{"id":1923,"date":"2021-04-14T22:46:00","date_gmt":"2021-04-14T21:46:00","guid":{"rendered":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/ita\/?p=1923"},"modified":"2021-04-14T22:46:08","modified_gmt":"2021-04-14T21:46:08","slug":"laltra-pandemia-il-paradosso-svedese-e-il-futuro-del-buongoverno-ai-tempi-del-coronavirus-2","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/it\/2021\/04\/14\/laltra-pandemia-il-paradosso-svedese-e-il-futuro-del-buongoverno-ai-tempi-del-coronavirus-2\/","title":{"rendered":"L\u2019altra pandemia: il paradosso svedese e il futuro del buongoverno ai tempi del coronavirus"},"content":{"rendered":"\n

In realt\u00e0 mi sento abbastanza a mio agio a New York. Mi spaventa, tipo, la Svezia “, mormora Lou Reed, il leggendario frontman dei Velvet Underground, mentre interpreta un fricchettone  nel film del 1995 Blue in the Face<\/em>. \u201c\u00c8 tutto desolato, sono tutti ubriachi, funziona tutto. Se ti fermi al semaforo e non spegni il motore, ti si avvicinano persone che te ne vogliono parlare. Apri il mobiletto dei medicinali e trovi una piccola targa con la scritta: \u201cIn caso di suicidio, telefona a…\u201d. Accendi la televisione e trovi un\u2019operazione all\u2019orecchio. Queste cose mi mettono paura. New York, no\u201d <\/span>1<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n\n\n\n

Questo buffo monologo suggerisce come le societ\u00e0 nordiche siano diverse, o almeno come siano percepite diversamente. Sono caratteristiche in \u200b\u200bmodi che rasentano l\u2019inumano, o forse il post-umano. Alcuni anni fa, due autori svedesi scrissero persino un libro intitolato “Sono umani questi svedesi?<\/em>“.<\/p>\n\n\n\n

Quando si tratta degli stessi paesi nordici, l’osservatore ignaro \u00e8 istintivamente attratto dalla loro apparente perfezione. Condizioni materiali invidiabili come l’assistenza sanitaria, la capacit\u00e0 dello Stato e la stabilit\u00e0 politica rendono queste terre un modello universale di buongoverno. <\/p>\n\n\n\n

Quando allora arriva un cataclisma come il Covid-19, si potrebbe ragionevolmente presumere che ciascuno dei paesi nordici sia ugualmente ben preparato e perfettamente pronto. <\/p>\n\n\n\n

Finora, tuttavia, l\u2019evidenza non \u00e8 confortante: paesi come Svezia da un lato e Danimarca, Finlandia e Norvegia dall\u2019altro hanno adottato approcci drasticamente diversi nelle loro risposte al coronavirus. Il bastian contrario dell’immunit\u00e0 di gregge nel primo caso e lockdown<\/em> draconiani nei secondi. Simile nelle strutture sociali e politiche, affine nella mentalit\u00e0, rigorosa nella gestione della cosa pubblica, la Svezia ha seguito una strategia completamente differente. Perch\u00e8? Con quali conseguenze? E soprattutto: cosa suggerisce questo caso cos\u00ec anomalo sul futuro del buongoverno?<\/p>\n\n\n\n

Deploriamo giustamente l’incompetenza e l’arroganza che hanno caratterizzato la gestione del Covid in Stati autoritari o populisti come Brasile, India e Stati Uniti sotto Trump. Leadership <\/em>ondivaghe, improvvisazione e centinaia di migliaia di morti rappresentano accuse schiaccianti sui fallimenti di questi regimi.<\/p>\n\n\n\n

Ma la performance<\/em> di paesi presumibilmente modello come i nordici \u00e8 stata tutt\u2019altro che impeccabile. La pandemia ha messo sotto pressione i loro meccanismi ad orologeria; ha rivelato incongruenze e messo a nudo alcune delle contraddizioni pi\u00f9 plateali che accomunano tutti i governi democratici.<\/p>\n\n\n\n

I pionieri e la pandemia<\/strong><\/h3>\n\n\n\n

I cinque paesi nordici – Svezia, Danimarca, Norvegia, Islanda e Finlandia – sono spesso indicati come quelli in cui la governance<\/em> democratica ha raggiunto i suoi livelli pi\u00f9 sublimi. La regione \u00e8 una frontiera geografica, definita da un clima spietato e inverni bui. Ma \u00e8 anche una sorta di frontiera esistenziale: un paradiso del benessere, dell’assistenza sanitaria universale e dell’istruzione gratuita. <\/p>\n\n\n\n

L’Europa settentrionale \u00e8 regolarmente in cima a tutti i tipi di classifiche globali: dalla competitivit\u00e0 alla trasparenza alla felicit\u00e0. Per i politologi di tendenza liberal-democratica, questi paesi sono una metafora della societ\u00e0 virtuosa, comunit\u00e0 politiche che anticipano le tendenze e che molti vorrebbero imitare. <\/p>\n\n\n\n

Studiosi  quali  Francis  Fukuyama,  il  predicatore  della democrazia come \u201cfine della Storia\u201d nell\u2019evoluzione ideologica del  genere  umano,  usano l\u2019espressione \u201carrivare in  Danimarca\u201d come metafora di buongoverno. Persino Beppe Grillo anni fa scrisse un blog intitolato \u201cSognando  la  Danimarca.\u201d Mario Monti, da Presidente del Consiglio, disse di ammirarne la mentalit\u00e0 e Mario Draghi l\u2019ha citata nel suo discorso programmatico al Parlamento. <\/p>\n\n\n\n

Tuttavia, gli stati nordici hanno sperimentato approcci e risultati molto diversi durante la  pandemia da Covid-19. Si prendano i casi di Danimarca e Svezia. Il governo danese, non diversamente da Finlandia e Norvegia, \u00e8 stato tra i primi a imporre drastiche restrizioni. Non si \u00e8 mai trattato di un lockdown <\/em>totale come nel caso dell’Italia; per mesi dopo che il virus ha cominciato a girare, un visitatore straniero sarebbe rimasto pi\u00f9 che perplesso dall’assenza di mascherine nella maggior parte dei luoghi pubblici.<\/p>\n\n\n\n

Allo stesso tempo, Copenaghen ha introdotto alcune delle chiusure dei confini e delle restrizioni di viaggio pi\u00f9 radicali. Tornando in Danimarca, ad esempio, gli agenti di frontiera mi chiedono prove sempre pi\u00f9 dettagliate del motivo per cui voglio entrare nel paese in cui ho vissuto per la maggior parte degli ultimi due decenni. Le misure del governo di Copenaghen sono cos\u00ec radicali che il direttore generale dell’Autorit\u00e0 sanitaria danese, S\u00f8ren Brostr\u00f8m, si \u00e8 sentito in dovere di dissociarsi dal divieto di viaggio, dichiarandolo una misura politica piuttosto che scientifica.<\/p>\n\n\n\n

La giustificazione del primo ministro Mette Frederiksen ha lasciato poco all\u2019immaginazione: “Se dobbiamo aspettare una conoscenza basata sull’evidenza in relazione al coronavirus, semplicemente arriveremo troppo tardi”. L’approccio danese ha comportato l’imposizione di restrizioni e l’espansione dell’autorit\u00e0 statale in modi che ricordano pi\u00f9 posti come Taiwan o Singapore, che hanno appiattito la curva del contagio mediante sorveglianza di massa, tracciamento dei contatti e rigorose misure di quarantena.<\/p>\n\n\n\n

Quando fu annunciata l’uscita dal primo lockdown<\/em>, la maggior parte dei paesi europei optarono per una graduale riapertura delle attivit\u00e0 industriali, con l’obiettivo di riavviare le catene di montaggio e  approvvigionamento interrotte. Il governo danese, guidato dai Socialdemocratici, ha scelto una strada diversa, riaprendo asili e scuole elementari prima di ogni altra cosa.<\/p>\n\n\n\n

Al contrario, l’approccio della Svezia potrebbe facilmente essere scambiato per il negazionismo populista di un Jair Bolsonaro in Brasile o di un Donald Trump negli Stati Uniti. A parte pochissime chiusure mirate, come le scuole per gli ultimi due anni di superiori, il governo di Stoccolma ha deliberatamente lasciato la vita sociale a procedere il pi\u00f9 normalmente possibile. <\/p>\n\n\n\n

Con implicito riferimento al controverso approccio dell\u2019”immunit\u00e0 di gregge”, il governo svedese ha permesso che bar, palestre, negozi e ristoranti rimanessero aperti, contando su un servizio sanitario moderno ed efficiente per fornire protezione. Allo stesso tempo, ha messo in conto abitudini sociali e culturali: anche prima che la pandemia colpisse, si stima che due terzi della popolazione svedese lavorasse gi\u00e0 da casa almeno part-time<\/em> e oltre la met\u00e0 dei nuclei familiari svedesi siano composti da una sola persona. Come ha scherzato l’ex primo ministro Carl Bildt: “Gli svedesi, soprattutto della vecchia generazione, hanno una predisposizione genetica al distanziamento sociale”. <\/p>\n\n\n\n

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