{"id":2685,"date":"2021-09-13T05:00:00","date_gmt":"2021-09-13T04:00:00","guid":{"rendered":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/ita\/?p=2685"},"modified":"2021-09-12T23:51:07","modified_gmt":"2021-09-12T22:51:07","slug":"costruire-leconomia-di-domani","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/it\/2021\/09\/13\/costruire-leconomia-di-domani\/","title":{"rendered":"Costruire l\u2019economia di domani"},"content":{"rendered":"\n

Questo testo \u00e8 disponibile anche in inglese<\/a> sul sito del Groupe d\u2019\u00e9tudes g\u00e9opolitiques.<\/em><\/p>\n\n\n\n

L\u2019economia mondiale si trova a dover fronteggiare diverse sfide legate allo shock della pandemia<\/span>1<\/sup><\/a><\/span> ma anche a cambiamenti di pi\u00f9 lungo periodo che, al di l\u00e0 della pandemia, avranno degli effetti considerevoli. \u00c8 pi\u00f9 che mai urgente realizzare una pluralit\u00e0 di riforme in Francia e in Europa per costruire l’economia di domani.<\/p>\n\n\n\n

All’interno della commissione internazionale da noi presieduta \u00e8 emerso un consenso su tre temi chiave che ha portato alla pubblicazione di un rapporto lo scorso giugno<\/span>2<\/sup><\/a><\/span>. Questo \u00e8 un fatto che merita di essere sottolineato, perch\u00e9 ha riunito economisti di diversi orizzonti, francesi, europei e americani. Il primo tema riguarda la minaccia esistenziale rappresentata dal cambiamento climatico e le risposte che dobbiamo fornire ad esso. La seconda riguarda le disuguaglianze e l’insicurezza economica, con l’obiettivo di costruire un’economia inclusiva. Il terzo riguarda i cambiamenti demografici, e in particolare l’invecchiamento demografico, che necessita di una serie di adattamenti. <\/p>\n\n\n\n

Su ciascuno di questi temi abbiamo fatto una sintesi di ci\u00f2 che sappiamo e di ci\u00f2 che non sappiamo. Abbiamo poi disegnato le implicazioni in materia di politiche economiche appropriate. Nel discutere le riforme, abbiamo prestato particolare attenzione alle percezioni e alle potenziali opposizioni, nonch\u00e9 a come tenerne conto. Questo ci sembra essenziale se vogliamo che delle riforme spesso necessarie siano accettate e riscontrino successo. <\/p>\n\n\n\n

Clima e ambiente<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

\u00c8 un dato di fatto che il cambiamento climatico rappresenti un’emergenza assoluta – lo conferma l’ultimo rapporto IPCC pubblicato il 9 agosto: le emissioni di CO2 e di altri gas serra hanno effetti negativi sul clima e, a confronto, a livelli preindustriali, il riscaldamento globale potrebbe raggiungere 1,5\u00b0C entro 20 anni. Un aumento della temperatura di questa portata innescherebbe eventi meteorologici estremi e “senza precedenti”. C’\u00e8 poco tempo per agire e, pi\u00f9 aspettiamo, pi\u00f9 costose saranno le misure necessarie per la mitigazione e l’adattamento. Questa emergenza \u00e8 ampiamente percepita come tale dalla maggioranza dei francesi e degli europei – oltre il 90% dei francesi ritiene che il riscaldamento globale sia di origine umana e che possa quindi essere tenuto sotto controllo. A livello di Unione Europea, il 93% dei cittadini considera il cambiamento climatico un problema serio<\/span>3<\/sup><\/a><\/span>. <\/p>\n\n\n\n

Tuttavia, quando ci si avventura nel campo della politica ecologica e delle misure messe in atto per alleviare le conseguenze del riscaldamento globale, le percezioni divergono e sono pi\u00f9 o meno coerenti con la realt\u00e0. Un insieme di misure \u00e8 oggetto di percezioni errate, che ne impediscono o ne facilitano l’applicazione: misure con impatto “visibile” – con, come caso emblematico, la \u201ccarbon tax\u201d – sono molto pi\u00f9 impopolari di misure il cui impatto \u00e8 “invisibile”- divieti, sussidi per le energie rinnovabili o l’introduzione di nuove norme- quando questi sono potenzialmente molto pi\u00f9 costosi. <\/p>\n\n\n\n

Sulla base degli obiettivi fissati a livello europeo – ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e raggiungere la neutralit\u00e0 carbonica entro il 2050 -, e considerando l’obiettivo di +2\u00b0C come premesso, la sfida del nostro comitato \u00e8 stata duplice: proporre soluzioni volte a ridurre il divario tra retorica e azione e garantire l’accettabilit\u00e0 politica di misure onerose, pur mantenendo il loro costo il pi\u00f9 basso possibile. In primo luogo, proponiamo un prezzo universale del carbonio che comprenda i settori che attualmente beneficiano delle esenzioni. Sarebbe accompagnato da un adeguamento del carbonio alle frontiere, per evitare il dumping ambientale<\/em>. In secondo luogo, ci sembra essenziale un’intensificazione degli investimenti in ricerca e sviluppo, accompagnata dalla creazione a livello europeo di due istituzioni per garantire la \u201cgovernance\u201d. In terzo luogo, queste misure potrebbero essere accompagnate da una serie di norme e divieti che dovranno essere valutati rispetto al costo implicito in termini di emissioni di CO2 evitate. Infine, se l’influenza della Francia pu\u00f2 essere sostanziale sul piano climatico, sar\u00e0 efficace solo a livello europeo, la scala rilevante per sviluppare una politica climatica efficace, in grado di aprire la strada a livello internazionale.<\/p>\n\n\n\n

Prezzi del carbonio per una transizione equa ed efficiente<\/h3>\n\n\n\n

Nonostante la sua impopolarit\u00e0, \u00e8 essenziale un prezzo del carbonio alto, universale e ridistributivo, che rifletta l’urgenza e la portata della sfida climatica. Questo ha almeno quattro vantaggi: spinge all’azione chi pu\u00f2 eliminare il proprio inquinamento a un costo relativamente basso, stimola l’innovazione verde e semplifica il processo decisionale da parte dello Stato e degli attori economici, garantendo la misurazione delle emissioni. Inoltre, non comporta grandi spese pubbliche. Ma anzi aumenta le entrate, che possono essere ridistribuite alle famiglie pi\u00f9 esposte. Sia nel Regno Unito che in Svezia, ha dimostrato la sua efficacia. <\/p>\n\n\n\n

Rivediamo brevemente come funziona: i governi fissano un \u201ccarbon budget\u201d, che corrisponde al volume di emissioni che possono ancora essere generate senza superare i limiti previsti dall’Accordo di Parigi. Il prezzo del carbonio \u00e8 quindi fissato dall’equilibrio di mercato. Tuttavia, per far fronte a rischi – come l’emergere e il costo delle tecnologie verdi o gli ostacoli politici e geopolitici \u2013 il \u201cbudget\u201d del carbonio deve essere rivisto nel corso del tempo. Ci\u00f2 pu\u00f2 comportare una grande incertezza dei prezzi per gli attori economici, che oggi devono prendere decisioni a lungo termine. Per ridurre questo rischio, proponiamo di garantire una certa stabilit\u00e0 nel prezzo delle emissioni di carbonio fissando un minimo e un massimo. Per evitare effetti di lobby, suggeriamo anche di creare una Banca centrale del carbonio con governance<\/em> indipendente e responsabile di decidere l’evoluzione del volume delle emissioni nel tempo in conformit\u00e0 con il mandato politico. <\/p>\n\n\n\n

Il pacchetto \u201cFit for 55\u201d presentato dalla Commissione Europea a luglio \u00e8 ambizioso – una riduzione delle emissioni del 55% rispetto al 1990 entro il 2030- e affronta buona parte delle questioni del nostro rapporto. In particolare la questione dell’adeguamento del carbonio alle frontiere, la revisione del Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’UE (ETS UE) e il fondo sociale per il clima. Ecco alcune osservazioni su questo argomento. <\/p>\n\n\n\n

Innanzitutto, l’inclusione dei settori dell’edilizia e dei trasporti (insieme responsabili del 57% delle emissioni europee) \u00e8 di per s\u00e9 una buona notizia. Sebbene non soddisfi i \u201cpuristi\u201d (non vi \u00e8 alcuna ragione economica per creare un sistema ETS parallelo per creare prezzi pi\u00f9 bassi per questi due settori), al contrario si sono levate molte voci per opporsi all’inclusione di questi settori in un sistema di prezzi del carbonio. Questo, per noi, \u00e8 un cattivo atteggiamento. Se condividiamo le preoccupazioni sull’impatto sociale di questa inclusione, dobbiamo separare i due aspetti. Proclamare a gran voce il suo sostegno alla tariffazione del carbonio in questi settori (l’assenza di tariffazione ha significato che non sono stati compiuti progressi per gli edifici, e le emissioni dei trasporti sono aumentate, mentre sono diminuite le emissioni del settore elettrico soggette all’ETS); ed esprimere la propria preoccupazione per gli aspetti distributivi e supportare la commissione nella negoziazione del compenso previsto per il prossimo biennio (sembra invece sotto contestazione la cifra del 25% delle entrate destinate al Fondo di Azione Sociale per il Clima).<\/p>\n\n\n\n

Le altre misure di punta di “Fit for 55” sono l’adeguamento delle frontiere – raccomandato anche nel nostro rapporto – e la fine della vendita di automobili che utilizzano combustibili fossili nel 2035-2040 (molto tardi, perch\u00e9 un grande stock durer\u00e0 fino al 2050- 2060). Tra le raccomandazioni del nostro rapporto, resta da sviluppare l’istituzione di due organismi europei indipendenti con una buona governance; uno per la ricerca d’avanguardia e l’altro per la valutazione dell’efficacia comparativa delle politiche per combattere il riscaldamento globale.<\/p>\n\n\n\n

Il carbon pricing<\/em> (diretto come nel caso di una carbon tax<\/em>, indiretto nel caso di inclusione del settore nel sistema ETS) \u00e8 regressivo, cos\u00ec come molti sussidi verdi (fotovoltaici sui tetti, auto elettriche, rinnovo energetico). Una parte significativa dei ricavi del carbon pricing<\/em> deve essere esplicitamente destinata a processi di compensazione, sia per ragioni di equit\u00e0 che per ragioni di economia politica.<\/p>\n\n\n\n

Allo stesso modo, questa ridistribuzione deve avvenire sia all’interno di ciascun paese che tra paesi. Ad esempio, \u00e8 imperativo che le produzioni di carbone polacco e tedesco, una fonte economica di risparmio di CO2, cessino immediatamente; ma allo stesso tempo l’Europa deve risarcire adeguatamente i minatori di questi paesi. <\/p>\n\n\n\n

Grafico 5 – Impatti sulle emissioni di CO2 di una carbon tax<\/em> di 35 o 70 $\/tCO2 e confronto con gli impegni presi durante l’Accordo di Parigi<\/p>\n\n\n\n

Intensificazione dello sforzo in ricerca e sviluppo<\/h3>\n\n\n\n

Attualmente, gli investimenti in R&S verde sono insufficienti per limitare il riscaldamento globale. Basandoci sul successo del rapido sviluppo dei vaccini con RNA messaggero, raccomandiamo di fissare obiettivi tecnologici realistici per il settore privato. Proponiamo la creazione a livello europeo di un EU-ARPA-E, che finanzierebbe progetti di ricerca e sviluppo ad alto rischio e ad alto potenziale. Per garantire una governance<\/em> trasparente, secondo il modello ARPA-E, uno scienziato rispettato per le sue capacit\u00e0 di ricerca e manageriali, con flessibilit\u00e0 operativa, sarebbe incaricato di supervisionare lo stanziamento dei fondi e garantire l’indipendenza dell’organizzazione nei confronti dei gruppi di interesse e politica. Diversi progetti a livello europeo, che hanno dato i loro risultati, sembrano prefigurare questo tipo di cooperazione tra settore pubblico e privato. <\/p>\n\n\n\n

Per quanto riguarda la definizione delle priorit\u00e0 di investimento, ci sembra opportuno, senza volerci sostituire alle decisioni di tale ente, investire di pi\u00f9 in tecnologie che rendano i combustibili fossili obsoleti nel lungo periodo (energie rinnovabili e batterie, poco costose), privilegiando tecnologie a bassa impronta ecologica (utilizzo di metalli rari, ad esempio) in vista di una loro rapida adozione su scala globale. Per quanto riguarda il nucleare, se la nostra commissione non ha preso posizione n\u00e9 sull’opportunit\u00e0 di costruire nuove centrali (come nel Regno Unito e in Polonia), n\u00e9 sulla tecnologia nucleare specifica da utilizzare in questo caso, riteniamo essenziale mantenere in funzione le centrali esistenti (nel rispetto dei principi di sicurezza), che oggi forniscono i tre quarti della produzione elettrica in Francia e il 25% della produzione totale di energia elettrica nell\u2019Unione Europea. Mentre l’inclusione del nucleare nella tassonomia verde dell’Unione europea divide gli Stati membri, il riconoscimento dell’energia nucleare, dell’energia idroelettrica e dei biocarburanti, come le uniche fonti controllabili di elettricit\u00e0 senza emissioni di carbonio, ci sembra estremamente importante in considerazione dell\u2019assenza di tecnologie mature per lo stoccaggio dell\u2019elettricit\u00e0. <\/p>\n\n\n\n

Norme e divieti<\/h3>\n\n\n\n

Riteniamo che il carbon pricing<\/em> non sar\u00e0 di per s\u00e9 sufficiente (prezzo troppo basso, informazione imperfetta per i consumatori). Pertanto, proponiamo di accompagnare queste misure con norme e divieti, sull’esempio del divieto dei sacchetti di plastica monouso, o del divieto di vendita o immatricolazione di veicoli nuovi alimentati da determinati combustibili a partire da una certa data. Fermo restando un costo ragionevole e una strategia complessiva coerente (divieti, norme e sussidi dovrebbero essere valutati con una stima approssimativa del loro costo implicito per tonnellata eliminata), riteniamo che questi strumenti dovrebbero essere parte di un sistema ottimale. <\/p>\n\n\n\n

Sebbene il nostro rapporto non abbia lo scopo di studiare in dettaglio tutte le misure ambientali, come regola generale, raccomandiamo che ogni misura settoriale sia soggetta ad un’analisi costi-benefici, a partire da una stima dei costi per tonnellata di CO2 non emessa, il suo impatto sociale e costo ambientale. In questo senso, riteniamo che, dato il suo bassissimo costo per tonnellata di CO2 non emessa, la sostituzione del carbone con il gas naturale sia un male minore, evitando la costruzione di nuovi impianti, per evitare effetti di <\/em>chiusura energetica (lock-in effect), <\/em>mentre il gas rappresenta oggi quasi il 20% del mix elettrico europeo. L’uscita del gas naturale, invece, dovr\u00e0 avvenire successivamente. <\/p>\n\n\n\n

Ci sono due modi per ridurre le nostre emissioni di gas serra. Il primo consiste nell\u2019utilizzare energie pi\u00f9 pulite, l’altro \u00e8 consumare meno energia. Nessuno conosce il mix ottimale tra i due. Ma il bello del meccanismo di carbon pricing<\/em> \u00e8 che non dobbiamo favorire un approccio rispetto all’altro; i risparmi saranno realizzati dove sono meno costosi. <\/p>\n\n\n\n

Insistiamo per\u00f2 sul concetto di costo. Non crediamo nel concetto di “crescita verde”, che suggerisce che possiamo avere la botte piena e la moglie ubriaca. Se fosse cos\u00ec, perch\u00e9 non avremmo dovuto farlo negli ultimi trent’anni? Affinch\u00e9 le cose vadano avanti, dobbiamo avere il coraggio politico di accettare l\u2019esistenza di un costo. Una volta accettato questo concetto, \u00e8 pi\u00f9 facile adottare le politiche giuste. <\/p>\n\n\n\n

La scala europea<\/h3>\n\n\n\n

L’Europa, non la Francia, \u00e8 la scala d’azione rilevante e l’impegno europeo nella lotta al cambiamento climatico potrebbe avere un reale effetto leva su scala internazionale. Con il pacchetto \u201cFit for 55\u201d, presentando le linee guida di un adeguamento del carbonio alle frontiere che assicuri condizioni eque di concorrenza tra le imprese nazionali e gli importatori in termini di prezzi del carbonio e che incoraggi i paesi restii a partecipare, l’Unione ha espresso la sua volont\u00e0 di andare oltre il “dare l’esempio”. In particolare, impegnandosi nella R&S verde, l’Europa potrebbe svolgere un ruolo chiave nella transizione ecologica dei paesi poveri. <\/p>\n\n\n\n

Disuguaglianze e redistribuzione<\/strong><\/h2>\n\n\n\n

Secondo gli indicatori tradizionali, le disuguaglianze non sono peggiori in Francia che altrove. Secondo questi indicatori, la Francia fa meglio di molti paesi europei e molto meglio degli Stati Uniti: la quota di reddito guadagnata dal 10% pi\u00f9 pagato, che si attesta al 32%, \u00e8 inferiore a quella degli Regno Unito (35 %), Germania (37%) e Stati Uniti (45%). E gli sviluppi negli ultimi decenni sono stati molto meno sfavorevoli che in altri paesi, in particolare negli Stati Uniti. Ma al di l\u00e0 di questi indicatori tradizionali e di altri confronti internazionali, i francesi considerano per lo pi\u00f9 di vivere in una societ\u00e0 troppo diseguale<\/span>4<\/sup><\/a><\/span>. E questa percezione \u00e8 in gran parte corretta. La Francia rimane un cattivo studente in termini di pari opportunit\u00e0, accesso a una buona istruzione, accesso a un buon lavoro e in termini di mobilit\u00e0 sociale. Questi sono i punti su cui abbiamo scelto di focalizzarci per avanzare proposte per ridurre le disuguaglianze.<\/p>\n\n\n\n

Le misure che proponiamo sono organizzate in un trittico e consentono di affrontare le disuguaglianze su pi\u00f9 fronti: prima della produzione, per aumentare le pari opportunit\u00e0 all’inizio della vita; durante la produzione, per orientarla verso lavori pi\u00f9 di qualit\u00e0; infine dopo la produzione, con le classiche misure di redistribuzione a tutela di chi ha avuto meno. <\/p>\n\n\n\n

Prima della produzione, ridurre la disuguaglianza delle opportunit\u00e0<\/h3>\n\n\n\n

Per ridurre la disuguaglianza delle opportunit\u00e0, dobbiamo agire su due margini: sull’istruzione e sulle disuguaglianze di ricchezza.<\/p>\n\n\n\n

Il sistema educativo francese rimane molto diseguale. La categoria sociale \u00e8 ovunque nel mondo il primo criterio per spiegare il livello di istruzione; ma questo \u00e8 particolarmente pronunciato in Francia come mostra l’OCSE. Il confronto con gli altri paesi europei \u00e8 ancora una volta rivelatore. Alla domanda se gli studenti abbiano tutti le stesse possibilit\u00e0 di frequentare l’universit\u00e0, solo il 44% degli intervistati in Francia \u00e8 d’accordo (la percentuale pi\u00f9 bassa tra i sette paesi interessati). Il tasso di risposta positiva per l’Italia \u00e8 il 49% e per la Germania il 70%. Le riforme realizzate negli ultimi anni e consistenti nell’investire maggiormente nelle aree pi\u00f9 svantaggiate (ZEP, REP) hanno avuto risultati positivi. Mantenendo questa stessa logica, ora \u00e8 necessario fare e investire (molto) di pi\u00f9.<\/p>\n\n\n\n

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