{"id":1216,"date":"2021-02-17T17:34:46","date_gmt":"2021-02-17T17:34:46","guid":{"rendered":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/ita\/?p=1216"},"modified":"2021-04-30T16:48:16","modified_gmt":"2021-04-30T15:48:16","slug":"litalia-e-leuropa-alla-prova-dello-sviluppo-sostenibile-intervista-con-enrico-giovannini","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/legrandcontinent.eu\/it\/2021\/02\/17\/litalia-e-leuropa-alla-prova-dello-sviluppo-sostenibile-intervista-con-enrico-giovannini\/","title":{"rendered":"L\u2019Italia e l\u2019Europa alla prova dello sviluppo sostenibile: intervista con Enrico Giovannini"},"content":{"rendered":"\n
Si sente sempre pi\u00f9 spesso – e con sempre maggiore urgenza – parlare di sviluppo sostenibile, nel quadro di una rinnovata attenzione per la transizione ecologica al cuore della politica europea, come testimonia la centralit\u00e0 del Green Deal. Ma che cos’\u00e8 lo sviluppo sostenibile? Come si possono misurare i suoi obiettivi concreti? E a che punto sono l\u2019Italia e l\u2019Europa? <\/em><\/p>\n\n\n\n Tra le tante formulazioni che la sostenibilit\u00e0 e i suoi programmi hanno assunto nei decenni, lo stato dell’arte scientifico-politica sull’argomento \u00e8 rappresentato dai Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite (SDGs). <\/a>169 obiettivi (targets) raggruppati in 17 macro-obiettivi (goals) compongono l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, adottata nel 2015, la summa di tutte le attivit\u00e0 e gli sforzi dell’Onu.<\/em><\/p>\n\n\n\n Asvis, l\u2019Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile<\/a>, \u00e8 nata nel 2016 per far crescere la consapevolezza dell\u2019importanza dell\u2019Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare allo scopo di realizzare i 17 Obiettivi. Tra i principali fondatori dell’associazione, e portavoce fin dalla nascita \u00e8 Enrico Giovannini. Giovannini \u00e8 stato Chief Statistician dell’Ocse dal 2001 all’agosto 2009, presidente dell’Istat dall’agosto 2009 all’aprile 2013. Dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014 \u00e8 stato Ministro del lavoro e delle politiche sociali del governo Letta. \u00c8 professore ordinario di statistica economica all’Universit\u00e0 di Roma “Tor Vergata”, docente di Public management presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Universit\u00e0 Luiss e membro di numerosi board di fondazioni e di organizzazioni nazionali e internazionali. <\/em><\/p>\n\n\n\n Pochi giorni fa ha giurato come Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti nel neonato governo Draghi. Qualche giorno prima lo avevamo incontrato per quest\u2019intervista.<\/em><\/p>\n\n\n\n L’Europa \u00e8 il luogo pi\u00f9 sostenibile al mondo. Qualit\u00e0 della vita complessiva, attenzione alle questioni ambientali, la presenza di un welfare<\/em> diffuso: tutti i dati mostrano che l’Europa \u00e8 la regione pi\u00f9 vicina al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Ci\u00f2 detto, anch\u2019essa non \u00e8 attualmente su un sentiero di sostenibilit\u00e0. Gi\u00e0 da prima della crisi drammatica che stiamo vivendo, i trend che erano visibili in termini economici ma soprattutto sociali e ambientali, o di riduzione delle disuguaglianze di genere, non facevano prefigurare il raggiungimento degli obiettivi SDGs. Le crisi degli anni 2008-2009 e poi 2011-2012 hanno lasciato segni profondi sul fronte sociale e ambientale che mostrano un peggioramento continuo. Non a caso ci sono centinaia di migliaia di morti premature all’anno per malattie legate all’inquinamento. <\/p>\n\n\n\n L’Italia \u00e8 in una situazione analoga. In qualche ambito siamo pi\u00f9 avanti dei nostri vicini: in termini di speranza di vita e in generale di qualit\u00e0 della salute, o sull\u2019economia circolare e le energie rinnovabili. Su questo siamo bravi, ma poi siamo drammaticamente indietro rispetto al tema delle disuguaglianze sociali, le disuguaglianze di genere, la distruzione degli ecosistemi in particolare terrestri, l’efficienza della pubblica amministrazione. Anche l\u2019Italia non \u00e8 su un sentiero di sviluppo sostenibile.<\/p>\n\n\n\n Ormai la letteratura scientifica \u00e8 molto chiara: nelle fasi iniziali dello sviluppo c’\u00e8 effettivamente una correlazione forte tra la dinamica del PIL, cio\u00e8 la produzione di beni e servizi, e il benessere della popolazione. Ma via via che lo sviluppo aumenta, il rapporto tra PIL e qualit\u00e0 della vita si riduce drasticamente. Il problema non \u00e8 tanto questo, cio\u00e8 il cosiddetto paradosso di Easterlin, quanto piuttosto il fatto che accanto a una crescita della produzione ormai sono associati elementi estremamente negativi: la distruzione dell’ambiente, il peggioramento della qualit\u00e0 della vita, in pi\u00f9 la crescita della produzione non ci dice nulla sulla sua distribuzione. Quindi il capitalismo, che, come scriviamo nell\u2019ultimo libro<\/a> con Barca, ha prodotto certamente effetti molto significativi negli ultimi 40 anni tirando fuori dalla povert\u00e0 miliardi di persone, adesso non \u00e8 in grado di affrontare queste tematiche. <\/p>\n\n\n\n Il PIL, la misura con cui si valuta il successo di un sistema chiuso al resto – tant’\u00e8 vero che il resto \u00e8 chiamato un’esternalit\u00e0, cio\u00e8 un problema di secondo ordine -, \u00e8 sempre pi\u00f9 una misura sbagliata per capire cosa succede. Non \u00e8 soltanto insufficiente.<\/p>enrico giovannini<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\n Dunque il PIL, la misura con cui si valuta il successo di un sistema chiuso al resto – tant’\u00e8 vero che il resto \u00e8 chiamato un’esternalit\u00e0, cio\u00e8 un problema di secondo ordine -, \u00e8 sempre pi\u00f9 una misura sbagliata per capire cosa succede. Non \u00e8 soltanto insufficiente. Per esempio, come abbiamo scritto nel Rapporto Stiglitz<\/a><\/em> del 2009, esistono gi\u00e0 molti altri indicatori pi\u00f9 completi che vengono aggiornati continuamente da Istat e dagli altri istituti di statistica, ma non vengono usati come dovrebbero. In questo c\u2019\u00e8 un elemento di pigrizia da parte degli economisti, e anche da parte dei media, che ancora non hanno colto veramente la necessit\u00e0 di questo salto di prospettiva. Da questo punto di vista l\u2019UE sta facendo uno sforzo significativo, perch\u00e9 con la Commissione Von der Leyen gli SDGs sono diventati centrali nella valutazione delle politiche, e c\u2019\u00e8 la volont\u00e0 di fare un ulteriore salto, come fu fatto dopo la Seconda Guerra Mondiale, per stimolare una rifondazione nel sistema contabile su basi radicalmente diverse.<\/p>\n\n\n\n Nel momento in cui ci si concentra sulla sostenibilit\u00e0, economica, sociale e ambientale, si capisce che la sostenibilit\u00e0 ha a che fare con la quantit\u00e0 di capitale che una generazione trasmette alla successiva. Se noi potessimo aggregare tutte le misure di capitale economico, sociale, ambientale e umano, capiremmo immediatamente se siamo su una traiettoria sostenibile o meno. In altri termini, se il saldo tra capitale trasmesso alla generazione successiva \u00e8 minore di quello preso dalla generazione di partenza, \u00e8 chiaro che alla fine il capitale si esaurisce. <\/p>\n\n\n\n Il problema \u00e8 che non siamo in grado di misurare questi aspetti cos\u00ec chiaramente, perch\u00e9 non esiste un’unica variabile con cui sommare il valore delle auto prodotte in un anno e il valore delle specie di farfalle perse in un anno. Ma anche all’interno delle misure gi\u00e0 esistenti oggi possiamo usare molto meglio questi concetti. Basti pensare al fatto che a causa delle scelte europee (i cosiddetti parametri di Maastricht<\/a>) tutti guardiamo al rapporto tra prodotto interno lordo e debito pubblico e non guardiamo gli attivi a cui corrisponde quel debito pubblico. Per cui, se noi ci vendiamo i gioielli di famiglia per ridurre il debito sembra che abbiamo fatto una grande operazione: peccato che abbiamo ridotto gli attivi e i passivi. Se poi ci vendiamo i gioielli di famiglia per andare in vacanza, abbiamo fatto un ulteriore disastro. Questo implica il collasso di una famiglia indebitata. <\/p>\n\n\n\n Gi\u00e0 oggi noi potremmo usare molto meglio le misure di cui disponiamo. Il punto cruciale \u00e8 che gli stock sono ancora pi\u00f9 importanti nel momento in cui i sistemi subiscono delle variazioni violente, quasi da un anno all’altro. Se abbiamo quasi 500.000 disoccupati in pi\u00f9 che rimangono per uno o due anni senza lavoro, \u00e8 chiaro che il capitale umano incorporato in quelle persone si riduce rapidissimamente, soprattutto nel momento in cui l’innovazione tecnologica accelera. Quindi anche con le misure attuali avremmo la possibilit\u00e0 di ragionare su queste cose punto. D’altra parte la stupidit\u00e0 di questo dibattito ormai evidente: lei comprerebbe un’automobile che indica soltanto la velocit\u00e0?<\/p>\n\n\n\n E perch\u00e9 stiamo riempiendo di sensori le nostre automobili cos\u00ec da avere tutte le possibili misurazioni, mentre quando parliamo di economia tutto quello che conta \u00e8 il tachimetro? Raccontata cos\u00ec si vede come non abbia senso.<\/p>\n\n\n\n Tutte le statistiche sono figlie di modelli interpretativi della realt\u00e0, dunque anche questo \u00e8 un problema di convenzione. Cosa differenzia un investimento da una spesa corrente? L\u2019obiettivo di entrambi dovrebbe essere il miglioramento nella qualit\u00e0 della vita delle persone e degli ecosistemi, cio\u00e8 il benessere non solo umano, ma del pianeta. Se io costruisco un ospedale, quello \u00e8 un investimento. Se assumo un certo numero di infermieri per farlo funzionare, quella \u00e8 una spesa corrente. Quindi se io faccio un investimento che ha dei benefici anche nell’immaginario collettivo perch\u00e9 \u201cspesa buona\u201d, ma poi non assumo le persone che servono, dal punto di vista degli utenti non cambia niente: quella resta una cattedrale nel deserto. <\/p>\n\n\n\n Ha senso avere questa differenza di impostazione? Naturalmente no! Poteva avere senso nel vecchio modello fordista, in cui si costruivano impianti produttivi che avevano una lunga durata. Ma oggi sappiamo che gli investimenti hanno anche un\u2019obsolescenza elevata, per cui hanno bisogno di manutenzione e innovazione. Per\u00f2 senza le persone che facciano funzionare questi luoghi (come nell\u2019esempio dell\u2019ospedale) non cambiamo la vita delle persone. Nel momento in cui l’Europa si d\u00e0 un impegno importante, attraverso il Piano di ripresa e resilienza o altre iniziative, la suddivisione tra investimenti e spese correnti ha poco senso perch\u00e9 l’obiettivo finale \u00e8 quello di curare le persone, non di costruire ospedali.<\/p>\n\n\n\n Nel momento in cui l’Europa si d\u00e0 un impegno importante, attraverso il Piano di ripresa e resilienza o altre iniziative, la suddivisione tra investimenti e spese correnti ha poco senso perch\u00e9 l’obiettivo finale \u00e8 quello di curare le persone, non di costruire ospedali.<\/p>enrico giovannini<\/cite><\/blockquote><\/figure>\n\n\n\nSDGs e target<\/em>, come sono messe l’Italia e l’Europa? Su cosa siamo bravi e su cosa lo siamo meno? A quali obiettivi dobbiamo dare priorit\u00e0 adesso? <\/strong><\/h3>\n\n\n\n
Andare oltre il PIL. Da decenni c\u2019\u00e8 un dibattito scientifico sul rimpiazzare, o quantomeno affiancare, il PIL con indicatori pi\u00f9 \u201cricchi\u201d e significativi per la vita di tutti. La pandemia sembra aver offerto la situazione ideale: ci siamo resi conto che la ricchezza non basta, perch\u00e9 \u201cstare bene\u201d \u00e8 una funzione che dipende da molti fattori. Tuttavia, almeno a livello mediatico, il discorso stenta a decollare. Cosa rischiamo come societ\u00e0 se non riusciamo ad allargare lo sguardo oltre il PIL? <\/strong><\/h3>\n\n\n\n
Lei torna spesso sui concetti di stock e flussi. In effetti, il vortice del dibattito ci abitua a pensare sempre e solo in termini di meri flussi, senza chiederci dove vadano a finire, o da cosa provengano. Esempio classico: la disputa generazionale tra spesa per pensioni vs. spesa per giovani. Introdurre nel discorso pubblico il concetto di stock potrebbe in qualche modo rappresentare il trait d\u2019union<\/em> tra generazioni, cio\u00e8 per inquadrare in modo pi\u00f9 armonioso e sistemico il problema? Su un piano leggermente diverso ma molto affine, lo stesso presidente Macron<\/strong> in una recente intervista al Grand Continent<\/em><\/strong><\/a> ha riconosciuto l\u2019importanza del tema. Esiste una frame interpretativo per dirimere la controversia, apparentemente tragica, tra sostenere i diritti del nuovo mondo senza affogare quelli del vecchio? <\/strong><\/h3>\n\n\n\n
In un suo<\/strong> recente articolo con Andrea Boitani<\/strong><\/a> parla di un problema europeo sulla contabilit\u00e0 di spesa buona e spesa cattiva. Ci illustra di cosa si tratta?<\/strong><\/h3>\n\n\n\n
In una recente intervista ha dichiarato: \u201cIl primo Ministro francese dispone di un centro di Analyse Strat\u00e9gique, quello inglese dispone dell\u2019Intelligence Unit, l\u2019Italia non dispone di alcun istituto che abbia la funzione di anticipare il futuro ai fini della policy<\/em>\u201d. Facciamo un esperimento. Lei ha carta bianca: quali nuove istituzioni creerebbe, sia in Italia che a livello UE, per svolgere in maniera pi\u00f9 sistematica e strutturata la missione \u201cincubatrice\u201d dell\u2019Asvis?<\/strong><\/h3>\n\n\n\n