le elezioni del 2020” – ha annunciato l’altoparlante – “non ci saranno le elezioni del 2024!”.<\/p>\n\n\n\n

Le proteste di massa contro le elezioni truccate non sono nulla di eccezionale nella storia della democrazia. Quindi, ci\u00f2 che lasciava perplessi nei raduni post-elettorali pro-Trump non era l’affermazione che le elezioni erano truccate, ma l’affermazione che non sarebbero mai pi\u00f9 state giuste. I sostenitori di Trump non erano arrabbiati per il conteggio dei voti in s\u00e9, ma per gli elettori che venivano contati. Ai loro occhi, le elezioni americane erano state truccate non dalla manomissione dei voti, ma dalle frontiere aperte e dai bassi ostacoli alla naturalizzazione degli stranieri illegali; politiche introdotte dai democratici che cercano cos\u00ec di bloccare la loro futura preminenza (in modo simile al presidente bulgaro che importa gli elettori dalla Turchia) rimodellando l’elettorato a loro vantaggio. Hanno accusato il loro avversario di rubare il loro paese attraverso le elezioni. Hanno accusato i democratici di voler sciogliere il popolo americano ed eleggerne uno nuovo.<\/p>\n\n\n\n

“Penso che questa sar\u00e0 l’ultima elezione che i repubblicani avranno la possibilit\u00e0 di vincere”, avvertiva Donald Trump in un comizio elettorale nel 2016, “perch\u00e9 avrete gente che scorre attraverso il confine, avrete immigrati illegali che entreranno e saranno legalizzati e potranno votare e una volta che tutto questo accadr\u00e0 potrete dimenticarvelo” <\/span>9<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n\n\n\n

Con pi\u00f9 forza di qualsiasi altro politico, Donald Trump ha dato voce alla paura degli elettori del gruppo demograficamente dominante di essere politicamente emarginati dal cambiamento demografico e generazionale. Il rifiuto di Trump di concedere e l’affermazione dei suoi sostenitori che questa potrebbe essere l’ultima elezione cattura il momento in cui le paure demografiche hanno trasformato una parte considerevole degli elettori repubblicani spingendoli a essere contro la democrazia.<\/p>\n\n\n\n

In democrazia, chi perde oggi concede la sconfitta per due motivi principali. Primo, perch\u00e9 perdere un’elezione in una democrazia significa non perdere troppo; chi perde non teme di essere arrestato o derubato dei suoi beni. In secondo luogo, ha buone ragioni per credere di poter vincere le prossime elezioni. La convinzione che coloro che perdono oggi hanno una buona possibilit\u00e0 di diventare i vincitori di domani \u00e8 una precondizione per la durata della democrazia. In una democrazia, piuttosto che scendere in strada o barricarsi nei loro uffici, i perdenti incanalano la loro delusione nella preparazione del prossimo turno. I perdenti scommettono su quello che Clauzewitz ha chiamato “l’istinto di rivalsa e di vendetta” tra le truppe che hanno subito battute d’arresto. “\u00c8 un istinto universale” scrive Clauzewitz, “condiviso dal comandante supremo e dal pi\u00f9 giovane tamburino; il morale delle truppe non \u00e8 mai pi\u00f9 alto di quando si tratta di ripagare quel tipo di debito… C’\u00e8 quindi una propensione naturale a sfruttare questo fattore psicologico per riconquistare ci\u00f2 che \u00e8 stato perso” <\/span>10<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n\n\n\n

Ma cosa succede se i sostenitori di un partito sconfitto credono di essere condannati e di non poter pi\u00f9 vincere? E se il loro pessimismo \u00e8 alimentato dall’ansia che il loro numero si sta riducendo mentre quello dei loro avversari sta aumentando a causa delle migrazioni e del prossimo cambiamento di una nuova generazione che si sente estranea come i migranti? In una guerra l’eroismo delle truppe pu\u00f2 rivelarsi pi\u00f9 importante del numero dei soldati, ma non in una democrazia. In una democrazia sono i numeri a decidere. E qui viene la domanda: i partiti, perseguitati dalla paura del declino demografico, saranno ancora pronti a fidarsi della democrazia e delle sue regole?<\/p>\n\n\n\n

La demografia non \u00e8 il destino, ma “il cambiamento demografico plasma il potere politico come l’acqua plasma la roccia”. La democrazia \u00e8 un gioco di numeri. Quando i numeri cambiano, il potere cambia di mano. La narrativa democratica insiste sul fatto che il potere cambia di mano perch\u00e9 gli elettori cambiano idea. Ma in realt\u00e0, il potere pu\u00f2 anche cambiare di mano quando la popolazione cambia. Questo potrebbe essere perch\u00e9 una nuova generazione con forti preferenze collettive diventa maggiorenne, come \u00e8 successo nelle democrazie occidentali negli anni ’60 e ’70. Potrebbe anche essere perch\u00e9 un gruppo considerevole di nuovi elettori entra in politica e la rimodella. Questo \u00e8 quello che \u00e8 successo in molti paesi quando \u00e8 stato introdotto il suffragio universale. \u00c8 anche ci\u00f2 che Israele ha sperimentato sulla scia della guerra fredda, quando numerosi ebrei sono arrivati dall’ex Unione Sovietica per diventare cittadini israeliani. L’Europa centrale e orientale ha visto un’altra forma di questo fenomeno. Milioni di persone si sono trasferite, soprattutto in Occidente, e le forze politiche liberali dell’Europa centrale e orientale hanno visto il loro potere diminuire, dato che molti dei loro elettori sono tra coloro che sono partiti.<\/p>\n\n\n\n

La paura delle migrazioni in questo contesto non \u00e8 la paura della diversit\u00e0 culturale o la paura che i migranti ti prendano il lavoro; \u00e8 la paura della perdita di potere. Essere maggioranza \u00e8 la vera identit\u00e0 degli elettori bianchi di Trump; \u00e8 una vera identit\u00e0 dei populisti dell’Europa orientale.<\/p>\n\n\n\n

La paura delle migrazioni non \u00e8 la paura della diversit\u00e0 culturale o la paura che i migranti ti prendano il lavoro; \u00e8 la paura della perdita di potere.<\/p>ivan krastev<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Quattro volte nel corso della loro storia, gli Stati Uniti hanno assistito all’ascesa di potenti movimenti nativisti il cui obiettivo principale era la limitazione dell’emigrazione nel paese. Le ragioni dell’ascesa di questi movimenti in tutti e quattro i casi sono state “un volume molto elevato di arrivi e forti cambiamenti nelle origini degli immigrati”. Gli storici hanno capito da tempo che gli ex immigrati erano pronti a tenere la porta aperta solo se i nuovi arrivati erano della loro stessa razza. Ma c’\u00e8 stata una grande ondata migratoria che non ha portato contraccolpi nativisti e questo \u00e8 stato l’arrivo non volontario degli afroamericani. Gli afroamericani furono “accolti” negli Stati Uniti non a causa delle loro somiglianze culturali con la parte predominante della societ\u00e0 americana; allora non ci fu un contraccolpo, perch\u00e9 gli afroamericani privati di tutti i diritti politici non erano percepiti come una minaccia al potere politico della maggioranza.<\/p>\n\n\n\n

Il determinismo demografico \u00e8 una falsit\u00e0, ma pu\u00f2 diventare una profezia che si autoavvera. Solo ieri i repubblicani erano pronti ad abbracciare il cambiamento demografico dell’America come una promessa per una nuova maggioranza repubblicana. Nel suo libro Future Right: Forging A New Republican Majority<\/em>, lo stratega repubblicano Donald T. Critchlow ha sostenuto che “il presupposto che la demografia favorisca i democratici come partito del futuro \u00e8 sbagliato”. A suo parere, la base democratica – una coalizione scomoda di donne, minoranze e giovani elettori – \u00e8 vulnerabile alla presa di potere da parte dei repubblicani. La configurazione della razza in America apre al partito repubblicano l’opportunit\u00e0 di conquistare ispanici e asiatici-americani. Gli asiatici-americani – che tradizionalmente eccellono nei risultati accademici – sono nemici naturali dei programmi di azione affermativa. Il fatto che la maggior parte degli ispanici si consideri bianca e che la maggior parte viva in quartieri non segregati, razzialmente e di reddito misto, li rende aperti agli argomenti repubblicani. Ma nel momento in cui il nativismo diventa un’ideologia repubblicana, rischiano davvero di perdere il sostegno dei gruppi minoritari.<\/p>\n\n\n\n

Il determinismo demografico espresso dai sostenitori di Trump e dai suoi ammiratori dell’Europa dell’Est mina la democrazia con il suo presupposto che sappiamo – o almeno possiamo prevedere – come voteranno le persone solo conoscendo la loro identit\u00e0 etnica e razziale. Ai loro occhi, in un’epoca di politica identitaria le elezioni hanno iniziato ad assomigliare a dei censimenti. Ma se le elezioni assomigliano a dei censimenti, il pi\u00f9 alto dovere del vero patriota \u00e8 quello di impedire che la politica del corpo si inquini etnicamente. I governi nazionalisti possono tollerare i lavoratori stranieri, ma non sono inclini a dar loro la cittadinanza e a cercare di integrarli nella societ\u00e0 politica.<\/p>\n\n\n\n

Nella sua famosa conferenza del 1949 “On the Development of Citizenship<\/em>“, il sociologo inglese T.H. Marshall distingueva tra dimensione civile, politica e sociale della cittadinanza. Secondo lui, ci sono voluti tre secoli perch\u00e9 l’Occidente vincesse la sua guerra per i diritti. Il XVIII secolo fu segnato dalla lotta per i diritti civili, la libert\u00e0 di parola e di religione, e l’uguaglianza di fronte alla legge. Il XIX secolo fu fondamentale per la lotta dei cittadini per ottenere i diritti politici. Fu in questo secolo che il diritto di voto fu concesso a una parte molto pi\u00f9 grande della popolazione. Il voto, una volta un privilegio, divenne un diritto. Infine, l’ascesa dello stato sociale nel XX secolo ha esteso il concetto di cittadinanza alla sfera sociale ed economica, riconoscendo le condizioni minime di salute, istruzione e standard di vita di base. Secondo Marshall, il moderno stato liberale \u00e8 una combinazione di questi diritti e i diritti sociali sono quelli pi\u00f9 contestati.<\/p>\n\n\n\n

Ci\u00f2 che \u00e8 distintivo per il momento attuale \u00e8 che gli illiberali del XXI secolo hanno spezzato il trio dei diritti di Marshall. Sono pronti ad aprire i loro mercati agli stranieri (come l’Australia del secondo dopoguerra, l’Europa dell’Est si trova oggi di fronte a una situazione “popola o perisci”) e a dare loro diritti sociali, ma non sono disposti a dare loro diritti politici. Il diritto di voto rimane un privilegio basato sull’origine. \u00c8 un dominio riservato alla maggioranza etno-culturale e alle minoranze nazionali tradizionali, se esistono.<\/p>\n\n\n\n

La paura dei piccoli numeri<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

Il famoso studioso americano-indiano Arjun Appadurai ha scritto un libro intitolato\u00a0The Fear of Small Numbers<\/em>, La paura dei piccoli numeri<\/em>, pubblicato nel contesto della guerra al terrorismo, il quale pone una domanda estremamente interessante: come \u00e8 successo che minoranze molto piccole possano alimentare un tale odio e impulsi genocidi in una societ\u00e0, quando stiamo parlando di gruppi che sono il 3-4 per cento della popolazione? La sua argomentazione \u00e8 che il problema delle minoranze \u00e8 che minacciano l’idea di interezza del gruppo di maggioranza. E in secondo luogo, che ricordano alla maggioranza che anche loro possono essere minoranze. Questa paura della maggioranza minacciata \u00e8 uno dei fattori pi\u00f9 importanti nella politica europea.<\/p>\n\n\n\n

L’Europa dell’Est rappresenta questa paura dei numeri che si riducono. Rappresenta lo scontro tra due significati molto diversi di “maggioranza” inerenti alla politica democratica.<\/p>\n\n\n\n

\u00c8 la promessa della maggioranza etnica e culturale permanente nata nel contesto della lotta per l’autodeterminazione e associata all’emergere degli stati post-imperiali in Europa nel XIX e XX secolo, e la nozione di maggioranza come viene definita nella politica democratica.<\/p>\n\n\n\n

L’Europa dell’Est rappresenta questa paura dei numeri che si riducono. Rappresenta lo scontro tra due significati molto diversi di “maggioranza” inerenti alla politica democratica.<\/p>ivan krastev<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Simile alla monarchia, descritta dal famoso libro di Kantorowicz I due corpi del Re<\/em>, anche la democrazia ha due corpi. Fa nascere una maggioranza che muore in ogni giorno di elezioni e allo stesso tempo parla della maggioranza come sinonimo di nazione, quella che \u00e8 immortale e che rimane immutata mentre i governi cambiano continuamente. \u00c8 questo corpo immortale che i leader nativisti di oggi pretendono di incarnare. L\u2019odierno scontro tra liberalismo e illiberalismo \u00e8 lo scontro tra la nozione di maggioranza nata con la nascita dello stato nazione, che ha caratteristiche etniche e culturali mai mutevoli, che ha un odore e una forma, e la nozione di maggioranza adottata nella politica elettorale dove la maggioranza \u00e8 Barbapapa<\/em>, l’amato personaggio francese dei film per bambini che cambia continuamente forma. Le democrazie europee si perdono nel gioco costante tra queste due nozioni di maggioranza che l’ansia demografica mette in conflitto tra loro.<\/p>\n\n\n\n

Nel 1995, il grande antropologo americano Clifford Geertz accett\u00f2 l’invito dell’Istituto di Scienze Umane di Vienna per tenere una conferenza sul significato del mondo dopo la Guerra fredda. Contrariamente al consenso prevalente all’epoca, Geertz tendeva a vedere il neonato ordine internazionale non come segnato dalla convergenza e dall’adozione di modelli occidentali, ma come ossessionato dall’identit\u00e0, in cui “un flusso di oscure divisioni e strane instabilit\u00e0” \u00e8 venuto in superficie.<\/p>\n\n\n\n

Geertz credeva che per comprendere questo mondo, \u00e8 importante capire “come la gente vede le cose, risponde ad esse, le immagina, le giudica, le affronta” e adottare “modi di pensare che rispondono alle particolarit\u00e0, alle individualit\u00e0, alle stranezze, alle discontinuit\u00e0, ai contrasti e alle singolarit\u00e0”.<\/p>\n\n\n\n

\u00c8 giusto riconoscere che viviamo in questo nuovo mondo. E secondo Geertz, il modo in cui rispondiamo alle due domande “cos’\u00e8 un paese se non \u00e8 una nazione” e “cos’\u00e8 una cultura se non \u00e8 un consenso”, determiner\u00e0 il futuro dell’Europa. Sono queste due domande che oggi stanno lacerando l’Europa.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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