{"id":2122,"date":"2021-05-16T17:03:51","date_gmt":"2021-05-16T16:03:51","guid":{"rendered":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/ita\/?p=2122"},"modified":"2021-05-17T16:19:52","modified_gmt":"2021-05-17T15:19:52","slug":"larte-del-potere-in-europa-ritratto-di-mario-draghi","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/it\/2021\/05\/16\/larte-del-potere-in-europa-ritratto-di-mario-draghi\/","title":{"rendered":"L\u2019arte del potere in Europa: ritratto di Mario Draghi"},"content":{"rendered":"\n

Se c’\u00e8 stata una frase, in Europa nell’ultimo decennio, che ha causato una svolta nella storia, \u00e8 stata questa. Dopo un preambolo confuso su un calabrone che non dovrebbe essere in grado di volare, Draghi ha smesso di leggere dal suo copione e, per 16 secondi, ha guardato nella telecamera. “All’interno del nostro mandato, all’interno del nostro mandato … la BCE \u00e8 pronta a fare tutto il necessario, whatever it takes<\/em>, per preservare l’euro”. Ha fatto una pausa, aggiungendo, giusto per essere sicuro: \u201cE credetemi, sar\u00e0 sufficiente”. In pochi secondi, la notizia ha raggiunto i media di tutto il mondo; i miliardi che scommettevano contro l’euro hanno cominciato a muoversi nella direzione opposta.<\/p>\n\n\n\n

Mario Draghi \u00e8 ora il primo ministro italiano. L’uomo che ha “salvato l’euro” \u00e8 stato richiamato dalla pensione per “salvare l’Italia” dalla pandemia. C’\u00e8 un\u2019Europa dello spirito: di Beethoven, delle vacanze estive e dell’odore del caff\u00e8. E poi c’\u00e8 l’Europa come funziona effettivamente oggi – l’Europa di Mario Draghi. Una creatura dell’UE, capite lui e capite come crearsi degli amici a Bruxelles; come vincere le battaglie pi\u00f9 importanti; e come essere, tra 27 paesi, davvero europei. Ma, soprattutto, capite Draghi e capirete come funziona il potere nella UE. Ha costruito un’Europa tecnocratica ed \u00e8 asceso ai suoi vertici. <\/p>\n\n\n\n

Draghi si \u00e8 fatto a Roma. Non la citt\u00e0 da vecchi che \u00e8 oggi, ma la Roma di Fellini, degli attentati delle Brigate Rosse e del miracolo italiano: un mercato emergente in Europa, in cui le tensioni erano elevate con le agitazioni del mondo del lavoro, l\u2019ascesa del partito comunista e le gioie della giovent\u00f9. Ma mentre la sua generazione era ribelle, flirtava con l’estremismo e sognava nuovi mondi nei campus, Draghi era mansueto e gravato dalla responsabilit\u00e0. Un outsider<\/em> nel maggio del ’68.<\/p>\n\n\n\n

C’\u00e8 un\u2019Europa dello spirito: di Beethoven, delle vacanze estive e dell’odore del caff\u00e8. E poi c’\u00e8 l’Europa come funziona effettivamente oggi – l’Europa di Mario Draghi.<\/p>ben judah<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

“Avevo i capelli abbastanza lunghi”, ha raccontato a Die Zeit,<\/em> “ma non lunghissimi. E, a parte questo, non avevo genitori contro i quali avrei potuto ribellarmi”. Suo padre, il banchiere ben collegato Carlo Draghi, nato nel 1895, era morto quando lui aveva 15 anni. Sua madre entr\u00f2 in un rapido declino poco dopo. A 16 anni, tornando dalle vacanze, trov\u00f2 una pila di bollette non pagate ad aspettarlo. A 19 anni Draghi era orfano.<\/p>\n\n\n\n

Gli amici ricordano come un\u2019apparenza esterna posata nascondesse una vera angoscia. Maurizio Franzini, un economista, una volta divideva l’ufficio con lui: “Diceva: ‘Non sembro ansioso. Ma sono davvero ansioso\u2019”. Al momento di scegliere l’universit\u00e0, ossessionato dalle discussioni con suo padre e da uno dei suoi primi ricordi, un viaggio in treno con il governatore della Banca d’Italia, Draghi scelse economia alla Sapienza di Roma. Ma \u00e8 stato il suo periodo scolastico, non la sua universit\u00e0, che quelli che lo conoscono meglio dicono che lo ha reso quello che \u00e8.<\/p>\n\n\n\n

“\u00c8 stato ben addestrato dai gesuiti”, ha detto Vincenzo Visco, che ha lavorato a stretto contatto con lui come ministro italiano delle finanze e poi del tesoro. “Gli hanno insegnato ad essere prudente, riservato e ad ascoltare. \u00c8 un cattolico sociale”. Menzionare i gesuiti ha molteplici significati per gli italiani. \u00c8 un marcatore di classe che lo lega inesorabilmente al Massimiliano Massimo, l’Eton romana dei gesuiti, dove Draghi ha studiato con i figli di ministri e magnati. \u00c8 il segno di un’educazione severa e rigorosa per mano di studiosi-sacerdoti; ed \u00e8 un privilegio. Per gli europei, \u00e8 spesso un modo per attirare l’attenzione sul suo modo di fare: pedagogico; preciso, ombroso e, se necessario, spietato.<\/p>\n\n\n\n

Herman Van Rompuy, l’ex presidente del Consiglio europeo che scriveva haiku, lo trovava divertente. Pi\u00f9 di una volta, nelle notti peggiori della crisi dell’euro, osservando un tavolo con Mario Monti e Mariano Rajoy, allora premier italiano e spagnolo, seduti accanto a Draghi, l’ex premier belga scherzava: “Guardaci qui, che buoni studenti gesuiti che siamo, mentre cerchiamo di trovare un compromesso”.<\/p>\n\n\n\n

Ma come ogni buona battuta, alludeva a qualcosa di serio: questi uomini usciti da una confraternita segreta fondata per salvare la Chiesa erano ora al servizio dell’Europa. “Forse non sapete”, ha detto Mario Tiberi, un vecchio collega del mondo accademico, “che i gesuiti hanno un mantra del loro fondatore Sant’Ignazio di Loyola sul servire la visione di Dio: todo modo,<\/em> che in inglese si traduce con ‘whatever it takes<\/em>‘”.<\/p>\n\n\n\n

Mentre un’ondata di omicidi politici seguiva il ’68, Draghi imparava la prima lezione della vita politica: trovare sempre il mentore giusto. Il suo nome: Federico Caff\u00e8. In mezzo al clamore viveva, dicevano i suoi studenti, “come un monaco”. Caff\u00e8 fu influente: il grande economista keynesiano italiano. Convinto che Draghi fosse brillante, lo present\u00f2 a Franco Modigliani, l’economista italiano del MIT, che lo accett\u00f2 come studente. Ma doveva ancora completare la sua tesi. “Era sulla moneta unica e conclusi che la moneta unica era una follia, una cosa assolutamente da non fare”, ha detto Draghi, in un evento in onore del suo mentore. <\/p>\n\n\n\n

Mentre un’ondata di omicidi politici seguiva il ’68, Draghi imparava la prima lezione della vita politica: trovare sempre il mentore giusto. Il suo nome: Federico Caff\u00e8.<\/p>ben judah<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Coloro che avrebbero plasmato il discorso economico dell’epoca hanno insegnato a Draghi al MIT. Sottolinea con orgoglio che cinque dei suoi professori hanno vinto il premio Nobel – Paul Samuelson, Bob Solow, Franco Modigliani, Peter Diamond e Robert Engle. I suoi pari – Ben Bernanke, Paul Krugman, Kenneth Rogoff, Olivier Blanchard – sarebbero diventati rispettivamente i gran sacerdoti della Federal Reserve, del New York Times, dell’austerit\u00e0 e del FMI. Mentre il nuovo mondo dei tassi di cambio fluttuanti, del capitale che scorre liberamente e dei banchieri centrali autorizzati cominciava ad emergere, un cerchio di economisti si stava coalizzando. Insieme hanno dato forma all’era neoliberale.<\/p>\n\n\n\n

Draghi non era alla ricerca di dogmi. A differenza dei suoi mentori, l’economia di Draghi non si \u00e8 mai fissata in una teoria, ma ha continuato a muoversi, sempre un punto a sinistra rispetto a dove si trova il centro. Per lui si tratta di pragmatismo. A quarant’anni aveva gi\u00e0 deluso la sinistra di Caff\u00e8. Draghi era ormai un direttore della Banca Mondiale. Nell’aprile 1987, sopraffatto dal dolore che il neoliberismo avesse trionfato sulla sinistra in economia, i suoi discepoli morti o in dissolvenza, Caff\u00e8, il grande keynesiano, scomparve. Non fu mai pi\u00f9 visto. Alcuni dicono che si sia suicidato; altri che si sia trasferito in un monastero sulle Alpi, per nascondersi dal mondo che vedeva arrivare. <\/p>\n\n\n\n

Nel febbraio 1992, Draghi \u00e8 nella stanza di Maastricht quando nasce l’euro: un consigliere chiave del primo ministro italiano, Giulio Andreotti, quando firma il trattato. Ha lasciato da tempo Caff\u00e8, la sinistra e le sue tesi. L’umore \u00e8 euforico; la popolarit\u00e0 e il successo della nuova moneta unica dell’Unione Europea travolger\u00e0 tutto davanti a s\u00e9. Tanto che alla conferenza stampa, Helmut Kohl scommette sei bottiglie di vino tedesco che la Gran Bretagna aderir\u00e0 al progetto entro il 1997. “Il governo fa sempre quello che vuole la City”, sbotta. “La City far\u00e0 in modo che la Gran Bretagna entri nell’Unione monetaria”.<\/p>\n\n\n\n

I britannici sono partiti con un “opt-out<\/em>“; gli italiani con condizioni cos\u00ec dure che i tedeschi si sono sorpresi di averle accettate. Il secondo mentore di Draghi, Modigliani, era indignato. La decisione di firmare fu di Draghi: era uno dei due italiani con l’autorit\u00e0 finale sulla valutazione dei termini. Aveva consigliato al primo ministro di procedere con quella che nella sua tesi chiamava “follia”: un’unione monetaria senza un’unione politica ed economica. Perch\u00e9? La risposta: la sua teoria neoliberista della politica italiana.<\/p>\n\n\n\n

Mezzogiorno a Roma. Negli anni ’90. Una citt\u00e0 di politica, vicoli e corridoi. Le campane suonano al Senato. I lavori si aggiornano a Palazzo Montecitorio. Gli avvocati si disperdono. I giornalisti urlano domande. Tutto il torrente di attivit\u00e0 sembra riversarsi all\u2019esterno e invadere le strade intorno a Piazza Navona. Le trattative continuano sotto gli ombrelloni della gelateria Giolitti. I funzionari incontrano i ministri all’Hotel Forum. Questo \u00e8 l’habitat naturale di Draghi. A capo del Tesoro dal 1991, \u00e8 qui che il funzionario quarantenne ha fatto tutto il necessario per entrare nella moneta unica: regolare le banche italiane, gestire il debito e privatizzare oltre 100 miliardi di euro. Draghi era pi\u00f9 che indispensabile. Ha costruito il neoliberismo italiano.<\/p>\n\n\n\n

Non c’era scuola migliore di Roma per la politica dell’euro: era gi\u00e0 un gioco per politici deboli e tecnocrati potenti. Un quadro astratto italiano era appeso sopra la sua scrivania al Palazzo delle Finanze. Fuori, la “prima Repubblica” stava cadendo a pezzi. Esposti come un pasticcio clientelare di connessioni mafiose e tangenti, tutti e quattro i partiti del governo dimissionario del 1992 sarebbero scomparsi.<\/p>\n\n\n\n

A tenere insieme il paese era la burocrazia pi\u00f9 forte che l’Italia avesse: i tecnici finanziari della pubblica amministrazione sotto il primo primo ministro tecnocratico del paese, Carlo Azeglio Ciampi. Draghi era nel suo elemento. Il capitalismo, credeva, aveva delle regole. Finch\u00e9 i politici si fossero tolti di mezzo e i tecnocrati avessero impostato la giusta struttura, sarebbe seguita una crescita stabile. Questa era la filosofia del MIT. In tutti i continenti, i suoi ex compagni di studi erano sempre pi\u00f9 in ascesa. Come economisti credevano nell’intervento: aiutare a far funzionare il mercato.<\/p>\n\n\n\n

Draghi era pi\u00f9 che indispensabile. Ha costruito il neoliberismo italiano.<\/p>ben judah<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Questo era il motivo per cui l’Euro era imperativo. Il capitalismo poteva fornire le regole – e la struttura – che mancavano all’Italia. I politici ora sarebbero stati limitati nella politica macroeconomica. L’adesione a una moneta unica avrebbe messo le leve fondamentali della macroeconomia – le politiche fiscali e monetarie chiave – al di l\u00e0 della politica interna. Questa strategia era nota come il vincolo esterno.<\/p>\n\n\n\n

L’Italia stava andando cos\u00ec bene. La sua economia era pi\u00f9 grande di quella della Gran Bretagna; gli standard di vita si stavano avvicinando a quelli della Germania. I primi anni novanta erano il momento dell’Italia: il vino toscano soppiantava quello francese negli Stati Uniti. Gucci e Prada stavano conquistando il mondo. I magnati non volevano rischiare. Volevano un aiuto. Nel 1992, il giovane Draghi aveva catturato l’attenzione di uno degli uomini pi\u00f9 ricchi d’Italia, Carlo De Benedetti, allora proprietario di La Repubblica<\/em>, L’Espresso<\/em> e una serie di giornali regionali. Si incontravano spesso e discutevano dell’Euro. “Se l’Italia non avesse fatto parte dell’Eurozona, sarebbe stata come l’Egitto o il Nord Africa”, ha ricordato De Benedetti. Questo \u00e8 ci\u00f2 che le \u00e9lite temevano negli anni ’90: senza un vincolo esterno, un ritorno agli anni ’70. <\/p>\n\n\n\n

Ma De Benedetti ha capito presto che Draghi era una sfinge. Segreto. Astuto. Non lasciava mai trapelare niente niente. Ma cosa voleva da lui? “Una volta gliel’ho chiesto: Io traggo beneficio dalle nostre conversazioni. Ma tu cosa ne ricavi?”. Draghi sorrise: “Disse che gli piaceva parlare con qualcuno della vita reale”. De Benedetti aveva fatto bene a chiederlo. Perch\u00e9 Roma aveva gi\u00e0 dato a Draghi lezioni importanti. Mai far sapere a nessuno quello che si pensa, a meno che non si sia costretti a farlo. E sempre, sempre farsi gli amici giusti: tra i media e i magnati. Un giorno avrai bisogno dei loro favori. <\/p>\n\n\n\n

Il tocco politico di Draghi non era passato inosservato. In parlamento, era spesso chiamato “Mr. Britannia”, a causa dei suoi frequenti incontri con i banchieri di Londra. Salvatore Biasco, allora un legislatore di sinistra, dalla sua commissione guardava Draghi arrivare lentamente a quella che sarebbe stata la sua pi\u00f9 grande realizzazione: si pu\u00f2 esercitare il maggior potere come tecnocrate. “Si comportava come un ministro del Tesoro e non come un funzionario”, ha ricordato Biasco. “Era una specie di ministro del Tesoro ombra”. Fu qui, da politico non eletto, che affin\u00f2 la Draghipolitik <\/em>tecnocratica che avrebbe plasmato l’Europa. <\/p>\n\n\n\n

Tutte le storie sul denaro europeo finiscono a Londra. Nel 2002, Draghi divenne vicepresidente di Goldman Sachs International. Gli amici, i seminari, i magnati: tutto aveva dato i suoi frutti. E cos\u00ec, a quanto pare, anche la sua strategia. Un populista, Silvio Berlusconi, era diventato di nuovo primo ministro nel 2001. Ma allora? Era ingabbiato dal vincolo esterno: le sue mani erano tenute lontane dalle vere leve del potere. I tecnici finanziari di Roma erano rilassati. L’Italia non era stata dissoluta: aveva accumulato un grande debito nazionale negli anni ’80 a causa degli alti interessi che aveva imposto in gran parte per abbassare l’inflazione e tenere il passo con il sistema monetario europeo che aveva preceduto l’euro. L’imminente boom lo avrebbe sicuramente eroso.<\/p>\n\n\n\n

La generazione di Draghi credeva di aver fatto tutto bene. Poi \u00e8 arrivato il 2008. La crisi finanziaria ha rivelato che questi tecnici avevano fatto un terribile errore. Avevano rotto un sistema che ora avrebbero passato il resto della loro carriera a cercare di riparare. <\/p>\n\n\n\n

La generazione di Draghi credeva di aver fatto tutto bene. Poi \u00e8 arrivato il 2008. La crisi finanziaria ha rivelato che questi tecnici avevano fatto un terribile errore. Avevano rotto un sistema che ora avrebbero passato il resto della loro carriera a cercare di riparare. <\/p>ben judah<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Questo avrebbe trasformato i banchieri centrali da tecnici regolatori del capitalismo in gestori politici di crisi che lo guidavano – e cos\u00ec facendo avrebbero riordinato per sempre il potere nell’UE. <\/p>\n\n\n\n

Una fortuna sfacciata avrebbe dato a Draghi la possibilit\u00e0 di unirsi a questi nuovi supermen<\/em>. Prima uno scandalo di corruzione ha aperto un posto vacante come governatore della Banca d’Italia. Poi, rifiutando di accettare una politica monetaria non ortodossa della BCE per combattere la crisi, il capo della Bundesbank<\/em>, da tempo atteso come successore del francese Jean-Claude Trichet, si \u00e8 dimesso. Con Berlino ora senza un candidato, il posto alla BCE si \u00e8 aperto per un altro banchiere centrale di un grande stato.<\/p>\n\n\n\n

La gestione dei media ha assicurato che Draghi lo ottenesse nel giugno 2011. I media tedeschi odiavano l’idea di un italiano nell’Eurotower. Angela Merkel esitava. De Benedetti ricevette una telefonata: il conto dei pranzi insieme era finalmente arrivato. Il normalmente soave Mario, disse, era isterico. “Era diventato matto”, ricordava De Benedetti. La Bild<\/em> aveva pubblicato una storia di copertina sull’Italia. “Mamma mia”, si leggeva. “Per gli italiani l’inflazione \u00e8 uno stile di vita, come la salsa di pomodoro con gli spaghetti”. “Mi ha chiamato e mi ha detto: “Cosa puoi fare per me?”” ricorda De Benedetti, “era preoccupato che questo danneggiasse la sua immagine”. Fu organizzato un incontro con il proprietario del tabloid<\/em>. Segu\u00ec un ritratto raggiante con una prima pagina di Draghi che accetta un elmetto chiodato prussiano dalla Bild<\/em>. “Mario \u00e8 sempre stato molto riconoscente”, ha detto De Benedetti. Coltivare la sua immagine tecnocratica \u00e8 stato fin dall’inizio il cuore della Draghipolitik.<\/em><\/p>\n\n\n\n

Draghi si \u00e8 approcciato al lavoro di vertice in modo politico. Ancora una volta \u00e8 stato fortunato. Jean-Claude Trichet aveva concluso il suo mandato cos\u00ec male che qualsiasi successore avrebbe fatto bella figura al confronto. Per dirla con le parole dello storico Adam Tooze: “Lasciando l’incarico, Trichet, appoggiando i governi in favore dell\u2019austerit\u00e0 solo sul mercato, aveva aiutato Berlino a inserire l’austerit\u00e0 nel cuore del circuito dell’UE”. \u00c8 stata cattiva economia: questo ha portato alla depressione dei consumi prolungando la recessione. Ma Draghi sarebbe andato oltre. Nell’agosto 2011, firm\u00f2 una lettera segreta al governo italiano: una nota in favore dell\u2019austerit\u00e0 che sollecitava tagli e riforme del lavoro. Roma era inorridita; Berlino era contenta. Segnalando che Francoforte era pronta a mettere la sua liquidit\u00e0 solo dietro un certo tipo di politica, apr\u00ec la porta alla cacciata di Berlusconi. Un governo tecnocratico lo sostitu\u00ec – che il leader caduto defin\u00ec un “colpo di stato” dell’UE.<\/p>\n\n\n\n

La cerchia di Draghi ha continuato a plasmare il capitalismo: Ben Bernanke guidava la Fed e Stanley Fischer era a capo della Banca d’Israele. A Francoforte, Draghi trattava l’Eurotower come il Tesoro di Roma, vantandosi: “in ogni conferenza stampa da quando sono diventato presidente della BCE, ho concluso la dichiarazione introduttiva con un appello ad accelerare le riforme strutturali in Europa”. I banchieri centrali avevano superato il limite: non erano pi\u00f9 tecnocrati, ma politici.<\/p>\n\n\n\n

Entrare nella BCE a Francoforte \u00e8 come mettersi le cuffie antirumore. Tra il vetro blu e gli ascensori, tutto \u00e8 improvvisamente silenzioso. Ma il suo freddo gelido ha visto alcuni degli incontri pi\u00f9 importanti d’Europa. Poco dopo essere diventato banchiere centrale, Maurizio Franzini, un vecchio amico, chiese a Draghi come gestisse l’ansia di un lavoro cos\u00ec importante: “Disse che faceva ancora docce fredde ogni mattina, una tecnica per gestire la tensione che aveva imparato negli Stati Uniti”.<\/p>\n\n\n\n

A Francoforte, Draghi avrebbe presto padroneggiato le tre forme del potere europeo: il carismatico – la politica della persuasione – con cui avrebbe rivendicato il potere per la sua banca; il tecnico – la politica delle regole – con cui sarebbe stato l’esecutore dell’UE in Grecia; e l’analitico – la politica dei numeri – con cui avrebbe vinto la battaglia per guidare i flussi di capitale con il quantitative easing<\/em>. Insieme, questi si sarebbero uniti nella Draghipolitik<\/em> – con la quale avrebbe spostato il centro di gravit\u00e0 tedesco. La sua sfida era nel disegno stesso che aveva accettato.<\/p>\n\n\n\n

Fran\u00e7ois Mitterrand aveva fatto dell’euro il prezzo per l\u2019unificazione. Ha costretto Kohl a tener fede a vaghi impegni per una moneta unica, stava prendendo tempo, minacciando il vice cancelliere Hans-Dietrich Genscher che se non si fosse impegnata, la Germania avrebbe affrontato una “tripla alleanza” di Gran Bretagna, Francia e URSS che l’avrebbe isolata. Retoricamente, i suoi sfoghi erano estremi. “Torneremo al mondo del 1913”, aveva minacciato Bonn. <\/p>\n\n\n\n

La Francia voleva l’euro per limitare il potere tedesco. Mitterrand disse che il marco tedesco era “l’arma nucleare” della Germania. Temeva che se non avesse avuto voce in capitolo sui tassi d’interesse tedeschi, Parigi sarebbe stata costretta per sempre a seguirli. Si sbagliava. Non era la moneta. Era il credito tedesco l’arma nucleare. Concordare una moneta unica senza un Eurobond, un bene sicuro a cui tutti potevano attingere per finanziarsi in tempi di difficolt\u00e0, significava che le obbligazioni tedesche diventavano il bene sicuro dell’Eurozona. Berlino aveva ora un veto de facto <\/em>sulla politica del debito.<\/p>\n\n\n\n

L’errore di Mitterrand rafforz\u00f2 il potere tedesco. Le esportazioni tedesche hanno avuto un boom; la competitivit\u00e0 delle esportazioni italiane \u00e8 diminuita, quelle francesi hanno ristagnato. L’euro aveva reso le merci tedesche pi\u00f9 economiche che se fossero state in marchi tedeschi e le merci italiane pi\u00f9 costose che se fossero state in lire. Berlino poteva assumere nuovi debiti con poco rischio. Gli altri non sono stati cos\u00ec fortunati. Dopo il 2008, i governi pi\u00f9 deboli avevano bisogno che l’Unione comprasse le loro obbligazioni, li salvasse e collettivizzasse il loro debito. Ma Kohl ha accettato l’euro a condizione che non ci fosse un debito collettivo, e che la BCE non finanziasse direttamente i governi. Berlino doveva essere convinta. La politica dell’euro divenne un gioco in cui tutti ballavano intorno alla Merkel cercando di convincerla ad aprire i rubinetti. E in questo gioco, Draghi era il re.<\/p>\n\n\n\n

Kohl ha accettato l’euro a condizione che non ci fosse un debito collettivo, e che la BCE non finanziasse direttamente i governi. Berlino doveva essere convinta. La politica dell’euro divenne un gioco in cui tutti ballavano intorno alla Merkel cercando di convincerla ad aprire i rubinetti. E in questo gioco, Draghi era il re.<\/p>ben judah<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Il problema dell’Unione europea non \u00e8 che \u00e8 un Superstato: \u00e8 che non \u00e8 uno Stato. Era apparsa una crisi che aveva una soluzione chiara. Ma non esisteva un’autorit\u00e0 centrale per attuarla. Da Podemos a Syriza, molti politici sono stati eletti per costruire un’Eurozona pi\u00f9 giusta. Ma le loro mani erano lontane dalle vere leve del potere. <\/p>\n\n\n\n

\u00c8 qui che entra in gioco la Draghipolitik<\/em>: l’arte tecnocratica di far smuovere Berlino. Draghi ha ricevuto un invito permanente al Consiglio europeo da parte del suo Presidente, Van Rompuy: un livello di accesso ai power broker<\/em> molto superiore rispetto a quello del presidente della Fed o del governatore della Banca d’Inghilterra. Qui ha iniziato a rendere la BCE una vera banca centrale e se stesso un attore di primo piano. In primo luogo, Draghi ha usato il potere carismatico per smuovere la Merkel e i mercati. Secondo Nicolas V\u00e9ron, uno dei principali ricercatori sulla crisi dell’euro, Draghi ha giocato un ruolo storico come “il capo pedagogo” che ha convinto la Cancelliera ad accettare un’unione bancaria nel 2012. “Questo \u00e8 dove Draghi eccelleva, ha detto Van Rompuy. “Aveva un grande potere persuasivo: parlava chiaramente, al punto e con un’autorit\u00e0 naturale”. Ha detto alla Merkel: questo \u00e8 nell’interesse della Germania ed \u00e8 il minimo indispensabile che tu debba fare. Questa \u00e8 la forza e i limiti della Draghipolitik<\/em>. \u00c8 la politica, che a tutt’oggi, chi era nella stanza all’epoca dice che lo mette estremamente a disagio: esporre i termini confusi dell'”indipendenza” della banca. <\/p>\n\n\n\n

L’Unione Bancaria era solo la credibilit\u00e0 sufficiente per affermare che Berlino era dietro l’Eurozona. Poi l’ha moltiplicata. Vedere Draghi dire “tutto quello che serve” \u00e8 stato come vedere Hegel che guarda Napoleone a Jena. “\u00c8 davvero una sensazione meravigliosa”, scrisse Hegel, “vedere un tale individuo, che, concentrato in un solo punto, in sella a un cavallo, si protende sul mondo e lo domina.” <\/p>\n\n\n\n

Ma chi era il cavaliere? Era Draghi? Era la Merkel? O sono stati i mercati? Secondo il filosofo politico Luuk van Middelaar, allora consigliere di Van Rompuy, quei sedici secondi contengono tutto. “Se ascoltate attentamente, prima c’\u00e8 il tecnocrate. Lui dice: ‘all’interno del nostro mandato’. Poi, c’\u00e8 il politico, ‘qualunque cosa sia necessaria’. E solo dopo, c’\u00e8 l’autorit\u00e0 carismatica, ‘e credetemi, sar\u00e0 sufficiente’. Ed \u00e8 questo che fa di lui il cavaliere”. Il giorno dopo Hollande e Merkel hanno confermato. Aveva aperto la strada alla BCE per sostenere i mercati del debito sovrano. La sua autorit\u00e0 carismatica aveva convinto i commercianti che dietro l’euro c’era il potere: usando il minimo indispensabile.<\/p>\n\n\n\n

Da ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis ha avuto modo di conoscere un’altra delle qualit\u00e0 politiche di Draghi: la spietatezza. Visto da Francoforte, un default greco seguito da un collasso bancario europeo incombeva a meno che Atene non riuscisse a prendere in mano la situazione. Quando Atene ha cercato di far ricadere la colpa sui creditori, mettendo ai voti il piano di salvataggio nel 2015, Draghi ha segnalato che avrebbe interrotto l’assistenza di emergenza alle sue banche. “Il liberi tutti contro di noi \u00e8 stato guidato da Mario Draghi”, ha ricordato Varoufakis nella sua autobiografia. Era la politica delle regole dell’UE nella sua forma pi\u00f9 brutale. Ma punendo gli Stati pi\u00f9 scialacquatori dell’UE con salvataggi basati sull\u2019austerit\u00e0, ha conquistato la fiducia di Berlino per continuare la Draghipolitik. <\/em><\/p>\n\n\n\n

Infine, Draghi ha padroneggiato il potere analitico: cio\u00e8 la politica dei numeri. Nei powerpoint <\/em>del Consiglio direttivo, Giuseppe Ragusa, ex senior economist della Bce, lo ha visto superare la resistenza della frugale Bundesbank per lanciare il quantitative easing<\/em> nel 2014. “Il modo in cui \u00e8 riuscito a convincere la gente a fare quello che ha fatto”, ha detto Ragusa, “\u00e8 stato spostare il dibattito politico dalla politica ai numeri reali”. <\/p>\n\n\n\n

Questi incontri hanno cambiato nuovamente il capitalismo europeo. I mercati genuinamente liberi, che si erano aperti negli anni ’70 con l’eliminazione dei controlli sui capitali, si chiusero. Il capitalismo diretto arriv\u00f2 in Europa con la BCE che incentiv\u00f2 i mercati a comprare asset pi\u00f9 rischiosi comprando oltre 2,8 trilioni di dollari di asset pi\u00f9 sicuri entro il 2018. \u00c8 stato l’atto estremo di intervento senza ridistribuzione. Draghi era convinto che altrimenti l’euro non sarebbe sopravvissuto alla deflazione e a una terza recessione. Ma i suoi errori avevano peggiorato proprio il problema che stava cercando di risolvere con l’austerit\u00e0, prolungando il dolore a Sud.<\/p>\n\n\n\n

Un sussurratore, un esecutore, un addetto ai numeri. Queste non sono le qualit\u00e0 che ci si aspetta da un grande uomo. Ma questo \u00e8 fraintendere come funziona l’UE. La sua macchina \u00e8 stata costruita per depoliticizzare la politica, e quelli che lo fanno meglio, prosperano. Il burocrate senza pretese diventa Napoleone. Attraverso la Merkel, i media e i dati, la Draghipolitik <\/em>ha sconfitto Jens Weidmann, il capo della Bundesbank. “Draghi considerava Weidmann il suo nemico personale”, ha detto De Benedetti. Si trattava per lo pi\u00f9 di una relazione gelida. Ma una volta a cena, racconta l’amico Salvatore Bragantini, la moglie Maria Serenella Cappello si \u00e8 lasciata sfuggire la cosa:\u2019’Cos\u00ec lei \u00e8 il nemico di mio marito’, disse, prendendolo alla sprovvista”. <\/p>\n\n\n\n

Mentre la crisi rendeva lo Stato pi\u00f9 dipendente dalla finanza, la finanza diventava pi\u00f9 dipendente dallo Stato. E uomini come Draghi sono stati centrali in questo. Queste vittorie rivelano un’enorme abilit\u00e0. Hanno trasformato la BCE in un’istituzione ancora pi\u00f9 potente della Banca d’Inghilterra. Ma sottolineano anche quanto la sua generazione abbia sbagliato. Avevano scommesso su una casa costruita a met\u00e0 per l’Europa come chiave per la stabilit\u00e0. Ma un’unione monetaria senza un’unione fiscale ha portato instabilit\u00e0. Avevano scommesso sul fissare regole neoliberali per il capitalismo e fare un passo indietro: ed \u00e8 saltato tutto. Avevano scommesso sull’austerit\u00e0: e hanno affrontato una depressione. Questi errori li hanno resi – l’\u00e9lite dei banchieri centrali del mondo che poi hanno dovuto sistemare tutto – pi\u00f9 potenti della maggior parte dei politici. <\/p>\n\n\n\n

Nel suo breve pensionamento dopo il 2019, Draghi ha passato molto del suo tempo al telefono. Ha chiamato presidenti passati o presenti: Bill Clinton, Emmanuel Macron. O gli altri superuomini che hanno guidato le banche centrali nella crisi: Ben Bernanke, ex della Fed; Mark Carney, ex della Banca d’Inghilterra, o Stanley Fischer, che ha guidato la Banca d’Israele. “\u00c8 l’unico uomo in Italia che pu\u00f2 chiamare chiunque nel mondo”, ha detto De Benedetti. Ha costruito la sua carriera attraverso le reti. E la sua ricchezza: la casa a Roma, una in Umbria, una sulla costa laziale e una nuova villa in Veneto.<\/p>\n\n\n\n

Per tutta la vita, le scommesse personali e politiche di Draghi hanno pagato. Ma allo stesso tempo, la sua pi\u00f9 grande scommessa, quella che aveva promesso all’Italia – il vincolo esterno<\/em> – \u00e8 fallita. Ha fallito la componente geopolitica: non ha aiutato a gestire la potenza tedesca. Ha fallito la componente economica: l’Italia ha mantenuto uno dei regimi fiscali pi\u00f9 duri d’Europa, con un avanzo primario quasi ogni anno dal 1995. Eppure il paese \u00e8 diventato pi\u00f9 povera. Nel 2000, il suo tenore di vita medio era il 98,6% di quello della Germania. Oggi, il reddito pro capite italiano \u00e8 del 20 per cento inferiore a quello d’oltralpe. Queste sono le conseguenze a lungo termine dell’austerit\u00e0, delle riforme interrotte e dell’euro che rende le esportazioni non competitive. Il debito che l’Italia ha accumulato negli anni ’80 \u00e8 diventato il suo albatros. La crescita promessa da Draghi non \u00e8 mai arrivata. <\/p>\n\n\n\n

Per tutta la vita, le scommesse personali e politiche di Draghi hanno pagato. Ma allo stesso tempo, la sua pi\u00f9 grande scommessa, quella che aveva promesso l’Italia – il vincolo esterno<\/em> – \u00e8 fallita.<\/p>BEN JUDAH<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

E nel suo stesso successo, anche la politica ha fallito. I politici populisti e le coalizioni che flirtano con l’euroexit non sono riusciti a sfuggire all’ordine di Draghi. Ma l’Italia \u00e8 stata intrappolata in un ciclo di populisti sempre pi\u00f9 deboli, punteggiato da deboli tecnocrati. Entrambi hanno fallito alle loro condizioni. Con le ricette per far ripartire la crescita fuori dalle loro mani, i politici a Roma si impadroniscono della politica dell’identit\u00e0, non delle riforme. La crescita \u00e8 soffocata. Il governo \u00e8 debole. Ci\u00f2 di cui l’Italia aveva bisogno erano dei leader forti, dopo tutto. <\/p>\n\n\n\n

L’Italia \u00e8 passata dal paese delle Brigate Rosse a un paese per vecchi. L’industria italiana, il calcio italiano e il cinema italiano sono in declino. Una generazione intera di italiani ambiziosi \u00e8 tornata ad emigrare. Nel 2010, il programma televisivo di culto Boris<\/em> ha catturato l’umore amaro: “Questo \u00e8 il futuro dell’Italia”, dice un regista in una battuta ormai iconica. “Un paese di musichette, mentre fuori c’\u00e8 la morte”. <\/p>\n\n\n\n

All’inizio della pandemia la stessa storia ha ripreso ad accadere. Ma questa volta, Macron ha convinto la Merkel a fare un passo indietro rispetto alle sue linee rosse pi\u00f9 profonde – la condivisione del debito dell’UE. La Germania ha acconsentito a una decisione eccezionale di 750 miliardi di euro di prestiti Covid e sovvenzioni per la ripresa. In modo significativo, il successo di Macron \u00e8 arrivato solo quando ha smesso di essere pi\u00f9 simile al greco Yanis Varoufakis, con discorsi alla Sorbona che enfatizzavano il suo mandato, e ha abbracciato la Draghipolitik <\/em>per smuovere Berlino. \u00c8 stata una svolta decisiva nelle manovre contro l’Europa frugale che Draghi aveva iniziato. <\/p>\n\n\n\n

Ma l’Italia non \u00e8 solo un paese per vecchi: \u00e8 il paese, sembra, per sempre gli stessi uomini. Ancora un\u2019ultima volta, \u00e8 stato pronto quando un altro uomo ha sbagliato. “Da quando ha lasciato la BCE, il fantasma di Draghi aleggiava sull’Italia”, ha detto una fonte. “\u00c8 stato dopo la questione del Piano di ripresa che si \u00e8 interessato a un ritorno in politica”. <\/p>\n\n\n\n

Telefonate al presidente; telefonate a Renzi; telefonate a Berlusconi; quando il governo di Giuseppe Conte \u00e8 imploso, Draghi ha avuto un’idea. Sarebbe stato un primo ministro tecnocratico: ma con una svolta – un gabinetto prevalentemente politico che coinvolgeva tutti i partiti tranne la destra pi\u00f9 estrema. Si offriva come soluzione al problema che il vincolo esterno aveva alimentato: politici deboli e incapaci di guidare il paese. Erano felici di usarlo. <\/p>\n\n\n\n

“La verit\u00e0”, ha detto lo storico Marcel Gauchet, “\u00e8 che gli europei non sanno cosa hanno costruito”. Questo \u00e8 ci\u00f2 che le fatiche di Draghi rivelano. Come europei, la sua generazione ha costruito una casa a met\u00e0 per l’Italia. L’euro significa che non si pu\u00f2 tornare a modelli nazionali di gestione economica, svalutazione e default. Ma anche la strada in avanti, verso una riduzione del debito, trasferimenti e unione fiscale, \u00e8 bloccata. Bloccata, la politica dei mandati popolari non funziona: l’unica politica che sembra in grado di farlo \u00e8 la Draghipolitik<\/em>.<\/p>\n\n\n\n

Dopo essersi alzato in piedi con una mascherina sul volto in Parlamento, il tecnocrate senza partito – ma padrone della politica – osserva la sua coalizione di sei partiti che va dai populisti di destra della Lega a frammenti dell’estrema sinistra. Vede anche la sua occasione storica. Nessuno sa meglio di lui che la vera politica dell’Europa \u00e8 la politica del debito dell’Eurozona. <\/p>\n\n\n\n

Ecco perch\u00e9 Bruxelles e Parigi osservano ora Draghi con attenzione. Riuscir\u00e0 a investire con successo i 200 miliardi di euro dell’Italia del fondo di ripresa? “Il Primo ministro vede cos\u00ec la sua missione economica”, dice un alto funzionario italiano. “Sta cercando di dimostrare come il nuovo debito comune del fondo di ripresa possa riavviare la crescita italiana. Draghi ha fatto il caso di un forte sostegno fiscale per affrontare i rischi futuri nella zona euro”. Spendere saggiamente il denaro \u00e8 la sua strada per rendere il fondo quel sostegno permanente. Se riuscir\u00e0 a tenere insieme la sua coalizione, Draghi pu\u00f2 governare in questo modo fino alle prossime elezioni previste nel 2023. Ma prima di allora, quando il mandato di Mattarella scadr\u00e0 l’anno prossimo, ci si aspetta che punti alla presidenza. “Questo \u00e8 stato a lungo il ruolo che avrebbe preferito”, ha detto una fonte. Pi\u00f9 che un ruolo cerimoniale, con i poteri di formazione della coalizione che si aprono nel sistema Italia, gli permetterebbe di essere il vincolo interno<\/em>.  <\/p>\n\n\n\n

Un crollo dell’euro \u00e8 ormai improbabile. Questa \u00e8 la sua eredit\u00e0. Il rischio che l’Europa affronta ora \u00e8 che il sistema Euro – la casa incompiuta – faccia lentamente all’UE nel suo complesso quello che ha fatto all’Italia, mettendola su una traiettoria di crescita permanentemente pi\u00f9 bassa. L’UE ha bisogno di un debito collettivizzato per un maggiore stimolo collettivo. Ma gli eredi della Merkel saranno d’accordo? Con tutte le implicazioni per la sovranit\u00e0 di quella che \u00e8 in definitiva un’unione di trasferimenti? Finch\u00e9 qualcuno non riuscir\u00e0 a fare il prossimo doloroso passo di consolidamento, il rischio \u00e8 che l’Unione continui a perdere la battaglia per la globalizzazione. Draghi mostra cosa \u00e8 possibile. <\/p>\n\n\n\n

Dopo essersi alzato in piedi con una mascherina sul volto in Parlamento, il tecnocrate senza partito – ma padrone della politica – osserva la sua coalizione di sei partiti che va dai populisti di destra della Lega a frammenti dell’estrema sinistra. Vede anche la sua occasione storica. Nessuno sa meglio di lui che la vera politica dell’Europa \u00e8 la politica del debito dell’Eurozona. <\/p>ben judah<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n

Ma il prezzo della Draghipolitik <\/em>\u00e8 questo: un consolidamento senza democrazia. \u00c9lite potenziate con elettori alienati. Una politica che solo uomini come lui possono giocare. Il che, indebolendo i partiti e l’importanza delle elezioni, rende l’unica altra via per arrivare a un’Europa migliore, un movimento transnazionale e democratico per un’Eurozona pi\u00f9 giusta, ancora meno praticabile. La Draghipolitik<\/em> pu\u00f2 offrire un percorso verso una soluzione tecnocratica, ma aggrava il problema politico. <\/p>\n\n\n\n

Oggi Draghi \u00e8 seduto sullo zeitgeis<\/em>t: promettendo di avviare l’uscita dell’Italia dal neoliberismo, il suo pi\u00f9 recente pensiero fiscale si allinea perfettamente alla Bidenomics<\/em>. Ma non basta. Ora ha bisogno di fare l’opposto di quello che si era prefissato di fare all’inizio: favorire una nuova generazione di politici forti che gli succedano. Solo questo pu\u00f2 rompere il ciclo che sta indebolendo l’Italia. <\/p>\n\n\n\n

Draghi ama citare Il Gattopardo<\/em>, il grande romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa su un nobile siciliano che si adatta alla vita in una nuova Italia unita da Cavour e Garibaldi. “Tutto deve cambiare perch\u00e9 tutto rimanga uguale”, \u00e8 l’ironica massima citata pi\u00f9 volte. Eppure, alla fine del romanzo, l’Italia unita \u00e8 davvero arrivata.<\/p>\n\n\n\n

Ma cos’\u00e8 questa Europa? Questo sistema, quello di Draghi, \u00e8 un sistema che si \u00e8 spoliticizzato per sopravvivere. Ed \u00e8 sopravvissuto Ma a costo di non saper pi\u00f9 distinguere tra stabilit\u00e0 e stagnazione. Un sistema che sa fare solo il minimo indispensabile. Non tutto il necessario.<\/em><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Dalla scuola dai gesuiti ai pi\u00f9 alti livelli della burocrazia nazionale ed europea, la traiettoria di Mario Draghi \u00e8 quella di un uomo che ha compreso il funzionamento delle regole dell’Europa del XXI secolo per usarle a proprio vantaggio. 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