{"id":13170,"date":"2023-10-26T19:44:14","date_gmt":"2023-10-26T17:44:14","guid":{"rendered":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/it\/?p=13170"},"modified":"2024-08-03T07:52:24","modified_gmt":"2024-08-03T05:52:24","slug":"politica-tecnocrazia-e-globalizzazione-alla-prova-delle-guerre-culturali-la-politica-del-vistocogliocchi","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/it\/2023\/10\/26\/politica-tecnocrazia-e-globalizzazione-alla-prova-delle-guerre-culturali-la-politica-del-vistocogliocchi\/","title":{"rendered":"Politica, tecnocrazia e globalizzazione alla prova delle guerre culturali. La politica del \u00abvistocogliocchi\u00bb"},"content":{"rendered":"\n
\u00ab\u2026quale concetto di mondo si potevano mai fare col sentitodire? Tiravano la riffa e basta, bevevano allo scuro. Il vistocogliocchi invece, eh, quello, quello era un altro paio di maniche; con quello, un concetto, un conto, se lo potevano fare, un paro e disparo, senza sgarrare troppo, potevano tirarselo; insomma, sul vistocogliocchi ci si poteva basare e fondare: anche se non ce n\u2019erano miria in giro, verissimo questo, e quelli che c\u2019erano, ci voleva bella costanza e bellezza di vista, per ignescarli\u00bb<\/em> <\/span>1<\/sup><\/a><\/span><\/span><\/p>\n\n\n\n Con una certa cautela, \u00e8 forse possibile immaginare che la marea montante del cosiddetto populismo, giunta allo zenit nel 2016 col referendum sulla Brexit e l\u2019ascesa di Donald Trump alla Casa Bianca, con la pandemia e il conflitto russo-ucraino abbia infine cominciato a ritirarsi. La cautela \u00e8 d\u2019obbligo per almeno due ragioni. La prima, generale, che siamo nel pieno di un processo quanto mai confuso di mutazione del clima politico internazionale, e chiunque azzardi previsioni sul futuro lo fa a proprio rischio e pericolo. Conserva tutta la sua validit\u00e0, dopo mezzo millennio, il richiamo alla discrezione di Francesco Guicciardini: \u00abSe vedete andare a cammino la declinazione di una citt\u00e0, la mutazione di uno governo, lo augumento di uno imperio nuovo e altre cose simili, avvertite a non vi ingannare ne\u2019 tempi: perch\u00e9 e\u2019 moti delle cose sono per sua natura e per diversi impedimenti molto pi\u00f9 tardi che gli uomini non si immaginano\u00bb <\/span>2<\/sup><\/a><\/span><\/span>. Il secondo motivo di cautela dipende dal fatto che il cosiddetto populismo scaturisce da cause assai profonde che non pare affatto siano state rimosse.<\/p>\n\n\n\n Vedremo fra breve quali siano queste cause e perch\u00e9 il populismo sia \u00abcosiddetto\u00bb. Per il momento, a quel che si \u00e8 notato sopra bisogna subito aggiungere che la marea populista non si sta tuttavia ritraendo perch\u00e9 scompare, ma perch\u00e9 entra nelle istituzioni e ci si installa. Diviene cronica, insomma. Poich\u00e9 i \u00abbarbari\u00bb populisti non hanno la forza di demolire l\u2019ordine costituito ma sono pure troppo numerosi e rumorosi perch\u00e9 li si possa ignorare, la vicenda \u2013 com\u2019\u00e8 stato detto, con facile profezia, in epoca non sospetta \u2013 ha un unico esito possibile: che quei barbari siano \u00abromanizzati\u00bb, ossia ripuliti alla bell\u2019e meglio e integrati nei meccanismi del potere <\/span>3<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n\n\n\n Chiunque azzardi previsioni sul futuro lo fa a proprio rischio e pericolo<\/p>Giovanni Orsina<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n Il Partito repubblicano americano, cos\u00ec, potrebbe presentare alle prossime elezioni presidenziali lo stesso Donald Trump oppure un candidato diverso, ma largamente ispirato dal trumpismo <\/span>4<\/sup><\/a><\/span><\/span>. In Francia il Rassemblement National di Marine Le Pen \u00e8 stato \u00abde-demonizzato\u00bb e ha conquistato un\u2019importante rappresentanza parlamentare. In Spagna, il Partido popular e Vox governano insieme diverse realt\u00e0 locali, mentre una loro coalizione appariva possibile alla vigilia delle elezioni legislative di luglio. E in Italia, paese nel quale l\u2019insurrezione populista \u00e8 cominciata prima che altrove, la \u00abromanizzazione\u00bb \u00e8 giunta ormai a uno stadio assai avanzato: il Movimento 5 stelle si \u00e8 ben accomodato nel Palazzo, che a sua volta si \u00e8 modificato per poterlo accogliere, mentre a destra la protesta ha dato vita a un governo che coi vincoli istituzionali, europei e internazionali \u00e8 rapidamente sceso a patti.<\/p>\n\n\n\n Se queste premesse reggono \u2013 che l\u2019ultima stagione populista si stia chiudendo, ma senza che le ragioni del populismo siano venute meno e attraverso non la scomparsa, ma l\u2019istituzionalizzazione della protesta \u2013 diviene allora possibile cominciare a ragionare su che cosa possa essere una politica post-populista. Perch\u00e9 quel ragionamento sia impostato correttamente, d\u2019altra parte, occorre innanzitutto comprendere che cosa sia stato il cosiddetto populismo.<\/p>\n\n\n\n Quel che stiamo osservando da una quindicina d\u2019anni a questa parte \u2013 dalla crisi del 2008 in poi, grosso modo<\/em> \u2013 pu\u00f2 essere descritto a mio avviso come la protesta di un segmento consistente dell\u2019opinione pubblica delle democrazie avanzate contro la perdita di controllo sul proprio contesto esistenziale. \u00c8 la ribellione di tanti \u00abindividui qualunque\u00bb, insomma, di fronte alla sensazione di aver perduto il governo del proprio destino e di trovarsi immersi, esposti e indifesi, in un ambiente proteiforme, impossibile da decifrare e prevedere, e pertanto sempre pi\u00f9 minaccioso. Il montare di questa sensazione ha una lunga storia. Passa per il graduale deperire dei poteri e delle funzioni delle comunit\u00e0 politiche, alle quali soprattutto era stata deputata nel corso del Novecento la difesa e promozione del futuro dei singoli individui. Passa per l\u2019affermarsi, soprattutto dopo il 1989, della convinzione che il globo potesse dotarsi di un ordine progressivo largamente impolitico attraverso il predominio del diritto, del mercato e delle tecnocrazie; che quel che restava di politico consistesse nel prodursi di processi orizzontali, egualitari e multilaterali di pacifica composizione degli interessi; che quegli interessi fossero destinati a rivelarsi componibili grazie allo sviluppo tecnologico, e che pertanto il gioco fosse invariabilmente a somma positiva. La sensazione d\u2019impotenza \u00e8 esplosa infine nel momento in cui, alla fine del primo decennio del ventunesimo secolo, gli eventi storici son sembrati falsificare le convinzioni ottimistiche che ho appena elencato <\/span>5<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n\n\n\n La marea populista non si sta tuttavia ritraendo perch\u00e9 scompare, ma perch\u00e9 entra nelle istituzioni e ci si installa. Diviene cronica. <\/p>Giovanni Orsina<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n La protesta generata dal timore di aver perduto il controllo sul proprio ambiente esistenziale si \u00e8 tradotta in una ribellione contro le classi dirigenti, accusate in buona sostanza di aver truffato quanti si erano affidati a loro, di aver monopolizzato gli strumenti necessari a navigare il mondo globalizzato e di averli v\u00f2lti a proprio esclusivo vantaggio, isolandosi dalle classi dirette e abbandonandole al loro destino <\/span>6<\/sup><\/a><\/span><\/span>. Quella protesta ha cos\u00ec assunto un carattere che possiamo in effetti definire populista, poich\u00e9 si \u00e8 incardinata sulla contrapposizione fra un popolo sano e vessato ed \u00e9lite autoreferenziali e corrotte <\/span>7<\/sup><\/a><\/span><\/span>. Al di sotto di questa contrapposizione alquanto generica, tuttavia, quella protesta si \u00e8 pure manifestata in una grande variet\u00e0 di forme politiche, talvolta assai dissimili le une dalle altre. Le scienze sociali si sono dedicate con grande entusiasmo ad analizzare quelle forme, a paragonarle fra di loro, a cercar di capire che cosa potessero avere in comune e in che cosa divergessero, riempiendo con questo sforzo centinaia di migliaia di pagine di libri e riviste accademiche \u2013 ventimila scritti nel solo 2020 <\/span>8<\/sup><\/a><\/span><\/span>. Ai nostri fini, tuttavia, la genealogia della protesta conta assai pi\u00f9 che la sua fenomenologia \u2013 le cause della malattia, per cos\u00ec dire, rilevano pi\u00f9 dei sintomi attraverso i quali essa si \u00e8 mostrata. \u00c8 sulle ragioni profonde dell\u2019insurrezione, infatti, che dovr\u00e0 cercare d\u2019intervenire la politica post-populista.<\/p>\n\n\n\n La rivolta ha evidenziato dunque la presenza una nuova divisione sociale, gravida di una potenziale nuova lotta di classe, fra quanti pensano di potersi avvantaggiare dei processi di globalizzazione e coloro i quali ritengono invece di esserne penalizzati. \u00c8 una frattura che si gioca su vari terreni. Ha un\u2019evidente componente socio-economica, ma altrettanto evidentemente non pu\u00f2 essere ridotta soltanto a una questione di reddito. Ha una robusta ossatura geografica, poich\u00e9 in virt\u00f9 di un \u00abdensity divide\u00bb separa le metropoli dai centri medio-piccoli, \u00abplaces that don\u2019t matter\u00bb. Si fonda infine su due antropologie profondamente differenti, che danno a loro volta vita a due identit\u00e0 contrapposte: del soggetto globale da un lato, di quello contestuale dall\u2019altro \u2013 anywheres<\/em> e somewheres<\/em>, per usare le formule efficaci di David Goodhart <\/span>9<\/sup><\/a><\/span><\/span>. In virt\u00f9 di tutte le sue dimensioni, e in particolare di quest\u2019ultima, l\u2019ondata populista pu\u00f2 in definitiva essere descritta come una ribellione del piccolo contro il grande, del concreto contro l\u2019astratto, del vicino contro il lontano, del presente contro il futuro, del mondo vissuto contro il mondo pensato <\/span>10<\/sup><\/a><\/span><\/span>. Una ribellione del \u00abvistocogliocchi\u00bb contro il \u00absentitodire\u00bb <\/span>11<\/sup><\/a><\/span><\/span>, se vogliamo ricorrere a una metafora letteraria traendola dal monumentale Horcynus Orca<\/em> di Stefano D\u2019Arrigo. Che i migranti pagheranno le pensioni ai vecchi europei \u00e8 un sentitodire \u2013 che quegli stessi migranti li si incontri sulla soglia dei supermercati col cappello in mano \u00e8 un vistocogliocchi. Che l\u2019Italia rischi il default \u00e8 un sentitodire \u2013 disoccupazione e povert\u00e0 che un welfare sottofinanziato non sa pi\u00f9 mitigare sono un vistocogliocchi. Perfino che il vaccino prevenga il Covid \u00e8 un sentitodire, mentre l\u2019inoculazione di pazienti sani \u00e8 un vistocogliocchi.<\/p>\n\n\n\n L\u2019ondata populista pu\u00f2 in definitiva essere descritta come una ribellione del piccolo contro il grande, del concreto contro l\u2019astratto, del vicino contro il lontano, del presente contro il futuro, del mondo vissuto contro il mondo pensato<\/p>Giovanni Orsina<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n Se vorr\u00e0 ricucire il rapporto con la parte assai consistente dell\u2019opinione pubblica che ha nutrito la protesta, allora, la politica post-populista dovr\u00e0 prendere sul serio il rifiuto del sentitodire nel nome del vistocogliocchi. Nell\u2019Italia dell\u2019ultimo decennio il Movimento 5 stelle ha espresso la rivolta populista del piccolo contro il grande e del concreto contro l\u2019astratto nella sua massima purezza. Cittadini del mondo pensato, gli osservatori dello spazio pubblico italiano, a cominciare da chi scrive, hanno durato gran fatica a rendersene conto, ma bisogna riconoscere retrospettivamente che si \u00e8 trattato di un passaggio necessario, per quanto caotico e costoso. Denunciando lo strappo fra le istituzioni e la vita quotidiana degli italiani qualunque e provando a rabberciarlo alla bell\u2019e meglio, il Movimento ha svolto una funzione essenziale per la democrazia della Penisola. Non per caso dal suo fallimento (inevitabile, per altro) \u00e8 scaturita, alle elezioni del 2022, un\u2019astensione record al 36 per cento. Diversamente dai cosiddetti populisti, che si fermano al vistocogliocchi e lo \u00abconsumano\u00bb immediatamente al fine di raccogliere consenso, tuttavia, la sfida che attende la politica post-populista \u00e8 pi\u00f9 ambiziosa: utilizzare il vistocogliocchi al fine di accumulare un piccolo capitale di fiducia politica che le consenta magari di tornare gradualmente a dare spazio, l\u00e0 dove necessario, al sentitodire. Fuor di metafora: ricostruire un legame con gli elettori impegnandosi a migliorare le loro condizioni di vita tangibili per poi provare a ricondurre cautamente la loro attenzione anche su questioni pi\u00f9 generali e di lungo periodo.<\/p>\n\n\n\n Nella stagione del post-populismo i progressisti partono da una posizione svantaggiata. Per tre ragioni. Fin dalla rivoluzione francese, innanzitutto, quella progressista \u00e8 stata la cultura dell\u2019astratto, del mondo pensato e del sentitodire \u2013 mentre col concreto, il mondo vissuto e il vistocogliocchi si sono schierati i conservatori. Se vogliamo affrontare la questione in maniera semiseria ricorrendo alla prima delle tre \u00ableggi della politica\u00bb di Robert Conquest \u2013 \u00abEveryone is conservative about what he knows best\u00bb \u2013, dobbiamo anzi concluderne che il vistocogliocchi \u00e8 strutturalmente conservatore. Se invece preferiamo abbeverarci a una fonte classica possiamo rivolgerci a Edmund Burke: \u00abSono le circostanze \u2026 a conferire l\u2019aspetto distintivo e l\u2019effetto particolare a ogni principio politico. Sono le circostanze a rendere benefici o nocivi al genere umano i programmi civili e politici\u00bb <\/span>12<\/sup><\/a><\/span><\/span>. Oppure a Michael Oakeshott: \u00abTo be conservative, then, is to prefer the familiar to the unknown, to prefer the tried to the untried, fact to mystery, the actual to the possible, the limited to the unbounded, the near to the distant, the sufficient to the superabundant, the convenient to the perfect, present laughter to utopian bliss\u00bb <\/span>13<\/sup><\/a><\/span><\/span>. La ribellione populista \u00e8 naturalmente sbilanciata verso il conservatorismo e contro il progressismo, allora. E non per caso si \u00e8 espressa in prevalenza, seppure non esclusivamente, attraverso forze politiche collocate a destra.<\/p>\n\n\n\n La cultura progressista contemporanea, in secondo luogo, \u00e8 incapace di apprezzare le ragioni del populismo, precondizione prima di qualsiasi dialogo con gli elettori populisti. Quella cultura si regge sulla fede nel valore intrinsecamente positivo del cambiamento e sulla convinzione conseguente che, se le trasformazioni dovessero produrre degli effetti negativi, questi non sarebbero curati n\u00e9 rallentando il corso della storia n\u00e9 tanto meno tornando indietro, ma anzi accelerando il passo <\/span>14<\/sup><\/a><\/span><\/span>. Ora, \u00e8 esattamente questa fiducia nella capacit\u00e0 del mutamento di prendersi cura di se stesso quel che i populisti rinnegano a partire dal vistocogliocchi. Non irragionevolmente, l\u2019elettore populista che qui e ora patisce gli effetti negativi del cambiamento, nel cambiamento ulteriore che gli viene proposto rifiuta di vedere una soluzione. Al contrario, lo considera fonte di ulteriori conseguenze nefaste. Il che vuol dire, in buona sostanza, che nega l\u2019atto di fede fondante del progressismo. Da qui l\u2019atteggiamento di rifiuto radicale, anzi demonizzazione, anzi derisione che la cultura progressista assume nei confronti dei populisti. L\u2019unica sua strategia, di fronte agli infedeli, non pu\u00f2 che esser quella di erigere un muro invalicabile che li tagli fuori fin quando il benefico corso della storia non li avr\u00e0 superati, dimostrando quanto stolta e miope fosse la loro mancanza di fede.<\/p>\n\n\n\n Ora, \u00e8 esattamente questa fiducia nella capacit\u00e0 del mutamento di prendersi cura di se stesso quel che i populisti rinnegano a partire dal vistocogliocchi<\/p>Giovanni Orsina<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n La sinistra contemporanea, in terzo luogo, trova una solida base elettorale nei ceti sociali del sentitodire, i lavoratori intellettuali dei centri urbani che per vivere pensano il mondo e per i quali il mondo vissuto coincide perci\u00f2 col mondo pensato <\/span>15<\/sup><\/a><\/span><\/span>. \u00c8 un blocco sociale di dimensioni ragguardevoli che, pur in un\u2019epoca di grande fluidit\u00e0 come la nostra, rimane piuttosto stabile nelle preferenze politiche. Non \u00e8 maggioritario, per\u00f2. E la sinistra allora, se vuol essere politicamente competitiva, deve conservare questa sua base elettorale \u00abnaturale\u00bb ma al contempo riuscire a pescare anche, e abbondantemente, al di fuori di essa. Il che vuol dire, in buona sostanza, che deve saper prescindere dalla nuova divisione di classe della quale si diceva nel secondo paragrafo di questo scritto, fra quanti pensano di poter trarre vantaggio dai processi di globalizzazione e chi \u00e8 convinto invece di esserne penalizzato \u2013 fra gruppo sociale centrale e gruppi sociali periferici.<\/p>\n\n\n\n Il secondo e terzo handicap della sinistra si rafforzano l\u2019uno con l\u2019altro. Torniamo un istante a quel che dicevamo in precedenza, che il conflitto politico contemporaneo vede un\u2019identit\u00e0 globalista contrapporsi a identit\u00e0 circostanziali. \u00c8 paradossale che possa parlarsi di un\u2019identit\u00e0 globalista, visto che il globalismo si basa per tanti versi sulla decostruzione dell\u2019idea stessa di identit\u00e0. Rappresenta un segno non banale del bisogno d\u2019identit\u00e0 degli esseri umani, mi pare, il processo attraverso il quale l\u2019antropologia globalista dello sradicamento si \u00e8 venuta trasformando essa stessa in una radice: il rifiuto di ogni identit\u00e0 come nuova identit\u00e0, l\u2019apolidia come nuova forma di cittadinanza, il rifiuto di ogni patria come nuovo patriottismo. Quest\u2019identit\u00e0 si \u00e8 costruita per differenza e opposizione rispetto alle identit\u00e0 circostanziali e si \u00e8 fatta costitutiva dei ceti sociali del sentitodire. Il disgusto progressista per il populismo non \u00e8 soltanto teorico, allora, ma \u2013 appunto \u2013 identitario, esistenziale: il globalismo inclusivo che in teoria rifiuta di costituirsi per differenza rispetto a un \u00abaltro\u00bb in realt\u00e0 di un \u00abaltro\u00bb ha bisogno eccome, e lo trova proprio nel populista. A chi scrive, del resto, son bastate un paio di buone cene in appartamenti d\u2019epoca della borghesia intellettuale romana per toccare con mano la questione. A ogni modo, costruire un\u2019alleanza politica fra due fasce sociali una delle quali fonda la propria identit\u00e0 in opposizione all\u2019altra, com\u2019\u00e8 ben evidente, \u00e8 assai complicato <\/span>16<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n\n\n\n Com\u2019\u00e8 nella sua natura, la cultura progressista conta sulla capacit\u00e0 del mutamento storico di correggere infine anche la paura per il mutamento storico: poich\u00e9 le giovani generazioni sono sempre pi\u00f9 globaliste, sar\u00e0 sufficiente aspettare che le generazioni pi\u00f9 anziane, portatrici di identit\u00e0 circostanziali, scompaiano, perch\u00e9 la questione sia risolta. \u00abIn the long-term, the culture cleavage in the electorate is likely to fade over time through demographic trends and processes of urbanization\u00bb, scrivono Inglehart e Norris nel 2019, \u00abas Interwar cohorts without college education, often living in relatively isolated white rural communities, are gradually replaced in the population by college educated Millennials living and working in the ethnically diverse metropolitan cities, who tend to be more open to the values of multiculturalism, cosmopolitanism, and social liberalism\u00bb. <\/span>17<\/sup><\/a><\/span><\/span> Norris, del resto, aveva espresso la medesima tesi gi\u00e0 nel 2000 <\/span>18<\/sup><\/a><\/span><\/span>. E se vogliamo allargare lo sguardo, la questione \u00e8 pi\u00f9 vecchia ancora: per i \u00abpi\u00f9 avvertiti dei giovani marxisti\u00bb, scriveva Eugenio Montale nel 1963, l\u2019innaturalit\u00e0 \u00e8 \u00abil destino dell\u2019uomo, uscito dallo stato di natura per entrare nella sua fase artificiale. Nell\u2019uomo sapiente c\u2019era ancora qualcosa di naturale, di scimmiesco, che ora deve estinguersi in vista di un\u2019altra epifania. Avremo un giorno l\u2019uomo totalmente selfmade<\/em>, costruito da s\u00e9, fabbro dei suoi destini, padrone, se non dell\u2019universo, del suo mondo. Si concede che il travaglio durer\u00e0 secoli, ma vale la pena di tentare\u00bb <\/span>19<\/sup><\/a><\/span><\/span>. Ora, la tesi che le nuove generazioni vadano \u00abaprendosi\u00bb \u00e8 stata contestata sul terreno empirico <\/span>20<\/sup><\/a><\/span><\/span>. Ma soprattutto \u2013 se si accetta l\u2019assunto di fondo di questo scritto, che il cosiddetto populismo scaturisca in primo luogo da una rivolta contro l\u2019antropologia globalista \u2013 sono proprio le ondate populiste a mettere in dubbio quella tesi, presentandosi l\u2019una dopo l\u2019altra sempre pi\u00f9 alte, finch\u00e9 l\u2019ultima non ha allagato addirittura la Casa Bianca. Infine, la fiducia nel corso necessario e benefico della storia \u00e8 a tal punto costitutiva di una forma mentis<\/em> progressista che chiunque voglia analizzare quella forma mentis<\/em> osservandola dall\u2019esterno non pu\u00f2 che prenderla immediatamente in sospetto: sa davvero troppo di Deus ex machina<\/em>.<\/p>\n\n\n\n Le difficolt\u00e0 del progressismo post-populista che ho descritto finora in linea generale si presentano in forma quanto mai concreta nel contesto italiano. Il \u00abprimo\u00bb Movimento 5 stelle, come detto, ha fallito. Dalle sue ceneri \u00e8 nato per\u00f2 un M5s \u00ab2.0\u00bb, il partito di Giuseppe Conte, che diversamente dal grillismo delle origini si \u00e8 collocato saldamente a sinistra, ma del grillismo delle origini ha pure ereditato la capacit\u00e0 di rappresentare la rivolta populista. Che cosa c\u2019\u00e8 di pi\u00f9 tangibile, immediato, vistocogliocchi del reddito di cittadinanza, del resto, il provvedimento-bandiera del Movimento alle elezioni del 2022? Oggi, cos\u00ec, il M5s si propone credibilmente di rappresentare un progressismo post-populista per i ceti sociali periferici. Il \u00abterzo polo\u00bb di Matteo Renzi e Carlo Calenda incarna un progressismo post-populista che per il momento si rivolge soprattutto ai ceti sociali centrali. \u00c8 progressista, il terzo polo, perch\u00e9 si colloca saldamente nel campo globalista. Ma \u00e8 pure post-populista perch\u00e9 tiene bassa l\u2019intensit\u00e0 ideologica e alta quella programmatica. Cerca di restar lontano dalle astrazioni e dalle genericit\u00e0 e si sforza di mostrare come i processi di trasformazione del mondo globale, se amministrati con intelligenza, possano avere un impatto positivo sul mondo vissuto delle persone qualunque, possano portar loro miglioramenti tangibili. Fra Conte da un lato e Renzi e Calenda dall\u2019altro, l\u2019un contro l\u2019altro armati, sta con gran disagio il Partito democratico. E ci sta sulla base di un\u2019intuizione che come abbiamo visto \u00e8 corretta: la necessit\u00e0, per il bene del campo progressista, di costruire a sinistra un\u2019alleanza vitale che comprenda sia il gruppo sociale centrale sia alcuni di quelli periferici. L\u2019operazione resta tuttavia difficilissima, proprio perch\u00e9, come detto, si tratta di trascendere la nuova divisione di classe del ventunesimo secolo. E infatti per il momento, pi\u00f9 che riuscire a ricomporre quella divisione, il Partito democratico ne sta subendo gli effetti nefasti. <\/p>\n\n\n\n Se nella stagione del post-populismo i progressisti sono sfavoriti, specularmente i conservatori non possono che partire in vantaggio. Che la parte conservatrice sia pi\u00f9 \u00abcontemporanea\u00bb della progressista non significa per\u00f2 che non sia tenuta anch\u2019essa a ripensarsi in profondit\u00e0. Dovr\u00e0 pure esserci un motivo, del resto, se la ribellione del vistocogliocchi si \u00e8 espressa attraverso il voto a forze politiche nuove o rinnovate piuttosto che ai tradizionali partiti moderati, i quali pure ne avrebbero rappresentato il destinatario naturale.<\/p>\n\n\n\n Nel XXI secolo non resta pi\u00f9 molto da conservare: un bel problema per la destra contemporanea. La modernit\u00e0 negli ultimi duecento anni e in maniera ancora pi\u00f9 accelerata e radicale la tarda modernit\u00e0 negli ultimi cinquanta hanno corroso irrimediabilmente i valori ai quali di norma si appoggiava il conservatorismo. Basti pensare alla pi\u00f9 scontata delle triadi conservatrici \u2013 Dio, patria e famiglia \u2013 e misurare che cosa ne sia rimasto a valle dei processi di secolarizzazione, decostruzione delle identit\u00e0 collettive, globalizzazione, liquefazione dei legami sociali e santificazione dell\u2019autonomia individuale: chiese sempre pi\u00f9 vuote, sovranit\u00e0 sempre pi\u00f9 precarie, vite sentimentali sempre pi\u00f9 sincopate<\/a>.<\/p>\n\n\n\n Le forze politiche della destra moderata si sono rese conto per tempo di questa deriva e gi\u00e0 nel corso degli anni Ottanta del secolo scorso hanno cominciato a modificare il proprio profilo ideologico, attenuando il richiamo ai valori tradizionali e puntando in maniera decisa sul mercato \u2013 direttamente nel caso delle destre anglosassoni, per il tramite dell\u2019integrazione europea nel caso di quelle continentali. Una volta constatata l\u2019impossibilit\u00e0 di arrestare la marcia della modernit\u00e0, figurarsi invertirne il corso, col pragmatismo che sempre li contraddistingue i conservatori le sono insomma saltati in groppa, convinti di poterla governare dall\u2019interno attribuendo alle leggi ferree dell\u2019economia capitalistica e alla crescita del benessere materiale che il mercato avrebbe prodotto il compito \u00abconservatore\u00bb di legittimare l\u2019ordine e le gerarchie sociali e disciplinare gli individui. L\u2019operazione ha funzionato, ma ha avuto un costo: il mercato \u2013 strumento in verit\u00e0 rivoluzionario se mai ce n\u2019\u00e8 stato uno \u2013 ha finito di distruggere quel poco ch\u2019era rimasto delle strutture sociali e culturali tradizionali <\/span>21<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n\n\n\n Una volta constatata l\u2019impossibilit\u00e0 di arrestare la marcia della modernit\u00e0, figurarsi invertirne il corso, col pragmatismo che sempre li contraddistingue i conservatori le sono insomma saltati in groppa<\/p>Giovanni Orsina<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n Nel momento in cui si sono infine ribellati alle astrazioni della tarda modernit\u00e0 e alle durezze di un capitalismo che pareva non mantenere pi\u00f9 la promessa di benessere universale, cos\u00ec, gli elettori non si sono pi\u00f9 potuti rivolgere ai partiti della destra moderata, che quelle astrazioni e quel capitalismo avevano finito per accettarli, anzi assecondarli. E hanno allora cominciato a votare per le forze politiche cosiddette populiste. Quelle, per parte loro, sono state assai efficaci nel rappresentare la rivolta, ma hanno poi durato gran fatica nell\u2019incanalarla in una direzione politicamente costruttiva. Ha preso cos\u00ec forma la situazione nella quale ci troviamo oggi, nella quale la destra si trova di fronte all\u2019opportunit\u00e0 straordinaria, ma al contempo pure alla sfida, di dover mettere insieme un nuovo conservatorismo che sappia comprendere le ragioni della protesta e costruire su di esse.<\/p>\n\n\n\n La prima tentazione, la pi\u00f9 immediata, sarebbe a questo punto di tornare ai valori del conservatorismo classico \u2013 Dio, patria e famiglia, per l\u2019appunto. \u00c8 una tentazione della quale in Italia si avvertono oggi segnali robusti. \u00c8 certamente la via pi\u00f9 facile e quella che meno ha bisogno di pensiero, ma proprio per questo \u00e8 con ogni probabilit\u00e0 sbagliata. Perch\u00e9, molto semplicemente, nella tarda modernit\u00e0 Dio, patria e famiglia non appartengono pi\u00f9 al vistocogliocchi. Abbiamo gi\u00e0 notato come il conservatorismo sia sempre stato ostile alle astrazioni, alle \u00abparole che mondi possano aprire\u00bb, ai princ\u00ecpi adatti per ogni tempo e luogo, e abbia valorizzato invece le contingenze, i dati empirici, le ingiunzioni del qui e ora. Per decenni quelle contingenze hanno incluso \u00abnaturalmente\u00bb la memoria storica, le identit\u00e0 territoriali, le fedi religiose, le usanze tradizionali. Dio, patria e famiglia erano mondo vissuto, per gli uomini qualunque. Oggi per\u00f2, dopo esser stati triturati in teoria e in pratica, per decenni, dalla tarda modernit\u00e0, per la maggior parte di quegli uomini non lo sono pi\u00f9: sono princ\u00ecpi astratti, residui di un Novecento \u2013 per non dire Ottocento \u2013 che si va facendo sempre pi\u00f9 remoto. Un conservatorismo che pretendesse oggi di ripartire dalle tradizioni, allora, troverebbe di fronte a s\u00e9 esseri umani per i quali quelle tradizioni sono ormai, in larga misura, un sentitodire. E, contro se stesso, sarebbe costretto a lavorare su un\u2019astrazione.<\/p>\n\n\n\n Nella tarda modernit\u00e0 Dio, patria e famiglia non appartengono pi\u00f9 al vistocogliocchi<\/p>Giovanni Orsina<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n Al contempo, per\u00f2, quegli stessi esseri umani sono infelici, spaventati e sconcertati perch\u00e9, dopo aver disintegrato il loro mondo vissuto, la tarda modernit\u00e0 si sta rivelando per loro, per tanti versi, inabitabile. E quell\u2019infelicit\u00e0, sconcerto e spavento sono stati, per cos\u00ec dire, \u00abcertificati\u00bb dall\u2019insurrezione populista, che ha dimostrato in buona sostanza quanto disumana sia l\u2019antropologia globalista \u2013 quanto unilaterale, incentrata com\u2019\u00e8 esclusivamente sull\u2019autonomia individuale a scapito di tutti gli altri \u00abbisogni vitali\u00bb <\/span>22<\/sup><\/a><\/span><\/span>, multipli e contraddittori, dell\u2019anima umana. Il conservatorismo ha adesso l\u2019opportunit\u00e0 di fare forza sulla realt\u00e0 che quella rivolta ha svelato. Post-populista, allora, deve esserlo non tanto perch\u00e9 viene dopo l\u2019insurrezione populista, ma soprattutto perch\u00e9 costruisce su di essa, perch\u00e9 la usa come dimostrazione storica dell\u2019insufficienza dell\u2019antropologia del cittadino globale e, di conseguenza, della possibilit\u00e0 di un\u2019antropologia alternativa che sappia limitare e controbilanciare il potenziale distruttivo dei processi d\u2019integrazione planetaria. Strumentalizzare il populismo, per altro, non vuol dire affatto che le ragioni del populismo non debbano essere prese sul serio. Al contrario: un conservatorismo post-populista dovr\u00e0 saperle comprendere a fondo e dare loro risposte politicamente pi\u00f9 strutturate, realistiche e durature di quelle fornite finora dai partiti e movimenti di protesta.<\/p>\n\n\n\n L\u2019adozione di un punto di partenza in senso lato antropologico, ossia la scelta di fondare un intero edificio ideologico sulla base di una determinata concezione dell\u2019essere umano <\/span>23<\/sup><\/a><\/span><\/span>, non \u00e8 affatto aliena alla tradizione conservatrice. N\u00e9 \u00e8 aliena a quella tradizione l\u2019assunzione di una postura opportunistica e pragmatica, la capacit\u00e0 di sfruttare di volta in volta gli strumenti che le contingenze le presentano allo scopo di rallentare il corso della storia. Di pi\u00f9: Michael Freeden ha enfatizzato la capacit\u00e0 del conservatorismo di specchiarsi nel proprio antagonista del momento, di darsi una forma ideologica modellata su quella dell\u2019avversario e perci\u00f2 particolarmente adatta a contrastarlo, a rispondergli colpo su colpo <\/span>24<\/sup><\/a><\/span><\/span>.. Proprio in virt\u00f9 di questa sua capacit\u00e0 mimetica, il conservatorismo ha oggi l\u2019opportunit\u00e0 di adeguarsi al contesto della tarda modernit\u00e0 facendo forza su un\u2019antropologia che si specchi in quella globalista attraverso il prisma della protesta cosiddetta populista.<\/p>\n\n\n\n Come abbiamo notato in precedenza, del resto, la scelta delle forze politiche di destra di puntare sul mercato, quarant\u2019anni fa, gi\u00e0 rappresentava una prima risposta ai processi di dissoluzione sociale e culturale che avevano preso avvio negli anni Sessanta. Le forze politiche di sinistra, a loro volta, hanno reagito negli anni Novanta rilanciando, ossia accettando il processo d\u2019integrazione economica del Pianeta ma immaginando che potesse essere accompagnato, temperato e governato da un\u2019accelerazione parallela del cosmopolitismo sul terreno giuridico, politico e morale. La dialettica politica degli ultimi trent\u2019anni si \u00e8 cos\u00ec sviluppata su un terreno fatto d\u2019individualismo e globalismo che \u00e8 stato comune a entrambe le parti, con una destra pi\u00f9 concentrata sull\u2019economia e una sinistra pi\u00f9 attenta invece al diritto. L\u2019insurrezione populista ha assalito quel terreno comune, contestandolo, erodendolo e costringendo i partiti tradizionali a riposizionarsi o perdere di rilevanza. Tanto a destra quanto a sinistra il riposizionamento \u00e8 consistito inizialmente nell\u2019assumere come bersaglio polemico proprio i \u00abbarbari\u00bb populisti. Ma, via via che gli attendamenti elettorali dei barbari crescevano, questa strategia si \u00e8 venuta dimostrando sempre pi\u00f9 fragile. L\u2019unica soluzione, a questo punto, \u00e8 che prenda avvio un ciclo politico nuovo. E, allo stesso modo che alla fine degli anni Settanta, \u00e8 ai neri che tocca muovere.<\/p>\n\n\n\n Allo stesso modo che alla fine degli anni Settanta, d\u2019altra parte \u2013 a molto maggior ragione, anzi, considerato quanto i processi di decostruzione dalle tradizioni siano progrediti negli ultimi cinquant\u2019anni \u2013, a destra bisogna prendere atto di come la liquefazione sociale e culturale della tarda modernit\u00e0 sia effettivamente giunta ormai a uno stadio talmente avanzato che la si pu\u00f2 contrastare soltanto lavorandoci dall\u2019interno, facendo forza sulle sue stesse contraddizioni \u2013 o meglio, sulla sua disumanit\u00e0. Lavorarci dall\u2019interno significa in buona sostanza accoglierne il punto di vista individualistico, l\u2019unico possibile in una societ\u00e0 liquida. Far forza sulle sue stesse contraddizioni implica prendere atto di come una societ\u00e0 iper-individualistica si sia rivelata invivibile agli individui a tal punto da indurli a ribellarsi, e ripartire quindi da quegli stessi individui non per come l\u2019antropologia globalista li ha immaginati o ha sperato di poterseli creare, ma per come sono davvero, qui e ora: uomini qualunque in carne e ossa. L\u2019antropologia di un conservatorismo adatto al XXI secolo deve chiedersi che cosa sia, molto in concreto, una buona vita, una vita a tutto tondo, e come la politica possa aiutare le persone a costruirsela <\/span>25<\/sup><\/a><\/span><\/span>.<\/p>\n\n\n\n Proprio perch\u00e9 imperniato sul singolo soggetto e sui suoi bisogni, questo approccio \u00abmicro\u00bb pu\u00f2 facilmente ibridarsi col liberalismo nelle sue incarnazioni pi\u00f9 antigiacobine, ossia quelle pi\u00f9 propense a lavorare con gli esseri umani per com\u2019essi sono nella realt\u00e0 che a pretendere di conformarli a un modello astratto. Il rifiuto dell\u2019antropologia globalista, che deve rimanere assoluto perch\u00e9 rappresenta il punto di partenza del conservatorismo post-populista, non deve per altro necessariamente tradursi in opposizione aprioristica ai processi di integrazione globale, che a modo loro possono anch\u2019essi soddisfare alcuni bisogni fondamentali dell\u2019animo umano. Il problema non \u00e8 la globalizzazione, ma la convinzione panglossiana che essa sia naturalmente e necessariamente al servizio degli esseri umani, sic et simpliciter<\/em>, e che quindi non debba essere adattata a quel che gli esseri umani sono \u2013 ma, al contrario, che gli esseri umani debbano essere adattati a quel che lei \u00e8. L\u2019approccio \u00abmicro\u00bb non esclude inoltre il recupero di valori tradizionali. Il recupero, per\u00f2, deve avvenire a valle del processo di ricognizione delle esigenze degli esseri umani in carne e ossa, immersi nelle loro contingenze storiche: quei valori non possono essere ripresentati \u00aba freddo\u00bb, ma devono dimostrarsi capaci di soddisfare concretamente queste esigenze e ridiscendere cos\u00ec dal sentitodire al vistocogliocchi.<\/p>\n\n\n\n Il conservatorismo del vistocogliocchi, infine, appare particolarmente adatto a un paese come l\u2019Italia. Un paese fortemente eterogeneo e popolato di innumerevoli comunit\u00e0 medio-piccole assai gelose delle proprie peculiarit\u00e0 e della propria qualit\u00e0 di vita. Un paese le cui macro-narrazioni sono sempre state fragili e si sono ulteriormente indebolite nell\u2019ultimo trentennio. Periferico rispetto all\u2019Occidente, <\/span>26<\/sup><\/a><\/span><\/span> le cui istituzioni e classi dirigenti non hanno mai goduto di una legittimazione solida. E la cui dimensione privata \u00e8 sempre stata preponderante rispetto a quella pubblica.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Come dare un senso alle guerre culturali che attraversano il nostro mondo? Per Giovanni Orsina, il nostro spazio politico \u00e8 attraversato da una ribellione, quella del \u00abvistocogliocchi\u00bb, delle certezze sensibili, contro il \u00absentitodire\u00bb del sapere stabilito. 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La dialettica del \u00absentitodire\u00bb e del \u00abvistocogliocchi\u00bb<\/strong><\/h2>\n\n\n\n
\r\n <\/picture>\r\n \n I progressisti dopo il populismo<\/h2>\n\n\n\n
\r\n <\/picture>\r\n \n La costruzione di un futuro conservatore<\/strong><\/h2>\n\n\n\n
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