{"id":31792,"date":"2025-04-16T10:47:03","date_gmt":"2025-04-16T08:47:03","guid":{"rendered":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/it\/?p=31792"},"modified":"2025-04-16T10:47:06","modified_gmt":"2025-04-16T08:47:06","slug":"convergenze-parallele-per-un-compromesso-storico-tra-roma-e-parigi","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/it\/2025\/04\/16\/convergenze-parallele-per-un-compromesso-storico-tra-roma-e-parigi\/","title":{"rendered":"Convergenze parallele: per un compromesso storico tra Roma e Parigi"},"content":{"rendered":"\n

\u00c8 tempo di un Grand Bargain<\/em> tra Italia e Francia. Un accordo reale che superi un gelo, un\u2019acredine ormai insostenibile: per Roma, Parigi e per tutta l\u2019Europa. La mancanza di fiducia reciproca \u00e8 mal celata, se non addirittura evidente. Cos\u00ec come chiara \u00e8 la distanza politica, nella risposta e nella relazione con Donald Trump, oltre che sul destino dell\u2019Unione Europea.<\/p>\n\n\n\n

La condanna di Marine Le Pen ha segnato un altro solco tra l\u2019Eliseo e il governo italiano. Il vicepremier Matteo Salvini \u2013 ormai storico alleato della fondatrice del Rassemblement National – ha definito la sentenza come \u201cun atto di guerra da parte di Bruxelles\u201d, mettendo in dubbio le fondamenta dello stato di diritto in Francia. Pi\u00f9 cauta la premier Meloni: \u201cChi ama la democrazia, non pu\u00f2 gioirne\u201d. <\/p>\n\n\n\n

Da un lato Emmanuel Macron, dall\u2019altro la destra italiana che coltiva un rapporto di prossimit\u00e0 politica con Marine Le Pen. <\/p>\n\n\n\n

Donald Trump ha ripristinato una logica di potenza brutale nelle relazioni internazionali, che tende a definire attraverso un approccio asimmetrico e unilaterale. Sebbene un disaccoppiamento tra Stati Uniti ed Europa non sembri realmente percorribile nel breve periodo, l\u2019annuncio e poi la sospensione nei dazi e la volont\u00e0 dell\u2019amministrazione americana di disimpegnarsi dalla difesa del vecchio continente obbligano l\u2019Unione Europea a fare delle scelte. <\/p>\n\n\n\n

Passi in avanti nell\u2019integrazione necessitano di un nuovo rapporto tra due grandi Paesi fondatori: l\u2019Italia e la Francia hanno una nuova responsabilit\u00e0 storica. <\/p>\n\n\n\n

Occorre un altro corso, con un accordo ispirato alle convergenze parallele tracciate da Aldo Moro in Italia ad inizio anni sessanta. Magari con un linguaggio meno criptico e pi\u00f9 attuale. Forze diverse, tanto distanti da sembrare addirittura destinate a non potersi incontrare mai, tracciano un disegno comune, su pochi e chiari punti da perseguire insieme, senza confondere le proprie identit\u00e0. Un nuovo gioco, in cui la sconfitta dell\u2019uno non rappresenti pi\u00f9 la vittoria dell\u2019altro.  <\/p>\n\n\n\n

Liaisons dangereuses<\/h2>\n\n\n\n

La lista delle occasioni perse \u00e8 sconfinata. Altrettanto generosa quella delle opportunit\u00e0, cos\u00ec come fecondo si mostra l\u2019elenco dei punti di forza nella relazione tra i nostri due paesi.<\/p>\n\n\n\n

Moltissime le questioni aperte, che stentano a trovare una soluzione. Dalla finanza – con la joint venture tra le societ\u00e0 di asset management di Generali e Natixis – alla difesa, dall\u2019energia elettrica al nucleare civile, dalla Libia al Mediterraneo allargato, dall\u2019industria alla competitivit\u00e0, dall\u2019Ucraina al Mercosur: in tutti questi dossier, nonostante le apparenze, se si guarda in profondit\u00e0, l\u2019interesse nazionale di ciascun Paese indica un\u2019intesa complessiva con l\u2019altro.<\/p>\n\n\n\n

In attesa che la nuova leadership di Berlino si esprima pienamente rilanciando anche la dinamica franco-tedesca, Italia e Francia possono ricostruire un rapporto virtuoso, che si affianchi al dinamismo della Polonia e al nuovo protagonismo del Regno Unito, per rilanciare l\u2019Unione e il continente europeo.<\/p>\n\n\n\n

Lo strumento c\u2019\u00e8 gi\u00e0: il Trattato del Quirinale, siglato nel 2021. Non c\u2019\u00e8 dubbio che l\u2019intesa per una cooperazione rafforzata tra Italia e Francia viva una fase di crisi politica: i consigli dei ministri congiunti non si tengono, cos\u00ec come non c\u2019\u00e8 notizia di vertici intergovernativi.<\/p>\n\n\n\n

Stabile per\u00f2 \u00e8 la collaborazione tra i ministri, e tra i gruppi di lavoro che sui dossier coltivano un dialogo assiduo e definito proficuo da entrambe le parti, soprattutto su difesa, energia e industria.<\/p>\n\n\n\n

Ci si sente quasi di nascosto, come se si trattasse di una liaison dangereuse,<\/em> una relazione indicibile in cui \u00e8 sconveniente mostrarsi in pubblico, per le opposte visioni politiche di Emmanuel Macron e Giorgia Meloni.<\/p>\n\n\n\n

Divisi, in realt\u00e0, pi\u00f9 sulle prospettive che sul momento, perch\u00e9 le cointeressenze sono evidenti e non pi\u00f9 eludibili su tutte le pi\u00f9 grandi sfide di politica estera ed economica.<\/p>\n\n\n\n

Nella risposta ai dazi americani, la cesura tra Meloni e Macron \u00e8 palpabile, ma lo \u00e8 altrettanto l\u2019esigenza di collaborare. Sulle tariffe, la premier italiana ha detto subito no ad una strategia di ritorsione europea, invitando ad evitare il panico e puntando ancora sull\u2019affinit\u00e0 ideologica, come fattore di dialogo premiale con Donald Trump.<\/p>\n\n\n\n

Emmanuel Macron \u2013 pur coltivando una visione del mondo lontanissima da quella trumpiana \u2013 ha da sempre una forte consuetudine con il presidente americano, che ha visitato moltissime volte la Francia, gi\u00e0 durante il suo primo mandato. Il suo debutto in Europa da presidente Eletto degli Stati Uniti \u00e8 avvenuto a Parigi, per la riapertura della Cattedrale di Notre-Dame, a dicembre. Non si pu\u00f2 non considerare poi che la ritrovata logica di potenza pone una forza nucleare come la Francia ad un livello di interlocuzione privilegiata con il tycoon.<\/p>\n\n\n\n

A differenza di Meloni, Macron si \u00e8 speso per una linea di ritorsione robusta sulle tariffe americane. La Commissione europea si \u00e8 mossa con lentezza e con difficolt\u00e0 ha cercato di comporre tutte le tessere del mosaico, prima del colpo di scena annunciato dal Presidente americano sul social Truth. <\/p>\n\n\n\n

La pausa di novanta giorni sui dazi \u2013 per tutti tranne la Cina – e l\u2019apertura di una trattativa decisa da Trump il nove aprile aprono una fase nuova. L\u2019Europa, inutile dirlo, sar\u00e0 ora tanto pi\u00f9 forte quanto pi\u00f9 sar\u00e0 unita. Sia per l\u2019Ue sia per il nostro Paese le esportazioni verso gli Usa valgono il 3% del Pil, per la Francia l\u20191,9%. Trump vuole portare tutti sul suo playground preferito, la trattativa. Ed \u00e8 chiaro che, insieme, l\u2019Ue pu\u00f2 giocare pi\u00f9 carte. Nelle ore precedenti lo stop ai dazi (per molti prodotti restano comunque tariffe reciproche del 10%), l\u2019annuncio del viaggio di Giorgia Meloni a Washington ha fatto discutere. Il ministro francese per gli Affari Europei Benjamin Haddad ha puntualizzato: \u201cE\u2019 nostro interesse collettivo avere una risposta unita e ferma, piuttosto che divisioni\u201d. L\u2019omologo italiano Tommaso Foti ha replicato chiedendo \u201crispetto reciproco\u201d. La portavoce dell\u2019Eliseo Sophie Primas ha poi gettato acqua sul fuoco: \u201cNessuna preoccupazione per la visita di Meloni negli Stati Uniti\u201d.<\/p>\n\n\n\n

Unire gli orizzonti<\/h2>\n\n\n\n

Diffidenza, s\u00ec, ma anche punti di contatto, che emergono soprattutto se si guarda a Bruxelles. Ad esempio, sulla riforma del Green Deal, sul bisogno di rivederne i vincoli, per agevolare la competitivit\u00e0. L\u2019Italia ha una posizione pi\u00f9 radicale, ma da Parigi trapela una disponibilit\u00e0 al dialogo, per una semplificazione robusta a favore delle imprese. A partire dall\u2019automotive. Stellantis e l\u2019industria francese e italiana dell\u2019automobile hanno bisogno di essere tutelati dalla possibile disruption<\/em> cinese. La sovrapproduzione di Pechino \u2013 precluso il mercato americano \u2013 potrebbe riversarsi sull\u2019Europa con auto a basso costo, in grado di mettere fuorigioco i nostri costruttori.<\/p>\n\n\n\n

La ricerca di mercati alternativi a quello americano \u00e8 un altro fattor comune. Parigi e Roma condividono una certa reticenza sull\u2019accordo commerciale Ue – Mercosur e, a fine 2024, hanno fatto in modo di metterlo in stand by. A margine del G20 di Rio de Janeiro, lo scorso ottobre, Macron si compliment\u00f2 con Meloni: \u201cHa fatto una bella mossa\u201d. Un\u2019assonanza inattesa. Ed ora che l\u2019intesa di libero scambio con il Sud America torna in auge come risposta alle tariffe di Trump, Meloni e Macron potrebbero nuovamente giocare di sponda, per influenzarne i termini: con una nuova definizione dell\u2019accordo, che accolga le loro istanze di maggiori garanzie per le imprese, soprattutto del settore agricolo.<\/p>\n\n\n\n

A proposito di nuovi mercati da esplorare, l\u2019India \u00e8 una destinazione ambita e difficile, ma pu\u00f2 rappresentare un altro collante negli interessi tra i nostri due paesi. Ad inizio anno Macron ha co-ospitato proprio con Modi il summit internazionale sull\u2019intelligenza artificiale. In quell\u2019occasione, a Parigi, peraltro, il vice presidente Usa J.D. Vance anticip\u00f2 il cambio di clima con l\u2019Europa, prima di sfidarla apertamente, poche ore dopo, con il suo ormai celebre discorso alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera. Giorgia Meloni ha incontrato il presidente indiano Narendra Modi cinque volte in due anni e mezzo, elevando Nuova Delhi ad asset della sua politica estera. I due governi hanno infatti iniziato sin da subito a rafforzare il partenariato strategico, annunciando un piano che da qui al 2029 agir\u00e0 su commercio e investimenti, ricerca, energia, spazio.<\/p>\n\n\n\n

Obiettivi comuni risaltano anche sulla politica di difesa e sicurezza dell\u2019Europa. Il sostegno all\u2019Ucraina \u00e8 una priorit\u00e0 condivisa, sin dal 2022, suggellata dal viaggio in treno a Kijev di Mario Draghi, Emmanuel Macron e Olaf Scholz. Appena insediata a Palazzo Chigi, Meloni ha agito in continuit\u00e0, senza tentennamenti, meritandosi pi\u00f9 volte anche l\u2019apprezzamento dell\u2019ex presidente americano Joe Biden. Il sostegno all\u2019Ucraina sul campo \u00e8 stato reso possibile anche grazie al Samp \u2013 T: il sistema missilistico terra aria europeo, sviluppato dal consorzio italo francese Eurosam. Un pilastro dell\u2019industria della difesa europea, frutto di un\u2019attiva collaborazione tra i nostri due paesi, in grado di competere anche con i Patriots americani. E non \u00e8 un caso che il rapporto tra i ministri Sebastien Lecornu e Guido Crosetto sia definito ottimo da entrambi e che ci sia assiduit\u00e0 di contatti. Anche i ministri Adolfo Urso, Eric Lombard e Marc Ferracci hanno ribadito pi\u00f9 volte la necessit\u00e0 che Italia e Francia diano vita a campioni europei dell\u2019industria della Difesa e dell\u2019aerospazio. <\/p>\n\n\n\n

E proprio sulla difesa comune,  un’altra convergenza \u00e8 data dall\u2019interesse al debito comune europeo. Roma e Parigi non hanno la stessa capacit\u00e0 di bilancio di Berlino. Gli eurobond – suggeriti per altro anche da Mario Draghi – sarebbero lo strumento migliore, per non intaccare poste di bilancio destinate a crescita e welfare.<\/p>\n\n\n\n

Alzando gli occhi al cielo, altro dossier chiave \u00e8  Iris 2.  La costellazione di 290 satelliti europei in diversi livelli orbitali, che dovrebbe fare concorrenza a Space X di Elon Musk, nell\u2019assicurare connettivit\u00e0 e servizi. Un\u2019accelerazione sulla sua realizzazione – attesa entro il 2030 –  darebbe beneficio ad entrambi. Non solo perch\u00e9 nel progetto \u00e8 coinvolta la joint venture italo francese Thales Alenia Space insieme ad altri attori dei due paesi; ma perch\u00e9 si tratta di un\u2019infrastruttura strategica, in grado di assicurare sovranit\u00e0 digitale a tutta l\u2019Unione Europea.<\/p>\n\n\n\n

Non si possono negare, per\u00f2, i dissidi sul futuro dell\u2019Ucraina. La premier italiana ha mal sopportato l\u2019iniziativa anglo francese per una forza di garanzia per Kijev: ha chiesto con animo al titolare dell\u2019Eliseo, perch\u00e9 si sentisse titolato a rappresentare l\u2019Unione Europea, nel suo primo viaggio a Washington, dopo l\u2019inaugurazione della presidenza Trump. Ad ogni modo, in seguito a un\u2019iniziale riluttanza, Meloni ha partecipato ai vertici dei cosiddetti Volenterosi, rappresentando con determinazione l\u2019indisponibilit\u00e0 all\u2019invio di truppe italiane, se non con la partecipazione dell\u2019Onu e degli Stati Uniti. Tuttavia, lo scenario che prepara la coalizione dei Volenterosi pare ahinoi lontano, in assenza di un cessate il fuoco tra l\u2019aggressore russo e l\u2019aggredito ucraino, che tarda ad arrivare.<\/p>\n\n\n\n

Un\u2019urgenza geopolitica<\/h2>\n\n\n\n

Da Est a Sud, guardando al Mediterraneo, le ragioni del dialogo si moltiplicano.<\/p>\n\n\n\n

Per anni la Libia \u00e8 stata considerata l\u2019emblema dei nostri interessi contrapposti, a fronte di problemi condivisi: instabilit\u00e0, migrazioni, rischio terrorismo. L\u2019incomunicabilit\u00e0 tra Francia e Italia su Tripoli ha lasciato spazio all\u2019attivismo di Russia e Turchia, che hanno interessi divergenti da quelli europei e obbligano Roma e Parigi quantomeno ad un dialogo costruttivo che \u2013 secondo fonti francesi \u2013 sarebbe gi\u00e0 ripartito con discrezione.<\/p>\n\n\n\n

La stabilit\u00e0 \u00e8 un bene comune, dal Sahel \u2013 dove l\u2019Italia mantiene una presenza strategica a differenza della Francia – alla Siria, all\u2019Iran. Da qui, la necessit\u00e0 di parlarsi e collaborare.<\/p>\n\n\n\n

Nel Sahel, per esempio, negli ultimi anni i regimi militari di Mali, Burkina Fasu e Niger hanno costretto alla ritirata le truppe francesi impegnate in interventi antiterrorismo. La Francia ha chiuso le proprie basi; mentre in Niger, la missione bilaterale italiana Misin, rappresenta l\u2019unica iniziativa militare occidentale attiva nel quadrante. Un\u2019area importantissima anche per le materie prime. L\u2019Italia ha poi promosso il Piano Mattei, una piattaforma di cooperazione strategica per lo sviluppo dei Paesi Africani, che pu\u00f2 diventare un hub per tutta l\u2019Unione Europea. <\/p>\n\n\n\n

Il rapporto con i paesi africani \u00e8 vitale anche per il controllo dei flussi migratori, altro dossier sensibile e spesso fonte di scontri diplomatici tra Italia e Francia. A giugno 2023, l\u2019ultima crisi. L\u2019allora ministro dell\u2019Interno Gerald Darmanin \u2013 oggi responsabile del dicastero della Giustizia – defin\u00ec la premier Meloni \u201cincapace di gestire i migranti\u201d. Parole a cui il ministro degli Esteri Tajani reag\u00ec cancellando una visita gi\u00e0 programmata a Parigi e polemizzando per le modalit\u00e0 del pattugliamento del confine italo francese, da parte della Gendarmerie. Crisi poi superata, ma che dimostra quanto gli slogan siano penalizzanti e come, invece, la tutela degli interessi suggerisca maggior pragmatismo.<\/p>\n\n\n\n

La convenienza ad un rapporto costruttivo emerge anche dai dossier pi\u00f9 prettamente economici. A partire dall\u2019energia. Parigi \u00e8 il primo fornitore di energia elettrica del nostro Paese. Ed \u00e8 interessata allo sviluppo del nucleare di nuova generazione in Italia, diventato prioritario, per diversificare il mix energetico e ridurre i costi per imprese e famiglie. Aziende italiane e francesi, poi, vantano gi\u00e0 una solida collaborazione sul nucleare all\u2019estero.<\/p>\n\n\n\n

La Francia \u00e8 stato inoltre nel 2023 il primo paese per stock di investimenti in Italia: oltre 100 miliardi. L\u2019export italiano in Francia vale 63 miliardi, quello francese in Italia, 45. Dal 2019 al 2023 le acquisizioni francesi in Italia sono state 289, per un valore di 20 miliardi. Sebbene anche i nostri investimenti oltralpe siano in crescita, l\u2019Italia ha lamentato spesso e a ragione assenza di reciprocit\u00e0, soprattutto nella possibilit\u00e0 di acquisire aziende “cugine\u201d. Eppure, secondo un\u2019indagine Ipsos, una maggior collaborazione \u00e8 desiderabile dal 99% delle aziende italiane e francesi che operano nei due Paesi.<\/p>\n\n\n\n

Un casus pacis<\/em><\/h2>\n\n\n\n

Tuttavia, quando si presentano opportunit\u00e0 di integrazione tra aziende, la prima sensazione che anima i nostri due governi \u00e8 ancora quella del sospetto, della chiusura. Solo pochi anni fa per miopia l\u2019Eliseo fece saltare l\u2019acquisizione dei Chantier de l\u2019Atlantique, da parte di Fincantieri, che avrebbe potuto creare un campione europeo del settore della cantieristica navale. <\/p>\n\n\n\n

Ora, rischia di evaporare un\u2019altra operazione cross border, questa volta di aggregazione e non di acquisizione. La joint venutre tra tra Generali Investments Holding \u2013 societ\u00e0 di asset managment del Leone di Trieste \u2013 e Natixis Im, del gruppo francese BPCE. Un\u2019intesa che mira a creare la societ\u00e0 di investimento leader europea dell\u2019asset managment, partecipata alla pari dai due gruppi.<\/p>\n\n\n\n

Una realt\u00e0 in grado di diventare il nono gestore al mondo di patrimoni, con 1.900 miliardi in dotazione. In un settore dominato dai colossi americani \u2013 i primi quattro asset manager al mondo sono statunitensi \u2013 si rende necessario ed \u00e8 in atto un consolidamento in tutta Europa tra colossi assicurativi e gestori. Un processo per altro suggerito dal rapporto Draghi sulla competitivit\u00e0, anche per convogliare il risparmio privato verso l\u2019economia reale. Che qualcosa sia in atto in un contesto difficile, lo rivelano anche i colloqui avviati e poi bloccati tra il colosso tedesco delle assicurazioni Allianz e il gestore francese Amundi.<\/p>\n\n\n\n

Natixis e Generali hanno scelto la via della joint venture per una condivisione paritetica della gestione della nuova societ\u00e0, che avr\u00e0 sede in Olanda, come segno di neutralit\u00e0. <\/p>\n\n\n\n

Il Leone di Trieste \u00e8 il primo investitore in titoli di debito pubblico italiano. Da qui, i dubbi sull\u2019accordo, espressi in Italia sia dal governo sia da parte dell\u2019opposizione. Ai quali Generali risponde ricordando che il risparmio assicurativo resta protetto e che \u00e8 la legge – prima ancora che il contratto di joint venture \u2013 a chiarire come e dove l\u2019asset manager deve impiegarlo. Trieste ha ricordato inoltre che \u201cquanto ai BTP \u2013 titoli di debito pubblico – del Gruppo Generali, sotto il profilo fiscale non si determinerebbe alcun trasferimento di valore fuori dall\u2019Italia e non si avrebbe, come effetto, una riduzione delle imposte assolte in Italia. \u00c8 anzi plausibile che l\u2019onere fiscale a beneficio del nostro Paese aumenti\u201d.<\/p>\n\n\n\n

La valutazione della joint venture con Natixis \u00e8 chiaramente influenzata da un pregiudizio, da una diffidenza verso Parigi. Un bias che impedisce di riconoscere le garanzie in essere e future per il debito pubblico italiano, oltre che i benefici dell\u2019operazione per il sistema economico. Nessuno a Trieste \u00e8 chiaramente intenzionato ad andare avanti senza il placet del governo, che ha pur sempre lo strumento del golden power a tutela dell\u2019interesse nazionale. \u201cNessun muro contro muro con l\u2019esecutivo\u201d ha chiarito di recente il ceo Philippe Donnet.<\/p>\n\n\n\n

Questa partita resta sullo sfondo della battaglia per il controllo stesso di Generali, che si consumer\u00e0 il 24 aprile, nell\u2019assemblea per il rinnovo dei vertici del Leone. Il gruppo Caltagirone e il fondo Delfin \u2013 soci privati contrari all\u2019accordo \u2013 puntano alla vittoria. Il primo azionista di Trieste, Mediobanca, \u00e8 invece favorevole e sostiene l\u2019attuale managment. Piazzetta Cuccia \u00e8 a sua volta oggetto di un’offerta pubblica di scambio da parte di Monte dei Paschi di Siena \u2013 partecipata dal Tesoro, di cui il Gruppo Caltagirone detiene l\u20199,9%. All\u2019assemblea prender\u00e0 parte anche Unicredit, con poco pi\u00f9 del 5% delle azioni del Leone. Il gruppo guidato da Andrea Orcel ha a sua volta presentato un\u2019offerta pubblica di scambio per il controllo di Banco Popolare di Milano. Nel capitale di BPM c\u2019\u00e8 anche la francese Credit Agricole, che ha da poco ricevuto il via libera della Bce per poter salire fino al 19,9% dell\u2019azionariato.<\/p>\n\n\n\n

Ecco che il risiko bancario italiano diventa, inevitabilmente, anche un po\u2019 francese. Del resto, nel settore in cui le integrazioni cross border per la creazione di campioni europei sono pi\u00f9 che incoraggiate. Lo dimostra anche la pressione sui titoli bancari dell\u2019Unione dopo l\u2019annuncio dei dazi. A maggio dello scorso anno, in un\u2019intervista a Bloomberg, Macron si era detto persino favorevole ad una fusione tra Societ\u00e8 Generale e il colosso spagnolo Banco di Santander. Un processo che, in realt\u00e0, non si \u00e8 ancora innescato. <\/p>\n\n\n\n

Con uno slancio ulteriore, Italia e Francia dovrebbero promuovere il completamento dell\u2019unione del mercato dei capitali nel pi\u00f9 breve tempo possibile. Per fare dell\u2019Europa il luogo ideale per imprese capaci di competere e innovare, e recuperare il gap tecnologico e di risorse con Usa e Cina. <\/p>\n\n\n\n

Encore un effort : per un compromesso storico<\/h2>\n\n\n\n

Tutti questi grandi dossier \u2013 dalla difesa al credito – necessitano di uno sforzo politico. Il discrimine \u00e8 credere davvero nell\u2019Unione europea, nel suo futuro sempre pi\u00f9 integrato. Su questo non possono esserci traccheggiamenti per convenienze elettorali: serve, invece, una chiara volont\u00e0 politica in grado di investire su un progetto di lungo termine. Mai come in queste settimane, abbiamo toccato con mano quanto fosse vera una celebre frase di Francois Mitterand: \u201cIl nazionalismo \u00e8 la guerra\u201d: quanto meno ibrida, potremmo aggiungere, per attualizzarla. Per scongiurare questa prospettiva, per fare dell\u2019Europa un\u2019aspirazione credibile e contemporanea, c\u2019\u00e8 ora bisogno di un dialogo maturo tra Roma e Parigi, che recuperi lo spirito e la visione dei fondatori dell\u2019Europa. <\/p>\n\n\n\n

L\u2019immagine evocata riguarda il compromesso per la nascita del terzo Governo Fanfani nel 1960. Un governo democristiano che ottenne il voto di fiducia – parallelo – di monarchici e forze laiche di sinistra, tra cui i socialisti. Non votarono per quell\u2019esecutivo, il Partito Comunista e il Movimento Sociale. Una formula ideata da Aldo Moro,  per consentire all\u2019Italia di uscire da un pericoloso stallo politico, con l\u2019ambizione di un accordo tra diversi per realizzare un percorso di riforme. Un ossimoro quasi, una soluzione inattesa, rievocata ogni qual volta l\u2019Italia \u00e8 precipitata in un vicolo cieco e solo un accordo straordinario, tra forze lontane ma responsabili, \u00e8 riuscito a farle riprendere il cammino. <\/p>\n\n\n\n

\u201dTime is out of joint\u201d, questo tempo \u00e8 scardinato, proprio come nell\u2019Amleto di Shakespeare e richiede risposte nuove.\u00a0<\/p>\n\n\n\n

I singoli stati non sono in grado, da soli, di darne. Ecco perch\u00e9 ora spetta a Italia e Francia far proprio loro schema delle convergenze parallele. E\u2019 qui, la missione delle nostre classi dirigenti, che devono mettere da parte interessi di piccolo cabotaggio e ambire ad una visione da statisti. <\/p>\n\n\n\n

Del resto, anche le sfide interne sono simili: invecchiamento della popolazione, crollo demografico, tenuta del welfare, sostenibilit\u00e0 sociale, integrazione dei migranti. Francia e Italia sono inoltre due superpotenze culturali, faro del soft power – offuscato dal ritorno dell\u2019hard power – e hanno il compito di difendere la propria capacit\u00e0 attrattiva.  <\/p>\n\n\n\n

C\u2019\u00e8 anche un altro strumento, per confrontarsi e darsi forza: il coordinamento nei forum multilaterali: G7, G20, Nato. Presupposto \u00e8 la legittimazione e condivisione di interessi.<\/p>\n\n\n\n

Di fronte a tutti questi rischi e a queste opportunit\u00e0, Roma e Parigi non possono pi\u00f9 permettersi l\u2019inedia e il fastidio reciproco. Possono invece scommettere sulla forza dei propri valori comuni: democrazia e libert\u00e0, su tutti. Per rilanciare il proprio futuro e il domani dell\u2019Europa.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Per fare dell\u2019Europa un\u2019aspirazione credibile e contemporanea, c\u2019\u00e8 ora bisogno di un dialogo maturo tra Italia e Francia \u2014 che recuperi lo spirito e la visione dei fondatori dell\u2019Europa. <\/p>\n

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